Scenari, verità e bugie

di Valerio Delle Grave


LE COSE NON STANNO COSI'


Il Presidente del Consiglio dei Ministri e il suo Ministro
dell’economia insistono col presentare un Paese con i conti in
regola, coi debiti sotto controllo e pieno zeppo di persone che
stanno bene; che hanno più lavoro, che hanno buoni salari e
buone pensioni, che pagano meno tasse; insomma quasi sulla
soglia della felicità. Ci dicono che stanno studiando un modo
con cui diminuire (abbastanza presto) ancora un po' la tasse, in
modo che con la seguente formula: più soldi a disposizione, più
consumi, più produzione, più occupazione, così l’economia
riprende a funzionare e la felicità é raggiunta. Chi dice il
contrario é un bugiardo e semina soltanto odio.

Il ragionamento populista (quindi falso) che ci viene presentato
più sopra non tiene conto che l’economia in questi ultimi tempi
ha subito dei notevoli cambiamenti e che gli italiani lo sanno.

I cambiamenti:

1) LA
FINANZIARIZZAZIONE


Il primo cambiamento riguarda la metamorfosi dell’economia. Gli
esperti ci dicono che il fenomeno decisivo é la
“finanziarizzazione ”, cioè il passaggio da una economia
industriale ad una economia finanziaria.

Allo stato attuale, i beni e i servizi prodotti in un anno nel
mondo equivalgono allo scambio finanziario di soli quattro
giorni. L’economia é dunque in mano ai grandi gruppi finanziari
e i gruppi industriali hanno un peso soltanto se sono anche
gruppi finanziari.

Naturalmente, il potere politico segue la stessa via, si
concentra, cioè, nelle mani di una ristretta cerchia di
individui che con una loro decisione possono decretare la vita o
la morte di chicchessia, anche di interi Paesi.

I cambiamenti: 2) discrasia
crescita/occupazione


Il secondo cambiamento nell’economia contemporanea, si riscontra
nella mancata relazione fra crescita economica e occupazione.
Oggi si produce molto più di prima. Negli ultimi cinquanta anni
la produttività mondiale é cresciuta di dodici volte, ma
all’aumento della produttività non ha corrisposto uguale aumento
dell’occupazione.

La disoccupazione é in aumento in tutto il mondo: “20 milioni
nella UE; 35 milioni nei Paesi industrializzati (USA, Canada,
Australia, Giappone); più di un miliardo nel sud del mondo senza
contare quella nei paesi dell’ex Unione Sovietica. Sembra che
lavorare stia diventando un lusso, in barba a tutte le
costituzioni che parlano di “diritto al lavoro”,.

Questo miracolo alla rovescia é il frutto perverso della
strategia neoliberista che si può sintetizzare così: aumento
della produzione, più aumento della produttività per addetto,
più diminuzione dell’occupazione, uguale aumento dei margini di
profitto. Il risultato é che l’occupazione non accompagna la
crescita economica e per giunta i lavoratori guadagnano sempre
meno.

Esaminiamo le seguenti cifre riguardanti l’Italia: dieci anni fa
i redditi da lavoro costituivano il 53% del reddito nazionale,
oggi rappresentano solo il 47% e la percentuale é in continua
discesa.

Il fenomeno non é solo italiano; in tutto il mondo crescono le
disuguaglianze e la concentrazione di potere e di risorse in
pochissime mani. Lo spiega molto bene il filosofo Achille Rossi:
I lavoratori ovunque si trovino, diventano sempre più produttivi
ma vengono in ultima analisi penalizzati per i loro sforzi,
perché la globalizzazione li mette l’uno contro l’altro in una
guerra internazionale competitiva, nella quale, per citare
Hobbes “ogni uomo é nemico del suo simile”.

I cambiamenti: 3) la crescita
del divario Nord/Sud


Il terzo grande cambiamento é l’aumento del divario Nord – Sud
del mondo. Sono bastati venti anni per demolire l’illusione del
rapporto Brandt, il quale sosteneva che la ripresa del Nord
avrebbe trascinato automaticamente quella del Sud. Oggi possiamo
constatare che questo processo non si é realizzato proprio per
effetto della Globalizzazione.

Sempre secondo Achille Rossi, “con la globalizzazione il circolo
virtuoso del capitalismo si arresta. Il capitalismo dei nostri
giorni rappresenta la fine dello sviluppo, la crescita senza
occupazione (si veda la situazione in USA), la restrizione dei
mercati e della società dei consumi.

