BIENNALE: UNA FAMIGLIA SCONVOLGENTE

Altro che pecora Dolly - Domande e risposte

Altro che
pecora Dolly


Una famiglia sconvolgente (We are family, padiglione
australiano, Venezia, Biennale Arte 2003).

Altro che pecora Dolly o il Frankenstein di Mary Shelley!

Nei giorni della vernissage (giugno 2003) dopo aver visto
con molta attenzione e un senso di smarrimento profondo le
opere di Patricia Piccinini, che sono visibili nel suo sito:
www.patriciapiccinini.net, ci siamo fermate subito dopo la
scalinata che porta nel padiglione australiano, per
“registrare” l’effetto che produceva la visione delle sue
opere sugli esperti visitatori provenienti dall’intero
globo.

Ebbene, più che meraviglia per le “novità”, si leggeva
orrore sui visi della gente che, spesso, incespicava nello
scendere quei quattro gradini e, soprattutto, non voleva
commentare. Come si fa a tradurre in parole emozioni
sconvolgenti provocate dall’arte moderna che si combina in
modo così accorto con le nuove tecnologie?

Cosa si sarebbe potuto spiegare, a caldo, sulle creature
clonate di Patricia Piccinini, artista bella e giovane (è
nata in Sierra Leone nel 1965, ha una laurea in storia
economica e un’altra in Arti pittoriche) che vive a
Melbourne con un lavoro di coordinatrice della Basement
Project Gallery e può vantarsi di avere esposto parecchie
sue produzioni nei maggiori musei del mondo - Stati Uniti,
Spagna, Germania, Corea, Giappone, Inghilterra…,- mentre nel
2003 nel padiglione australiano per la 50a
Esposizione Internazionale d’Arte (Venezia), diventato una
specie di “casa”, l’ha popolato di famiglie di esseri
transgenici, di altre creature non facilmente identificabili
ma che, allo stato embrionale, possono essere bambini,
madri, cloni?

C’è veramente da sentirsi male di fronte al futuro
prospettato con tanta lucidità da Patricia che,
impudicamente, ha mostrato un video shoccante che raffigura
un ciclo infinito di creazione e crescita di materia
informe, oltre che esperimenti con le cellule staminali. E
se poi vogliamo essere sinceri, quella specie di scrofa con
un viso di vecchia, attorniata dai suoi cuccioli appena dati
alla luce, ti richiama quella donna di 62 anni, certamente
all’apparenza meno anziana per le cure estetiche cui le
donne si sottopongono in occidente, che partorì una bimba
dopo essersi sottomessa alla fecondazione in vitro eseguita
dal ginecologo Severino Antinori. Che orrore: la
fantascienza diviene realtà , così in fretta che rende
concepibile l’idea che questa “scrofa” o, molto più
amabilmente, creatura “diversa”, esista nel nostro mondo.

C’è da chiedersi, allora : non è che vediamo la
“mostruosità” di quest’essere repellente come una minaccia
alla continuità della nostra specie? E non sottolinea il
potenziale creativo, ormai libero, anzi scatenato della
prassi transgenica che ci sta abituando ai pomodori che
divengono migliori con i geni del salmone (ci fanno così
risparmiare tempo nel preparare un secondo piatto), oppure
ai materiali biologici di una specie che vengono fatti
crescere o trapiantati in quella di un’altra?


DOMANDE &
RISPOSTE


- Patricia, come mai questa sua passione nel riprodurre
esseri così diversi, diremmo “mostruosi”come nella
letteratura di tutti i tempi?

Nel 1996 mi trovavo in alcuni musei medici e con la matita
cercavo di riprodurre sulla carta, le patologie e le
aberrazioni. Subito provai interesse per il modo in cui la
tecnologia delle strutture mediche illustravano le nostre
idee del normale e del naturale. Fui affascinata da queste
idee e felice di questa nuova prospettiva di lavoro. In modo
crescente, le idee con le quali io stavo trattando giravano
attorno al rilevamento genetico e alla manipolazione,
considerando anche l'impatto in aumento di medico e di
tecnologie sul corpo. Come artista, sono interessata
primariamente alle idee, particolarmente a quelle che hanno
attinenza diretta alla vita contemporanea. La mia attenzione
alla tecnologia contemporanea procede da lì, come trovo
impossibile trattare con i problemi contemporanei senza
referenza alla tecnologia contemporanea. Io non sono una
formalista o una purista: comincio con un'idea e poi cerco
una maniera di rappresentazione che si accordi
concettualmente.

Attualmente, il mio interesse profondo è nello status di 'natural'
che, politicamente, ne ha spostato la nostra comprensione.
Che cosa è ora il naturale; o quello che costituirebbe la
natura del contemporaneo? La Natura, l'organico ora è la
falda attraverso il cui orlo penetra la tecnologia.
L'attinenza di un’opposizione tra natura e tecnologia è,
nella mia vita almeno, in modo crescente irrilevante. Il mio
vero interesse è in quello che queste significano per le
persone. Direttamente, ho un atteggiamento molto ambivalente
verso la tecnologia e la natura. Ambedue sono le forze,
troppo massicce e troppo complesse per essere definite
facilmente come buone o cattive. Creo lavori che ideano i
loro effetti e offrono un momento al pubblico per riflettere
su come si impattino sulle loro vite. Mi piace lavorare
lungo linee di colpa e momenti contraddittori che si
mescolano ad attimi di compromesso e godimento.

In quanto alle forme di tipo ibrido( centauri, sirene,
fauni, minotauri…) esistono nelle culture umane dalla
preistoria. Molto prima dell’ingegneria genetica, i miti
presentavano le possibilità e le conseguenze di incrociare
tra loro animali, vegetali e umani.

