DOSSIER RIFIUTI DI CITTADINANZATTIVA: È CAOS ANCHE NEL CARO BOLLETTE

Bene Sondrio. Record in Campania (264 €/anno) con Caserta a393 €.

Rifiuti a peso d’oro: A Caserta, la spesa annua per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani sfiora i 400 €, il quadruplo rispetto alla città meno cara d’Italia, Reggio Calabria (95 €). Livorno (321 €) la città più cara del Centro-Nord. In generale, la media annua più alta si registra in Campania (264 €), la più bassa in Molise (118 €), a dimostrazione di una marcata differenza tra aree geografiche del Paese che trova conferma anche all’interno di una stessa Regione: in Sicilia, per esempio, a Enna la Tarsu arriva a costare 348 €, ben 190 € in più rispetto alla Tarsu che si paga a Ragusa (158 €). Lo stesso dicasi in Lombardia, dove la Tarsu pagata a Milano (262 €) è quasi 100 € in più che a Sondrio e supera di 138 € la Tarsu pagata a Cremona (124 €) o nel Lazio, dove il servizio a Latina costa 292 €, ben 153 € in più rispetto a quanto si paga a Viterbo (139 €).

Nello studio realizzato dall’Osservatorio prezzi & tariffe di Cittadinanzattiva, l’analisi a carattere nazionale del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani in termini di costo sopportato da una famiglia-tipo di tre persone con reddito lordo complessivo di 44.200 € ed una casa di proprietà di 100 metri quadri. L’indagine, condotta con il contributo dei rilevatori civici di Cittadinanzattiva, ha riguardato tutti i capoluoghi di provincia nel biennio 2005/2006.

On line su www.cittadinanzattiva.it l’indagine completa con il prospetto per ciascun capoluogo e la scomposizione delle voci di costo.

Caro bollette: in media, in un anno la nostra famiglia-tipo ha sostenuto nel 2006 una spesa di 206 euro per il servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, con un aumento del 3% rispetto all’anno precedente, con 11 città che hanno fatto registrare incrementi superiori al 4% e ulteriori 11 che hanno fatto registrare incrementi superiori al 10%: Teramo (Tia +84%), Palermo (Tarsu +75%), Catania (Tarsu +37,5%), Taranto (Tarsu +30%), Perugia (Tia +29%), Ragusa (Tarsu +25%), Siracusa (Tarsu +25%), Oristano (Tarsu +23%), Viterbo (Tarsu +18%), Livorno (Tia +13%), Terni (Tia +12%). Di queste, solo in due casi (Perugia e Livorno), l’incremento tariffario è parzialmente giustificato dal passaggio da Tarsu a Tia. Al riguardo, a dieci anni di distanza dal Decreto Ronchi del 1997, solo il 41% dei comuni capoluogo di provincia ha adottato, a fine 2006, la Tariffa d’igiene ambientale (Tia), mentre il 59% è rimasta ferma alla Tarsu (Tassa smaltimento rifiuti solidi urbani).

Inoltre, da gennaio 2000 a maggio 2007, secondo dati Istat, l’incremento registrato a livello di tariffe è stato del 42%.

Il commento: “In genere, in Italia il servizio smaltimento rifiuti meno funziona e più lo si paga” commenta il vice segretario generale di Cittadinanzattiva, Giustino Trincia. “Da Tarsu a Tia, per le tasche dei cittadini il risultato è quasi sempre un aumento delle spese, come dimostra il fatto che in un anno in circa 1/3 dei capoluoghi di provincia le tariffe sono aumentate oltre il tasso di inflazione. Sarà molto difficile per i rispettivi amministratori pubblici di città come Teramo, Palermo e Catania, spiegare ai propri cittadini perché gli aumenti siano stati, rispettivamente, dell’84%, del 75% e del 37,5%”.

La proposta: “Il caos rifiuti impone un immediato intervento di Parlamento e Governo capace anche di bloccare la spirale di aumenti delle tariffe relative, iniziando ad eliminare l’addizionale provinciale, non solo perché essa può incidere fino al 5% del totale della spesa sostenuta, ma anche perché è sempre più difficile capire a cosa servano oggi le province soprattutto per assicurare servizi di questo genere”.

