OH, PALESTINA, TERRA DI DIO?
Introduzione
Ogni volta che si dice "Israele" nascono un sacco di polemiche. Per alcuni gli ebrei hanno sempre torto, per altri hanno sempre ragione(in tante città italiane si sono organizzate, ultimamente, manifestazioni pro -palestinesi, senza rendersi conto che non é la povera gente che abita a Gaza la "colpevole" ma Hamas che la tiene schiava di un'ideologia che oggi non ha alcun valore). È stato così, fin da quando Dio disse ad Abramo che i suoi discendenti sarebbero stati oggetto di "benedizioni" e di "maledizioni" (Genesi 12:3). Oggi non si sa da che parte girarsi. Israele e palestinesi della Striscia di Gaza sono in guerra e non si sa proprio come andrà a finire(anche tenendo da conto che soffiano "sulla brace" l'Iran ed altri acerrimi nemici di Israele).
In sintesi, qual è il motivo perché questa piccola nazione è continuamente al centro dell'attenzione e dei conflitti? Ci sono varie ragioni:
• La sua stessa esistenza è causa di attriti e di inimicizie tra ebrei e arabi, che risalgono al conflitto storico- biblico( ma più biblico che storico: tra Isacco e Ismaele: cfr. Genesi 16, 1- 16).
• La sua storia e la sua sopravvivenza rendono testimonianza alla verità della Bibbia e a Gesù, il promesso Messia e Salvatore, dimostrando la falsità delle basi religiose e politiche dell'umanesimo, del paganesimo e dell'Islam.
• Pur nella loro incredulità, gli ebrei sono "amati a causa dei loro padri" (Romani 11:28) e di conseguenza odiati da tutti coloro che odiano Dio e- per i cristiani- negano che Gesù sia il Signore.
Di chi è il Paese?
In Genesi 17:7-8, Dio rivela ad Abramo la propria decisione sovrana: "Fermerò il mio patto fra me e te e i tuoi discendenti dopo di te, di generazione in generazione... Ti darò tutto il paese di Canaan in possesso perpetuo..." E ancora nel Salmo 105:7-11: "Egli si ricorda per sempre del suo patto, della parola da lui data per mille generazioni, del patto che fece con Abramo, del giuramento che fece a Isacco... dicendo: «Ti darò il paese di Canaan come vostra parte di eredità»".
L'immigrazione in massa di Ebrei in Israele adempie le profezie bibliche?
Molte Scritture parlano di una raccolta di Israele dai quattro angoli della terra, seguita da una grande effusione di Spirito Santo e dalla benedizione dei Gentili. I brani più significativi sono in Isaia capp. 40-66 e in Geremia capp. 31-33. Come gran parte delle profezie bibliche, anche queste parlano sia di una situazione immediata, sia del grande avvenimento finale in cui i principi divini che esse esprimono saranno adempiuti perfettamente nel regno di Dio che si realizzerà sulla terra.
Lo Stato d'Israele
"Lo Stato di Israele [...] incrementerà lo sviluppo del Paese per il bene di tutti i suoi abitanti, sarà fondato sulla libertà, sulla giustizia e sulla pace [...]". Con queste parole, il 14 maggio 1948, le autorità israeliane proclamavano l'indipendenza di Israele. Pochi mesi prima, il 19 novembre 1947, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite aveva adottato una risoluzione per dividere la Palestina sotto mandato britannico in due Stati, uno arabo e uno ebraico, legati da un'unione economica.
Oggi, in una situazione profondamente critica e diversa, quale futuro immaginare per lo Stato di Israele e la Palestina? La formula "due popoli e due Stati" sostenuta da molti paesi occidentali tra cui l'America , è ancora valida? ( ma noi, per esempio, conosciamo delle Associazioni internazionali che si sono battute senza avere purtroppo alcun risultato concreto, di "Un solo Stato per israeliani e palestinesi"). A dare un significato particolare alla ricorrenza dei sessant'anni dello Stato di Israele , vi sono state varie iniziativa tra la conferenza di Annapolis(Maryland), il vertice promosso dagli Stati Uniti che ha rilanciato i negoziati tra Israele e Autorità palestinese (Ap) dopo sette anni di stallo e di Intifad. Però sul terreno non si registrano passi in avanti e le intese annunciate nel Maryland sono rimaste buoni propositi, sebbene George W. Bush, - quasi alla fine del suo mandato- abbia tenuto in Israele un discorso alla Knesset, abbia visitato l'Arabia Saudita e l'Egitto, dove ha avuto una serie di colloqui con il presidente egiziano Hosni Mubarak, il sovrano di Giordania, Abdullah II bin Hussein, e il leader dell'Ap, Abu Mazen. Bush si è impegnato a fare "tutto il possibile" per giungere a un accordo tra israeliani e palestinesi entro la fine del gennaio 2009, quando dovrà lasciare la Casa Bianca.
