Non è che il senso dell’umorismo me lo hanno rimosso chirurgicamente dalla nascita...
 Non è che il senso dell’umorismo me lo hanno rimosso 
 chirurgicamente dalla nascita, ma in questa malinconica giornata 
 sono in vena di ricordi. Ricordi. Oggi, un primo agosto degli 
 anni sessanta, è il compleanno di mia sorella. La mamma mi ha 
 fatto le lasagne. Papà ha aperto una bottiglia di vino buono. 
 Nonna mi ha stampato un bacetto alla canfora sulla guancia, 
 mentre nonno è in giardino a rastrellare le prime foglie morte 
 per farci un falò. Ci troviamo a Collevecchio, il paese di mio 
 padre. Gli abitanti di Collevecchio hanno un’allegra 
 indifferenza verso il resto del mondo, sono convinti di stare 
 vivendo la migliore delle vite possibili nel migliore dei posti 
 possibili. La loro è una certezza irragionevole e implicita che 
 Dio in qualche modo li ha prescelti, concedendo loro un dono 
 speciale, chiamandoli a vivere là dove tutte le benedizioni che 
 la loro vita può concedere sembrano raccogliersi in un unico 
 luogo, modesto eppure sacro. Ricordi. Sempre a Collevecchio, 
 qualche anno dopo. La prima volta che ho visto Simonetta, che 
 poi sarebbe diventata mia moglie, portava il suo cappotto lungo 
 di jeans con un folto collo di pelliccia bianca, sopra a un 
 pullover a collo alto a coste ed un paio di jeans ricamati sulle 
 scampanature.
 Stiamo insieme dal 1975 ma, dopo tanto tempo, sento ancora le 
 farfalle nello stomaco quando la vedo. Ho due splendidi figli, 
 anche se a volte penso di non sentirmi del tutto realizzato 
 nella mia vita professionale ed in quella creativa. Malumori 
 passeggeri. Tra i miei due figli, il diciannovenne Gabriele e 
 l’undicenne Alessandro, qualsiasi contatto è fuori discussione 
 finché non raggiungono la privacy impenetrabile del salotto di 
 casa. Infatti il grande non ama avere sempre il piccolo vicino a 
 lui quando sono fuori casa. Ma giunti a casa….Fin da piccoli, 
 col pretesto di disegnare, scrivere e colorare, in realtà si 
 assestano colpi di matita e pastelli negli occhi, nelle orecchie 
 ed in altre parti del corpo, mentre io guardo, impotente, mia 
 moglie, che mi sembra aver il sorriso teso e lo sguardo perso di 
 chi non desidera altro che essere trasportata il più lontano 
 possibile, in un’epoca precedente all’arrivo dei figli. 
 Probabilmente sbaglio, perché lei adora i figli. E, se mi 
 lamento del comportamento di alcuni colleghi, sogghignando 
 goliardicamente mi sussurra che è bello comprendere le persone 
 ed essere tolleranti e non condannare nessuno quando riteniamo, 
 a torto o a ragione, che abbia commesso un errore. E intanto 
 ride, la fetente. Ma il suo è un sorriso profumato. I miei sono 
 sì ricordi, ma non rimpianti!
Mario Pulimanti
 GdS 30 I 2006 - www.gazzettadisondrio.it
