RECENSIONI: "NO LOGO" di Naomi Klein Edizioni Baldini & Castoldi
 “No logo” di Naomi Klein. 
 Edizioni Baldini & Castaldi
 “No Logo” ha avuto un successo sorprendente per l’editoria 
 italiana. 
 Il pubblico delle nostre librerie non ha infatti mai 
 mostrato tanto interesse per un argomento così impegnativo, per 
 di più trattato da un’autrice quasi sconosciuta. Questo 
 voluminoso libro illustra l’impatto sempre più violento della 
 pubblicità sulla nostra società e descrive, con una coraggiosa 
 inchiesta giornalistica, le drammatiche condizioni di lavoro a 
 cui sono costretti gli operai del Terzo Mondo nelle fabbriche 
 che producono beni per conto delle multinazionali occidentali. 
 “No Logo” deve gran parte del suo successo editoriale ai 
 disordini scoppiati in occasione dei vertici economico-politici 
 di Seattle e Praga, di Goteborg e della nostra Genova. A causa 
 di questi disordini, infatti, le cronache dei mass media hanno 
 dovuto dare grande spazio al variegato mondo dei no-global, alla 
 loro filosofia, alle loro idee. Quest’attenzione ha convinto gli 
 editori, prima americani poi europei, a lanciare un libro che 
 altrimenti non avrebbe raggiunto il successo che ora può 
 vantare. 
 “No logo” presenta un’interessante ricerca 
 sull’evoluzione delle strategie pubblicitarie che hanno portato 
 le grandi aziende a preoccuparsi più del loro marchio e della 
 loro immagine che dei loro prodotti. Tuttavia, i molti casi 
 presi in esame e i molti esempi addotti rendono l’argomentazione 
 un po’ dispersiva. La denuncia delle condizioni di lavoro nelle 
 industrie del Terzo Mondo è condotta attraverso un’inchiesta 
 giornalistica molto attenta ed efficace, che prende in 
 considerazione i vari aspetti sociali, politici ed economici del 
 problema. Inoltre, è apprezzabile che Naomi Klein, una giovane 
 giornalista canadese, abbia svolto di persona questa inchiesta, 
 raccogliendo materiale, testimonianze ed impressioni in un’area 
 industriale delle Filippine dove vengono assemblati i prodotti 
 delle multinazionali. L’autrice e il suo libro si schierano 
 apertamente contro la globalizzazione, ma non apportano che un 
 minimo contributo alla definizione chiara e precisa di questo 
 concetto tanto discusso. 
 “No logo” è comunque un libro 
 interessante: la sua lettura fornisce molti spunti di 
 riflessione sulla nostra amata-odiata società dei consumi e 
 potrebbe aiutarci a limitare le interferenze delle mode e della 
 pubblicità sulla nostra vita.
  
 Massimo Bardea
 GdS 15 III 2002
