FINE DEL 18 E DEL 6 POLITICO?

Sulla scia del '68 era invalso in molte università italiane l'uso del '18 politico'. Un amico, recatosi a Milano al Politecnico (la scuola dove fino alla ubriacatura del '68 iniziavano ingegneria 800 studenti e ne arrivavano al secondo anno, superando i prescritti esami 350 in tutto), tornò dopo una settimana in quanto, arrivato laggiù, ebbe l'opportunità di fare l'esame di gruppo per ben 5 materie. Siccome poi c'era l'autovoto non se la sentì di farsi dare il 30 come i quattro suoi soci e si fece dare voti compresi fra il 24 e il 27. Erano tutti esami essenziali per la laurea in architettura con tesi di laurea allucinanti, che con l'architettura nulla avevano a che vedere.

Dal 18 politico si passò al 6 politico, cominciando da alcuni istituti superiori di Milano. Uno slogan contraddetto da pochi era che una scuola che boccia gli alunni sbaglia perché in tal caso da bocciare sarebbero gli insegnanti.

Se ne sono viste di tutti i colori, compresi quegli schizofrenici giudizi che periodicamente i maestri dovevano dare sui loro allievi. Per fortuna fu tale la reazione a simile idiozia che si cambiò, in quel momento scoprendo che l'idiozia non aveva padri, il vero padre, l'autorevole esponente sindacale, 'non c'era in quel momento e se c'era dormiva'.

Tant'é. Le cose stanno cambiando.

L'introduzione del voto ha costretto al silenzio i contestatori progressisti a parole, conservatori nei fatti perché dopo le prime bordate contro la Gelmini i sondaggi sulla valutazione degli italiani - ma anche le valutazioni che si sentivano al bar, in piazza, nei luoghi di lavoro - erano univocamente a favore della controtendenza in atto. Il voto in numeri, come una volta, il maestro unico e non trino eccetera.

Le cose cambiano, anche se ci vorrà del tempo per arrivare al dunque, sebbene alcuni segni - vedasi la clamorosa riduzione dell'assenteismo - dimostrano che le resistenze si stanno affievolento. Prima vi era stata omissiva subordinazione alla tendenza del 6 politico e di tutto il resto. Psicologicamente vale oggi nei confronti di una linea coraggiosamente portata avanti dalla Gelmini ma che abbiamo visto incontrare il favore di settori della sinistra che ben si rendono conto di quello che piò essere un imbroglio. Non si bocciava nella scuola, era poi, dopo la scuola la società che bocciava, o che premiava il merito. Paradossalmente la linea di un tempo sostenuta a sinistra e da gran parte dei sindacati andava proprio a detrimento dei ragazzi provenienti dai ceti o dalle famiglie più deboli. Il meritevole deve avanzare, fosse anche il figlio di un barbone e l'unica possibilità che ha è proprio solo quella delle doti, della capacità, dell'impegno.

Sono tanti quest'anno i bocciati e i non ammessi alla maturità. C'è però da chiedersi quanto sia responsabilità degli alunni e quanto dei docenti. Se alla Media c'è la promozione facile visto che siamo nella scuola dell'obbligo, si fa disimparare lo studio che nelle elementari è ancora argomento di vita scolastica, e si abituano i ragazzi al tirare a campare

«Nessuno si compiace dell'aumento delle bocciature - ha commentato il ministro Mariastella Gelmini - ma credo anche che queste cifre significhino che sta tornando la scuola della serietà e del merito.

Basta con la scuola buonista che danneggia gli studenti».

L'OCSE

Dura critica dell'OCSE (Organisation for Economic Co-operation and Development - OECD e Organisation de coopération et de développement économiques - OCDE ) alla nostra scuola ma non sulla linea delle critiche che si sentono in Italia, bensì sul lato opposto.

Troppe classi poco numerose,

Troppe ore di insegnamento

Troppi docenti (9,6 docenti per 100 allievi . in area Ocse 6,5)

Docenti non pagati in base al merito. Avanzamento solo per anzianità. Solo sicurezza del posto di lavoro. Maggiori motivazioni professionali nel riuscire a collocarsi in istituti vicini alla propria residenza.

