CONDANNE: QUELLA DI ANDREOTTI E QUELLA DEL FORNARETO DI VENEZIA



MANDANTI DI
CHI?

La Corte d'Assise di Perugia ha
condannato a 24 anni e spiccioli Giulio Andreotti, da dieci anni
rimessosi alle decisioni della Giustizia, e Gaetano Badalamenti,
con un passato di potentissimo boss mafioso ma liberissimo
residente nel New Yersey. quali mandanti dell'uccisione del
giornalista Pecorelli assolvendo tutti gli altri.

In primo grado erano stati assolti tutti.

L'impianto accusatorio: il boss mafioso Buscetta aveva detto,
peraltro ritrattando tutto due mesi dopo, che il boss mafioso
Badalamenti gli aveva detto che ad uccidere il giornalista
avevano provveduto la mafia e la banda della Magliata su mandato
dei Salvo che volevano fare un favore ad Andreotti. Non é un
romanzone di appendice ma la sintesi di un'accusa. Nel primo
lunghissimo processo assoluzione generale. Nel secondo di
appello, insolitamente breve e quindi evidentemente senza
lettura degli atti del primo, confermate tutte le assoluzioni e
condanne per i mandanti. Singolare: mandanti di un omicidio non
commesso da quelli che per l'accusa avrebbero dovuto
commetterlo. E allora mandanti di chi?

CHI CI
CREDE?


Chi ci crede?

A Perugia chi giudicava non erano solo magistrati, come in primo
grado, ma due soli di loro con sei giudici popolari, non certo
esperti di diritto e di processi, psicologicamente soggetti a
dipendere dall'orientamento dei giudici togati.

Visto che fatti nuovi non ne sono venuti fuori le carte sul
tavolo erano le stesse.

Appare allucinante per l'uomo della strada pensare che una Corte
di soli magistrati, esperii, assolva e una Corte d'Assise con
sei persone normali, come noi, non abituate certo ai Codici,
infligga simili condanne.

O fuori strada, anzi nella scarpata, i primi o fuori strada,
anzi nella scarpata, i secondi.


I COMMENTI ALLA
CONDANNA



Alcuni commenti a botta calda:
Andreotti: “ho sempre creduto nella giustizia e continuo a crederci, anche
se questa sera faccio fatica ad accettare una tale assurdità”. E
poi ha aggiunto che quando studiava, non potendo pensare di fare
la libera professione occorrendo impiantare uno studio legale e
via dicendo, gli era balenata l'idea di fare il magistrato. Ha
però detto di essere contento di non averlo fatto visto che in
questa professione quali cantonate terribili si possono
prendere.
Il Capo dello Stato Ciampi, che, notasi, é il Presidente
del Consiglio Superiore della Magistratura, ha inusualmente
rilasciato una dichiarazione manifestando di provare un “profondo
turbamento”.
Il
Presidente del Consiglio Berlusconi
ha parlato di “condanne ed assoluzioni che si inseguono
impazzite, al di fuori di ogni logica e in un contesto
giudiziario funestato da partigianeria e accanimento”.
Nicola Mancino, ex Presidente del Senato,  "La Stampa" del 19/11/2002;
"Quella di Perugia è una sentenza sconvolgente. L'ho affermato e
lo ripeto. E non mi vengano a dire che le sentenze non si
commentano, perché se me lo dicono io rispondo: dipende dalle
sentenze. E quella di Perugia è una sentenza che riscrive
l'intera storia repubblicana"
Francesco Cossiga, ex Presidente della Repubblica, "Corriere della Sera" del
18/11/2002:
"Da oggi in Italia è più prudente stare a casa".

