CARLO DONEGANI INGEGNERE DEL 2000 VISSUTO NEL 1800
Carlo Donegani, una via da seguire”: questo il titolo della
mostra che si étenuta a Sondrio nelle sale del Palazzo della
Provincia e del Credito Valtellinese, dal 19 marzo al 7 aprile
2001, organizzata dal Liceo Scientifico "Donegani" di Sondrio,
con il sostegno e la collaborazione di numerosi enti e
istituzioni. La mostra si é posta come punto di partenza per un
più vasto progetto di valorizzazione dell'opera di Carlo
Donegani, lo straordinario progettista ed esecutore delle
strade dello Stelvio, dello Spluga, dei tratti Tirano-Bormio,
Lecco-Colico, Colico-Riva di Chiavenna, autore dei rilievi di
tutta la strada di Aprica, poi progettata dal figlio Giovanni.
DALLE
PLANIMETRIE ANNI 1816/1860
Ma come è nato e si è sviluppato questo progetto?
L'occasione è stata la proposta alla scuola di acquisto di un
certo numero di planimetrie originali, datate tra il 1816 e il
1860, molte delle quali a firma Carlo Donegani, relative alle
strade della Provincia di Sondrio. Osservando le tavole,
ammirati delle capacità tecniche, dell'attenzione al
particolare, del rispetto per lo spazio, ma anche delle scelte
operate, come, per esempio, l’eliminazione di edifici che
potevano essere di ostacolo alla viabilità prevista, è scattata
la consapevolezza di avere tra le mani una testimonianza
importantissima sotto molti punti di vista.
UNO
SPACCATO DI VITA DELLA PRIMA META' DELL'800
Non si trattava solo di qualche carta, poco o tanto
significativa, interessante e utile solo per uno studio
specifico e limitato; queste tavole, opportunamente interrogate,
potevano restituirci, invece, uno spaccato di vita della prima
metà dell'Ottocento. E la metodologia per indagare non poteva
che essere quella elettiva di un liceo, pluridisciplinare per
vocazione.
CHI ERA
CARLO DONEGANI?
Chi era Carlo Donegani? perché, nato a Brescia, era venuto in
Valtellina? come era riuscito a progettare e a far eseguire in
pochissimi anni - quattro per lo Spluga e cinque per lo
Stelvio - quelle che sostanzialmente sono ancora oggi le
nostre strade? che tipo di difficoltà ha incontrato? come
lavorava? di quali strumenti disponeva? chi erano i suoi
assistenti? e gli operai? come erano le strade prima
dell'esecuzione di questi lavori? come viveva e come si muoveva
la nostra gente agli inizi dell’Ottocento? Quali cambiamenti ha
indotto la costruzione delle strade? e quali le caratteristiche
e le funzioni di una strada di montagna, per di più al confine
con altri stati?
Queste, già tante, sono solo alcune delle domande che si sono
affacciate alla mente di chi, per primo, si è dedicato allo
studio.
Il coinvolgimento di persone diverse - tecnici, storici,
studenti, appassionati di viabilità e interessati al periodo
storico, alla nota d'archivio o al tratto del disegno, che hanno
risposto con entusiasmo sincero e convinto al nostro invito - ha
consentito di vedere i diversi piani di questo patrimonio.
Patrimonio nel frattempo arricchitosi di due importantissime
testimonianze autentiche, grazie alla generosità della Signora
Betta Sertoli e della sua famiglia, ultimi discendenti dei
Donegani, che hanno donato alla scuola la pergamena originale
con la quale Ferdinando I concesse a Carlo Donegani
l'onorificenza di Conte di Monte Stelvio e il manoscritto
originale della "Guida allo Stelvio" di Giovanni Donegani,
figlio di Carlo.
Con gli studenti, si è cominciato a cercare le risposte nei
documenti, nei libri, nei molteplici contatti con musei e
archivi - Lecco, Milano, Coira, Innsbruck, Vienna - con
università, fondazioni e istituzioni, con collezionisti ed
esperti; e alle risposte si sono aggiunte nuove scoperte e
ulteriori riflessioni sul senso di questa ricerca.
