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Il maestro unico (e le dimenticanze) - Il maestro unico (e le dimenticanze) - Il voto dopo il sesquipedale errore dei giudizi - Il voto in condotta. Le regole - Libri di testo - E ora gli altri pareri

Proposte "rivoluzionarie" -

Proposte "rivoluzionarie" del neo Ministro della Pubblica Istruzione Gelmini che ha deciso di sfidare l'impopolarità, i sindacati e quant'altro con le sue proposte che in realtà, politica a parte, non sono altro che il frutto di buon senso comune, largamente condiviso. Di quel buon senso che nella scuola si è perso per strada nel corso degli ultimi anni seguendo le fantasticherie di illustri, si fa per dire, pedagogisti e di presuntuosi cattedratici a questo aggiungendosi la scontata difesa corporativa del sindacato, peraltro comprensibile dato che se non praticasse la resistenza al cambiamento, qualsiasi cambiamento, perderebbe iscritti trovando altre sigle, anche improvvisate, pronte ad alzare la bandiera contro le novità.

Il maestro unico (e le dimenticanze)

Partiamo dalla questione del maestro unico. Si sono dimenticati tutti, commentatori e giornalisti compresi, la ragione per cui è nata la 'cooperativa di maestri' (tre) al posto dell'unico che c'era prima per ogni classe. In un dibattito in TV ferveva allora la discussione sulla "bontà pedagogica" che, secondo i sostenitori del nuovo, era alla base del triplicamento docente nelle elementari. Ebbene, vale la pena di citare l'illuminante intervento dell'allora Presidente del Consiglio Andreotti, più o meno in questi termini "ma che ragioni pedagogiche! Avevamo con la diminuzione delle nascite il problema del numero di maestri da sistemare ed è per questo che è stato fatto il provvedimento…". Da aggiungere che per 'nobilitare' la non proprio brillante legge si era introdotto altro, fra cui l'obbligo della lingua straniera nella scuola primaria. Mentre i tre maestri partirono subito della lingua straniera, salvo limitati lodevoli casi, ci vollero anni.

Tornando all'assunto, probabilmente, come abbiamo scritto, in sede di conversione questa norma troverà una soluzione mediata dato che, obiettivamente, resta il problema di come collocare gli insegnanti "cooperativistici" di ruolo. Non è però ammissibile il muro sindacale contro qualsiasi provvedimento. Già nella Pubblica Amministrazione stessa si sono levate proteste contro privilegi di altri settori della PA stessa dato che incidono su tutti. Un esempio: la questione del numero di giorni effettivamente lavorativi annui nella scuola e nella magistratura: "dobbiamo avere tutti stessi diritti e stessi doveri". Non si spiega inoltre - dicono - perché si chiede che chi fa i reintrodotti esami di riparazione debba avere una remunerazione aggiuntiva visto che oltre il periodo di ferie ufficiali i docenti dovrebbero essere a disposizione della loro scuola (secondo alcuni dovrebbero essere a scuola indipendentemente dalla non-presenza degli alunni). Si obietta da fonte sindacale lamentando però le scarse retribuzioni. Un gatto che si morde la coda. Aveva fatto sensazione il dato statistico, dimenticato ora anche quello, di un certo periodo che aveva visto, per via del calo della natalità, la diminuzione di circa un milione e mezzo di alunni con, nello stesso periodo, l'aumento di circa 150.000 docenti. Risultato: più personale ma meno paga per tutti.

Il voto dopo il sesquipedale errore dei giudizi

I voti. Si sono dimenticati tutti della demenziale introduzione di quei giudizi in dettaglio che periodicamente durante l'anno scolastico costituivano la maledizione per l'intera categoria dei maestri che dovevano spremersi le meningi e scrivere, scrivere, scrivere…, con il busillis enigmistico per milioni di genitori. Non durò molto questa follia, in nome di una presunta discriminazione che il voto numerico avrebbe rappresentato, ma quando tutti si resero conto che di follia appunto si trattava nella casella dei genitori comparve, e persiste, una sigla illuminante: NN. Né padre né madre anche se gli addetti ai lavori conoscevano, senza bisogno del DNA, chi aveva generato simile mostruosità, persona sino a quel momento in auge nel mondo sindacale con aurea aureola di ideologica matrice di sinistra. Fu, per chiamarla con il suo nome, un'idiozia solenne, addirittura contraddittoria visto che il voto numericamente basso si limita a denunciare una lacuna che può avere mille ragioni ed anche essere transitoria mentre il giudizio affibbia un'etichetta pesante che resta, assai più pesante per i soggetti socialmente deboli.

Il voto in condotta. Le regole

Il voto in condotta. L'averlo eliminato a suo tempo, parto fantasioso del post-sessantottismo in una con il 18 politico, con le scuole autogestite e via dicendo, ha costituito un pesante boomerang proprio per i settori più deboli della società che in apparenza si sarebbero voluti tutelare. Quello che veniva eliminato nella scuola non poteva essere eliminato nella società. Se da gran parte delle facoltà il 18 politico - che poi diventava in genere il 30 politico magari in esami di gruppo nei quali si presentavano argomenti che nulla avevano a che fare con la materia oggetto di esame - portava alla laurea per tutti, non spariva la selezione che avveniva dopo. I voti non facevano più testo, contavano solo le conoscenze, favorito così chi nei quartieri più alti aveva trovato il modo di apprendere al di fuori quello che l'università, spesso magari "occupata", dentro non riusciva a fornire. Non diciamo di tornare ad un tempo in cui maestri o professori usavano una disciplina talvolta ferrea, e quindi spesso magari anche controproducente, per carità, ma regole-base occorrono. Sino a tempo fa le lacune nella scuola per gran parte trovavano poi componimento al momento della naia quando, messe le stellette, seguire le regole diventava rigorosamente indispensabile (il sistema aveva, pur con problemi, la sua bontà: basta vedere che cosa ha instillato nei nostri Alpini: scuola di vita!). Abolita la coscrizione obbligatoria resta solo la scuola per preparare alla vita, per far crescere i ragazzi nella consapevolezza praticata che la vita in comunità presuppone i vantaggi che la protezione collettiva offre avendo però sull'altro piatto della bilancia lo svantaggio, se così si può dire, della limitazione della propria libertà con un complesso di regole da rispettare. Giusta quindi la reintroduzione del voto in condotta alla condizione però che chi deve attribuirlo usi equità, evitando ad un tempo cerberismo (che termine!!!) e lassismo.

Libri di testo

Benissimo. Che per cinque anni non vengano cambiati é cosa sacrosanta. A prezzo bloccato, solo con l'ISTAT)

E ora gli altri pareri

E ora di seguito altri pareri pervenutici. Argomento comunque sempre aperto.

Red

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