Dopo la strage alla scuola rabbinica Mercaz Haraz, nel cuore di Gerusalemme, dove furono uccise otto studenti israeliani, la contrapposizione tra Israele e Hamas ha conosciuto un'escalation di violenza e terrore: nuovi lanci di razzi contro le località israeliane al confine, quotidiani combattimenti e uccisioni.
A pagare il duro prezzo del conflitto sono anzitutto gli abitanti della Striscia di Gaza controllata da Hamas, stremati dall'embargo israeliano. Nelle scorse settimane l'Unrwa (l'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi) ha annunciato di essere costretta a sospendere le proprie operazioni assistenziali nella Striscia per il completo esaurimento delle scorte di carburante provocato dalla chiusura del terminal petrolifero israeliano di Nahal Oz, chiusura decisa dopo un attentato palestinese nel quale sono stati uccisi due civili israeliani. E tuttavia, oltre alle violenze e alla crisi umanitaria, c'è un altro fattore negativo nel processo di pace: l'instabilità politica interna a Israele e all'Ap. Al momento il primo ministro Olmert non sembra essere un leader dotato di effettivo potere negoziale. Oltre all'inchiesta avviata dalla polizia nei suoi confronti, il leader di Kadima, successore di Ariel Sharon, dipende dal sostegno del partito ultraortodosso Shas che si oppone a qualsiasi concessione all'Ap sulla questione degli insediamenti in Cisgiordania. Oggi alla Knesset sono in molti a chiedere che il premier si autosospenda e la possibilità di elezioni anticipate non è affatto remota.
Sul versante palestinese, finora i tentativi da parte egiziana di una mediazione tra Hamas e Al Fatah non hanno dato i risultati sperati. Secondo l'intelligence israeliana, il Movimento di resistenza islamico dispone di un vero e proprio esercito composto da 20.000 uomini. L'uomo forte è Ahmed Jaabari, comandante di oltre 10.000 membri delle Brigate Ezzedin Al Qassam dislocati in tutta la Striscia. Ad essi si aggiungono 6.000 unità delle forze di polizia, per non parlare dei combattenti aderenti ad altri gruppi estremisti come la Jihad islamica e delle cellule in Siria e Giordania.
Da tale serie di elementi, quali scenari ipotizzare?
Come riferiscono gli analisti internazionali, esaminata la situazione attuale in Cisgiordania, sono ben poche le probabilità che in un prossimo futuro possa sorgere uno Stato palestinese autonomo e con continuità territoriale. Secondo il recente rapporto del movimento pacifista Peace Now, dopo Annapolis il Governo israeliano non ha congelato un solo progetto di costruzione. Anzi, sono stati portati a termine 220 edifici in 37 insediamenti e aperti 275 cantieri. Nonostante le promesse, proseguono sia la costruzione della barriera di separazione, sia la distruzione delle abitazioni palestinesi (tra gennaio e febbraio sono state demolite 111 strutture, 51 delle quali a uso residenziale, e così sono rimaste senza casa 381 persone).
C'è poi un ultimo dato, quello demografico, a parere di molti il più decisivo. Secondo le proiezioni, nel 2050 gli ebrei israeliani nella regione potrebbero ridursi ad appena il 37 per cento della popolazione (oggi sono il 55 per cento). "L'attuale tasso di natalità degli ebrei - spiega Sergio Della Pergola, direttore della Divisione di demografia e statistica all'Università di Gerusalemme - è di 2,7 figli per donna, contro i quasi quattro degli arabi israeliani". E il dato sale se si prende in considerazione Gaza, dove la media di figli per donna è di 5,6. Cifre che non restano sulla carta, e con le quali i leader di domani dovranno fare i conti(Cfr.: i quotidiani italiani ed internazionali di dicembre 2008- gennaio 2009) .
Questa è più o meno la situazione attuale. Si vuole capire meglio, per esempio, il perché questa piccolissima terra viene chiamata Terrasanta.
Terra santa
La dizione Terra santa arabo: الأرض المقدسة, al-Arḍ al-Muqaddasa ; ebraico ארץ הקודש: Ebraico standard Éreẓ haQodeš, Ebraico di Tiberiade ʾÉreṣ haqQāḏēš; latino Terra Sancta) indica la regione della Palestina, ossia le terre ad occidente del Mare Morto e del fiume Giordano, attualmente divisi tra lo Stato di Israele e l'Autorità Nazionale Palestinese. L'aggettivo "santa" si riferisce al significato spirituale di quella terra per ebrei, cristiani e musulmani.
Per gli ebrei si tratta della Terra Promessa, ossia la terra verso cui Dio ha guidato il suo popolo tramite il profeta Mosè poi sostituito da Giosué; in essa si trovano le città santa di Gerusalemme e di Hebron.
Per i cristiani è la terra in cui è nato, morto e risorto Gesù Cristo, incarnazione del Verbo; in essa vi sono le città dove Gesù è vissuto: Betlemme, Gerusalemme e Nazaret.
