BIENNALE: Dino De Laurentis Leone d’oro alla carriera alla Mostra del Cinema 2003

Dino De Laurentis - Il racconto di Dino - La conferenza stampa - Le domande & le risposte - Scheda

DINO DE
LAURENTIS


Al grido di “libertà per i produttori italiani!” Dino De
LaurentiS, questo simpatico ometto poco più di 165 cm a capo
di uno dei maggiori “imperi” produttivi del cinema mondiale,
ha dietro le sue spalle, una carriera invidiabile che ha
realizzato con lungimiranza ed il sostegno di tutta la
famiglia che lo ha seguito rischiando propri capitali ma
investendo al contempo strategicamente( lo dimostra la sua
prossima operazione in Marocco dove intende costruire per
primo, degli stabilimenti cinematografici). Sicuramente
l’intuito ed una grande strategia imprenditoriale lo hanno
sempre aiutato nella guida del suo impero produttivo, che
ancora una volta, si fonda sulla dura lotta del mercato,
sulla domanda ed offerta, sui costi che in Marocco possono
essere molto ridotti...

Quello che De Laurentis chiede a gran voce è libertà per i
produttori italiani, dall’alto della sua posizione chiede la
“libertà” di creare un prodotto che possa essere redditizio,
che possa cioè inserirsi di fatto nel mercato
internazionale, anche se qualcuno potrebbe giudicare
discutibile la sua richiesta di libertà che si traduce
praticamente nella libertà di prendere soldi italiani per
produrre un prodotto in inglese, libertà di piegarsi alla
dipendenza americana per il successo e la diffusione
commerciale del prodotto italiano. Potrebbe aprirsi un lungo
dibattito anche se ai fini fiscali potremmo dire
semplicisticamente che il successo anche commerciale del
“prodotto artistico” italiano (vedi la moda), riporterebbe
comunque nelle casse dello stato molti dei soldi investiti
attualmente a fondo perduto in nome di un protezionismo
sterile che non incentiva la fantasia produttiva italiana
che come sappiamo è riuscita sempre a distinguersi nel mondo
al di là di ogni connotazione linguistica. Moda, Arte,
Cultura, Cinema, sono “discipline” ove l’espressione trova
spazio e distinzione grazie all’idea creativa che non ha
lingua, grazie alla storia e sceneggiatura che non hanno
collocazione geografiche se funzionano, grazie alla regia.
Lo sa bene De Laurentis che fin dal suo esordio, dopo essere
divenuto produttore esecutivo della Lux film comincia ad
imporre la sua intuitività nella scelta dei copioni,
producendo "Riso Amaro" di Giuseppe De Santis (1948),
"Napoli milionaria" di Eduardo De Filippo (1950), "Dov'è la
libertà…?" di Roberto Rossellini (1952), "Miseria e nobiltà"
di Mario Mattoli (1954), "La grande guerra" di Mario
Monicelli (1959)... Parlando di quegli anni così prolifici,
ricordando quel periodo di enorme successo per il cinema
italiano De Laurentiis già affermò in passato che “il
neorealismo fu inventato dai giornali. L'industria italiana
del cinema era così povera che non c'erano soldi per gli
studios, per creare dei set, per andare dappertutto. Così si
doveva girare tutto per strada”. eppure......

Se oggi parliamo del grosso pubblico, quello dei Terminator,
Matrix etc, quello dei colossi hollywoodiani, siamo molto
lontani dal modello industriale perseguito da De Laurentis
che sicuramente ha prodotto molti dei grandi film del
dopoguerra, rischiando anche personalmente. Chiaro che si
lotta per proporre un modello di libertà produttiva
americana, liberando il film italiano dalle “catene della
lingua italiana” ma soprattutto liberando il film italiano
da qualsiasi “catena burocratica”.

Speriamo che qualcosa cambi presto a livello legislativo,
nel frattempo ricordiamoci della massima di Dino De
Laurentis: “La libertà è impagabile al di là degli aiuti. La
libertà supera la fantasia”.

Il racconto di Dino

Nel dopoguerra, l’Italia era un paese ancora disastrato ma
era in un momento di grande euforia culturale, c’era una
spinta creativa fatta di desiderio e di nostalgia che
nasceva dall’osservazione della realtà. I soggetti allora
erano delle storie vere.