"Credo che di questo primo effetto del loro atto debbano essere
contenti i soci del club dei girondini, detto altrimenti Libertà
e Giustizia, costituita con alla guida il famoso giustizialista
Galante Garrone che questa sera ha tutti i motivi per brindare,
ma che mi auguro, a motivo della sua età, lo faccia in modo
parco ... Vorrei però ricordare ai nostri girondini che dopo di
loro venne il Terrore, che neanche loro risparmiò"
Clemente Mastella, leader dell'UDEUR, La
Stampa" del 18/11/2002;
"Ogni qualvolta l'idea della rinascita del centro torna
d'attualità, ecco che si tenta di colpirla, di impedire che
questo progetto si realizzi. Questa è una sentenza [su Andreotti
per il delitto Pecorelli, ndr] politica"
Paolo Cirino Pomicino, ex ministro della Repubblica, "La Repubblica" del 18/11/2002;
"La verità è che qualcuno vuole tornare al clima del '94. Vuole
rinfocolare il giudizio secondo cui la politica è solo
ladrocinio. C'è un gruppo di potere trasversale che ha punti di
appoggio nella magistratura, nelle forze dell'ordine e nei
partiti, che vuole impedire la pacificazione nazionale ...
Sembra quasi che logiche mafiose si siano inserite in alcuni
pezzi della magistratura. Basta pensare che i killer di Falcone
e Salvo Lima sono in libertà ... Questa sentenza è una bomba al
napalm sul dialogo tra i partiti, sul rapporto tra politica e
magistratura. E anche sull'idea che qualcuno voglia far tornare
la DC"
Daniele Capezzone, Segretario di Radicali
Italiani:
Aldilà del giudizio sulla sentenza di oggi, è ormai chiaro che
il Paese continua ad essere esposto ad una furia giustizialista
che non cessa né accenna a placarsi.

Tutto, in primo luogo agenda e tempi della politica e del
dibattito civile, è ormai orientato e dettato dall’ultima
iniziativa di un PM o dall’ ultimo verdetto di una Corte.

Tutto questo non appartiene alla fisiologa democratica. Quanti
hanno sperato di usare la clava giudiziaria a proprio vantaggio
devono capire che si illudono. Occorre invece che la politica
(cioè la volontà dei cittadini espressa per democrazia diretta o
delegata) recuperi il suo primato, ed occorre rimettere subito
all’ordine del giorno quelle riforme, a cominciare dalla
separazione delle carriere, che si potevano conquistare con i
referendum di due anni fa, e che furono invece affossate,
insieme, dalle pressioni dell’ala scatenata ed eversiva del
“partito dei giudici” e dal cedimento interessato di settori del
Polo.
Il segretario DS Fassino: Dopo la prima pilatesca dichiarazione della responsabile
Giustizia dei DS (ma in questo caso dimentica di tale ruolo su
cui ha prevalso la posizione di notabile di Magistratura
Democratica), Anna Finocchiaro che si era limitata a dire che
bisognava aspettare le motivazioni, lo stesso segretario Fassino
ha provveduto a rimediare.

Questo il passo saliente della sua dichiarazione: "In merito alla sentenza di Perugia
non può
non sollevare interrogativi il fatto che gli stessi episodi
siano stati giudicati da un Tribunale in ragione da arrivare ad
una assoluzione, e da un altro in ragione da arrivare ad una
condanna a ventiquattro anni, si tratta evidentemente di
sentenze non fondate su “prove certe. C’è da chiedersi fino a che punto un processo
indiziario garantisca effettivamente i cittadini sulla certezza
del diritto”.


I NOSTRI
COMMENTI


La sera stessa del giudizio abbiamo inviato ai giudici di
Perugia il seguente messaggio:

-
"Per i giudici della Corte d’Assise di Perugia

Vi fu un professore che bocciò Einstein in matematica.

PS Consiglio la lettura della vicenda di Pietro Tascal detto il
Fornareto, condannato a morte nel 1507, e soprattutto cosa con
la sua riabilitazione fu deciso a Venezia in relazione a come da
allora in poi dovessero concludersi i processi.

-
A TG5com TG5.it che chiedevano un parere abbiamo dichiarato:

Chi ha inflitto la condanna a 24 anni al sen. Andreotti fa
venire in mente quel carneade di professore che bocciò Einstein
in matematica. O anche Fedro (la rana e il bue). O la
ghigliottina della Rivoluzione francese.. E non solo..

Va anche precisato l'aspetto toccato da Anna Finocchiaro che ha
pilatescamente detto di doversi attendere le motivazioni della
sentenza. E' in linea teorica giusto, non in termini reali
quando per la stessa cosa, senza fatti nuovi, si passa da
assoluzioni a condanne a 24 anni. Il cittadino deve essere al
riparo da simili storture, perché con la pelle della gente non
si può fare testa o croce


VENDETTA DELLA
MAFIA? MACCHIA SULL'ITALIA


E se dietro ci fosse la vendetta della mafia contro Andreotti
che da Presidente del Consiglio varò provvedimenti severissimi
contro, appunto, la mafia?

in ogni caso questa sentenza costituisce una macchia per il
nostro Paese. Già all'estero spesso eravamo scherniti con la
frase "mafia e spaghetti", figurarsi ora!


