Fuori dal coro

Indagini "datate" - Intervista alla scrittrice somala Ayaan Hirsi Ali - Cosa racconta il libro? - Chi é? - Sono credibili le minacce di morte?

Indagini "datate"
C’è qualcosa
di così aberrante nei mezzi di comunicazione (TV, giornali,
Internet…) nel voler richiamare un problema, seppure
grossissimo, che non si bada più se i dati riportati sono
dell’oggi, oppure dell’altro ieri.

O, anche peggio, per un rinnovato lancio pubblicitario di un
libro che sta a cuore agli spregiudicati intellettuali di questa
o quella sponda, non si lesina nel far apparire per “attualità”
qualcosa che, ormai, è affossato nella scarsa memoria
collettiva (con tanti fatti orribili che urgono sulla coscienza
di quanti ancora hanno conservato un briciolo di dignità umana,
tipo l’uccisione del piccolo, biondo neonato di cinque mesi da
parte di sua madre, odiosamente attratta dalle luci del
varietà).

La falsità e l’impudicizia di certi mezzi di informazione che,
protetti come sono dalla money, ostacolano il cammino verso la
verità e la giustizia.

Ma non sempre.

Ecco i fatti (naturalmente, riporto ciò che ho letto sul
quotidiano proposto, senza escludere che gli altri siano più
rigorosi nell’esporre le vicende).

Su La Stampa del 28 maggio 2005, pagina 11 vengono citati i dati
di un’indagine ISTAT sulle molestie sessuali alle donne che, tra
“i 14 e i 59 anni, un’italiana su due ha subito molestie
sessuali almeno una volta “, con numerosi particolari.

Queste, ovviamente, si ripetono anche oggi, magari con più
raffinatezza e con l’ausilio di nuovi strumenti (Telefonino, chattare…), però l’indagine ISTAT è del 1997 (Cfr.: Molestie e
violenze sessuali nell’Indagine dell’Istat: metodologia,
organizzazione, principali risultati, 1997- 98) e per i dati
riferiti alle molestie si riportano a quelli raccolti in Canada
nel 1993!

Ci vuole del coraggio per riproporre dopo più di 12 anni gli
stessi numeri (magari peggiorati nel mondo circa questo fenomeno
che non è solo attuale).

A meno che non si abbia di mira qualcos’altro.

Intervista alla scrittrice somala Ayaan Hirsi
Ali

Su ttL n.° 1465 (La stampa, 28 maggio 2005), allegato settimanale
dello stesso giornale, in prima pagina, a firma di Elena Loewenthal, appare una sua intervista alla scrittrice somala
Ayaan Hirsi Ali dalla cui penna è scaturito quel libro "Non
sottomessa" (Einaudi) che nell’aprile scorso provocò un certo
scandalo, anche per la ragione che fu collegato all’uccisione
del regista olandese Theo Van Gogh (cugino del famoso
pittore) che aveva girato un film-documentario dallo stesso
titolo dal suo romanzo e di cui ne aveva curato la
sceneggiatura,

Per le donne islamiche non sono cambiate molte cose (fanno una
certa impressione, nei vari reportage televisivi
dall’Afghanistan , vederle ancora intabarrate nei burka: allora
a cosa è servita la guerra laggiù? Quale civiltà si è portata se
ancora esistono questi costumi ancestrali?): subiscono tuttora
violenze da parte di mariti, famigliari e parenti in nome del
Corano.

Però, pare, che il “rumore” suscitato ad aprile sia successo
appena ieri. Forse, si vuole rilanciare il libro per tenere
desta l’attenzione sul mondo islamico al femminile ancora troppo
oppresso?

Cosa racconta il libro?

Il libro che ha già venduto un sacco di copie, è intitolato "Non
sottomessa" (Einaudi).
Si tratta della storia di una donna somala che si ribella a un
matrimonio combinato fuggendo in Olanda e da lì si batte per i
diritti civili delle donne nell’Islam denunciando le gravi
discriminazioni cui esse sono sottoposte dalla loro stessa
religione. Le forti critiche di Ayaan Hirsi all'Islam
fondamentalista sono anche state espresse nel film documentario
trasmesso in tv dal titolo Submission, Part 1., sceneggiato
dalla stessa Ayaan Hirsi Ali, che denuncia le violenze realmente
subite da alcune donne di fede islamica da parte della propria
famiglia, in nome del Corano (ma non da oggi).

