"Riflessione" sulla violenza negli stadi
 Caro Direttore, il fenomeno 
 dei tifosi che assaltano gli stadi, armati di mazze da 
 baseball, catene metalliche e altro, non è un liquidabile 
 solo con uno sforzo maggiore di ordine pubblico.
 La questione è "altra"! E’ atavica. L'uomo, dice 
 l'antropologia e conferma l'etologia, è un animale sociale 
 che abbisogna, se non gratificato, di scaricare 
 frustrazioni, istinti e bisogni repressi, sensi di impotenza 
 e desideri "inconfessabili". Necessità, che se non 
 soddisfatte e "fagocitate", generano rabbia e violenza.
 Non casualmente, tutte le società, moderne o primitive, 
 attraverso l'esercizio del controllo sociale, hanno generato 
 efficienti "ammortizzatori sociali" in grado di canalizzare 
 frustrazioni e angosce collettive. Ecco spiegata, nel corso 
 dei secoli, la tolleranza verso prostituzione, droga, alcool 
 e giochi d'azzardo. Soluzioni parziali, ma con forti poteri 
 "compensativi".
 Non è cosa esaltante constatare che l'uomo, nonostante il 
 possesso (presunto) di facoltà superiori, come la ragione e 
 l'intelletto, prerogative che non appartengono al regno 
 animale, tenda ad assomigliare miseramente più a 
 quest'ultimo genere, che non a quello umano.
 Anche lo sport del calcio, al di là della facciata ludica e 
 sociale, rappresenta inconsciamente, per molti frustrati e 
 falliti della vita, un'ancora di salvezza alle loro paranoie 
 esistenziali. In verità il calcio, oltre l’infiocchettatura 
 sportiva, è solo una straordinaria macchina per fare soldi, 
 che si nutre della carne (quando scappa il morto) e dei 
 portafogli, di tanti ingenui che ancora ci credono. Ma lo 
 "sport" del calcio money-money, non si può fermare, e tutto 
 continuerà come prima. 
Gianni Toffali
Gianni.Toffali@inwind.it 
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