Cirio e Parmalat: sì Cragnotti e Tanzi ma solo loro?!?
 Nel dibattito su Cirio e 
 Parmalat è sfuggito sinora un dato politico di fondo: il 
 contrasto tra le esigenze che emergono da queste vicende e 
 la situazione politica. Perché al di là del delicatissimo 
 problema dei controlli ciò che è accaduto rivela, in modo 
 drammatica, la assenza di uno Stato serio, di uno Stato 
 forte, di un vero Stato liberale che, per dirla con Sturzo, 
 sia “fermissimo nel rispettare i diritti dei cittadini ma 
 altrettanto fermo nel far rispettare le leggi.” Assenza che 
 è sempre stata il nostro problema principale, ma che oggi si 
 rivela particolarmente acuta.
 Né il Polo né l’Ulivo sono oggi in grado di affrontare 
 questo gravissimo problema. Il centro destra ha lanciato in 
 questi anni un messaggio opposto a ciò che si richiederebbe, 
 e cioè la irrilevanza delle regole, dei limiti, e in fondo 
 della legge stessa. E’ un messaggio che si inquadra in una 
 tendenza mondiale, dove la giusta spinta a una 
 liberalizzazione si è talvolta tradotta in un indebolimento 
 delle regole che garantire un sano funzionamento non solo 
 della vita sociale ma anche di quella economica. Ma in 
 Italia il fenomeno è accentuato dalle caratteristiche 
 particolari di questa maggioranza. Il conflitto di interessi 
 di Berlusconi svuota il valore di regole giuridiche e morali 
 sinora accettate, come il dovere dell’uomo pubblico di far 
 prevalere gli interessi della collettività su quelli 
 personali e la precisa distinzione tra la attività privata e 
 quella pubblica. Le leggi ad personam mortificano il 
 principio della uguaglianza di fronte alla legge. La 
 politica di Bossi irride al ruolo dello stato e delle sue 
 leggi. Il tutto in nome di una mentalità consumistica per 
 cui ciò che conta, anche ai fini del bene pubblico, è la 
 produzione di ricchezza, il successo economico, che sovrasta 
 ogni altra cosa e diventa il vero metro di misurazione del 
 comportamento individuale e collettivo. Del resto uno dei 
 primi atti del governo è stata la depenalizzazione del falso 
 in bilancio, cioè di uno degli atti la cui gravità sociale 
 esplode oggi drammaticamente.
 L’Ulivo propone come soluzione alternativa il governo della 
 sinistra. Ma noi non dimentichiamo che tanta parte della 
 sinistra che ha avuto rapporti troppo stretti col potere 
 economico, soprattutto con le Partecipazioni Statali, nei 
 cinque anni di governo non è stata capace di risolvere 
 questi problemi. 
 Noi proponiamo una strada diversa: la costruzione di un 
 partito veramente liberaldemocratico, ispirato ai principi 
 del liberalismo laico e cattolico che furono alla base della 
 coalizione degasperiana. E’ una strada lunga e difficile, ma 
 è quella che può portare a una politica veramente distante 
 dal mondo degli affari e della finanza. 
Mario Segni
 GdS 10 I 04  www.gazzettadisondrio.it
