ELEZIONI USA: SI PARLA SPAGNOLO

La madre di Bill Richardson, Maria Luisa Lopez-Collada, è nata nel Messico, ma il cognome del figlio nasconde le radici ispaniche del governatore del Nuovo Messico. Richardson è l’unico candidato latino alla nomina del Partito Democratico ma è poco noto fra gli elettori ispanici malgrado la sua etnia. Ciò è uno svantaggio perché il voto latino continua a crescere e si crede che avrà un forte impatto nell’elezione del 2008 ma per la prima volta nella storia avrà persino una forte influenza nelle primarie.

Gli importanti Stati della California, Florida e New York si sono aggiunti ad altri sei ad anticipare le elezioni primarie alla prima settimana di febbraio. Ciò vuol dire che due terzi degli elettori latinos andranno alle urne quasi lo stesso giorno. Una cifra significativa che non è andata inosservata ai maggiori candidati alla ricerca della nomina del Partito Democratico. Barack Obama e John Edwards hanno lo svantaggio di essere poco noti in comparazione a Hillary Clinton, la loro avversaria più diretta ed infatti la prima della classe.

La Clinton possiede il grande vantaggio di essere conosciuta in parte per il suo nome. Il 60% di elettori registrati latinos identificati come democratici hanno un’opinione positiva dell’ex first lady. Inoltre l’appoggio di Antonio Villaraigosa, leader latino e sindaco di Los Angeles, le da un’altra indicazione di essere leader del Partito Democratico come confermano gli ultimi sondaggi.

Benché gli elettori latinos si interessino alle stesse questioni politiche degli altri americani, gli ispanici sentono di più il tema dell’immigrazione. Come si sa il Senato americano era quasi pronto per approvare una riforma sull’immigrazione ma i Repubblicani hanno virtualmente silurato la proposta rispondendo alle pressioni delle lobbies dell’ala destra del GOP. Dato che il disegno di legge includeva la possibilità di regolare lo stato residenziale dei dodici milioni di clandestini i Repubblicani estremisti hanno gridato “no all’amnistia” e sono riusciti a fermare la proposta al Senato.

I tre candidati democratici di maggior rilevanza, Barack Obama, John Edwards e Hillary Clinton appoggiavano il disegno di legge ma erano preoccupati dalla poca priorità del ricongiungimento familiare della proposta. Dei candidati repubblicani maggiori solo John McCain appoggiava il disegno di legge. Rudy Giuliani e Mitt Romney erano contrari. Gruppi di latinos hanno mostrato il loro disappunto all’alt del Senato alla proposta di legge. Univision, la rete televisiva nazionale in lingua spagnola, e la National Association of Latino Elected Officials hanno cominciato a promuovere una campagna per incoraggiare i latinos a diventare cittadini americani onde potere votare alle prossime elezioni. Un portavoce di Univision ha detto che nella Los Angeles County il numero di persone che ha fatto domanda di cittadinanza è aumentato del 146% negli ultimi mesi. Ciò naturalmente continuerà il trend in ascesa del numero di latinos che votano come è avvenuto nell’elezione del 2006 quando 8 milioni di ispanici si sono presentati alle urne.

Questi potenziali elettori sono cattivo auspicio per il GOP che nelle elezioni di midterm del novembre scorso ha ricevuto solo il 26% del voto latino mentre nel 2004 aveva ricevuto il 44% dei consensi. Ma allora George Bush era anche lui candidato e come si sa l’attuale presidente ha sempre avuto buoni rapporti con gli elettori latinos. Bush parla spagnolo anche se non bene e suo fratello Jeb ha sposato una messicana. Quindi il suo successo con gli elettori latinos è dovuto oltre alla sua politica moderata anche ai suoi legami familiari.

Solo due dei candidati alla presidenza parlano spagnolo. Richardson e Christopher Dodd, quest’ultimo senatore dello stato del Connecticut. La conoscenza della lingua non è necessaria per ottenere il voto dei latinos ma non nuoce. Gli elettori scelgono i candidati non solo usando la ragione che analizza la piattaforma politica ma anche con il cuore e la lingua anche se non indispensabile può dare qualche vantaggio.

I risultati delle elezioni presidenziali del 2000 e 2004 ci ricordano che qualche centinaio di voti può fare la differenza fra vittoria o sconfitta come è successo con la Florida e l’Ohio. È ora dunque di seguire l’esempio di Newt Gingrich e Michael Bloomberg e cominciare a studiare lo spagnolo?

Domenico Maceri (x)

(x) dmaceri@gmail.com PhD della Università della California a Santa Barbara, è docente di lingue a Allan Hancock College, Santa Maria, California, USA. I suoi contributi sono stati pubblicati da molti giornali (International Herald Tribune, Los Angeles Times, Washington Times, San Francisco Chronicle, Montreal Gazette, Japan Times, La Opinión, Korea Times, ecc ed alcuni hanno vinto premi dalla National Association of Hispanic Publications).

Domenico Maceri (x)
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