MA PARLIAMO DEL
FORNARETO


Ma parliamo del Fornareto di Venzia.

Come riportato sopra nel post-scriptum diretto ai giudici di
Perugia abbiamo scritto: Consiglio la lettura della vicenda di
Pietro Tascal detto il
Fornareto, condannato a morte nel 1507, e soprattutto cosa con
la sua riabilitazione fu deciso a Venezia in relazione a come da
allora in poi dovessero concludersi i processi".

In un'udienza del processo Cusani vi era stata una citazione al
riguardo da parte del Presidente De Burghis, al quale avevamo, a
fine udienza, fornito alcuni dettagli che aveva gradito. Ma
quanti sono i magistrati che conoscono la vicenda?

La sintetizziamo in breve.

Si narra che una mattina presto
Pietro Tascal, fornaio (fornareto), trovò un uomo morto
pugnalato davanti ad un portone. Venne subito condannato di
omicidio, torturato fino a fargli confessare il delitto non
commesso, e giustiziato il 22 marzo 1507 tra le due colonne
della piazzetta di S. Marco.

Emerse poi la sua innocenza, il caso fu riaperto e Piatro Tascal
riabilitato.

Non solo fu deciso che, a monito, restassero sempre
accese due lampade votive sul lato a Sud della basilica di S.
Marco, tra i due archi del piano superiore, ma anche che il
segretario del Consiglio dei Dieci, massimo organo
giurisdizionale penale di Venezia, ammonisse i consiglieri prima
che pronunciassero ogni sentenza, per guardarsi dai pericoli di
un processo soltanto indiziario, quand'anche sussistesse la
confessione dell'accusato, che di solito era ottenuta con la
tortura. Questo il monito alla Corte: "Recordève del povero fornareto"


IL DOCUMENTO


«Fu ritrovato in tempo di notte da Ministri in Venezia un
cadavere con un coltello trentino in petto, appresso di cui
stava in piedi osservandolo un Pistore, che teneva una vagina al
fianco. Estratto da' Ministri il coltello dalla ferita, e fatta
osservazione che s'accomodava aggiustatamente alla vagina del
Pistore, fu condotto nella forza della Giustizia; posto alla
tortura, e a forza di tormenti confessò il non commesso delitto,
e stante la confessione pagò la pena non meritata con l'ultimo
supplicio. Di lì a pochi giorni fu un bandito ritenuto con
l'alternativa della forca. Questo avanti di morire si confessò
reo di quell'homicidio e dichiarò l'infelice Pistore innocente.
Per la stravaganza di tal caso decretò l'Eccelso Consiglio dei
Dieci che qualunque volta, che si trattasse di materia di indizi
in detto Eccelso Tribunale, dovesse dal Secretario esser ad alta
voce aricordato il caso del Pistore; formalità ch'anco di
presente vive in viridi observantia». Brano tratto da "Gli sbagli di Vostro Onore" di Luigi Grande,
leggibile nel sito:

http://www.liberliber.it/biblioteca/g/grande/gli_sbagli_di_vostro_onore/...


OPINIONI
INTERESSANTI


Con il titolo "Caso Andreotti, sintomo che allarma la politica" Francesco Fusco
sul quotidiano "IL NUOVO" commenta la sentenza. "Stavolta non c'entra soltanto l'ideologia

E' che la Giustizia esige onestà intellettuale.
Palermo stia attenta a non replicare Perugia.
E i magistrati evitino, così, di autodelegittimarsi"

Riportiamo alcuni passi di tale commento perché lo meritano:


-"La sentenza della Corte d'Assise d'Appello di Perugia con la
quale si condannano Giulio Andreotti e Gaetano Badalamenti a 24
anni di prigione, ha trovato tutti gli schieramenti politici
unanimi nelle critiche...

