E' UN NO A BOSSI, NON ALLE RIFORME

Riceviamo e pubblichiamo non senza far presente che la questione ci sembra obiettivamente più complessa anche perché la gran parte della gente ha votato, per ammissione diffusa, senza sapere la materia se non in termini generali. L’inizio di un’analisi statistica che abbiamo fatto indica altre cause. Aggiungasi inoltre la disinformazione e toni da “attentato alla Costituzione” sorvolando sul fatto che nel 2001 era stato il centro-sinistra a metterci mano, e non su questioni secondarie, approvando la riforma con quattro soli voti di maggioranza.

L'Italia ha detto di no a Bossi. Questo è il primo significato del voto di ieri. Non ha detto no solo alla devolution. Ha detto no a un modo di fare politica caratterizzato dall'antitalianità, dal disprezzo verso il mezzogiorno, dalla volgarità, dall'egoismo verso qualunque cosa possa toccare i propri interessi, dall'immigrato alle tasse alla sanità nazionale. E' alla volgarità di Borghezio, all'arroganza di Castelli, alle spacconerie di Calderoli che l'Italia ha detto no. Quando da Roma in giù tre cittadini su quattro votano no è questa la vera spiegazione. Con la caduta del progetto cade, per fortuna, anche un metodo, quello delle riforme a maggioranza, strappate, imposte. E' una condanna anche per la riforma fatta dalla sinistra nel 2001; ma la condanna a questa è più grave, non solo perché la riforma è molto più ampia, ma perché questa riforma è stata presentata per anni come una riforma contro mezza Italia, e non si può rifare la Costituzione di un popolo mettendo alla base il disprezzo e la punizione verso metà dei cittadini. Questa mezza Italia l'ha capito, e giustamente ha detto di no.

Purtroppo con questa riforma, pessima, cadono anche alcune cose buone, come il rafforzamento dei poteri del premier e il superamento del bicameralismo. Facciamo invece piazza pulita di uno slogan populista che ha dominato la campagna elettorale: la diminuzione del numero dei parlamentari. Diminuire i parlamentari è giusto, ma non è il problema principale. La Camera dei Comuni ha quasi settecento deputati e funziona egregiamente. I veri problemi sono altri: è la partitocrazia, il costo della politica, l' inefficienza. Se non si toccano questi aspetti limitarsi a ridurre i parlamentari è demagogia.

Ma sarebbe grave pensare che l'Italia abbia bocciato l'idea delle riforme, e che il no significhi che la Costituzione deve rimanere così com'è. Purtroppo una parte della sinistra si è già adagiata su questa linea. Così ha parlato Scalfaro, così si è espressa duramente Rifondazione. Molti la pensano così. Altri trovano comoda questa strada, per non disturbare il governo e non creare problemi alla maggioranza. Ma è uno sbaglio mortale. L'Italia ha detto di no a questa riforma e ai suoi proponenti, non all'idea delle riforme.

Chi la pensa in contrario, chi non vuole cambiare nulla, dovrebbe guardare i risultati del Veneto. Con il 55,3 di sì il Veneto è la regione che ha dato alla riforma i consensi maggiori, più della Lombardia. Ma attenzione: dal 91 in poi il Veneto è alla testa delle spinte al cambiamento politico e istituzionale. Nel 91, al referendum sulla preferenza unica, fu Padova la città del sì. Negli anni successivi fu nel Veneto il passaggio più clamoroso dell'elettorato moderato dalla Dc alla Lega. Fu ancora nel Veneto che la CDL ebbe i suoi primi successi, anticipando il risultato delle politiche del 2001. Giusto o sbagliato che sia, da quindici anni è il Veneto la regione che intuisce prima degli altri il vento del cambiamento e prelude a movimenti nazionali.

Nel voto di ieri a favore di una riforma (sbagliatissima lo ripeto) vi è però il desiderio di un cambiamento dello stato verso strutture più efficienti, più moderne, meno oppressive. Vi è la protesta verso uno Stato che non riesce da anni a fare il passante di Mestre, a dare infrastrutture a una regione che galoppa, che dà la sensazione di essere di nuovo conquistato e corrotto dai partiti. Attenzione, questa riforma non era il rimedio giusto, e l'Italia lo ha capito. Ma il voto dei veneti ci dice che il problema c'è e non è stato risolto.

Per questo le riforme vanno affrontate. Per questo bisogna avere il coraggio della Costituente. Per questo bisogna mettere mano alla scandalosa legge elettorale. Fra pochi giorni ti manderò un'altra lettera. Perché questa è il commento al voto di ieri. La prossima sarà il programma delle cose di domani.

Mario Segni

Mario Segni
Politica