IL SENSO
PROFONDO DELLA STORIA
Dall'analisi delle tavole, dalla lettura di alcuni manoscritti,
sono scaturite diverse e importanti occasioni di riflessione.
Prima fra tutte quella sul senso profondo della "Storia" che
emerge dalle "storie" del quotidiano, dei problemi legati ad uno
specifico territorio e a un ben definito tempo, dei rapporti tra
i popoli, della loro organizzazione economica e culturale e
anche delle realizzazioni concrete dei progetti di un uomo di
straordinaria capacità tecnica.
Oggi sempre più appartiene all'esperienza comune il crescente e
diffuso interesse per la riscoperta delle testimonianze del
passato, siano esse i segni dell'attività di lavoro, dei modi di
essere o di pensare; sempre più diffuse sono anche le analisi e
le proposte di conservazione e valorizzazione della memoria. Non
una memoria genericamente intesa, richiamo qualsiasi alle cose
del passato, ma tutt’affatto "conoscenza storica" rilevante e
necessaria per comprendere appieno il concetto di sviluppo e di
progresso, strettamente collegati a quello di territorio.
E' fin troppo chiaro quanto sia importante la conoscenza della
storia particolare di un luogo: solo così, infatti, ne possiamo
capire l’organizzazione, le strutture, le istituzioni, la
possibilità o meno di comunicare con i luoghi vicini e di
scambiare merci e cultura.
Per Marc Bloch la conoscenza storica è la formazione di un abito
mentale che fa rifuggire dalle semplificazioni; il ruolo della
storia è quello di fornire alla coscienza dell'uomo una quantità
di materiali su cui esercitare il suo giudizio e la sua volontà
per crescere. La capacità della storia di produrre frutti sta
nell'allargamento praticamente indefinito che essa realizza
della nostra esperienza e delle nostre conoscenze.
FONDAMENTALE LA CONOSCENZA DEI LUOGHI
E come si pone la cultura storica sul piano circoscritto della
dimensione locale? Fondamentale è la conoscenza dei luoghi,
quelli nei quali affonda le proprie radici l’identità, nei quali
possiamo specchiarci e conoscerci meglio e, quindi, sapendo
cogliere le differenze, conoscere meglio gli altri.
La possibilità concreta di analizzare e di studiare queste
tavole diventa così per i ragazzi, e per tutti noi, uno
strumento prezioso per pensare e lavorare su uno dei nodi
fondamentali della nostra civiltà, quello delle comunicazioni. E
proprio per la particolare configurazione e per la posizione
delle nostre valli, si fa urgente una riflessione sull'idea di
confine e, nel nostro caso, di passo o giogo alpino.
Un confine, come nei disegni ricorsivi di Escher, in cui lo
sfondo può essere a sua volta visto come una figura a sé stante,
non è tanto una linea di demarcazione quanto piuttosto un
qualcosa che ha una funzione di transito e di collegamento tra
ambiti e modalità organizzative differenti. Qualcosa che mette
in comunicazione nel momento stesso in cui separa, una sorta di
interfaccia dove non solo ogni paese, ma ogni essere finito
entra in relazione con l'altro da sé; il confine contiene sia il
trans-ducere, cioè il trasportare il senso da un altro mondo nel
proprio, sia il tradere , indicatore di una continuità che
acquista valore solo se non si chiude in sé stessa, ma accetta
la sfida che le viene da altre tradizioni.
Le terre di confine sono luoghi di passaggio, di scambio di
merci e di idee; coloro che vi abitano hanno acquisito
l'abitudine alla diversità, hanno affinato la capacità di
rimanere se stessi riconoscendo la differenza tra la propria
identità culturale e quella dei vicini. Le popolazioni sanno
vivere il confine non come una linea che divide, ma come uno
spazio geografico di contatto e di scambio.
