Esiste la possibilità di creare un ampio consenso sulla permanenza della nostra missione in Iraq?

di Mario Segni

Lettera di Mario Segni al
Direttore Giuliano Ferrara, su "Il Foglio" del 15
aprile:


Al Direttore

Esiste la possibilità di creare un ampio consenso
nazionale sulla permanenza della nostra missione in Iraq? Si può
evitare di essere costretti a una fuga, piuttosto che a un
ritiro, esito inevitabile senza una strategia chiara e un
appoggio convinto del Paese? Lo dico io che fui contrario alla
guerra in Iraq, e che più che mai considero disastrosa quella
scelta. Ma lo dico con la convinzione che il ritiro oggi
aggiungerebbe errore a errore, e che bisogna fare ogni sforzo
per evitare che il tutto si concluda con una devastante vittoria
del fondamentalismo islamico.

Questa possibilità esiste, ma a condizione di un radicale
cambiamento di linea del governo. Nella comunicazione prima di
tutto. Bisogna avere il coraggio di ammettere che le speranze
che hanno accompagnato la missione, come l’esportazione della
democrazia, si sono rivelate irrealistiche, che alcune delle
motivazioni ufficiali erano sbagliate, come la pericolosità del
regime per le armi di distruzione di massa.

Solo ammettendo gli
errori che hanno incrinato la credibilità dell’intervento si può
sostenere con forza il vero e unico argomento a favore della
permanenza militare, e cioè che la stabilizzazione dell’Iraq è
necessaria per la lotta al terrorismo, e che andarsene oggi
regalerebbe uno straordinario campo d’azione a Osama Bin Laden.

Ma la chiarezza nell’obiettivo non basta se non è accompagnata
da una strategia credibile. Ed è questo il punto più delicato.
Perché è la politica di Bush a non essere più credibile, non per
lo sciocche accuse di imperialismo avanzate ogni tanto, ma
perché sembra aver perduto la capacità di inquadrare la azione
militare in una strategia complessiva. L’ azione militare può
aver successo se è accompagnata da un piano per stabilizzare
l’intera regione isolando l’estremismo e rafforzando gli
elementi moderati. Ma per questo occorre puntare rapidamente
alla creazione di uno Stato palestinese, il che presuppone un
rapporto diverso con Sharon; occorre riprendere l’idea di un
piano Marshall per il Medio Oriente; occorre che la
ricostruzione irakena venga gestita senza gli errori madornali
che stanno facendo assumere alla missione l’immagine di una
truppa di occupazione. Nulla di tutto questo vi è a un anno
dall’intervento. La road map sembra morta e sepolta, non si
intravede alcuna azione per una ripresa economica della regione,
l’unico intervento di cui si parla è il rafforzamento del
contingente militare.

Il problema è far cambiare linea agli Usa, perché nella
strategia antiterrorismo la loro leadership non è sostituibile.
Le proposte della sinistra sono scatole vuote, perché senza
diversa volontà americana non vi sarà alcun coinvolgimento, né
dell’Onu né della Nato. Si tratta di punti di arrivo, non di
partenza. Se invece la linea cambia e diventa efficace, il loro
coinvolgimento può anche non essere necessario. Una strategia
intelligente dei Paesi impegnati nella missione può cambiare
molte cose. Il problema è il tipo di politica, più che i
soggetti formali.

Può l’Italia ottenere questo risultato? Può aprire con gli Usa
un negoziato per chiedere una politica diversa, concordata e non
più unilaterale? La drammaticità della situazione ci dà una
particolare forza contrattuale. Dopo gli eventi spagnoli, gli
Usa non possono permettersi un abbandono dell’Italia. Ma occorre
una politica diversa, un confronto duro, che può anche portare a
una rottura. Se la sentono Berlusconi e Martino? Sinora la
linea, diciamolo pure, è stata quella dell’appiattimento
obbediente. Su questo realizzerebbero un ampio consenso, perché
la sinistra moderata non potrebbe non seguirli rompendo con il
pacifismo a oltranza. Sarebbe una linea di grande dignità,
l’unica sulla quale si può chiedere il consenso per una missione
che, dobbiamo dirlo chiaramente, diventa ogni giorno più
pericolosa sia per i militari che per l’intero Paese.
Mario Segni

GdS 20 IV 2004 -
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