LE DICHIARAZIONI DEGLI ELETTI LOMBARDI ALL'ESTERO REBUZZI E FARINA RACCOLTE DA LUCIANO GHELFI DEI LOMBARDI NEL MONDO

REBUZZI: PIÙ INFORMAZIONE PER CONSENTIRE DI TORNARE IN ITALIA

Incredula per il successo personale, ma pronta a dare battaglia, a Palazzo Madama, e non solo. Antonella Rebuzzi conta di svolgere a tutto campo il suo mandato senatoriale, ripercorrendo le tappe della sua intensa campagna elettorale in giro per l’Europa per non perdere i contatti con i propri elettori e portare davvero in Parlamento la voce degli italiani all’estero.

La neosenatrice di Forza Italia è l’unica eletta del centro destra all’estero nella ‘camera alta’, ma non si perde d’animo. Si prepara a reclamare un’informazione davvero di servizio per i nostri emigrati, così da consentire anche un pieno reinserimento a chi volesse rientrare in patria e non scarta l’idea di un coordinamento con gli altri eletti all’estero, magari sotto forma di intergruppo parlamentare, così come proposto proprio dal nostro portale. ‘Magari daremo un esempio all’Italia intera’, sottolinea. Con la sua carica ed il suo entusiasmo questa 52enne bergamasca, imprenditrice del settore della ristorazione che risiede a Mosca, farà di certo parlare di sé nel corso della legislatura. Ecco le sue risposte alla prima intervista da parlamentare della repubblica.

- Qual è stata la sua prima reazione alla notizia della elezione in

Parlamento?

‘Di grande incredulità, perché ricordo che il giorno delle elezioni ricordo che il mio interesse era rivolto soprattutto all’Italia, all’esito globale del voto, e neanche mi sarei immaginata di poter avere un risultato così.

Quando poi il giorno dopo, il martedì, mi hanno confermato la mia elezione, sono rimasta davvero sbalordita ed ho chiesto in continuazione conferme, temendo che i miei tredicimila voti personali fossero in realtà 1300. E questo nonostante avessi fatto una campagna elettorale molto faticosa, una specie di porta a porta, nonostante un collegio elettorale grande quanto l’Europa.

- Quale sarà adesso il suo primo atto da parlamentare della

Repubblica?

‘Sinceramente ancora non so che cosa mi aspetta di preciso al mio primo giorno a Palazzo Madama. Devo ancora rendermi conto di questa situazione nuova che ha molto cambiato la mia vita, e la cambierà in futuro. Mi piacerebbe però che il nostro arrivo consentisse di parare un po’ di più degli italiani all’estero.Mi sono resa conto che in Russia sono l’italiana, ma che quando vado in Italia mi fanno sentire la russa, e questo non lo trovo giusto. Siamo comunque italiani, anche noi che risiediamo all’estero, e vorrei tornare a visitare tutte le persone che ho incontrato in campana elettorale per farle sentire più vicine all’Italia’.

- Dunque lei non si limiterà a partecipare ai lavori di Palazzo

Madama.

‘Questa è la mia intenzione. Il mio campo di battaglia non sarà certo godermi la bella Roma, ma sarà di andare a fondo ai problemi che erano emersi durante i tanti incontri elettorali che ho avuto in giro per l’Europa, andando di persona in mezzo alle comunità dell’emigrazione’.

- Quali saranno i temi che ritiene più urgente affrontare in

Parlamento, nell’interesse degli italiani all’estero’

‘Credo che si possano sentire un po’ più vicini all’Italia, dove quasi tutti hanno investito i loro risparmi, ad esempio comprando una casa. Serve tanta informazione, perché magari molti vorrebbero mandare i figli a studiare o lavorare in Italia. E allora informazione sulle opportunità occupazionali e di studio. Serve la giusta informazione, perché chi vuol tornare abbia la possibilità di reinserirsi, o di inserire i propri figli.

Seconda necessità, quella di maggiore attenzione all’assistenza sanitaria, specie in quei paesi dove le strutture pubbliche locali sono carenti, come la Russia. E poi, consolati ed Istituti di cultura. E’ un complesso di interventi che deve rispondere al senso di abbandono da parte della madrepatria che ho riscontrato in tante persone incontrate in campagna elettorale’

- Lei pensa che ormai il voto degli italiani all’estero sia un dato

ormai acquisito?

