I

di Cristina Cattaneo

Costa poco il sale, nemmeno un franco al chilo. In Italia costa
ancora meno, ma in Italia c’è il mare. Come mai costa così poco
anche in Svizzera, dove si pagano anche le lacrime che si
piangono? Da dove arriva il sale svizzero?

Non è sempre costato poco il sale. Una volta si pagavano anche
forti tasse sul sale. Una volta era così prezioso che nella
poverissima Russia all’ospite si offriva pane e sale, perché
l’ospite era sacro.

Il sale è presente anche nella tradizione popolare, in detti e
proverbi. E’ simbolo di saggezza.

Non so se siano state combattute guerre per il sale, certo è che
i luoghi dove c’erano giacimenti o miniere di sale erano spesso
oggetto di contenzioso fra i vari stati.

Come le miniere di Bex, in Vallese, che nei secoli scorsi sono
state contese dai vari cantoni. Ed è proprio alle miniere di Bex
in Vallese che abbiamo deciso di recarci in gita scolastica con
le quarte medie l’anno scorso. Anche se per me l’idea di una
gita scolastica è sempre un incubo, sono stata almeno contenta
della scelta della destinazione. Avrei visto qualcosa di nuovo.
Gli accompagnatori sarebbero stati i gentili colleghi Trevisan e
Scanu, con l’immancabile Don Fausto.

Oltre alle miniere di Bex avremmo visitato St Maurice, una
stretta gola con antichissimo ponte e abbazia al confine fra
Vaud e Vallese dove dei buoni frati tengono da sempre una
preghiera perenne in memoria della “ legione tebana” guidata da
Maurizio, soldato romano ma cristiano dichiarato, e fatta
decimare dall’imperatore Massimio in seguito al rifiuto da parte
dello stesso Maurizio di colpire altre popolazioni cristiane
della zona.

Avremmo pernottato a Montreux e visitato il Castello di Chillon
la mattina dopo.

Bene, questo il programma. Non ci restava che scrivere le
circolari, prenotare visite e albergo.

Inizio giugno. Nevicate tardive sulle alpi. Non si può
percorrere la strada della Novena, ma dobbiamo seguire
l’autostrada. Sorprende sempre la lunghezza dei viaggi in
Svizzera, paese così piccolo, dove le distanze in linea d’aria
sulla carta sono solo di pochi centimetri. Ma, ma ci sono le
montagne, quindi salite, curve, gallerie, strette gole, ponti,
cascate, discese e ancora salite e gallerie.

Il tempo migliora per consentirci di consumare la nostra
colazione al sacco sul prato di un organizzatissimo autogrill
non lontano dal lago Lemano.

Scanu, Don Fausto ed io siamo sorpresi dalla previdenza di
Trevisan che tira fuori dal suo zaino un cavatappi, un coltello,
una bottiglia di vino senza etichetta, quindi prodotto da lui,
una bella pagnotta di pane nero, oltre ad un invitante pezzo di
formaggio di montagna e mette tutto a disposizione dei suoi
stupiti colleghi.

Persona interessante Trevisan. Buono e generoso. Colto, laureato
in filosofia, non ha però rinunciato alle nobili tradizioni
contadine ed è saldamente legato al suo paese, M.. E’ al
Collegio di M., infatti, che l’avevo conosciuto, anni fa. E’ al
Collegio di M. che ha dedicato buona parte della sua vita
professionale e dei suoi studi, scrivendo anche un libro sulla
presenza dell’ordine dei padri del collegio colà. Di poche
parole, non riesco mai ad avere lunghe conversazioni con lui,
anche se mi piacerebbe rubargli un po’ della sua scienza. L’ho
sorpreso in pullmann che leggeva delle preghiere in latino. Mi
ha confessato di non aver studiato greco a scuola ma di averlo
imparato da solo per leggere i Vangeli. Quando gli ho chiesto
come facesse ad avere una fede così profonda, così onesta, lui
ne ha dato il merito anche alla moglie, che si dedica da sempre
alla cura dei meno fortunati. Per consolarmi mi ha detto che
anch’io sono buona, insegno infatti in una scuola retta da
religiosi da tempo. Chissà.

