Ma c'é qualcuno che pensa al ceto medio?
 Caro Governo, svegliati, datti una mossa, come si dice a 
 Roma. E tu opposizione batti un colpo, se ci sei. Perché 
 stiamo assistendo ad un progressivo impoverimento del ceto 
 medio, ad un suo declassamento. Le fasce più basse di questo 
 mondo sono ormai alle soglie del livello di povertà. E il 
 tutto procede velocente, e sinora con un moto inarrestabile.
 Lascio agli economisti il compito di analizzare i 
 particolari del fenomeno. Ma non c’è bisogno di essere 
 scienziati per accorgersi che due sono i punti che rendono 
 ogni giorno la situazione più difficile. Il primo è la casa. 
 Intanto mi pare che abbia pienamento ragione l’Eurispes 
 quando dice che il costo per la casa incide mediamente per 
 oltre il 25% sul reddito delle famiglie. L’ISTAT parla del 
 15%, ma chi ci crede? Ora il rapporto tra prezzi degli 
 immobili e salari, soprattutto nelle grandi città, è salito 
 tanto vertiginosamente che è diventato impossibile, per una 
 famiglia dal reddito medio, accedere all’ac quisto di una 
 casa se non ha alle spalle un ampio patrimonio. Il che 
 significa che per la gran parte dei giovani, siano single o 
 sposati, è diventato impossibile organizzare l’acquisto 
 della casa se non si è nella fortunata categoria di coloro 
 che hanno alle spalle una famiglia abbiente o appartengono a 
 quella ristretta fascia (professionisti di successo, broker 
 del mondo finanziario) che già in giovanissima età arrivano 
 a redditi altissimi. Per questa piccola categoria tanto di 
 capello, intendiamoci. Ma non si deve essere costretti ad 
 avere uno straordinario successo per accedere a livelli di 
 vita dignitosi. Ora è giusta una società che esclude dalla 
 possibilità di acquistare una casa (salvo chi ha genitori 
 ricchi) tutti i giovani che lavorano nell’insegnamento, 
 nella ricerca scientifica, nell’impiego pubblico, o nei 
 gradi intermedi della professione e dell’impresa? Perché 
 questa sta diventando la situazione. Con l’aggravante che 
 non solo l’acquisto, ma anche l’affitto sta diventando 
 proibitivo. E quindi il problema diventa anche la vita 
 quotidiana, non solo la progettazione del futuro.
 Il secondo problema si chiama lavoro, o per meglio dire 
 precariato. La mobilità è necessaria, siamo stati i primi a 
 dirlo. Ma qui si sta arrivando a una tale estensione del 
 precariato, e a livelli di salario tanto basso, da rendere 
 normale la situazione di angosciosa incertezza che era una 
 volta abbastanza limitata. E poi ci si meraviglia della 
 bassa natalità, delle poche famiglie nuove? E come potrebbe 
 essere diversamente?
 Ora di fronte a questi problemi, che sono drammatici, un 
 governo che si rispetti proporrebbe un pacchetto di misure 
 ad hoc. E invece assistiamo al balletto della riduzione 
 delle tasse, dietro al quale, diciamo la verità, non 
 sembrano esserci preoccupazioni economiche e sociali, ma 
 l’incubo di apparire inadempienti rispetto al famoso 
 contratto con gli italiani. E che in mancanza di una seria 
 politica economica finisce per concludersi con la buffonata 
 della promessa di farlo tra due anni. Ma di contro, quali 
 sono le proposte della sinistra, oltre le denuncie della 
 azione governativa? Qualcuno rileva che ci sono ma non si 
 sono viste. Ma, come direbbe Montanelli, il problema è 
 proprio che non si sono viste, e quindi è come se non 
 esistessero.
 Io sono convinto che questa drammatica (ormai la parola non 
 è eccessiva) situazione economica e sociale non si risolve 
 da sola. C’è bisogno di un intervento politico. Negli anni 
 ‘50 le famose (e ingiustamente criticate) leggi Fanfani 
 rilanciarono l’edilizia e l’economia con le agevolazioni 
 alle cooperative e ai giovani sui mutui. Il governo Blair ha 
 lanciato una intelligente e moderna forma di prestito agli 
 universitari da scontare sui primi lavori. Da noi che cosa 
 si fa?
 Senza una politica per il ceto medio il futuro è buio. Se al 
 bipolarismo politico si sostituisce quello sociale, i ricchi 
 sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, si 
 costruisce un paese da guerra civile. 
 Coraggio, ministro Siniscalco. Lasci perdere la questione 
 delle aliquote, tanto per un anno non ne farete nulla. Si 
 concentri su questo problema.
Mario Segni
 GdS 20 XI 04  www.gazzettadisondrio.it