DONEGANI
NON C'E' PIU' MA LE STRADE SI' (LE STESSE)
"Con la ricerca storica non è tanto importante che le cose
passate diventino chiare, poiché esse non sono più, ma diventa
chiaro quello che di esse nell' hic et nunc non è ancora
passato"; questo pensiero di Droysen ben si applica alle nostre
ricerche. Donegani non c'è più, molti aspetti del suo lavoro ci
restano oscuri, ma le strade sono rimaste e, testimoniate dai
suoi disegni, rimangono vive anche la sua tenacia rigorosa e la
sua eccezionale capacità tecnica e organizzativa. Ancora oggi
appare quasi incredibile come egli potesse muoversi, passando da
Chiavenna al Tirolo, da Lecco a Milano, al giogo dello Stelvio,
seguendo contemporaneamente lavori diversi, risolvendo problemi
di ogni genere, dagli ordini alle maestranze alle beghe per i
ritardi nelle consegne dei lavori appaltati.
I rapidi spostamenti territoriali cui Carlo Donegani era
costretto, lo studio attento della geografia dei luoghi a volte
faticosamente percorsi ci offrono l'occasione di meditare sul
rapporto tra Storia e Geografia e sulla loro evidente
complementarietà.
Il paesaggio, il fiume, le montagne, i dirupi e le radure
pianeggianti appartengono alla Geografia; l'uomo, le ragioni
delle sue opere, i mezzi usati per condurle a termine e la loro
evoluzione appartengono alla Storia. Le strade sono l'anello di
congiunzione tra queste due grandi ambiti della cultura umana: è
la volontà umana che si innesta sull'ambiente naturale, lo
modifica, lo piega alle sue esigenze, derivate da istanze e
bisogni storici. L'intrecciarsi di tutti questi elementi nel
corso dell’Ottocento ha prodotto quelle che sono ancora il
sistema viario della provincia di Sondrio.
Viva e intelligente è l'attenzione mostrata da Carlo Donegani
nei confronti del paesaggio inteso come quadro ambientale entro
cui tracciare un percorso rispettoso dell'elemento naturale, che
fosse, però, effettivamente realizzabile sia dal punto di vista
tecnico, sia in una precisa ottica socio-economica.
LE
STRADE
Le strade: quante idee, quante immagini e quante riflessioni!
Una strada è un tratto di spazio individuabile, delimitato, ben
segnalato che crea collegamento tra luoghi abitati dall'uomo. E'
un mezzo che consente il passaggio concreto di merci,
informazioni, cultura, ma può essere letta come una metafora.
E' il segno che si dipana tra la natura caotica e la norma
matematica o geometrica.
Può essere analizzata in sé dal punto di vista tecnico,
paesaggistico, materiale, geometrico o, come simbolo
dell'attività umana, si carica di significati diversi e
variegati.
Nell'Ottocento la strada è un esempio di tramite tra l'elemento
naturale e l'opera dell'uomo. Essa si adagia nel paesaggio, si
adegua ad esso, cerca di vincerne le asperità e gli ostacoli
senza troppo forzare, sembra che rispetti l'imponenza e la
superiorità della natura, cogliendone la selvaggia peculiarità.
Vero che allora non c'erano i mezzi e gli strumenti di oggi e
che non era neanche tecnicamente possibile mutare il paesaggio
nel modo rapido, radicale e talvolta distruttivo, come
assistiamo dal secondo dopoguerra ma, forse, è vero anche che
c'era un rispetto più profondo per l'elemento naturale. Queste
tavole e gli scritti autografi che le accompagnano sono la piena
testimonianza che l'uomo può e deve inserirsi nell'ambiente
circostante senza stravolgerlo; da esse emerge la particolare
capacità di Carlo Donegani di coniugare cultura, tecnica e
attenzione per la natura.
Si può riflettere, ancora, sulla funzione diversa che oggi
riconosciamo alle strade: non servono più da collegamento tra
centri di paesi diversi, ma rispondono piuttosto a esigenze di
spostamento rapido. Non devono più passare all'interno dei
paesi, perché le auto devono correre veloci, su tracciati
distanti dall'abitato.