In quel tempo i produttori italiani non si organizzavano
come ad Hollywood con dei piccoli imprenditori ebrei che
stavano già creando le basi di quella che sarebbe diventata
la seconda forza industriale del paese.

Mi sono distinto per aver prodotto ed aver reso possibile la
creazione di tanti capolavori del cinema dal dopoguerra ad
oggi. In 60 anni di carriera ho determinato oltre 600 film,
ho ricevuto 33 candidature e più di 59 premi internazionali.
Nel 2001 ho ricevuto l'Oscar alla carriera.

Accogliendo il Leone d’oro alla Carriera a Venezia, ha
detto: “Dedico questo Leone ad un futuro libero ed
esportabile del cinema italiano”.

La conferenza stampa

Dino si presenta alla conferenza stampa accompagnato dalla
moglie Martha che lavora al suo fianco e da Baz Luhrmann (“Moulin
Rouge”), regista nel suo film su Alessandro Magno,
attualmente in produzione.

Nonostante l’età piuttosto avanzata (84 anni portati
splendidamente), Dino prende la parola e dimostra ancora
tutta la sua energia.

Moritz De Hadlen, direttore della Mostra del Cinema gli
rende omaggio , parlando della sua capacità di affrontare la
produzione di 3 o 4 films contemporaneamente, racconta un
po’ della sua storia, di quando è partito dall’Italia per
gli Stati Uniti senza tornare indietro...”Un produttore, De
Laurentis, che guarda verso il futuro ma conservando il
passato, dice-.

Le domande & le risposte

La conferenza comincia con un De Laurentis rilassato e
felice di trovarsi in Italia:

“Torno sempre volentieri in Italia, si mangia bene, vedo
amici ...”

-
Poi gli chiedono sulla “presunta” rivalità con Oliver Stone
che ha deciso anch’egli di realizzare un film sulle gesta di
Alessandro Magno; il regista infatti ha ribadito
recentemente la sua intenzione di iniziare le riprese del
suo kolossal epico il prossimo ottobre in India.

De Laurentis risponde: “Non siamo in competizione con Oliver
Stone, il mercato può assorbire i due film
tranquillamente... Il mio Alessandro Magno sarà il più
importante film epico mai realizzato. D’altra parte il
budget messo a disposizione ammonta a ben 150 milioni di
dollari!

Dopo Venezia, partirò per il Marocco dove “preparerò il
terreno” per le prossime riprese. Incontrerò il re Mohammed
VI per chiedere il sostegno di 5.000 uomini del suo esercito
personale e mille cavalli per le scene di guerra. In Marocco
intendo costruire degli stabilimenti , come ne ho fatti a
Roma ed il primo in Australia... In Marocco gli stabilimenti
serviranno per film di grande respiro e naturalmente per i
costi bassi.

-
Moritz De Hadlen chiede: “Cosa ne pensa dei nuovi produttori
italiani che cercano di fare il cinema anni 50’, di produrre
ancora il grande cinema che ha fatto storia?”

In Italia c'è tanto talento: ci sono i migliori tecnici del
mondo e grandi registi che possono essere i nuovi Fellini,
Antonioni e Rossellini, ma l'assenza di libertà fa appassire
tutto.

Negli anni '70 il cinema italiano viene penalizzato dalla
legge che concede i sussidi solo ai film con il 100% di
produzione italiana, così mi sono trasferito negli Stati
Uniti.

-
Lei crede nel cinema italiano?

Il cinema Italiano ha molto talento, ma esiste una stupida
legge che vieta di fare film in lingua diversa
dall’italiano, quindi i film nascono e muoiono in Italia.

Senza citare il mercato dei DVD dove i film Italiani sono
tagliati fuori. Il cinema italiano ha bisogno di libertà.
Libertà creativa e imprenditoriale, senza le quali non si va
lontano.
In America siamo liberi di girare in quale lingua si vuole!
Il produttore italiano ha la fantasia e le potenzialità se
verrà abolita questa limitazione della lingua.
Il produttore italiano deve lottare con la carta bollata per
ogni cosa. La libertà è impagabile al di là degli aiuti.

E’ vero, esistono le co-produzioni internazionali per
aggirare la legge e poter fare un film in francese per
esempio... ma perché devo dividere con altri un mio
progetto... Immaginiamo un Fellini: come avrebbe potuto
creare i suoi film in una coproduzione?

