Dopo Gaza, gli ebrei e i palestinesi insieme verso il futuro?

Intervista esclusiva allo storico Yakov M. Rabkin, docente al Dipartimento di Storia, Università di Montreal, Canada

Lo smantellamento della Striscia di Gaza è un segno che il
sionismo si sta evolvendo per fare dello Stato di Israele, il
vero Israele biblico?

“Il vero Stato biblico” esisteva già da più di due millenni.
Certi coloni sionisti dichiarano difatti che vogliono creare un
tale Stato. Ora, ogni tentativo di ricostituire una realtà di un
tempo può risultare solamente in un'entità moderna. Il
disimpegno della Striscia di Gaza significa piuttosto che, per
la prima volta nella storia, lo stato d’Israele evacua dei
territori palestinesi. Il precedente è routine.

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E' possibile che gli israeliani e i palestinesi possano vivere
in pace, sebbene la loro inimicizia risalga al tempo di re
Davide?

Gli israeliani di oggi hanno poco a che vedere con gli ebrei del
diaspora, ed ancora meno con gli ebrei del regno di Davide. I
palestinesi dividono solamente il nome coi filistei. L'odio di
cui si parla è molto recente, prende la sua origine in un
conflitto politico molto determinato e costituisce una rottura
nella coesistenza piuttosto pacifica che caratterizza la storia
delle relazioni tra gli ebrei e i musulmani. Sono ottimista in
quanto alla possibilità di vivere in pace, purché lo spazio
politico che occuperanno allora gli ebrei, i musulmani, i
cristiani e gli atei della Palestina sia basato sull'uguaglianza
e la giustizia.

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Quali sono le condizioni attuali per la loro convivenza
pacifica?

Secondo parecchi osservatori israeliani, come Daniele Gavron,
Ilan Pappe e Meron Benvenisti, Israele costituisce attualmente
un spazio politico comune: infatti la divisa, il motto,
l'esercito, le frontiere sono comuni. Ciò che manca per potere
vivere in pace è quello di riconoscere e rimediare,
probabilmente per i compensi monetari, le ingiustizie commesse
contro gli arabi della Palestina e dar loro i diritti uguali. La
segregazione attuale dovrebbe arrivare allora alla fine ed ogni
cittadino della Palestina riunificata avrebbe il diritto di
stabilirsi sul territorio dovunque tra il Giordano ed il
Mediterraneo.

Si tratta, probabilmente, di un Stato post-sionistico dove la
popolazione molto diversificata del territorio in questione,
possa trovare dei mezzi per costruire un avvenire comune.

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Lei nel suo libro "In nome della Torah", tradotto in italiano
con il titolo "Una minaccia interna" presenta l'opposizione di
molti intellettuali alla politica sionista, considerata come
contraria alla Legge e quasi da accostare alla dittatura
comunista: non è esagerato?

Il mio libro analizza l'opposizione che il progetto sionistico
ha provocato tra i pensatori ebraici da più di un secolo.
Secondo lo storico israeliano Yosef Salmon, “Il sionismo
sfidava tutti gli aspetti del giudaismo tradizionale nella sua
proposta di un'identità ebraica moderna e nazionale ; nella
subordinazione della società tradizionale agli stili di vita
nuova ; nel suo atteggiamento verso i concetti religiosi di
diaspora e di redenzione. La minaccia sionistica ha raggiunto
ogni comunità ebraica. era implacabile e frontale, e non si
poteva opporgli che un rigetto senza compromessi”.

Il mio lavoro offre una storia di questa resistenza alla
minaccia “implacabile e frontale” del sionismo. Il libro apre
una finestra su un atteggiamento vigoroso e duraturo che i
sostenitori del sionismo considerano, a loro volta, come un
sacrilegio. In esso miro a spiegare le ragioni di questa
opposizione di cui il denominatore comune è l'impegno verso la Torah. Attualmente, il ritiro da Gaza ha colpito forte sulle
credenze modernizzatrici del sionismo religioso. Ma, allo stesso
tempo, ha rinforzato l'apprezzamento del giudaismo tradizionale
che non compromette i valori morali ebraici di giustizia e di
compassione.

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Crede che questo fermento intellettuale possa ricondurre sui
passi biblici tutti gli israeliani, affinché la loro terra possa
tornare ad essere una "luce " per le Nazioni per ritrovare Dio
"smarrito" nella secolarizzazione e nel consumismo?

Difatti, il giudaismo tradizionale anti - o non sionistico che
ha evitato largamente di identificarsi con l'intrapresa sociale
e militare d’Israele, può offrire un conforto spirituale tanto
agli ebrei secolarizzati , che ai sionistici religiosi delusi
per la crisi.

Gli ebrei possono tornare, in altri termini, adesso alla loro
funzione principale : fare la volontà divina e servire come “
progetto pilota” all'umanità intera.

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Sempre sul conflitto israeliani- palestinesi, è sperabile che
cessi con lo smantellamento delle colonie anche in Cisgiordania?

Evacuare le colonie sionistiche della Cisgiordania non mi sembra
realistico. Non vedo un primo ministro israeliano capace di
prendere una tale decisione. Sradicare delle centinaia di
migliaia di persone in nome della separazione politica mi sembra
disumano. La prospettiva di un Stato comune e democratico
diventa allora, di nuovo promettente (Yakov M. Rabkin sostiene
l’Associazione internazionale One Democratic State in Israele)

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Lei afferma che il popolo ebraico nella sua storia spesso ha
deviato dalla Legge del Signore (ha adorato Baal, Astarte, il
vitello d'oro...). Tra queste deviazioni, si può includere il
sionismo?

Difatti, i pensatori ebraici di cui si tratta nel mio libro,
considerano il sionismo una deviazione, un peccato, una
negazione del giudaismo tradizionale.

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Si può presumere che il cammino degli ebrei e dei palestinesi
possa portare anche a degli scambi culturali?

Le tre religioni monoteiste hanno molto in comune, ciò offre un
campo propizio agli scambi interreligiosi molto ricchi.
Auguriamoci che la coscienza di un Dio pieno di amore e di
compassione invada i cuori di tutti coloro che abiteranno in
Terra santa.

Chi è

Yakov M Rabkin è professore titolare al Department of History,
University of Montreal.

E’ stato Visiting Scholar in numerose università, tra cui Yale,
John Hopkins, Hebrew, Tel Aviv, Louis Pasteur.

Tra le sue pubblicazioni: Science between the Superpower, a
study of Soviet- American relations in science and technology(1988);
The Interaction of Scientific and Jewish Cultures in Modern
Times(1995); Diffusion of New Technologies in Post- Communist
Europe(1997); Una minaccia interna(2005).

E’ spesso invitato dai Media internazionali per commentare la
situazione nel mondo ebraico e in Israele.

Maria de Falco Marotta



GdS 20 VIII 2005 - www.gazzettadisondrio.it

Maria de falco Marotta
Politica