E questa ricerca, parimenti, ci porta a spaziare dall'analisi
rigorosamente tecnica, cui ci obbligano le tavole con i loro
segni, con le scale di misurazione e i rapporti numerici, a
considerazioni estetiche, non solo sulla " bellezza " e sulla
delicatezza dei tratti, ma anche a come queste opere stradali
sono state rappresentate. Pensiamo ai disegni, alle stampe del
Meyer, di Brockedon e di altri, quasi contemporanee. Pensiamo
alle descrizioni di queste vie nei testi del De Pagave, di
Cesare Cantù e di quanti, spesso seguendo la moda del "viaggio"
inaugurata da Goethe (Italianreise, 1786) e da Chateaubriand
(1803), inclini al gusto romantico del sublime e dello
spaventoso. le hanno percorse. L'analisi di questa letteratura
di viaggio, dei diari, delle note o relazioni molto vicine al
gusto dell'epoca, nella loro ricchezza di riferimenti
all'elemento pittoresco e "orroroso", ci ha fatto scoprire la
possibilità di individuare dei tasselli di un mosaico non ancora
del tutto conosciuto. I dettagli, a volte apparentemente
insignificanti, l'accumulo di notazioni, possono offrire
suggerimenti per lo storico, per il geografo o per
l'ambientalista e aprire a tutti spazi di indagine di dimensioni
inaspettate e di orizzonti senza limiti.
DONEGANI,
L'UOMO
E di Carlo Donegani uomo, quale ritratto dai documenti finora
indagati?
Dalle sue lettere allo zio Antonio, che si trovano nell'Archivio
di Stato, non traspare molto del Donegani uomo; sicuramente era
rigoroso e puntuale, lavoratore instancabile fino alla fine
della sua vita, attento anche all'aspetto economico delle sue
opere pubbliche e delle sue faccende private, legato alla
famiglia che pure vedeva poco, generoso, riservato ma deciso.
Nell'articolo sulla "Biblioteca Italiana" del 1827, l'ing. Rolla
scrive di lui: "Con mirabile attività, coraggio e perseveranza.
rilevò i dati tutti sul terreno, progettò i lavori di dettaglio
e ne diresse la relativa esecuzione". E ancora, "chiunque si
occupi di Carlo Donegani non può non rilevare le sue eccezionali
capacità come tecnico che con mezzi limitati è riuscito in tempi
brevissimi a concludere opere estremamente impegnative...
nessuna strada fu condotta a termine in più breve tempo e con
più saggia economia… Nell'atto stesso in cui scriviamo non
lascia lo stesso ingegnere Donegani di fare frequenti corse fra
quei nevosi gioghi, onde con la scorta di ripetute osservazioni,
proporre i miglioramenti e le maggiori opere di difesa che
possano tornare utili per ridurre la strada a quel grado di
stabilità, di sicurezza e di comodo che sia compatibile colla
natura dei siti…"
Splendiano Morselli, nella "Storia della Valtellina e del corso
dell'Adda", lo definisce "l'uomo che vorrebbe vedere cancellata
la parola impossibile dal vocabolario". Infatti, come ricorda il
Pernter, ingegnere del Genio Civile di Merano, nel suo opuscolo
redatto per celebrare il centenario della strada dello Stelvio,
tra gli elementi che consentirono di portare a compimento in
così breve tempo quell'opera ci furono proprio "l'inclinazione
geniale come organizzatore, le straordinarie cognizioni
tecniche, una lunga esperienza e una ferrea ed ostinata
volontà".
L'ingegnere ebbe anche riconoscimenti e onorificenze giustamente
ambite. Tra queste, l'espressione della soddisfazione di Maria
Luigia di Parma "che si soffermò nel suo viaggio più e più volte
per esaminare ed essere informata d'ogni cosa" e, come egli
scrive nella lettera allo zio Antonio del 16 settembre 1816, la
riconoscenza dell'Imperatore: " …..finito questo vi devo
annunciare che nei scorsi giorni 12, 13, 14, 15, Sua Altezza
Imperiale ha passeggiati i Lavori da me progettati e diretti, e
che, tanto alla di Lui mensa, ove fui continuamente ammesso,
quanto sull'opera stessa, mi ha replicatamente eternata la di
Lui piena soddisfazione."