‘Ai tanti che in Italia hanno espresso perplessità per questo diritto che è stato concesso ai residenti all’estero, vorrei rispondere che noi emigrati alla televisione guardiamo solo le trasmissioni italiane e forse siamo molto più informati degli italiani in Italia. Portiamo con orgoglio la nostra italianità, rimaniamo italiani veri all’estero. Dovete credermi, è tutto un altro sentimento’.

- Cosa pensa delle vivaci contestazioni che hanno segnato questa

prima consultazione per corrispondenza dei cittadini italiani residenti all’estero?

‘Certo, qualche perplessità mi è venuta, anche durante la campagna elettorale. Organizzare per la prima volta via posta un voto così importante non penso che sarebbe stato facile per nessuno. Sicuramente qualche disguido ci sarà stato. Per quanto riguarda il paese in cui risiedo, la Russia, io so che le buste sono arrivate e sono anche tornate indietro votate. In altri paesi ci sono stati più problemi, e me ne dispaccio. Le verifiche sono giuste in democrazia. E’ chiaro però che la prima volta non è come la quinta, perché il sistema è destinato certamente a migliorare con il tempo: Con il senno di poi tutti siamo bravi a giudicare l’operato altrui’.

- Quale forma di raccordo ritiene più opportuna per gli eletti all’estero nel nuovo parlamento’ Ritiene praticabile la proposta avanzata dal nostro sito di un intergruppo parlamentare’

‘Un’idea da prendere in considerazione, perché noi siamo all’estero. Credo che sia compito mio, come di tutti gli eletti all’estero, tornare da chi ci ha votato e portare la loro voce al Parlamento. E’ interessante l’idea di un raccordo fra noi sui nostri temi specifici. Magari daremo un esempio all’Italia intera’.

FARINA: I GIOVANI DELL’EMIGRAZIONE NEI NOSTRI UFFICI ALL’ESTERO

Dopo tanti anni di battaglie a favore dell’emigrazione quel mare di preferenze era quasi doveroso, ma lui ammette senza falsi pudori che gli hanno fatto venire la pelle d’ora. Gianni Farina, valtellinese di Caiolo, rappresenterà per l’Unione l’Europa alla Camera. A Roma arriva con la volontà di dare un segno: sta pensando a una proposta di legge che privilegi i giovani dell’emigrazione per l’assunzione negli uffici che ci rappresentino all’estero, ambasciate, consolati, istituti di cultura, camere di commercio. Valuta positivamente l’idea lanciata dal nostro sito di costituire un intergruppo parlamentare dei deputati e senatori dell’emigrazione e puntualizza: siamo pienamente legittimati dal punto di vista democratico perché in Europa è stato eletto un deputato ogni centomila votanti, mentre sul territorio nazionale il rapporto è uno ogni 65mila elettori. Ecco le sue idee all’indomani dell’elezione.

- Qual è stata la sua prima reazione alla notizia dell’elezione in parlamento?

‘Sicuramente di orgoglio, ma anche di preoccupazione. Io durante la campagna elettorale non ho fatto promesse, ho solo assicurato il mio forte impegno. E’ evidente però che questa comunità che mi ha votato, quella dell’emigrazione in Europa, si aspetta molto, ed anche giustamente. Ha vissuto l’esodo di massa degli anni Cinquanta, hanno votato loro e i loro figli, in qualche caso anche i nipoti. Hanno vissuto un senso di lontananza, di abbandono ed anche di emarginazione. Le associazioni democratiche ed i partiti hanno fatto molto per dimostrare che il paese non abbandona i propri figli, ma quel senso di abbandono, innegabilmente, c’è stato. Questa, dunque, è una svolta storia, ed oltretutto è un voto che conta immensamente nel paese. Di conseguenza qualche preoccupazione è giustificata, perché le aspettative saranno molte, come iniziare una politica che dia il segno che sta veramente cambiando qualcosa. Non si può nascondere anche la commozione, perché un conto è mettere la croce su di un simbolo, un altro è scrivere per quasi ventimila volte il tuo nome. Mi viene la pelle d’oca, e vorrei ringraziarli ad uno ad uno’.

