LA LETTERA DI AUGUSTO BARBERA

Riceviamo e pubblichiamo:

Augusto Barbera ha mandato una bellissima lettera per il convegno di sabato 24 novembre. Leggila. Speriamo che la legga anche Veltroni.

Mario Segni

"Bisogna - io credo - mantenere alta la mobilitazione e la vigilanza per evitare di sprecare sia il lavoro fin qui compiuto per la raccolta delle firme, sia per evitare di disperdere il patrimonio fin qui accumulato dal Paese con le battaglie refere ndarie del 1991-1993.Condivido pertanto il lavoro da Voi egregiamente svolto.

Che l'attuale legge meriti di essere profondamente modificata è ormai affermazione comune anche fra quanti l'hanno voluta e sostenuta (a partire dalla ormai celeberrima definizione del Ministro Calderoli). E c' è da sperare ancora , nonostante tutto, che il legislatore possa intervenire per modificarla ancor prima della consultazione referendaria. E comunque anche dopo - io credo -potrebbero essere utili aggiustamenti della normativa di risulta consentendo al legislatore parlamentare di intervenire laddove il legislatore referendario non può intervenire (per esempio rendendo più "corte "le liste bloccate o reintroducendo il collegio uninominale).

Ma dubito che i propositi fin qui manifestati dalle varie forze politiche siano in grado di darci subito una buona legge. Lo scopo perseguito è quello di rifiutare "questo bipolarismo" ovvero quello di superare comunque ogni forma di bipolarismo e tornare ai riti della così detta prima repubblica? Si vuole solo superare la legge Calderoli, che costringe i partiti ad essere contemporaneamente alleati e concorrenti, ovvero si rifiuta tutta l'esperienza maggioritaria compiuta dal 1993 in poi?

La riforma maggioritaria del 1993 - lo sappiamo - non ha dato tutto quello che avrebbe potuto, però sono stati raggiunti importanti risultati positivi, dei quali devono essere fieri quanti hanno contribuito alla stagione referendaria del 1991 e del 1993. Con le riforme elettorali maggioritarie si sono avviati processi di alternanza e per la prima volta nella storia d'Italia - dobbiamo sempre sottolineare questo punto per i più distratti - si sono avuti cambiamenti di governo per effetto diretto del voto degli elettori (anche pronunciandosi sui candidati alla Presidenza del Consiglio). Inoltre si sono rese stabili le amministrazioni regionali e locali e tendenzialmente sono risultati più stabili i governi nazionali . E c'è un altro risultato da sottolineare: formazioni politiche inizialmente emarginate hanno concorso alla formazione dei governi, allargando le basi della democrazia parlamentare . Così è avvenuto con l'Msi nel 1994 avviando la svolta di Fiuggi; così con la Lega nel 2001 mettendo da parte le posizioni secessioniste ; e così con Rifondazione comunista che per la prima volta si è posta obbiettivi di governo . I risultati positivi prima indicati verrebbero salvaguardati tornando a sistemi proporzionali ?

E soprattutto il Partito democratico può dimenticare che deve la propria esistenza al sistema maggioritario? Può dimenticare di essere il frutto maturo dell'Ulivo ,soggetto politico cui forze di provenienza così diverse, proprio in forza della bipolarizzazione indotta dal sistema maggioritario, hanno dato vita guardando a ciò che li univa e mettendo da parte ciò che invece tendeva a dividere?

Dobbiamo chiedere a Veltroni e a Berlusconi: ha senso costruire partiti a "vocazione maggioritaria" - intenzione assai lodevole - e collocarli in un quadro proporzionalistico ? Gioverebbe alle loro strategie costruire le coalizioni dopo l'esito delle elezioni, sottraendole al giudizio degli elettori? E addirittura i sistemi proporzionali non metterebbero in moto pericolose spinte centrifughe nell'uno e nell'altro partito ?

Capisco la loro insofferenza verso le coalizioni artificiose, ma delle due l'una: o trovano sistemi coerenti con tale vocazione o sappiano che il referendum può dare una importante risposta anche alle loro aspirazioni , proprio in quanto il quesito referendario evita il ricorso a coalizioni coatte. Certamente non è una risposta adeguata il ritorno, sotto vesti teutoniche , al sistema proporzionale. Significherebbe contrapporre al bipolarismo un sistema "tripolare" che faccia perno su un centro immobile che si rivolga ora o all'uno ora all'altro dei due poli (all'uno o all'altro"forno" ) ma cui sia assicurata una ininterrotta permanenza al governo. Aspirazione legittima ma poco igienica per il buon funzionamento della democrazia che non tollera partiti destinati a governare comunque . Soluzione comoda per taluni "poteri forti" che avrebbero interlocutori meno alternanti ma non altrettanto utile al Paese. In alternativa, a quel triste scenario, potrebbe essere necessaria una Grande coalizione tra i partiti maggiori, almeno per un lungo periodo. Anche questo uno scenario non auspicabile, da democrazia bloccata al centro e senza alternanza, che in altri Paesi è praticata come eccezione momentanea e che qui invece potrebbe essere la regola. In un editoriale del Corriere del 21 novembre, Sartori sostiene che c'è sempre stato in Italia un bipolarismo naturale, che l'alternanza non c'era solo per ragioni di ordine internazionale e che pertanto qualsiasi sistema proporzionale non scalfirebbe, oggi, il bipolarismo. Si sbaglia di grosso: basti pensare alla conflittualità fra Dc e Psi e bast i pensare ai sistemi politici locali dove, in assenza dei vincoli esistenti sul piano nazionale, venivano sperimentate le più varie e traballanti combinazioni all'oscuro degli elettori e a prescindere da qualsiasi rapporto tra consenso, potere e responsabilità.

Credo che questi giudizi siano ancora forti nel paese e che, quindi, il movimento referendario debba connettersi con queste domande e possa coltivare la sua originalità dei momenti migliori: la vocazione bipartisan, non minoritaria e trasversale agli schieramenti.

Non mancheranno, infine, i soliti tentativi di influenzare il giudizio della Corte . Le proteste e le conseguenti dimissioni del Giudice Vaccarella ne sono state un primo sintomo. Ma la Corte - io credo - saprà reagire con la consueta serena fermezza. I quesiti sono certamente in linea con la giurisprudenza della Corte . Anzi il compito della Corte è questa volta ancora più lineare. Come sappiamo -dopo la Sentenza n. 29 del 1987 che ha richiesto ch e l'effetto abrogativo di un quesito in materia elettorale mantenesse in piedi una normativa auto-applicativa - i quesiti ammessi dalla Corte hanno sempre necessariamente assunto un carattere "manipolativo". Questa volta così non è. Essi , infatti, si limitano ad abrogare una delle alternative previste dalla legge Calderoli : assegnare il premio di maggioranza alla singola lista vincente anziché a liste collegate (e per i candidati presentare la propria candidatura in un solo collegio anziché in più collegi). Né - come qualcuno pretenderebbe - la Corte può spingersi a valutare la costituzionalità della normativa di risulta. A parte il fatto che in tal caso dovrebbe pronunciarsi sulla legittimità della stessa legge con cui è stato eletto l'attuale Parlamento, in più occasioni (l'ultima in materia di fecondazione assistita) la Corte ha escluso che questo esame rientri fra i suoi compiti in sede di ammissibilità di quesiti referendari.

Auguro a Voi e agli altri amici referendari i migliori auguri di buon lavoro".

Augusto Barbera

Mario Segni
Politica