Reggio Calabria batte tutti con 95 €, seguita da isernia con 114, Pordenone 115, Brescia 119. La graduatoria del caro parte da Caserta con 393 e prosegue con Enna 348, Siracusa 323, Livorno 321, Asti 305.

ABBASTANZA BENE SONDRIO

Sondrio se la cava con 166 R, 4 (e cioè + 2,5%) più del 2005 con 1,44 €/mq. . L’addizionale erariale è del 10% e quella provinciale del 5%.

RIFIUTI: 32 milioni di tonnellate nel 2005

Alcuni dati sui rifiuti urbani prodotti in Italia

L’Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva, che si è già occupato in precedenza in modo

particolare della fiscalità locale, dei costi del servizio idrico integrato e dei costi degli asili nido comunali,

ha svolto, nel 2006, un’indagine sui costi che i cittadini sostengono per lo smaltimento dei rifiuti solidi

urbani. Le indagini dell’Osservatorio riguardano tutti i capoluoghi di provincia italiani e vengono

effettuate prendendo come riferimento una famiglia tipo composta da tre persone, con un reddito lordo

complessivo di 44.200 euro ed una casa di proprietà di 100 metri quadri.

Secondo l’ultimo rapporto dell’APAT, Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici

(presentato nel dicembre 2006) nel 2005 in Italia sono state prodotte 32 milioni di tonnellate di rifiuti

urbani con una media procapite di 539 kg/anno ed un incremento dell’1.6% rispetto al 2004. Il 45% dei

rifiuti urbani italiani è prodotto nelle regioni del Nord, il 32% nelle regioni del Sud ed il restante 22% in

quelle centrali.

I valori della produzione di rifiuti urbani pro capite dipendono da più fattori quali: la produzione

domestica dei singoli abitanti, i rifiuti generati dal turismo, i rifiuti generati dal commercio e parte dei

rifiuti speciali assimilati. I livelli più elevati di produzione pro capite vengono raggiunti nelle realtà in cui

si raccoglie in modo congiunto il rifiuto domestico e quello commerciale assimilato, mentre nelle realtà in

cui è presente un sistema di raccolta porta a porta la produzione pro capite è molto più bassa in quanto il

rifiuto non domestico, quale quello commerciale, viene raccolto a parte.

Il panorama italiano della gestione dei rifiuti è fortemente differenziato a seconda delle diverse realtà

regionali e provinciali, passando da sistemi di gestione integrati e con basso fabbisogno di discarica, a

sistemi di gestione semplici in cui permane la raccolta indifferenziata e la principale forma di gestione è

lo smaltimento in discarica. In particolare, se le regioni del Nord fanno registrare un fabbisogno di

discarica del 45% e quelle del Centro del 73%, al Sud la percentuale sale all’82%, a fronte di una media

italiana del 63%. A livello di singole regioni, come riportato dal citato rapporto APAT, quelle che hanno

raggiunto il più basso fabbisogno di discarica sono: Lombardia (29%), Veneto (44%), Trentino (45%), Friuli

(46%) e Emilia Romagna (48%). Al contrario quelle che hanno mantenuto il più elevato fabbisogno di

discarica sono: Sicilia (93%), Puglia (87%), Molise (87%), Lazio (87%) e Basilicata (85%).

In numerose realtà territoriali si sta puntando ad un aumento della raccolta differenziata e alla

conseguente diminuzione dei rifiuti in discarica. Nel corso del 2005, la raccolta differenziata ha superato i

7,6 milioni di tonnellate con un aumento dell’8,5% rispetto al 2004.