In questo libro, espone con efficacia il rito dell’infibulazione
procurata dalla nonna (tale pratica non è estesa a tutte le donne
islamiche, ma è solo un costume africano, risalente ad una
consuetudine faraonica, quindi è assolutamente inesatto
riferirla al culto musulmano), l’abbandono del padre, il
matrimonio imposto e sfuggito e la fuga in Olanda.

Secondo Hirsi,: «L’unica vera speranza è che i musulmani
comincino a fare autocritica e mettano alla prova i valori
morali dettati dal Corano. Soltanto allora potranno liberarsi
dalla gabbia in cui tengono prigioniere le loro donne e quindi
anche se stessi.

I quindici milioni di musulmani che vivono in occidente si
trovano nelle condizioni più vantaggiose per trasformare questa
speranza in realtà».

Già, ma gli europei sono disposti, a riconoscere che gli
immigrati stranieri «sono una risorsa per la nostra
civiltà»?(Dopo il terremoto del no francese alla Costituzione
sono legittimi i dubbi).

Il libro , poi, ci colloca davanti agli occhi una donna che è
una macchina sforna-figli, che non deve provare piacere, non
deve cercare soddisfazioni.

Alla bambina musulmana non è impartita alcuna educazione
sessuale (in Italia sì e da quando???), e viene insegnato che
deve preservarsi illibata per il matrimonio: “una ragazza il cui
imene non sia intatto è come un oggetto usato”. E’ quella che Hirsi chiama la gabbia delle vergini: le famiglie proteggono la
verginità impedendole di uscire dalla quattro mura domestiche
(se non velata da capo a piede).

In questa logica s’inserisce anche il rito primitivo delle
mutilazioni genitali femminili che, con la cucitura delle grandi
labbra, impedisce alla donna di avere rapporti clandestini.

Ribadisco, a scanso di equivoci, che questa è una pratica di
origine animista e che nel Corano non esiste alcuna prescrizione
che la giustifichi. E’ anche da dire che l’espansione gigantesca
dell’islam è dovuta, in parte, sin dal suo sorgere,
all’intuizione geniale di inculturarsi tra i popoli conquistati,
non di costringerli ad acculturarsi, come è, purtroppo avvenuto
per il cristianesimo.

Scrive Hirsi: “La diffidenza delle donne raggiunge l’apice la
prima notte di nozze, è allora che avviene la prova decisiva: la
sposa è ancora vergine oppure no? A causa della segregazione che
tiene lontane le donne dalla vita pubblica, l’uomo non ha la
possibilità di incontrare donne di cui potersi innamorare e
pertanto affida la scelta della moglie alla propria famiglia.
(…) Succede dunque che gli sposi appena uniti in matrimonio
spesso non si conoscano nemmeno, e tuttavia la prima notte sono
costretti ad avere un rapporto sessuale. La ragazza anche se non
vuole vi è costretta comunque. Magari nemmeno lo sposo vorrebbe
quel rapporto, ma deve dimostrare che è uomo, capace di farlo e
fuori i convitati aspettano di vedere il lenzuolo insanguinato.
Questo rapporto dunque corrisponde ad uno stupro autorizzato
(…)” Però nei paesi islamici più occidentalizzati(Marocco,
Tunisia, Algeria….) pare che il Nuovo Diritto di famiglia,
consente alle ragazze una certa libertà di scelta circa il
marito.

Il fatto più terribile è che spesso si tratta di ragazze poco
più che bambine.

All’interno del matrimonio prosegue la segregazione e la moglie
deve obbedire in modo servizievole al marito.

Non sottomessa è anche un grido d’aiuto a quell’Occidente che
per tanto tempo si è interessato del mondo musulmano solo per
sfruttarlo e colonizzarlo.

Hirsi ama i valori che l’Occidente secolarizzato si è
conquistato con secoli di rivoluzioni, con pensieri e roghi, con
l’Illuminismo.

Il guaio è che l’Islam non ha avuto una Riforma, perciò le
conquiste di cui ha bisogno non si ottengono con il terrorismo
ma con le contese culturali, la circolazione delle idee: quasi
tutti i libri che i musulmani scrivono sull’islam sono testi
religiosi (…) oltre a questi esistono romanzi d’amore o di
politica in cui si finisce per leggere che bisogna attenersi
alle prescrizioni religiose (…) Quello di cui la cultura
musulmana ha bisogno sono libri, teleromanzi, poesie e
canzonette che mostrino come stanno veramente le cose e si
facciano beffa dei precetti religiosi. Quando uscirà un Brian di
Nazareth con Maometto nel ruolo di protagonista per la regia di
un Van Gogh arabo avremo fatto un passo enorme.

