Cina: perché i dazi cono l'unica ed estrema nostra difesa

di a.f.



E’ bene
rinfrescarci la memoria


E’ bene rinfrescarci la memoria per avere una non peregrina
idea dell’interlocutore con il quale abbiamo a che fare.

Che la Cina abbia un miliardo e rotti di abitanti – per
l’esattezza nel 2001 erano 1.276.270.000, circa un terzo dei
quali nelle città – più o meno è risaputo. Un po’ meno che
il suo territorio sia circa 30 volte l’Italia, per
l’esattezza 9.596.986 kmq. Un quinto sopra i 5.000 metri,
quasi un altro quinto tra i 2.000 e i 5.000; quasi un terzo
tra 1.000 e 2.000. Sotto i mille metri poco più di un terzo.
Per inciso un nono è deserto.

Oggi la situazione agricola è la seguente: Campi: 156,373
milioni di ettari, Foreste: 128,63 milioni di ettari,
Pascoli: 400 milioni di ettari. Deng Xiaoping diceva ad
Andreotti durante la sua visita, la prima in Occidente dopo
i fatti di Tienanmen che loro dovevano con il 7% di terre
fertili del mondo sfamare un quarto della popolazione
mondiale. Adesso si è arrivati a un decimo del territorio
che viene coltivato. Non manca l’acqua, almeno nelle sone
coltivate visto che hanno 220.000 km di corsi d’acqua per
una portata complessiva di 2.700 miliardi di metri cubi di
acqua.

Interessante la struttura della popolazione e la sua
evoluzione recente:

0-14 anni: 22,5% (2001); 33.6% (1982)

15-64 anni: 70,4% (2001); 61,5% (1982)

> 65 anni: 7,1% (2001); 4,9% (1982)

La popolazione attiva è di 705.860.000 (210.140.000 in città
e 495.720.000 in campagna). Nel settore primario
353.640.000; nel settore secondario: 162.350.000; nel
settore terziario: 189.870.000

Disoccupati: 5.750.000 con un tasso di disoccupazione del
3,1%.

Da notare che con una popolazione 22 volte la nostra hanno
meno del doppio di pensionati rispetto a noi:: 36.900.000.


Scuola: meglio
di noi


Ma arriviamo alla scuola, dato importante. Noi parliamo di
ricerca e di innovazione per battere la concorrenza cinese.
Forse non si sono capite bene le cose, o si è fatto finta di
non capirle. In questi giorni il Governo ha deciso di
portare l’obbligo scolastico sino a 18 anni. I cinesi erano
più avanti di noi visto che ce l’hanno fino a 17 anni.

Stud./docenti A livello universitario: 13,5 (7,5 nel 1996)

Scuola secondaria: 18,5 (16,4 nel 1996)

Scuola primaria: 21,6 (23,7 nel 1996)


L'economia


Questo enorme "serbatoio umano" produce le cose che servono
ai cinesi ma tante cose che servono nel mondo.

Non hanno le 36 ore settimanali.

Non hanno gli straordinari.

Non hanno un mese di ferie.

Non hanno i permessi sindacali.

Non hanno le norme sulla sicurezza.

Non hanno le norme sulla tutela dei luoghi di lavoro.

Non hanno le norme sulla tutela dei lavoratori.

Non hanno le norme sulla tutela della gravidanza.

Non hanno le norme anti-infortuni.

Non hanno molte norme sulla previdenza (vedere il numero dei
pensionati)

Non hanno le norme sulla depurazione delle acque.

Non hanno le nrome anti-inquinamento atmosferico.

Non hanno le norme sui vari tipi di rifiuto.

Non hanno le norme fiscali che abbiamo noi.

Non hanno come noi mille
regolamenti (quelli europei).

Non si preoccupano di ISO 9000 piutosto che di altro in
fatto di qualità.


In compenso, visto quanto sopra, hanno invece un costo alla
produzione, di qualsiasi cosa facciano, enormemente
inferiore al nostro.

Non é finita.

La catena dell'indotto una volta andava dall'Europa e, a
scendere, ai vari Paesi del Terzo Mondo, quelli nei quali si
comincia a lavorare a meno di dieci anni di vita. La Cina
non ha bisogno. Al suo interno si ritrova con aree
sviluppate come la Lombardia sino ad aree da trogloditi, o
quasi. La catena é pertanto interna. La de-localizzazione é
pertanto interna.


Pecunia non
olet


Secondo tanti noi dovremmo fronteggiare la concorrenza
cinese con la ricerca e l'innovazione. Due errori:

1) Fra un po' i cinesi in fatto di ricerca e innovazione
saranno molto, molto più avanti di noi. Ci sono in questo
momento a scuola là, cifra tonda, 250 milioni di studenti e
ci sono settori - si pensi a quello medico e farmacologico -
in cui noi siamo indietro.