- E' finita l'epoca
dell'uso politico, o del fiancheggiamento, di parte della
magistratura, e il mondo politico si è accorto che di questo
passo nessun cittadino è al riparo da uno strapotere che rischia
di sovvertire l'ordine costituzionale della nostra democrazia...

- La sentenza di Perugia, emessa da due giudici togati e sei
giudici popolari, non obbedisce a indicazioni politiche ...ma evidenzia
invece come proprio quell'aspetto di "irresponsabilità" della
magistratura, se mal interpretato, possa condurre in direzione
opposta a quella dei princìpi costituzionali che, salvaguardando
autonomia e indipendenza, intendevano arrivare alla certezza di
una serenità di giudizio assoluta..."

- E una citazione significativa_ <Scelsi - dichiara a pagina 204 del
libro La toga rossa l'ex Pm Francesco Misiani - di
sacrificare al risultato politico che Tangentopoli ha consentito
di incassare - e che ripeto, rivendico - la cosiddetta cultura
delle garanzie>. "Misiani agiva in quel modo per
un tipo di convinzione politica, di sinistra; altri potrebbero
agire allo stesso modo per convinzioni politiche di tipo
opposto. E sarebbe il caos..." E ancora: <Leggiamo a pagina 194 del prima citato libro di Misiani. "aveva
ragione il Pool di Milano. Che l'unico modo per far parlare gli
indagati era metterli dentro. Ero convinto, e ne era convinto
anche Coiro (il capo della Procura romana del tempo ndr) che per
comunicare all'esterno l'avvenuta rottura con un passato di
acquiescenza l'unico elemento significativo sarebbe stato il
numero di detenuti>."

-
Ad aiutarci in questo ragionamento vengono i provvedimenti del
Pm e del Gip di Cosenza, che sono stati criticati allo stesso
modo della sentenza Andreotti...

-
La sentenza Andreotti è come uno di quei tavoli a tre gambe, due
in questo caso specifico: si sono condannati dei presunti
mandanti, ma non gli esecutori. In altre parole si condanna
qualcuno di aver dato mandato di commettere un omicidio, ma
senza aver individuato a chi era stato conferito tale mandato,
né chi lo aveva eseguito...

-
Primo, nel corso dell'appello non sono emersi fatti nuovi che
possano corroborare la decisione, e smentire quella di prima
istanza.

- Secondo: la brevità del processo ha certamente impedito agli
otto giudici di leggere l'oltre milione di pagine che hanno
registrato gli atti del primo processo...."
Facciamo presente ai lettori che ove qualcuno si mettesse non
a sfogliare ma a leggere, sia pur di corsa ma con un minimo di
concentrazione e riflessione come la materia richiederebbe, quel
milione di pagine, facendo solo quello a tempo pieno e senza
andare in ferie ci metterebbe al minimo un anno e mezzo o due!


Riprendiamo le citazioni:

-
Infine Fusco ricorda che a Palermo arriverà a conclusione l'appello contro
l'assoluzione di Andreotti di associazione esterna alla mafia
senza fatti nuovi. Ma Perugia può costituire una suggestione. Il
teorema può essere semplice: Perugia ha riconosciuto un legame
fra Andreotti e Badalamenti, quindi fra l'ex Presidente del
Consiglio e uno dei capi della mafia. Se questo è vero diventa
allora credibile il suo sostegno ai vari Riina e compagni... A
questo punto però non si potrebbe accettare supinamente.

Fusco opportunamente aggiunge "Per fortuna, questo costume non
si è ancora diffuso in seno a tutta la magistratura, la quale,
lo dico per esperienza personale, tranne casi eccezionali, posta
dinanzi ai fatti, alla personalità degli imputati, a
testimonianze credibili, sa discernere...".


ANDREOTTI TENGA
DURO


Attendiamo Palermo. E intanto Andreotti, pur avendo passato da
tempo gli 80 anni, tenga duro. Non dia la soddisfazione di
andarsene prima che i processi abbiano concluso il loro ciclo.
Se se ne andasse i procedimenti si estinguerebbero e rimarrebbe
una condanna, a nostro avviso, alla Fornareto (nel cui processo
però quantomeno c'era una confessione, sia pure estorta sotto
tortura...).
Alberto Frizziero


GdS 28 XI 02 -
aggiornamento 21 VI

 

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Alberto Frizziero
Giustizia