Ha pensato anche al dessert, Trevisan. Dal suo magico zaino
estrae infatti una ciotola colma di fragoline di bosco, piccole
piccole, con un profumo ormai dimenticato.

Grazie, gli diciamo, ma come si fa a ricambiare tanta cortesia?

Seconda tappa a St Maurice. Visita veloce all’abbazia. Vendramin
e un paio di altri ragazzi hanno paura ad entrare in chiesa.
Sono fans di Eminem e altri cantanti pseudo satanici. Quand’ero
piccola io ci avevano insegnato a farci il segno della croce e a
gettare un po’ di acqua santa su presunte presenze sataniche.
Dovremmo provare. Consiglierò a Don Fausto di aspergere con
acqua santa i dischi e le cassette di canzoni sataniche nonché i
vari gadget con simboli occulti. Forse si scioglierebbero, come
le lumache senza guscio quando le si copre di sale. Poverette.


Sosta in questo antico villaggio. Povero per essere svizzero.
Stupisce la presenza di ateliers di artisti e artigiani,
calzolai, sarti e pasticceri.

Trevisan, come sempre generoso, offre il gelato a tutti.

Krizia ed Emilia vedono un palloncino colorato. Si divertono
molto a schiacciarlo con i piedi per farlo scoppiare e ci
riescono con grande soddisfazione, ma ecco che appare una
signora inviperita, madre del piccolo proprietario del
palloncino che le redarguisce severamente. Ottimo esercizio di
francese. Vado a comprare un giornalino con allegato gadget e
dico di offrirlo al bimbo in segno di scusa. Bimbo che ha smesso
di piangere e continua con gusto a mimare col piede il gesto di
schiacciamento di palloncino. La madre accetta il dono.

Di nuovo sul pullman, arriviamo al sito delle miniere, in mezzo
a un bosco. Da fuori non si vede niente.

Abbiamo prenotato una visita guidata. Ci accoglie una guida
esperta, un giovane plurilingue, che sa come parlare ai ragazzi.
Ci dice che dovremo entrare nella miniera, guardare delle
diapositive per poi salire su un trenino e addentrarci nel
profondo della montagna. Trevisan è preoccupato, soffre di
claustrofobia, non sa se partecipare alla visita dentro gli
stretti cunicoli scavati nella montagna. Alla fine si decide e
viene con noi.

Io credevo di vedere il sale sotto forma di cristalli, come il
sale grosso per intenderci, attaccato alla roccia, e credevo
anche che bastassero mazza e scalpello per raccoglierlo in
grandi secchi. Niente di tutto ciò, ci spiega la brava guida. Il
sale si trova nell’acqua, occorre quindi raggiungere le falde,
far sgorgare l’acqua, raccoglierla, scaldarla e farla evaporare
per avere la preziosa polvere. Un gran lavoro. Coi secoli
l’acqua salata è scesa sempre più in profondità, e gli uomini
l’hanno rincorsa, come tarli di un mobile, sempre più giù,
sempre più giù.

Dopo la presentazione siamo saliti su un trenino, da far invidia
a Disneyland e Gardaland e via! Chilometri dentro queste
strettissime gallerie. Per fortuna c’è luce, artificiale
naturalmente, e abbastanza aria, anche se fa caldo. Trevisan
sembra star abbastanza bene. Ci fermiamo in una grotta, diamo
qualche leccatina alle pareti e ammiriamo qualche stalattite – o
stalagmite? che pende dal soffitto. Accenna, la nostra guida, al
grisù, il terribile gas che si forma nelle miniere. Sembra che
una volta i minatori si portassero dietro delle creaturine,
topini, uccelli, per riscontrare la presenza del gas. Se queste
svenivano o morivano voleva dire che il gas c’era.