Per i musulmani è la terra in cui Maometto giunse al termine di un miracoloso viaggio notturno (isrā' ) che mosse da Mecca e che lo fece ascendere poi al Cielo (mi'rāg ), visitando il Paradiso dopo aver sorvolato l'Inferno. La Cupola della Roccia di Gerusalemme fu eretta in età omayyade sul luogo da cui sarebbe cominciata la mistica ascensione del profeta dell'Islam.
Monumenti rilevanti sono la Chiesa del Santo Sepolcro, la città natale di Gesù Betlemme, il Muro occidentale del Tempio di Gerusalemme e la Cupola della Roccia.
A partire dal secondo dopoguerra la regione si è trovata al centro del conflitto arabo-israeliano; anche per questa ragione il termine è oggi spesso utilizzato per indicare generalmente quell'area senza specificare "Israele" o "Palestina", al fine di non favorire uno dei contendenti. Ecco il perché il Papa o altri alti prelati del cristianesimo usano la dizione: "Terrasanta".
Certamente, la storia di questi ultimi sessant'anni si è fatta ancora più complicata. Dopo la fine della II guerra mondiale, nel 1948, la nascita dello Stato ebraico ha innescato un conflitto che, aggravatosi nel 1967, ancora oggi determina il clima di paura e di violenza che sembra dominare la Terra Santa. È la paura dell'altro, il considerare l'altro un potenziale nemico, che ha fatto alzare i muri nel cuore di due popoli fratelli. Non si può vivere di paura, perché allora prendono forma i muri che già ognuno si era costruito dentro il proprio cuore. Quanta responsabilità di questo clima abbiamo tutti, anche se non siamo palestinesi o israeliani? Quale responsabilità ci assumiamo quando soffiamo sul fuoco della paura, sul fuoco di tutti i razzismi? La presenza dei cristiani non è un "incidente storico", così come non lo è quella dei musulmani e degli ebrei.
Questo piccolo Paese, situato in un'area geografica senza apparente valore, senza sorprese naturali, senza grandi risorse, è, a tutti gli effetti, così determinante per la storia del mondo, la storia di tutti noi?
Forse ognuno di noi si è posto, almeno una volta, questo interrogativo. Israele- Palestina non è solo un Paese che confina con l'Egitto, il Libano, la Siria, la Giordania, e si affaccia per lunga estensione sul mar Mediterraneo. È, sopra ogni altra cosa, la Terra Santa, crocevia di popoli, religioni, culture. Paese di scorribande furiose di popoli antichi, di interesse politico-militare per troppe potenze attuali.
Essere Terra Santa - per antica elezione, perché terra della redenzione- secondo i cristiani- , perché sede primaria delle tre grandi religioni monoteistiche - è quello che fa di questo Paese un microcosmo che è immagine e proiezione, nel bene e nel male, della situazione mondiale. Terra di tutte le contraddizioni umane, trionfo paradossale e incredibile - scandaloso - di violenze, dominazioni, integralismi, ma pur sempre terra di Dio più di qualunque altra.
Terra dove la Custodia di Terra Santa opera da quasi ottocento anni. Dire Custodia è dire francescani, l'Ordine dei Frati minori, fondato da san Francesco: un ordine religioso missionario per i quali questa Provincia è considerata la "perla delle missioni".
Giacomo di Vitry, vescovo di San Giovanni d'Acri e contemporaneo di Francesco d'Assisi, ha lasciato la propria testimonianza scrivendo: "noi abbiamo potuto vedere colui che è il primo fondatore e il maestro di questo Ordine (dei Frati minori), al quale obbediscono tutti gli altri come a loro superiore generale: un uomo semplice e illetterato, ma caro a Dio e agli uomini, di nome frate Francino (Francesco). Egli era ripieno di tale accesso di amore e di fervore di spirito che, venuto nell'esercito cristiano, accampato davanti a Damietta in terra d'Egitto, volle recarsi intrepido e munito solo dello scudo della fede nell'accampamento del Sultano d'Egitto. Ai Saraceni che l'avevano fatto prigioniero lungo il tragitto, egli ripeteva: 'Sono cristiano; conducetemi davanti al vostro Signore". Quando gli fu portato davanti, osservando l'aspetto di quell'uomo di Dio, la bestia crudele si sentì mutata in uomo mansueto e per parecchi giorni l'ascoltò con molta attenzione, mentre predicava Cristo davanti a lui e ai suoi. Poi preso dal timore che qualcuno dei suoi si lasciasse convertire al Signore dall'efficacia delle sue parole, e passasse all'esercito cristiano, lo fece ricondurre con onore e protezione nel nostro campo. E mentre lo congedava, gli raccomandò: 'Prega per me, perché Dio si degni mostrarmi quale legge e fede gli è più gradita".
Quasi due secoli di guerre tra cristiani e musulmani per il possesso della Terra Santa si arenano davanti al gesto profetico di Francesco, che inaugura un modo nuovo di confrontarsi e convivere con i musulmani sulle sponde del Mediterraneo. Un gesto rivoluzionario che affonda le proprie radici nel mandato di Cristo: «Andate, e predicate il Vangelo a tutte le creature» e che diventa simbolo di ogni possibile dialogo con le genti, le fedi e le culture più diverse.