Uno dei fenomeni del nuovo capitalismo é quello dei “fondi di
investimento”. Con questo metodo si accumulano enormi capitali,
con i quali si fa incetta di materie prime, che vengono poi
rivendute quando i prezzi salgono, permettendo agli speculatori
guadagni enormi, e tutto a spese dei Paesi produttori e dei
Paesi del 3° e 4° mondo.

I cambiamenti: 4) rivoluzione
informatica


Il quarto cambiamento che ha modificato la strutturazione
dell’economia a livello mondiale é la rivoluzione informatica.
Oggi, tutti i settori produttivi e dei servizi sono
informatizzati. Ma l’informatica richiede ricerca continua e una
grande abbondanza di capitali. Il Sud del mondo, però, non
possiede questi capitali, quindi l’evoluzione informatica non fa
altro che allargare il fossato con il Nord.

Fenomeno perverso

Il funzionamento complessivo del sistema che abbiamo appena
descritto presenta una curiosa particolarità: più cresce lo
sviluppo produttivo, più aumenta la povertà a livello globale;
più si sviluppa l’espansione economica, più aumenta il
saccheggio della natura; più si espande il mercato e dunque la
possibilità di scambio e di aiuto reciproco, più si incrementa
la sperequazione sociale.

Potremmo dire che siamo di fronte ad un fenomeno perverso: come
mai produttività e mercato, che sono aspetti positivi e
dovrebbero favorire la vita, si trasformano in aspetti negativi
che favoriscono la morte?

Rispondere che é in atto un disegno politico di accaparramento
di materie prime e di speculazione sui paesi poveri é certamente
vero, ma la risposta non é completa. Dietro a tutto ciò c’é
l’uomo che fa da supporto a questa nuova strutturazione
politica.

E qui non servono più suggerimenti di carattere economico o
politico o sindacale in senso tradizionale; qui entra in gioco
la trascendenza, la filosofia, la creatività, l’ispirazione:
tutte caratteristiche proprie e spesso silenti, dell’uomo.

Immaginare il mondo in modo diverso e impegnarsi a trasformare
la realtà esistente, partendo dal proprio quotidiano, é cosa
alla portata di tutti, che non richiede particolari competenze e
può assumere le forme più svariate.

Non esistono schemi precostituiti a cui rapportarsi ne criteri
nati altrove da prendere a modello per pensare ad una nuova
visione del mondo. Un simile approccio ci porterebbe nuovamente
alla ricostituzione delle ideologie.

Quello che occorre

Quello che voglio sottolineare, invece, é la necessità di una
ispirazione che animi la politica dall’interno e si colleghi
direttamente al senso della vita umana, perchè l’ispirazione é
un movimento perpetuo che non consente nessuna staticità.

Ci troviamo di fronte ad un enorme lavoro culturale che il
filosofo e antropologo francese Castoriadis delinea in questo
modo: “ Ciò che occorre é una nuova creazione immaginaria, di
una importanza senza pari rispetto al passato, una creazione che
sappia mettere al centro della vita umana significati altri
dall’espansione della produzione del consumo, capaci di fissare
obiettivi di vita differenti, riconoscibili dagli esseri umani
come qualcosa per cui valga la pena...[...] Dovremmo volere una
società che non abbia al centro (o come unici) i valori
economici, dove l’economia sia ricollocata al suo posto come
semplice mezzo per vivere e non come fine ultimo, dove si
rinunci alla folle corsa verso consumi sempre più alti. Ciò non
é solo necessario per evitare la distruzione definitiva
dell’ambiente terrestre, ma anche e soprattutto per uscire dalla
miseria psichica e morale degli esseri umani contemporanei”.

Qualcosa di simile é stato intuito circa settanta anni orsono
dal grande economista Jon Mainhard Keynes, il quale in suo
saggio dal titolo “prospettive economiche per i nostri nipoti”
scriveva: “”quando l’accumulazione del capitale avrà perduto la
sua importanza sociale, potremo liberarci da molti di quei
principi pseudo-morali che abbiamo sostenuto da duecento anni,
seguendo i quali abbiamo esaltato le qualità umane più
sgradevoli, ponendole al posto delle virtù più eccelse. E per
almeno altri cento anni a venire dovremo simulare tra noi che
ciò che é giusto é cattivo e ciò che é cattivo é giusto,
fintantoché, accorgendoci dell’errore, potremo dire di nuovo che
l’avarizia é un vizio e l’amore per il denaro é detestabile””.
Valerio Delle Grave



vdalleg@tin.it


GdS 10 IV 2004 -
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