La raccolta differenziata, sempre nel 2005, al Nord ha interessato il 38% dei rifiuti prodotti, al Centro il

19% e al Sud solo il 9%, a fronte di una media nazionale del 24%. A livello di singole regioni quelle che

hanno registrato i più alti livelli di raccolta differenziata, superiori anche rispetto all’obiettivo del 35%

previsto dal Decreto Ronchi, sono: Veneto (48%), Trentino (44%), Lombardia (42%) e Piemonte (37%). Al

contrario, i livelli più modesti di raccolta differenziata, inferiori al 10%, si registrano in Sicilia (5%), Molise

(5%), Basilicata (6%), Puglia (8%) e Calabria (9%).

Rifiuti, che costo! 5.071 milioni di euro nel 2005

Complessivamente la gestione dei rifiuti solidi urbani, nel 2005, ha fatto registrare un costo totale diretto

(esclusi i costi generali e fiscali che incidono dal 10 al 20% nelle diverse situazioni) di 5.071 milioni di euro

con una crescita del 3% rispetto al 2004. Di conseguenza il costo medio per abitante/anno è stato di 86

euro (93 € al Centro, 87 € al Sud e 84 € al Nord).

In che modo i cittadini pagano lo smaltimento dei rifiuti urbani

Il Decreto Legislativo n.22 del 1997 (c.d. Decreto Ronchi) ha introdotto la Tariffa di Igiene Ambientale

(TIA), quale corrispettivo per il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani. La TIA avrebbe

dovuto (ha già subito ripetute proroghe) sostituire la TARSU (tassa smaltimento rifiuti solidi urbani) a

partire dal 2006 per i comuni con più di 5 mila abitanti e dal 2008 per gli altri comuni e per i comuni in

deficit di bilancio. La TIA è finalizzata ad una gestione eco-compatibile ed economica dei rifiuti,

incentivando, mediante riduzioni ed agevolazioni, la raccolta differenziata, sia da parte delle famiglie che

delle aziende. Le modalità di calcolo sono molto diverse rispetto alla TARSU e riprendono quelle del

servizio idrico integrato. La tariffa copre tutti i costi del servizio ed è calcolata:

_ Per le famiglie, in base alla numerosità del nucleo familiare ed alla superficie dei locali;

_ Per le aziende, in base alla tipologia d’attività produttiva ed alla superficie dei locali.

La tariffa è divisa in due parti:

_ Una fissa, relativa alla copertura dei costi generali, dei costi per lo spazzamento e la pulizia delle

strade, degli ammortamenti e degli investimenti. É imputata alla singola utenza sulla base della

superficie dei locali occupati e del numero dei componenti del nucleo familiare che occupa tali

locali.

_ Una variabile, relativa alla copertura dei costi diretti di gestione quali: raccolta, trattamento,

trasporto e smaltimento dei rifiuti. È determinata in base alla quantità di rifiuti prodotti che

generalmente per le utenze domestiche è stabilita prendendo a riferimento la produzione

comunale media pro capite.

Le fatture della TIA comprendono, inoltre, l’Iva al 10% e i tributi ambientali provinciali fino ad un massimo

del 5%.

La maggior parte dei comuni italiani non ha ancora proceduto al passaggio alla TIA e continua ad applicare

la TARSU. La tassa smaltimento rifiuti solidi urbani è commisurata alla superficie dei locali detenuti dai

soggetti tenuti al pagamento. Essa è determinata in base:

_ Al costo dello smaltimento dei rifiuti;

_ Alla quantità media ordinaria di rifiuti producibili nei locali soggetti a tassazione.

I comuni devono coprire mediante la tassa almeno il 50% del costo del servizio, tranne gli enti in dissesto

finanziario (in tal caso la copertura richiesta è del 100%) o strutturalmente in deficit di bilancio (in tal

caso la copertura richiesta è di almeno il 70%).

Il Comune divide le superfici in categorie omogenee per produzione di rifiuti e, in base al costo del

servizio sostenuto nell’anno precedente, determina le tariffe per le varie categorie di uso.

Le tariffe moltiplicate per i metri quadrati determinano la Tarsu per l’anno di riferimento. In fattura

possono inoltre essere presenti addizionali erariali e provinciali fino ad un massimo del 15%.