Le fonti francescane posteriori sono unanimi nel far seguire all'incontro con il sultano Malik al-Kamil un pellegrinaggio di Francesco ai Luoghi Santi: «il sultano […] lo invitò con insistenza a prolungare la sua permanenza nella sua terra e diede ordine che lui e tutti i suoi frati potessero liberamente recarsi al Sepolcro di Cristo, senza pagare nessun tributo». Sempre secondo tali fonti, chiaramente di parte ma il cui spirito è ancora valida guida per la vita dei Frati minori in Terra Santa, Angelo Clareno scrisse: «quando san Francesco partì per le regioni d'oltremare per visitare i Luoghi Santi, predicare la fede di Cristo agli infedeli e guadagnarsi la corona del martirio […] fatto visita al Sepolcro di Cristo, tornò prestamente nella terra dei cristiani».
Era il 1221 quando Francesco, nella Regola non bollata, scrivendo di «coloro che vanno tra i saraceni e altri infedeli» raccomandava ai suoi frati "che non facciano liti o dispute, ma siano soggetti a ogni creatura umana per amore di Dio e confessino di essere cristiani". Il XII capitolo della Regola non bollata termina con una lunga serie di citazioni evangeliche che iniziano con: "beati quelli che sono perseguitati a causa della giustizia" e che potrebbero costituire una sorta di magna charta della nonviolenza.
Da quel momento inizia il percorso della presenza francescana in Terra Santa e insieme vi si rinnova la storia della presenza delle comunità cristiane locali.
Non sorprende, quindi, che nei documenti che ricordano la costruzione di conventi e oratori, le battaglie e le sconfitte crociate, le vittorie musulmane e le riconquiste della Terra Santa, resti la traccia di rapporti amichevoli intercorsi tra le autorità musulmane e i Frati minori. Nonostante tutto e a dispetto di battaglie e scontri di civiltà, resta saldo il filo del dialogo, segno di una convivenza rispettosa, di un diverso modo di confronto tra fedi e culture.
Nei numerosi firmani (documenti storici) che raccontano le disposizioni legislative e i rapporti tra autorità e sudditi di vario genere, emerge costantemente un modo originale di rapportarsi tra persone di religione, civiltà e cultura diverse, che trova sempre una possibilità di rispetto, di convivenza e di garanzia delle particolari esigenze umane e spirituali di ciascuno.
La secolare storia della Custodia in Terra Santa dimostra che l'umiltà, la testimonianza gioiosa, la carità fraterna, la forza del perdono, la semplicità, la continua proposta di una riconciliazione possibile, sono la via maestra che ha consentito di passare attraverso la travagliata storia di questo Paese e di costruire una convivenza che non soltanto ha permesso la conservazione dei Luoghi Santi e lo sviluppo dell'archeologia cristiana, ma ha garantito la sopravvivenza delle comunità cristiane, pietre vive di questa Chiesa.
Questa Terra, quale significato ha per l'Ebraismo ?
Il rapporto di Israele con la propria Terra non può essere disgiunto dal suo rapporto con Dio. Essa è stata promessa da Dio al suo popolo come luogo di dimora e di discendenza (Genesi 15,7; 15,17). La promessa è rinnovata a Isacco e a Giacobbe (Genesi 26,3 - 28,4). La promessa trova compimento nell'esodo di Israele dall'Egitto, guidato da Mosè, chiamato da Dio a liberare il suo popolo. La diaspora ha consentito lo sviluppo di diverse opinioni sul legame tra ebraismo e Terra Santa. Con la dispersione del popolo ebraico, ma soprattutto con la distruzione del Tempio, il concetto di Terra Promessa è venuto meno: JHWH era sceso tra il suo popolo, poiché il Tempio era andato distrutto, e quindi se il Dio è peregrino anche il suo popolo doveva esserlo. La storia ha portato però lentamente alla ribalta il pensiero sionista, che da ideale poco considerato se non osteggiato, da movimento politico marginale anche in seno al mondo ebraico, ha raggiunto nel 1945 l'obiettivo dell'istituzione dello Stato d'Israele.
I continui attriti con le popolazioni islamiche hanno di volta in volta accentuato il sentimento del ritorno, e con esso il valore del legame tra popolo ebraico e Terra Promessa.
E per il Cristianesimo?
La Terra santa è fondamentale per la Cristianità, principalmente perché è il luogo in cui nacque, predicò, fu crocifisso e dove è risorto Gesù Cristo. Le principali città sante per i cristiano sono:
• Gerusalemme che è il luogo di alcune predicazioni di Gesù, ma è soprattutto il luogo dell'Ultima Cena, e quindi dell'istituzione della santa Eucarestia , del Calvario (o Golgota), dove fu crocifisso.. A Gerusalemme sono presenti la "Chiesa del Santo Sepolcro" , "Betlemme che è il luogo di nascita del Cristo.