2) Se anche fossimo più avanti in questo o quel settore ci
pensano le nostre aziende occidentali - pecunia non olet!
- o a vendere il know-out o ad andare a fabbricare i
prodotti là, visti i costi grandemente minori e di
investimento e di esercizio.


Troppi
interessi forti


Ci sono troppi interessi forti che spingono per la più ampia
liberalizzazione del commercio con la Cina. Si tratta,
sostanzialmente, di due gruppi:

1) Il gruppo di coloro, in
genere i grandi, vogliono andare in Cina a costruire
Stabilimenti e a fare grosse forniture. Per farlo occorre
che sull'altro versante la Cina sia in condizione di
esportare per una equivalenza di risorse.

2) Il gruppo di coloro, e qui
ci sono grandi e piccoli, che va là a comprare, o a far
fare, i vari prodotti per lucrare commercialmente con
ricarichi straordinari vista la forbice esistente per uno
stesso prodotto tra prezzo di mercato al dettaglio in
Occidente e costo all'origine in Cina.

Tutti questi hanno interesse a condizionare le sfere
decisionali.


E intanto SOS
da varie parti


E intanto da varie parti, da vari settori, vengono gli SOS.
La caduta, economica e occupazionale, é anche più grave
delle statistiche perché i nostri imprenditori cercano di
reggere, riducendo i margini, inventando soluzioni,
ricorrendo in parte ad ammortizzatori sociali. Tutto
inutile: o arriva qualcosa di nuovo o l'attività più
redditizia sarà quella tipografica della stampa di cartella
"SI CHIUDE".


1500 per cento


Tessile: in un mese, scaduta una precedente intesa, aumento
delle importazioni dalla Cina in Europa del 1500 per cento.

No commento.


Ci sono 58
dazi


Il Ministro del Welfare Maroni ha ricordato a Sondrio che
con la Cina esistono 58 dazi europei o, meglio, dazi su 58
prodotti europei.

Allora ci sono! Sì, ma di questi 58 nessuno d'interesse
dell'Italia. Sono stati a suo tempo interessati Germania,
Francia, Belgio e via dicendo. Non l'Italia. E' ora non di
pensarci, ma di metterli.

Le discussioni politiche al riguardo non ci interessano per
niente. Ci interessa magari l'ex Fossati che con questa
nuova situazione del Tessile rischia forte. Ci interessa la
situazione dei nostri cavatori che subiscono la concorrenza
dei cinesi che vanno in Brasile a prendere le pietre, se le
portano in Cina, le lavorano là, le portano in Europa o in
altre zone e vendono a prezzi migliori dei nostri visto che
- vedere prima- non hanno questo, non hanno quest'altro
ecceterea eccetera.


Meditare


Nel sito Data Manager On line (http://www.datamanager.it/tipouno.php?contenuto=mariggio/mariggio0504.html)
in "Fuori pagina" a cura di Giuseppe Mariggiò nell'articolo
"Governare la globalizzazione" - intervista al Nobel Robert
Mundell: «La mia idea? Una moneta globale» alla domanda come
mai la concorrenza cinese faccia così paura l'isigne
personaggio così risponde "Occorre prendere atto che in Cina
i costi sono molto bassi, in conseguenza dei bassi livelli
salariali combinati a una tecnologia quasi perfetta. Ho
visitato le catene di montaggio di una fabbrica, dove
lavorano circa 800 dipendenti. Gli operai sono di entrambi i
sessi, di età compresa tra i 18 e i 50 anni. Il lavoro viene
pagato a pezzo, cioè in base al numero di apparecchi
prodotti. Ma la paga, a seconda della mansione, non supera i
600-800 yuan (o renminbi) al mese, pari a circa 70-90
dollari. In aggiunta, gli operai ricevono un'indennità
mensile per vitto e alloggio, pari a circa 100 yuan,
sufficienti a coprire un affitto simbolico e buona parte
degli alimenti. In generale, nella provincia di Sichuan la
paga oraria è pari a 4-5 yuan (equivalenti a circa 50
centesimi americani). Europa, Giappone e Stati Uniti avranno
difficoltà ad essere competitivi in settori come questo in
cui la manodopera riveste un ruolo importante e dove la
standardizzazione è una procedura corrente.


Dazi, unica,
estrema difesa


Lasciamo perdere le discussioni politiche, i bizantinismi,
le voci interessate, almeno quelle il cui interesse non
coincide con quello nazionale.

Prendiamo atto di una cosa, che non si può competere con
questa enorme sproporzione delle forze in campo. La
concorrenza sta bene ma purché le condizioni di partenza
siano uguali per tutti.

E se per i dazi occorre convincere l'Europa? O tutti o
nessuno. Se ce ne sono già 58 si può passare a 68, con i
dieci che interessano - e poi non esclusivamente - l'Italia.
a.f.


GdS 30 III 05  www.gazzettadisondrio.it

a.f.
Giustizia