Il produttore deve essere libero di espandersi! La legge
italiana limita la vendita del suo prodotto all’estero.
Qualunque aiuto ricevuto dallo Stato non deve essere a
scapito della libertà. Bisogna lasciarli liberi e cercare di
fare una legge di assistenza, non una legge come l’attuale
che condiziona in partenza la produzioni vincolando gli
aiuti a precise condizioni sul film.

-
Dino lei ha spesso rischiato con il suo denaro: quale film è
stato più significativo per la sua carriera?

Tutti i films, anche quelli brutti “sono figli miei”...

Sicuramente ”Serpico” è stato molto significativo per la mia
carriera, è lì che ho capito ed ho deciso di diventare un
“produttore americano”. Prima di allora ero partito
dall’Italia con l’intento di lavorare negli Stati Uniti, ma
non pienamente convinto di potervi rimanere...Poi è seguito
“I 3 Giorni del Condor” ed altri ancora...


Scheda

Dino De Laurentis, tra i più importanti produttori della
storia del cinema, si è affermato dapprima in Italia e poi
all’estero, con una lunga e prestigiosa attività di scoperta
e sostegno dei massimi registi internazionali, contribuendo
in modo decisivo all’affermazione del cinema italiano nel
mondo. Numerosi i titoli significativi e rimasti celebri da
lui prodotti, sia nel cinema d’autore, sia nel cinema di
genere, con film dove la ricerca del successo si è sempre
accompagnata alla qualità artistica.

Nato a Torre Annunziata (Napoli) nel 1919, dopo aver
lavorato nel cinema come comparsa, attore e aiuto alla
regia, a soli 20 anni produsse il primo film. Iniziò ad
affermarsi nell’immediato dopoguerra producendo film di
Alberto Lattuada (Il bandito, 1946) e Giuseppe De Santis
(Riso Amaro, 1949), pellicola che lanciò Silvana Mangano,
divenuta più tardi sua moglie. Negli anni Cinquanta, De
Laurentis fondò una società di produzione assieme a Carlo
Ponti, con il quale realizzò alcuni dei più significativi
capolavori del cinema italiano dell’epoca, tra cui Europa
’51 di Rossellini, L’oro di Napoli (1954) di De Sica, La
strada (1954) e Le notti di Cabiria (1957) di Fellini, gli
ultimi due titoli vincitori dell’Oscar per il miglior film
straniero. Nel 1956 allargò la propria attività all’estero,
producendo Guerra e pace di King Vidor. Dopo lo scioglimento
della società con Ponti nel 1957, De Laurentis finanziò
opere di grande importanza come La grande guerra di
Monicelli (Leone d’oro a Venezia nel 1959).

All’inizio degli anni Sessanta realizzò un gigantesco
complesso di studi cinematografici che chiamò Dinocittà,
dove alternò la produzione di opere di grande impegno
finanziario (La Bibbia di John Huston), a opere di grande
importanza culturale come Lo straniero (1967) di Visconti.

Ancora a Dinocittà: Barabba di Richard Fleischer (1961) con
Anthony Quinn, Lo sbarco di Anzio di Duilio Coletti (1968) e
Waterloo di Sergej Bondarcuk (1970) con Rod Steiger e Orson
Welles.

Nel 1971, dopo aver venduto Dinocittà, De Laurentis si
trasferì negli Stati Uniti, dove confermò il suo talento nel
saper produrre film significativi, alternando ricercate
opere di genere e impegnative opere d’autore. Cominciò con
un film difficile, che all’epoca nessun produttore americano
voleva dato il tema scottante della corruzione poliziesca:
Serpico (1973) di Lumet, seguirono così altri titoli di
successo quali , I tre giorni del condor (1975) di Pollack,
King Kong (1976) di Guillermin, Flash Gordon (1980) di
Hodges, Il Bounty (1984) di Donaldson, Hannibal di Ridley
Scott, L’armata delle tenebre (1996) di Sam Raimi, ma
continuò anche a finanziare maestri di prima grandezza quali
Robert Altman, Ingmar Bergman, Michel Cimino, Milos Forman,
David Lynch. Attualmente sta realizzando il colossal sulla
vita di Alessandro Magno, interpretato da Leonardo Di Caprio
e diretto da Baz Luhrmann, il giovane regista australiano,
diventato famoso grazie a “Moulin Rouge”(dal materiale della
Biennale).

Diana Barrows

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Diana Barrows
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