• Nazaret , dove Gesù trascorse la sua infanzia prima delle predicazioni e dove vi sono molti posti sacri come la Basilica dell'Annunciazione
Durante le crociate, spesso i pellegrini cristiani cercarono altri territori sacri nel cosiddetto Outremer (cioè i domini cristiani in Terra santa), specialmente all'inizio del XII secolo, subito prima della cattura di Gerusalemme. Essi sono:
• Zippori, dove la Vergine Maria disse di aspettare un bambino.
• Il fiume Giordano dove Gesù venne battezzato.
• La grotta di Giovanni Battista.
• Il mar di Galilea.
• Il monte Tabor, luogo della trasfigurazione di Gesù.
• Gerico, la strada che percorse il buon samaritano.
Dal 1209 d.C. l'Ordine dei Frati Minori è presente, su mandato papale e per conto della Chiesa Universale, sui luoghi santi e si occupa di custodire, pregare, accogliere i pellegrini e tutelare la cristianità in generale; la provincia francescana di Terra Santa è più diffusamente conosciuta come Custodia di Terra Santa.
E l'Islam?
Il termine "Terra santa" è usato anche nel Corano, che ricorda la liberazione degli ebrei dall'Egitto:
E quando Mosè disse al suo popolo: "O popolo mio! Ricordate, la grazia di Allah è su di voi da quando ha scelto tra voi i Profeti! E fece di voi dei re e vi diede quello che non aveva mai dato a nessun popolo al mondo. «O popol mio, entrate nella Terra santa che Allah vi ha destinata e non volgete le spalle: vi ritrovereste perdenti" (sura al-Ma'ida 20-21)
La prima tradizione araba di al-Zujjāj la descrive come "Damasco, Palestina ed una parte della Giordania", mentre il tradizionista Qatada la indica come "il Levante (al-Shām)" e Mu'adh b. Jabal come "l'area tra al-Arish e l'Eufrate" e Ibn 'Abbās come "la terra di Gerico".
A volte, ma non nel Corano, è anche utilizzato per indicare la regione araba del Hijāz, la terra delle Città Sante di Mecca e Medina.
Il temine "al-Quds", "la Santa", è il nome arabo di Gerusalemme. La "Santa valle" (الوادي المقدس) indica nel Corano la valle di Tuwa dove Mosè ricevette l'ordine divino di presentarsi davanti al Faraone ed ingiungergli di pentirsi (sura Ta-Ha 12, al-Nazi'at 16.)
Il nome è usato anche per l'organizzazione caritativa islamica statunitense Holy Land Foundation for Relief and Development (Fondazione Terra santa per il soccorso e lo sviluppo).
PAROLE PER CAPIRE
La Palestina
Il termine Palestina fu introdotto dai Greci durante la loro dominazione (332 a.C.- 63 a.C.) e indicava la "Terra dei Filistei", anche se questi stavano perdendo la loro identità proprio nel periodo ellenistico, dopo essersi assimilati prima agli Ebrei, poi agli Assiro- babilonesi e ai Persiani.
I primi abitanti della Palestina furono i Cananei (dal 3000 circa a.C. fino al 1850 circa a.C.).
Verso il 1850 a.C. arrivarono gli Ebrei, un gruppo di sumeri emigrati dalla zona di Ur un secolo e mezzo prima. A causa di una grande carestia, gli Ebrei si spostarono in Egitto, da dove fecero in seguito ritorno con a capo Mosè e poi Giosuè che li riportò nella Terra Promessa. Dopo un certo periodo di sistemazione e lotte contro gli Amorrei che avevano nel frattempo occupato la terra di Canaan, iniziò la monarchia ebraica dall'anno 1000.
Sulla costa intanto si erano stanziati i Filistei, provenienti dall'Anatolia, ma furono sottomessi dal re Davide dopo dure lotte. Nel 922 a.C. il regno ebraico si divise in due parti: regno di Israele a nord e regno di Giuda a sud.
Dal 722 a.C. nella parte nord e dal 587 a. C. nella parte sud, gli Ebrei furono soggiogati dagli Assiri e dai Babilonesi e deportati, fino a quando i Persiani occupando la Mesopotamia e la Palestina (538 a.C.) li rimpatriarono.
Al dominio persiano seguì quello greco (332 a.C.) e, dal 63 a.C., quello romano.
I Romani nel 135 circa d.C. cacciarono gli Ebrei dalla Palestina.
Nel 638 d.C. gli Arabi strapparono la Palestina ai Bizantini, mentre dall'anno 1000 al 1500 circa d.C. vi furono alterni domini di Egiziani Fatimidi, Turchi Selgiuchidi, truppe di Saladino, Crociati, Egiziani Mamelucchi, per passare poi ai Turchi Ottomani fino al 1918.
Con la sconfitta degli Ottomani nella prima guerra mondiale, la Palestina passò sotto il controllo britannico fino al 1948, anno della dichiarazione dello Stato di Israele, dopo il voto ONU del 1947.
Il Sionismo
Il movimento sionista, nato nel 1897, fu favorito e approvato sia dagli Ottomani che dagli Inglesi. Ancora oggi Turchia e Israele sono fortemente alleati contro gli Arabi.
