Elettrodotti: e adesso con i nuovi vincoli per via dei nuovi decreti? La gente (servitù e vincoli reali), e i Comuni (servitù e vincoli virtuali ma pesanti lo stesso), senza tutela. Non sarebbe successo nella Prima Repubblica
 Servitù reale e servitù virtuale persone
 C’è una servitù coattiva di elettrodotto, stabilita dal T.U. 
 del 1933 e dal Codice Civile, che grava sui proprietari dei 
 suoli interessati dal passaggio degli elettrodotti.
 C’è una servitù virtuale che grava sugli stessi, 
 rappresentata dalle obbligazioni, in pratica dai vincoli, 
 che si sono innestati sul filone delle servitù prediali. Per 
 chiarezza di chiunque usiamo l’analogia della sovrattassa 
 che viene introdotta non con nuovi criteri ma di fatto 
 stabilendo un’aggiunta percentuale rispetto a quel che già 
 si deve pagare. Vediamolo in sintesi: io, proprietario di un 
 suolo, mi sono visto un giorno arrivare la comunicazione che 
 sulla mia proprietà doveva passare ima linea elettrica. 
 L’unica mia possibilità, non potendomi opporre per legge, 
 era ed è quella di discutere qualche condizione di contorno, 
 posto di avere qualche chanche particolare.
 Fin qui tutto si riduceva in una limitazione 
 “amministrativa” ed anche, in base all’estimo, in una 
 limitazione del valore della proprietà, quale ne fosse la 
 destinazione d’uso. Poi però sono arrivati in successione 
 una legge del 1988, il DPCM del 23.4.1992 e infine gli 
 emanandi decreti attuativi della legge 36/2001 
 sull’elettrosmog. A questo punto il vincolo è diventato 
 urbanistico per cui se prima potevo costruire qualcosa, 
 consentito dalla pianificazione comunale, oggi nella fascia 
 di rispetto, ampia nel caso degli elettrodotti a maggiore 
 tensione e maggior carico, non posso fare più nulla.
 Alla servitù reale si è quindi aggiunta una servitù 
 derivata, che abbiamo chiamatop “virtuale” ma assolutamente 
 concreta nei suoi effetti perversi.
 Servitù reale e servitù virtuale Comuni
 La servitù reale e la servitù virtuale non toccano solo le 
 persone, ma incidono, e talora pesantemente, sulle scelte 
 dei Comuni.
 Nel Comune di Caiolo, in provincia di Sondrio, 956 abitanti 
 al censimento ultimo, transitano sette elettrodotti in un 
 territorio antropizzate estremamente ridotto. Non ci vuol 
 molto a capire cosa può succedere al suo Piano Regolatore, 
 regolarmente approvato, tracciando sette corridoi che 
 corrispondono alle fasce di rispetto delle linee, e 
 caratterizzandole con un nuovo colore: non zona bianca ma 
 nera: di inedificabilità assoluta ma anche off-limits per 
 verde attrezzato, verde sportivo ecc.
 Quale la larghezza di tali corridoi?
 Non possiamo dirlo con certezza, perché la fascia di 
 rispetto va, da una parte e dall'altra della linea, dai 
 punti ove viene registrato un valore dell'induzione 
 magnetica pari a 3 microTesla (la bozza Bordon prevedeva 
 0,2). L'elemento determinante é il carico medio della linea 
 in 24 ore, cioé da quanta energia transita mediamente, dato 
 che dovrà essere definito tra gestori e ARPA. Il dato certo, 
 quello in vigore per effetto del DPCM 23.4.1992 é di 18 e 10 
 metri per parte rispettivamente per linee a 220 e 132 kV (in 
 provincia non abbiamo linee a 380 kV).
 Di situazioni tipo Caiolo ce ne sono tante. In Sondrio, nel 
 piano, ne abbiamo contate una ventina. Un esempio: sedi 
 della TV, della Tipografia Polaris, del Discount LD con le 
 case in zona appartengono ai "fortunati", a coloro cioé che 
 possono sperare, nel giro di qualche anno, e quanti non é 
 dato di sapere, di uscire dal vincolo che a breve cadrà loro 
 sulla testa, pur avendone già uno dal 1992. E diciamo 
 "fortunati" perché il vincolo non é assoluto, anche se, come 
 detto, rimuovibile chissà quando. Per altri é peggio, 
 comprese aziende bisognose di un ampliamento, impossibile a 
 farsi salvo, e solo in certi casi, mettere le mani in tasca 
 e alleggerire sensibilmente il portafoglio.
 Conseguenze dei decreti
 Con la bozza Bordon si é visto che la fascia di rispetto 
 poteva arrivare fino a 90 metri per parte - comunicazione 
 ENEL nel convegno di Montagna -. Ci si riferisce 
 naturalmente all'obiettivo qualità, da tener conto nelle 
 nuove costruzioni, di elettrodotti e di edifici residenziali 
 o per attività produttive.
 A taluni, anche ai parlamentari che ne hanno discusso in 
 Senato e poi alla Camera tra il 26 marzo e il 9 aprile, é 
 però sfuggito che possono rientrare in questo vincolo anche 
 le ristrutturazioni sia edilizie che urbanistiche nonché 
 taluni standard come verde attrezzato, verde sportivo ecc.
 L'inserimento nel provvedimento che tra non molto, dopo l'OK 
 del Senato, diverràrà legge-delega al governo, del concetto 
 di "trasposizione volumetrica", -  ma in sostanza si 
 tratta della nostra proposta di "recupero urbanistico" 
 subito avanzata da parte nostra in molte sedi, anche romane, 
 dopo l'approvazione della legge 36 e la comparsa delle prime 
 bozze di decreti -, pone due problemi.
 Innanzitutto può risolvere qualche problema evitando, o 
 quantomeno riducendo il danno per i proprietari dei suoli.
 In secondo luogo pone ai Comuni, specie quelli piccoli, 
 difficoltà notevoli trattandosi di iniziative di urbanistica 
 avanzata.
 Ci vorrebbe un intervento di coordinamento, ad esempio 
 Provincia-Comunità Montane-BIM, ma in due anni, nonostante 
 ripetute sollecitazioni, inspiegabilmente nessuno si é 
 mosso, anche se comprendiamo che non  siano mole le 
 persone in grado di capire e dominare questa imbrogliata 
 matassa.
 Noi siamo disponibili a dare disinteressatamente, 
 nell'interesse di Valle e della nostra gente, una mano. I 
 pochi che l'hanno chiesta sono rimasti soddisfatti. Ma 
 perché dobbiamo essere noi e non chi ha strutture e risorse 
 per farlo?
 Alberto Frizziero
 GdS 18 VI 03  www.gazzettadisondrio.it