La TARSU si configura come un tributo commisurato alla superficie abitativa, essa è quindi un’imposta di

tipo patrimoniale, sostanzialmente svincolata dalla numerosità del nucleo familiare e quindi dall’effettiva

produzione dei rifiuti, dai costi di smaltimento e dallo standard del servizio reso. L’elemento di maggiore

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novità legato all’introduzione della TIA riguarda la necessità di individuare tutti i costi di gestione del

servizio e garantire la loro totale copertura attraverso il gettito tariffario.

Recentemente il codice ambientale, introdotto con decreto legislativo 152/06 ha riformato tale materia

lasciando comunque inalterato quanto previsto dal decreto Ronchi. Il codice ha infatti annunciato nuovi

criteri per il calcolo della tariffa che dovevano essere emanati dal Ministero dell’Ambiente entro sei mesi

dall’entrata in vigore della legge. Ad oggi tale codice è di fatto inattivo in quanto non è stato emanato

alcun regolamento ed inoltre l’attuale Governo ha annunciato che dovrà essere sottoposto ad una serie di

interventi correttivi. Pertanto, fino a nuovo ordine, rimane in vigore il già citato decreto Rochi

L’indagine dell’Osservatorio prezzi&tariffe di Cittadinanzattiva

Considerando i dati raccolti dall’Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva, nei capoluoghi di

provincia italiani e relativamente all’anno 2006, è possibile affermare che, in media, una famiglia italiana

composta da tre persone con un’abitazione di proprietà di 100 mq, paga 206 euro in un anno per il

servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani. L’indagine ha riguardato tutti i capoluoghi di provincia

italiani. Rispetto al 2005 l’aumento è stato del 3%.

La media annua più bassa (118 euro) è registrata in Molise mentre quella più alta in Campania (264 euro).

Smaltimento rifiuti: meno funziona e più lo si paga

Il commento: “In genere, il servizio smaltimento rifiuti meno funziona e più lo si paga” commenta

il vice segretario generale di Cittadinanzattiva, Giustino Trincia. “Da Tarsu a Tia, per le tasche dei

cittadini il risultato è quasi sempre un aumento delle spese, come dimostra il fatto che in un anno in circa

1/3 dei capoluoghi di provincia le tariffe sono aumentate oltre il tasso di inflazione. Sarà molto difficile

per i rispettivi amministratori pubblici di città come Teramo, Palermo e Catania, spiegare ai propri

cittadini perché gli aumenti siano stati, rispettivamente, dell’84%, del 75% e del 37,5%. Questa indagine,

al di là di qualche buona notizia sulle situazioni di eccellenza, fornisce una ulteriore conferma della crisi

delle classi dirigente del Paese che trova concrete esemplificazioni oltre che sugli aumenti dei costi; sul

clamoroso ritardo con cui a dieci anni di distanza dal Decreto Ronchi del 1997, solo il 41% dei comuni

capoluogo di provincia ha adottato la Tariffa d’igiene ambientale (Tia), mentre il 59% è rimasta ferma alla

Tarsu (Tassa smaltimento rifiuti solidi urbani); e sulla grave carenza d’informazione e di trasparenza verso

le popolazioni sul come è gestito e organizzato il servizio e calcolato i suoi costi effettivi.

La proposta: il caos rifiuti impone un immediato intervento di Parlamento e Governo capace anche di

bloccare la spirale di aumenti delle tariffe relative, iniziando ad eliminare l’addizionale provinciale, non

solo perché essa può incidere fino al 5% del totale della spesa sostenuta, ma anche perché è sempre più

difficile capire a cosa servano oggi le province soprattutto per assicurare servizi di questo genere.

Le altre nostre ulteriori richieste sono di:

- ridurre la percentuale dei costi di gestione del servizio che deve essere coperta tramite le tariffe a

carico del cittadino (che con la Tia arriva fino al 100% !);

- rafforzare ed estendere il sistema di agevolazioni per i comuni e per i nuclei familiari che applicano il

sistema della raccolta differenziata dei rifiuti;

Mariano Votta

Mariano Votta
Economia