La decisione ONU del 29 novembre 1947 che divideva la Palestina fra Arabi ed Ebrei, e lasciava Gerusalemme territorio internazionale, fu boicottata dai Paesi arabi, che nel 1948-49 tentarono di distruggere Israele, con l'obiettivo di occupare loro la Palestina e non certo di far nascere un ulteriore Stato arabo palestinese.
Israele, durante la guerra del 1967, occupò la striscia di Gaza, che prima era dominata dall'Egitto, e la Cisgiordania, che era occupata dalla Giordania.
È tale e tanta la confusione su questo lembo di terra così caro e così tormentato che le colpe sono di tutti: americani, inglesi, arabi ed ebrei.
La Road map
È il piano di pace elaborato nel 2002 da USA, UE, Russia e ONU e accettato dall'Autorità Nazionale Palestinese e, dopo molte resistenze e con mille distinguo, dal governo israeliano. Comporta tappe chiare, un calendario, date limite e criteri destinati ad incoraggiare i progressi attraverso misure reciproche delle due parti nei campi politico, della sicurezza, economico, umanitario e della creazione di istituzioni. Lo scopo è il regolamento definitivo e generale del conflitto israelo- palestinese sulla base di una soluzione a due Stati. Ma questa non è realizzabile se non si mette fine alla violenza e al terrorismo.
La Road map prevede la fine all'occupazione del 1967, segue il principio dello scambio di territori in cambio di pace, e prevede l'accettazione di Israele da parte degli altri Paesi arabi. (NON è da gettare nel dimenticatoio che il pur combattivo e famoso Arafat , era azionista in America di un bowling, frequentato da ebrei e da Bush. Inoltre dai documenti resi pubblici sui suoi investimenti nel mondo risultano, tra gli altri, pacchetti azionari a suo nome nella Orascom, una società di telefoni cellulari egiziana e in una società di software americana, la Simplexity. Cfr.: Il Gazzettino, 24 dicembre 2004, p.7)).
Dio come scopo, il Profeta come capo, il Corano come costituzione, il jihad come metodo, e la morte per la gloria di Dio come più caro desiderio. (motto di Hamas, Statuto di Hamas, Art.8)
Hamas
Ḥamās, acronimo di Ḥarakat al-Muqāwwama al-Islāmiyya (in arabo: حركة المقاومة الاسلامية, "Movimento di Resistenza Islamico", ovvero حماس, "entusiasmo, zelo") è un movimento di resistenza palestinese che si batte contro l'imperialismo di Israele, di cui non riconosce la legittimità all'esistenza, e mira ad instaurare uno stato musulmano in Palestina. Il movimento nasce all'interno del gruppo "Fratelli musulmani" (in arabo: جميعة الإخوان المسلمين jamī'at al-Ikhwān al-muslimīn, letteralmente Società dei fratelli musulmani; spesso solo الإخوان المسلمون, Ikhwān al- Muslimūn, Fratelli musulmani, o semplicemente الإخوان al-Ikhwān, i Fratelli).
I Fratelli (o Fratellanza) musulmani sono la più grande organizzazione islamica, fondata nel 1928 da al-Ḥasa al-Bannā in Egitto dopo il collasso dell'Impero Ottomano,che abbia un approccio socio-politico all'Islam e si batte per un ritorno ad un'osservanza più ligia del Corano, contro la ritenuta eccessiva secolarizzazione di alcuni stati (come l'Egitto).
Il fondatore di Hamas è stato lo sceicco Ahmed Cassin , il quale nel 1976 fonda un organizzazione che operi per conto dei Fratelli musulmani all'interno della Striscia di Gaza, la al-Mujamma' al-Islami, che nel 1978 verrà riconosciuta da Israele come associazione di volontariato non- profit . Inizialmente, secondo i precetti coranici, l'associazione si occuperà di predicazione, istruzione, creazione di posti di lavoro e assistenza sociale tra le fasce più povere della Striscia. Infatti uno degli obblighi per il musulmano è la "carità" (zakath), ciò consente ad Hamas di raccogliere fondi anche all'estero ( dagli Stati Uniti, dall'Europa, dagli altri paesi musulmani e da organizzazioni umanitarie con sede in Israele) di aprire uffici presso governi esteri, come in Giordania. Oltre a creare una base economica, tale attività fa crescere il consenso popolare attorno ad Hamas.
Intanto, con gli inizi degli anni '80, all'interno del movimento comincia a crearsi una struttura paramilitare volta a combattere Israele con la violenza. Infatti, l'acronimo Hamas appare per la prima volta nel 1987 in un volantino che accusava i servizi segreti israeliani di minare la fibra morale dei giovani palestinesi per poterli reclutare come collaborazionisti. Con lo scoppio della prima Intifada (la battaglia dei palestinesi armati di pietre e bombe molotov contro i carri armati israeliani), Hamas inizia le sue azioni di guerriglia. Inizialmente con "azioni punitive contro i collaborazionisti", progredendo verso obiettivi militari israeliani ed infine con azioni terroristiche che prendevano di mira i civili israeliani, considerati obiettivi militari in quanto vivono in uno stato fortemente militarizzato, quindi futuri soldati invasori. Inizialmente opera esclusivamente all'interno della Striscia di Gaza, per poi espandersi in Giudea e in Samaria.