L'attaccamento al lavoro emerge con ammirevole forza in una
delle ultime lettere all'Imperial Regia Direzione Generale delle
Pubbliche Costruzioni, datata 31 marzo 1845, scritta mentre era
già sofferente di quella malattia di cuore che di lì a poco
doveva portarlo alla tomba (7 maggio 1845). "In quanto poi al
ritardo che lo scrivente ha dovuto frapporre alla definitiva
spedizione del presente collaudo, osserva che una parte di esso
ritardo dipendette dalla difficoltà di venire a capo di un
affare tanto intralciato… e per altra parte più significante
dalla lunga e penosa malattia che tenne lo scrivente per tanto
tempo obbligato a letto e che soltanto nell'attuale
convalescenza ha potuto occuparsene con definitivo effetto ..."
UN
CAMPIONARIO...
Questo è solo un campionario dei pensieri che ci hanno
accompagnati nel lavoro di ricerca, illuminato talvolta dal
piacere e dall'emozione della scoperta di testi inediti, di
riscontri fortuiti che ci hanno consentito di sistemare alcuni
dei tanti tasselli mancanti alla completezza delle informazioni
La mostra non è la conclusione di un lavoro, ma solo il momento
dell'esposizione di quanto finora abbiamo preso in esame; è il
punto di partenza per indagini nuove, per una migliore
sistemazione dei nostri documenti, per una più ampia e completa
divulgazione delle opere di un personaggio finora poco studiato,
cui tutti gli abitanti della Provincia di Sondrio devono
moltissimo, perché con le sue opere sollecite e accurate, ha
cancellato l'isolamento in cui Valtellina e Valchiavenna per
tanti secoli si erano trovate.
Tante le testimonianze raccolte, impossibile esporle tutte in
occasione della mostra. Senz’altro moltissimi sono i documenti
ancora da prendere in esame per rendere chiara la storia di
tutte le strade. Perciò vogliamo considerare questa mostra,
dicevamo, come un punto di partenza per l'acquisizione di
ulteriori testimonianze che ci consentano indagini più
approfondite, che rispondano in modo esauriente alle molte
domande che il lavoro di ricerca finora svolto ha suscitato.
Mostra, come punto di partenza di un lavoro che si é posto tra i
suoi obiettivi, la pubblicazione di un volume, in cui siano
presenti tutti i contributi nella loro forma più completa, e la
preparazione di un CD-Rom, supporto informatico che possiede il
comodo pregio di poter essere continuamente aggiornato.
Invitiamo, pertanto, tutti coloro che sono interessati a questo
argomento a collaborare con noi, fornendo indicazioni, consigli,
materiale o quant'altro sia nelle loro possibilità, cosicché le
nostre ricerche possano proseguire e il Centro di Documentazione
Donegani possa essere un serio punto di riferimento per quanti
avranno bisogno o vorranno informazioni sulla storia delle
nostre strade.
Proprio l'idea di collaborazione vorrei sottolineare, come
elemento fondante di tutta la ricerca; moltissime sono le
persone che dobbiamo ringraziare col cuore, persone che ci hanno
sostenuto con il loro interessamento, con consigli, con una
concreta partecipazione.
E uno degli aspetti più validi che si sono presentati ai ragazzi
del Liceo "Donegani", dunque, al di là degli esiti della ricerca
storica, è stata la possibilità di fare nuove conoscenze, di
aprirsi verso nuovi orizzonti geografici, politici e culturali,
di crescere, insomma, anche nel "sociale" ,oltre che nello
specifico campo tecnico e storico.
Lavorare su queste carte, infatti, permette sia di approfondire
il senso di appartenenza ai nostri luoghi, sia di sviluppare
l'attenzione alle altre province, alle altre regioni, alle altre
nazioni, con il conseguente potenziamento del senso di
appartenenza, nello stesso tempo locale ed europeo, al di là e
al di sopra dei confini, e della consapevolezza di quella
"comunità di destino" di tutta l’umanità, che è la vera sfida
degli anni a venire.
Cristina Pedrana
Liceo Scientifico "C. Donegani" Sondrio
GdS 28 I 2002
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