Infatti il problema non è l’islam in quanto tale ma il fatto che
la sua dottrina sia rimasta fossilizzata ai tempi di Maometto:
in tema di diritti delle donne, per quell’epoca, la sharia era
più progredita rispetto al mondo cristiano che ancora si
interrogava se la donna avesse o meno l’anima. Il vero dramma è
che tutto è rimasto tale e quale ad allora: la ragione per Hirsi
va ricercata nella mancanza di dialettica teologica interna al
mondo islamico, nella chiusura secolare alle altre e nella
repressione delle voci dissenzienti. Infatti, ancora oggi opere
dei pensatori considerati eretici sono proibite e stampate
all’estero. Chi si ribella, paga con la propria vita. Anche lei
è perseguitata e condannata a morte.

La speranza della scrittrice- parlamentare olandese, sono gli
immigrati che vivono da noi e hanno potuto sperimentare le
libertà civili, la società aperta che ha nell’individuo il suo
elemento fondamentale.

cHI e'?


Ayaan Hirsi Ali è una bella donna somala di 36 anni, vive nei
Paesi Bassi, nascosta in luogo segreto, sotto scorta perché
rischia di essere uccisa da qualche fanatico islamista.

E’ una ribelle nata: già da ragazzina osava disobbedire al suo
maestro di Corano e alla madre, da adolescente si comportò come
tutte le sue coetanee occidentali in campo sessuale.

Suo padre, esponente di spicco della politica somala, quando lei
nacque a Mogadiscio era in prigione. Esule, la sua famiglia per
seguirlo dovette fuggire prima in Arabia Saudita poi in Etiopia
e in Kenia. Nel rispetto delle tradizioni ancestrali animiste,
fu infibulata a sei anni dalla nonna.

Nel 1992 fu costretta dal padre a sposare un lontano cugino
emigrato in Canada che nemmeno conosceva (non è una novità per la
donna musulmana che deve sposare l’uomo scelto dal padre o da un
familiare maschio). Per arrivare in Canada, fece scalo in
Germania, così riuscì a fuggire in Olanda dove si rifugiò in un
centro di accoglienza per donne immigrate. Poiché conosce la
lingua inglese, inizia a lavorare come interprete. Già il fatto
di avere un’occupazione e di poter studiare oltre l’adolescenza
è per lei una grande conquista rispetto al destino di donna
rinchiusa nelle mura domestiche, di giovane madre forzata che
qualcuno aveva deciso per lei. Suo padre, infatti, la ripudia.

Nel suo lavoro ha l’occasione di conoscere la vita e i drammi
delle altre immigrate in Olanda: aborti di ragazze minorenni che
nulla sanno di sessualità, violenze domestiche, infibulazioni,
stupri.

Attualmente Hirsi è deputata olandese, lotta per i diritti delle
donne musulmane, si dichiara atea (crimine atroce per chi è nato
musulmano) e condanna il multiculturalismo, si batte cioè contro
coloro che nelle società occidentali tollerano in nome del
relativismo che sopravviva all’interno delle famiglie islamiche
la segregazione della donna, le mutilazioni genitali femminili,
la diversa educazione tra bambini e bambine.

Non sottomessa è anche un grido d’aiuto a quell’Occidente che
per tanto tempo si è interessato del mondo musulmano solo per
sfruttarlo e colonizzarlo. Hirsi ama i valori che l’Occidente
secolarizzato si è conquistato con secoli di rivoluzioni e
involuzioni, con pensieri e roghi, con l’Illuminismo.

Sono credibili le minacce di morte?



“Coccolata” com’è dagli intellettuali di sinistra, pure da
quelli che stanno in prigione come Sofri o da Giuliano Ferrara
che l’ha fatta partecipare alla sua trasmissione L’infedele,
pare un po’ difficile che l’ammazzino.

Anche per la ragione che la sua storia è un ottimo richiamo
pubblicitario per ampliare le conoscenze sull’assurdità delle
molte catene che ancora imprigionano quelle donne musulmane che
non sono belle, né giovani come lei.

Il suo grido non resti inascoltato e l’Occidente si faccia
carico delle barbarie ancora esistenti e che colpiscono,
purtroppo, soprattutto le donne.

Anche in Italia.

Maria de Falco Marotta




GdS 10 VI 2005 - www.gazzettadisondrio.it

Maria de Falco Marotta
Società