Le principali formazioni paramilitari di Hamas sono: i "Guerrieri Santi Palestinesi" (Al-Majahadoun Al-Falestinioun), specializzato in attacchi terroristici contro obiettivi israeliani e il "Servizio di Sicurezza" (Jehaz Aman) che si occupa di raccogliere informazioni soprattutto su palestinesi collaboratori di Israele, informazioni che poi vengono passate al "Majd", acronimo di Majmouath Jihad u-Dawa ( Gruppo per la Guerra Santa e la Diffusione della Dottrina), il suo corpo armato.
Ovviamente il diffondersi di Hamas crea tensione con l'OLP di Yasser Arafat, ed il suo gruppo paramilitare Al-Fatah. Mentre quest'ultimo riconosce il diritto all'esistenza di Israele e propone un compromesso per il West Bank e la Striscia di Gaza, consistente in una confederazione con la Giordania, Hamas ritiene l'intera Palestina "terra santa" (waqf), quindi nega ogni diritto di esistenza ad Israele. Anche sul futuro stato palestinese le opinioni sono diverse: l'OLP propone una democrazia di stampo occidentale, mentre Hamas vuole instaurare uno stato musulmano.
A causa di queste differenze salta il progetto di costituire un fronte comune di lotta, il Comando Unico Nazionale, e le due formazioni continueranno a combattere separatamente.
Il 18 Agosto 1988, Hamas emana il suo Statuto. Oltre al carattere sacro del movimento, Hamas si definisce un organismo nazionalista (Art.12) e rinnega ogni tentativo di accordo di pace che preveda la perdita di una parte del territorio palestinese ("sono perdite di tempo, giochi per bambini", Art. 13), anzi dichiara che il Jihad (Guerra Santa) contro Israele è un obbligo per tutti i musulmani di ogni genere e ceto sociale ("non c'è soluzione per il problema palestinese se non il Jihad, Art.12). Viene detto che Hamas è un movimento che combatte sia il capitalismo occidentale che il comunismo sovietico ( "I poteri imperialisti sia nell'Ovest capitalista sia nell'Est comunista sostengono il nemico con tutta la loro forza, in termini materiali e umani, alternandosi in questo ruolo", Art.22) e viene ribadita l'ottica sociale in cui si muove ("Il Movimento di Resistenza Islamico è un movimento umanistico. Si occupa dei diritti umani, e si impegna a mantenere la tolleranza islamica nei confronti dei seguaci di altre religioni. È ostile solo a coloro che mostrano ostilità nei riguardi dell'Islam", Art.31).
Col passare degli anni, l'OLP assume posizioni sempre più filo-americane, lasciando l'azione di resistenza alla sola Hamas.
Il conflitto tra le due fazioni si acuisce dopo le elezioni politiche palestinesi del Gennaio 2006.
L'OLP, sostenuto da Israele, USA e UE, è convinto di vincere, ma nonostante tutto il popolo palestinese capisce il tradimento dei corrotti eredi di Arafat e assegna la vittoria ad Hamas, che insedia per la prima volta nella storia un proprio Presidente, Ismail Hanyeh.
Oggi, le più alte istituzioni riconosciute di Ḥamās sono il Consiglio (Shura), e l'Ufficio Politico.
La prima rappresenta la guida politica e spirituale del movimento ed è composta da una cinquantina di figure di spicco del mondo religioso presenti al suo interno. L'Ufficio Politico, invece, svolge mansioni di informazione e relazioni con l'estero, ha sede al di fuori della Palestina, in Siria, ed è diviso in sezioni competenti per i vari settori d'azione. Altri organi di rilievo sono la Da'wa ("La Chiamata"), che si occupa del reclutamento, dell'assistenza sociale e della raccolta di fondi all'estero, e l'A'lām, ente che gestisce le operazioni di propaganda, dell'informazione e dell'indottrinamento ideologico in Palestina e che possiede una stazione radio ed una televisione.
Al momento, le formazioni paramilitari più attive sono due: gli "Studenti di Ayāsh" o "Studenti dell'Ingegnere" o "Unità Yaḥyà Ayāsh" (per commemorare Yahya Ayash, l'ingegnere degli esplosivi responsabile per la morte di più di 50 israeliani e ucciso nel 1996) , e le "Brigate Izz al-Dīn al-Qassām",conosciute anche come "Forze Izz al-Dīn al-Qassām" o "Battaglioni Izz al-Dīn al-Qassām" (per commemorare lo Sceicco Izz al-Dīn al-Qassām, il padre della moderna resistenza araba, ucciso dai britannici nel 1935).
resistenza araba, ucciso dai britannici nel 1935).