- La realtà contemporanea le piace?

Sono affascinata dal consumismo, dalla sua bellezza fragile,
ingiustificabile e sottile. Per me è l'archetipo di quelle
cose che, anche se non sono buone per noi, non le favoriamo,
ma possiamo amare. Sono sedotta dalla varietà, dalla
complessità, dalla bellezza e dalla seduzione del
consumismo. Sono ugualmente consapevole di come sia
inconsistente, verniciato di perfezione, che poi è la sua
forza. Nel mio lavoro invento uno spazio che può far
riflettere un momento sulla bellezza compromessa, e gode e
si meraviglia di ciò senza negare le sue crepe e menzogne.

- Cosa pensa della tecnologia?

La tecnologia contemporanea è piena di promesse e miti. La
cultura dei Media gioca sulle nostre speranze e desideri per
la tecnologia con una moltitudine di assicurazioni. La
clonazione, internet punto-com, la manipolazione genetica,
la biologia, la nano-tecnologia, hanno rinnovato
radicalmente il nostro mondo, fabbricando loro un buon
luogo. Nessuno, all’inizio, pose domande, perché si pensava
che niente di prezioso vi fosse in alcune di queste cose.
Come artista, sto tentando di dare un'opinione e di
promuoverla in quanti vedono i miei lavori. La mia soluzione
è un compromesso: solo perché qualche cosa è cattivo, non
voglio nemmeno dire che non è buono. Certamente la
tecnologia è un aspetto interpretativo della mia pratica,
sia a livello formale che concettuale, però non mi piace
pensare che definisca il mio lavoro. Piuttosto, le idee
definiscono il mio lavoro e la tecnologia trasforma quelle
idee in un vissuto di esperimenti.

- Patricia i suoi lavori sono prevalentemente nel campo
della frontiera della scienza: cosa l’affascina di più?

Attraverso le mie sculture, fotografie ed ambienti di video,
sin dai primi giorni del 1990, ho iniziato a provare un
gusto per la forma umana e la sua potenziale manipolazione e
il suo accrescimento attraverso l’intervento bio-
tecnologico. Dal rilevamento del genoma umano alla crescita
di tessuto umano, innesti e ibridazioni varie, un terreno in
cui i progressi scientifici e le domande etiche si
attorcigliano, le idee sulla natura e la sua simulazione
sono diventati centrali nei miei lavori, per mettere in
dubbio quello che è il reale e quello che non lo è. Mi aiuto
con la tecnologia del computer, che smaschera la realtà e
l’artificio, proponendo la natura come un'invenzione umana e
come essa sia un concetto empirico. Mi piace inventare un
mondo in cui la narrativa e la fantasia coesistono. Nel
nostro mondo che sta rapidamente cambiando, cosa costituisce
il reale in ogni modo?

La pubblicità contemporanea e la cultura del consumismo
attirano in modo seducente, nel momento in cui respingono .
Anche il prodotto più banale: mostrato nella luce giusta,
diviene un'asserzione di maniera. L'identità personale ed i
problemi che lo circondano giacciono al centro del mio
progetto. I miei lavori pongono la domanda: quello fabbrica
cosa e noi siamo chi? Per se il corpo può essere disfatto e
può essere rifatto attraverso la tecnologia, questo che
implicazioni ha per la nostra identità come esseri umani?
Ultimamente, i reportage televisivi sull'inserzione di
organi di maiale surrogati in corpi umani, hanno suscitato
faville nel dibattito sulla natura dell'identità e la sua
contaminazione potenziale. I benefici e gli inconvenienti di
una terapia genetica per curare una malattia, oppure
raccolti genetici clonati per sconfiggere la sterilità,
offrono un enorme potenziale medico, per la loro resistenza
alla malattia. Ogni sviluppo ci sposta e favorisce una via
da un immaginato originale o “'essenziale” stesso, verso
qualcosa che ancora non conosciamo e che rende ugualmente
problematiche le nostre definizioni passate del naturale. La
relazione complessa tra umanità, natura e la tecnologia è
tuttora ambivalente. Nei miei lavori, il futuro non sembra
così molto lontano. Noi lo sfidiamo, però, è imminentemente
raggiungibile. In un mondo dove la realtà di pre-figure di
fantascienza con regolarità allarmante ci impressionava, ora
ci ha resi consapevoli che il fantastico diverrà comune
all'interno di una questione di tempo.

- Le sue creazioni sono altamente inquietanti: cos’è la vita
e come la classifichiamo nel diritto?

Le mie creazioni accentuano alcuni dei problemi etici del
Terzo Millennio. La domanda è: cosa classifichiamo come
vita, e su che base? Perché creiamo questa vita, e dove è
posta l’appartenenza? E a che punto qualche cosa originato
in un laboratorio divenuto un'entità vivente ha a che fare
con quello che comunemente si ritiene giusto e nel diritto?
Come noi ci avviciniamo ad un'età di cyborgs, neuro-
computer, e le altre creazioni che si sposano con l'organico
ed il sintetico? Queste domande dell'identità e sulla
moralità sono inevitabili. Sull'uso di tessuto di cervello
animale nelle macchine, per esempio. Occorre, urgentemente,
un dibattito positivo sulle implicazioni, cioè su cosa noi
dovremmo prendere, e quello che noi non dobbiamo
assolutamente usare.

L'artificiosità non forma la preoccupazione primaria
dell'artista, comunque. L’interesse è diretto invece verso
il nostro ruolo nel creare questa forma di vita nuova, e la
nostra responsabilità verso questa.

Il futuro è pieno di incognite, però dobbiamo esplorarlo.

Maria De Falco
Marotta


GdS 28 XI 03  www.gazzettadisondrio.it

Maria De Falco Marotta
Società