- Quale sarà il suo primo atto da parlamentare della Repubblica?

‘Io comincerei proprio dal funzionamento delle istituzioni italiane. I consolati, ma non solo. Ma loro modernizzazione e la preparazione del personale dovrebbero partire da una legge che consenta, al di là delle funzioni di vertice, l’assunzione del personale all’estero pescando fra le competenze delle nostre giovani generazioni. Non è possibile che tutto il personale che venga dall’Italia. Nell’ambito delle nostre comunità ci sono le capacità cultuali e professionali adeguate. E poi gli Istituti italiani di cultura, le Camere di Commercio, l’imprenditoria italiana all’estero. In ognuno di questi campi dovrebbe essere utilizzato al massimo questo nostro patrimonio di giovani generazioni. Io credo che qualcosa in parlamento al riguardo dobbiamo e possiamo fare. L’idea va lanciata, come segno della nostra presenza alla Camera e al Senato’.

- Quale forma di raccordo ritiene più opportuna per gli eletti

all’estero nel nuovo parlamento’ Ritiene praticabile la proposta avanzata dal nostro sito di un intergruppo parlamentare?

‘Mi sembra naturale che ciascuno rimanga nell’ambito delle proprie famiglie politiche di appartenenza. L’idea dell’intergruppo sarà possibile quando vi sarà un minimo di ritorno alla normalità, perché mi sembra persino indispensabile, come si è fatto su tante tematiche, come per esempio quelle femminili’.

- A suo giudizio, sono i patronati i veri vincitori del voto

all’estero?

‘Assolutamente no. Non sono i patronati l’unica ed esclusiva espressione delle forze sociali. Non si possono dimenticare gli enti di formazione, le associazioni democratiche, quelle culturali. La ricchezza soprattutto in Europa dell’associazionismo italiano è grande ed è stato protagonista in questo voto, ma se non sei conosciuto, non hai possibilità. E quest’affermazione è dimostrata dalla distribuzione dei consensi che mi hanno permesso di approdare in Parlamento: in Germania e Belgio ho avuto pochissime preferenze, nonostante siano ben presenti i patronati dove anche io ho operato; i voti mi sono arrivati da Francia e Svizzera, dove, invece, ho sempre svolto la mia attività. Conta l’esser stato segretario nazionale del PCI in Svizzera e responsabile dell’INCA CGIL in Francia. Se non ti conoscono, non ti votano. Ed è bene che sia così, altrimenti vincerebbe solo chi ha più soldi’.

- Cosa pensa delle vivaci contestazioni che hanno segnato questa

prima consultazione per corrispondenza dei cittadini italiani residenti all’estero?

‘Con assoluta franchezza bisogna dire che alcune deficienze esisteranno sempre, perché il voto per corrispondenza è legato a spedizioni postali che hanno un inevitabile margine di rischio. Sono convinto, ad esempio, che in Francia parecchi disguidi vi siano stati,dal momento che nel periodo del voto erano in atto diverse agitazioni sindacali. C’è poi il problema dell’anagrafe di una comunità coinvolta in un forte processo di integrazione dei paesi di residenza che ha un risvolto negativo, nella distrazione con cui si provvede ad aggiornare la propria posizione negli elenchi italiani. C’è una responsabilità delle istituzioni, ma anche una responsabilità del singolo cittadino nel comunicare i propri spostamenti.

Ma il livello di partecipazione è stato eccezionale, persino più alto di quanto i dati ufficiali non dicano’.

- Di fronte a questo livello di partecipazione, lei pensa che

ormai il voto degli italiani all’estero sia un dato ormai acquisito?

‘Faccio un solo esempio, riferito all’Europa: i seicentomila votanti della ripartizione europea hanno espresso sei deputati, uno ogni centomila elettori, all’ingrosso. Sono serviti molti più voti che non sul territorio nazionale, dove il rapporto è approssimativamente di un deputato ogni 65mila elettori. L’elezione è quindi un fatto straordinario, e questi numeri danno un valore aggiunto ai nostri parlamentari, una piena legittimazione democratica’.

Luciano Guelfi (x)

(x) Direttore Editoriale www.lombardinelmondo.org

Luciano Guelfi (x)
Politica