Guerra infinita dunque?
Forse sì, anche se spesso l'apparenza inganna. A volte vedendo le identiche scene di guerra, ripetute ormai per anni, viene il sospetto che quelle figure che calcano le scene siano solo marionette. Marionette sapientemente guidate da capaci registi con interessi e fini abilmente nascosti. Il mondo che stiamo vivendo è pieno di abili mestatori, praticamente in tutte le attività: politiche, economiche, sociali, nazionali ed internazionaliCredo che anche la "Telenovela" La Palestina , con il tema conduttore il conflitto tra Islam e Occidente sia diretta da abili mestatori e preveda ancora un considerevole numero di puntate.
Quali i rimedi perché la Palestina, la contesa terra promessa, possa finalmente trovare quella pace da troppo tempo attesa? La risposta non è certamente facile.
Riuscire a contenere il malessere sociale sarà il segreto della sopravvivenza degli attuali regimi. Sono infatti le popolazioni delle diverse parti in lotta quelle che continuano a pagare il prezzo più alto. E' la gente comune che vive in mezzo alle bombe, agli agguati, alle sparatorie; gente che sostanzialmente vorrebbe vivere in pace, risolvere i tanti problemi quotidiani, prima che pensare a come dividersi uno stretto lembo di terra.
Alla fine, giorno dopo giorno, la vita continua anche nello stillicidio quotidiano di vittime, perché la realtà dei bisogni e delle speranze è più forte anche della guerra e delle ideologie. Una realtà quotidiana complicata anche senza gli scontri armati, anche senza l'incertezza di un futuro che pare serbare ancora molto sangue e molte lacrime. Ad entrambe le parti in lotta.
Da una parte il popolo d'Israele che ha una società formata da immigrati della più diversa provenienza, costituita in tempi molto diversi da ebrei giunti da un centinaio di paesi, finora guidati e sostenuti dall'ideologia sionista o dalle persecuzioni antisemite. Questo mosaico variegato di culture e costumi, unificato dal sottile filo di una comune identità storica e da un comune progetto di costruzione di uno Stato democratico non è coeso, ma ha al suo interno anime diversissime. Un progetto di Stato, quindi, non privo di tensioni al suo interno ove esiste, oltretutto, una forte minoranza non ebraica costituita dagli abitanti arabi rimasti nel 1948 e divenuti cittadini dello stato con uguali diritti ma con profonda diversità culturale.
Dall'altra il popolo palestinese, costituito da una società estremamente povera, economicamente dipendente da Israele. Ogni giorno una massiccia moltitudine di palestinesi varca le linee di confine per recarsi a lavorare in Israele o negli insediamenti israeliani nei Territori occupati. Anche ora, con il riaccendersi del conflitto, per molti nulla è cambiato: non si conta il numero dei palestinesi che ogni giorno fa il muratore, raccoglie la frutta, pulisce le strade, o a fianco di personale medico israeliano lotta per salvare vite umane nello stesso ospedale. Dove si soffre è più facile trovare esempi di convivenza. Ma non è solo il dolore quello che unisce. Nella squadra di pallacanestro di Gerusalemme si allenano e giocano insieme arabi ed ebrei. Diversi arabi giocano nelle squadre di calcio israeliane ed i migliori entrano a far parte anche della Nazionale.
Gli uomini comuni che popolano la Palestina, quelli che ogni giorno devono fare i conti con i bassi salari, arabi ed ebrei nella stessa misura, vivono giornalmente la continua tensione fra speranza e paura: la speranza di poter vivere come uomini che si aiutano l'un l'altro e la paura di doversi combattere come membri di popoli e cittadini di stati diversi e nemici. La stagione della guerra avrà, purtroppo, il suo luttuoso corso per molto tempo ancora, prima che prevalga il sano istinto della vita.
Perché possano sopravvivere Israele, la Palestina e il Libano sarà necessario un grande sforzo di immaginazione. Ma la domanda è: lo si vuole davvero? Intanto affinché la politica internazionale torni sul terreno del diritto l'Europa dovrebbe reclamare l'applicazione di tutte le risoluzioni ONU. Ma pare che ad oggi, nessuno sa che "pesci pigliare".
Pure l'Europa deve recitare nello scacchiere internazionale un ruolo più incisivo per aiutare a costruire, nell'antica culla della civiltà, al di fuori degli interventi d'oltreoceano, una pacifica convivenza.
Sarebbe un vero peccato, se la Palestina, terra promessa da Dio per le tre religioni monoteiste più importanti del Pianeta, non riuscisse a trovare il suo equilibrio di pace. Da terra santa diventerebbe terra maledetta e da culla della antica civiltà si trasformerebbe nella tomba di quella dei nostri giorni.
Sono anni che scrivo questo, anche avendo intervistato molti studiosi ed intellettuali delle due parti. Tant'è che il titolo di questo servizio vuole caparbiamente ricalcare quello di alcuni anni fa, sperando, vivamente sperando che presto la Palestina divenga sul serio la "terra di Dio".
Maria de Falco Marotta