Mancanza di valutazione degli apprendimenti: la verifica dei risultati raggiunti dagli alunni sarebbe infatti ridotta a una sorta di verifica interna agli istituti quasi pro-forma.

Necessità di dare maggiore autonomia di gestione degli istituti ai dirigenti scolastici aumentando il numero degli studenti per classe, minimizzando il numero di classi all'interno di ogni istituto e raggruppando i più piccoli.

Occorrono test di valutazione nazionali sia degli istituti sia degli insegnanti: una procedura che permetterebbe di premiare i docenti più meritevoli attraverso incremento di salario, avanzamenti di carriera e offrire una formazione per gli insegnanti non efficaci e infine licenziare i casi estremi

Più rigorose le procedure di reclutamento e assunzione dei docenti. Più fondi supplementari alle scuole virtuose; avvio di una ristrutturazione degli istituti con risultati scadenti.

Ridurre i tassi di abbandono scolastico (in Italia superiori alla media): viene auspicata l'adozione di un'istruzione e una assistenza di qualità alla prima infanzia; maggiore supporto a studenti deboli mediante insegnanti e infrastrutture migliori, tempo di istruzione supplementare e attività speciali in piccole classi; un orientamento alla carriera futura degli studenti fin dalle prime fasi dell'istruzione secondaria superiore e coinvolgere i genitori nei piani di orientamento professionale.

Don qui il rapporto da Parigi.

Vorremmo aggiungere che se sono troppi i docenti, come del resto si dice da varie parti, programmando il rientro ad un numero accettabile, fermo il bilancio, i docenti potrebbero essere pagati di più e meglio. Nella logica però di tutto il settore pubblico nel quale vi sono 30 giorni di ferie. Oggi invece vi sono le vacanze di Natale e Pasqua e poi il tempo estivo, oltre i 30 giorni, in teoria 'di reperibilità'. Ma negli stessi giorni, per fare gli esami a settembre, i sindacati vogliono un pagamento extra retribuzione…

C'è l'autonomia degli Istituti scolastici. Perché non si cerca di ampliare quelle oggi rare iniziative positive che portano a reperire risorse esternamente, anche in parte da destinarsi ai docenti protagonisti di tali iniziative? Perché non si usano i periodi di reperibilità per ricerche di vario tipo, per ampliare le possibilità della propria scuola? Perché gli insegnanti di lingue debbono insegnare solo una lingua e non due, visto che la laurea l'han presa per due principali e almeno una terza accessoria?

Perché, perché, perché….

La scuola è fondamentale. La società di domani dipende da quello che sui banchi viene assimilato dalle giovani generazioni. Dipende ovviamente anche da come si pone chi è in cattedra. Un esempio, sia pure marginale: legioni di studenti escono da scuola convinti di una cosa assolutamente impossibile - e su queste colonne tempo fa l'abbiamo dimostrato -, e cioè di essere negati per la matematica. Una convinzione che poi influisce in qualche misura, e non positivamente, nella vita di chi ha creduto a questa corbelleria. Non è cosa di oggi, bensì di cosa che si tramanda, quasi come una leggenda metropolitana, salvo che in questo caso si naviga fra le bubbole mentre per la matematica si dimentica come funziona il nostro cervello e quindi il valore della logica. Un messaggio che passa, spesso inconsapevolmente, da insegnante ad alunni e da questi, divenuti grandi e tornati a scuola ma per insegnare, portari seco trasmettendo l'odio in alcuni casi l'antipatia in altri alle nuove generazioni. Non ci vorrebbe molto a rimettere le cose a posto non già con corsi di alta filosofia dell'insegnamento ma di livello accettabile e con le tecniche indispensabili per fronteggiare convinzioni profondamente radicate ancorché sbagliate.

Per questa volta stop.

Luca Alessandrini

Politica