LA CANDIDATURA DI ANDREOTTI E’ STATA UN ERRORE

Mi dispiace dover dire che la candidatura di Giulio Andreotti è stata un errore. Mi dispiace perché oltre la stima e la simpatia che ho per Andreotti, ho verso di lui un debito morale. Nel 1993, quando iniziò la sua vicenda giudiziaria, non mi accorsi che con quel processo Mani Pulite faceva una svolta, passava da iniziativa giudiziaria a iniziativa politica. Ho sempre sostenuto, e continuo a farlo, che Mani Pulite fu una grande azione di risanamento morale contro una corruzione eretta a sistema. Ma sono altrettanto convinto che in corso d'opera subì una sostanziale trasformazione, usando in modo distorto la giustizia a fini politici. La svolta fu rappresentata dal processo Andreotti. I processi del pool di Milano erano seri, intaccavano un bubbone gravissimo, erano costruiti su un impianto probatorio attento. Il processo Andreotti non fu solo una gravissima ingiustizia personale, ma gettò una macchia indelebile su tutta la azione della magistratura, generando l'idea che si era compiuto uno dei più gravi misfatti della vita pubblica, l'uso politico della giustizia. Fu questo a far dimenticare che la classe politica degli anni 80 aveva condotto l'Italia a una crisi drammatica, che Mani pulite aveva scoperchiato uno degli aspetti di questa crisi, quello morale, che occorreva un profondo cambiamento delle istituzioni e della classe politica, che questo cambiamento era stato iniziato dal movimento referendario, e che forse proprio a causa del turbamento provocato dalle deviazioni giudiziarie non fu portato a termine. Non avrei potuto far nulla per fermare tutto questo, ma avrei potuto denunciarlo apertamente, separare il movimento referendario da quello che accadeva nelle aule di giustizia. Me ne accorsi solo anni più tardi, e lo ascrivo tra i miei errori.

Ma portare Andreotti, giustamente riabilitato dalla Cassazione, a Palazzo Madama avrebbe portato un altro colpo all'Italia, perché avrebbe significato la riabilitazione non dell'uomo, ma del politico che negli anni 80 aveva enormi responsabilità nella crisi italiana. Andreotti è sempre stato un coerente sostenitore della prima repubblica, delle sue istituzioni, della sua cultura. Fu lui a teorizzare il "pane per i due forni", il centrismo inteso come rifiuto di scelte, l'arte del compromesso come soluzione di tutti i problemi. Quella politica aveva anche dato frutti positivi, e ancora alla fine degli anni 70 (non dimentichiamolo) ci aveva permesso di sconfiggere proprio con un governo da lui presieduto le Brigate Rosse. Ma alla fine degli anni 80, superata dalla storia e inquinata da un personale corrotto, ci stava portando alla rovina. All'inizio del 90 il deficit di bilancio era al 12%, il rapporto debito pubblico - PIL toccava il picco del 120%, l'instabilità era sovrana, la crisi dei vecchi partiti inarrestabile. E' contro questa politica che gli italiani votarono nel 91 e nel 93 i referendum elettorali. Quel voto fu importantissimo, non lo dimenticare mai. Se non si è raggiunta una politica trasparente, si sono però create istituzioni moderne ed europee, basate sul bipolarismo e l'alternanza. I cittadini scelgono direttamente Sindaco e Governatore, e nei comuni e nelle regioni l'Italia è cambiata molto e in meglio. A livello nazionale il cambiamento è lungo e tormentato, ma è su questa strada che dobbiamo proseguire.

Andreotti presidente del Senato avrebbe significato la cancellazione delle poche cose buone fatte negli ultimi quindici anni, il rilancio del proporzionale e del vecchio centrismo, l'esaltazione dell'Italia degli anni 70. Ma tornare indietro è sempre un errore. La strada del futuro è quella del bipolarismo. La sinistra ha vinto, anche se di pochissimo, e ora deve provare a governare. Per questo è un bene l'elezione di Marini. Ciò non significa lasciare tutto come sta. Anzi è più che mai il momento delle riforme e del coraggio. Per noi è il momento della Costituente. Ma per portare a termine la riforma bipolare, non per tornare indietro

Mario Segni

Mario Segni
Politica