Non ci ha detto la nostra guida quale sia stato il tributo in
vite umane pagato dalla miniera di Bex per rifornire di sale la
popolazione. Non bisogna turbare i ragazzi.

La visita è stata un successo. Usciamo, con qualcosa in più, e
respiriamo volentieri l’aria del bosco.

Si è rimesso a piovere. Non importa, siamo al coperto nel bus.


Montreux è una località amena sul lago Lemano. Gli alberghi sono
grandi, grand hotel appunto, chiari, con balconi fioriti,
facciate fin de siècle molto ornate, tende da sole colorate,
abbaini che si affacciano alle mansarde. Tutto un po’ fuori
tempo. Lo scenario, la passeggiata sul lago con piante esotiche,
chioschetti liberty, padiglioni per la musica, si adatta di più
a signore agghindate con merletti e crinoline, larghi cappelli,
ombrellini da sole, che non a ragazzi in jeans coi capelli a
punta, collari al collo, borchie dappertutto o a ragazzine con
ombellico al vento, orecchie e nasi trapanati e pantaloni sotto
i piedi. C’è forse ancora qualche carrozza, che mal si addice al
traffico caotico del lungolago.

L’albergo, forse si chiama Bellevue, forse Parc au Lac, è
gradevole, ingresso con pavimento in marmo, alcuni oggetti
preziosi in una nicchia, balconi con ringhiere liberty, camere
con tappezzerie e tende di cretonne fiorato, poltroncine,
tavolini di cristallo, rubinetti in ottone. Ambiente ideale per
una “spinster” inglese, che sta facendo il grand tour in Europa
con la nipote. Il proprietario, un anziano siciliano, ex-allievo
salesiano, ci osserva terrorizzato.

Noi cerchiamo di fare del nostro meglio per tenere a bada a
ragazzi, fuori, sotto la pioggia, prima di farli entrare e
assegnar loro la camera. Non ci riusciamo, è il caos più totale.
Il proprietario, abituato alla discrezione e alla voce bassa
delle zitelle inglesi, sembra stia per avere un infarto. Don
Fausto è preoccupatissimo perché le stanze sono distribuite su
tre piani diversi in due ali del fabbricato, difficili quindi da
controllare. Voglio stare con Emilia, io voglio stare con
Claudia, no, io non voglio stare con la Giovanna, non è giusto!
Tutti vogliono assolutamente stare con l’amico del cuore.
Nessuno vuole stare con Amalia o con Gigi.

Cinque minuti in camera per rinfrescarsi. Pronti di nuovo per la
cena.

Strano il locale scelto per la cena, una specie di self service
orientale, totalmente disorganizzato, ormai post-moderno, troppe
luci colorate al neon, inospitale e squallido. Mangio qualche
schifezza, né orientale, né europea, ma non importa, mangerò
meglio domani a casa. I ragazzi tutti contenti in grandi
tavolate schiamazzanti. Grandi bicchieri di Coca Cola, piattoni
di patatine fritte, gelati. Dieta ideale. Per fortuna il
servizio è lento, i ragazzi tirano abbastanza in lungo.

Piove che Dio la manda.

E adesso cosa facciamo?

C’è un locale lì vicino, al primo piano, piuttosto buio, con
musica e qualche videogioco, frequentato per lo più da giovani
orientali. Dovrebbe essere vietato l’ingresso ai minori di
diciotto anni, ma ci accordiamo col proprietario che ci consente
di portar lì i ragazzi. I quali ordinano tranquillamente dei
cocktail e cominciano a bere. Trevisan chiude tutti e due gli
occhi e gli fa compagnia. Non sopportando il fumo io preferisco
scendere e stare all’ingresso a controllare che nessuno scappi.
Ogni tanto torno su e vedo qualcuno che gioca, qualcuno
appartato con la sua bella, altri un po’ inebriati.

Il locale comincia a riempirsi di altra gente, molto diversa dai
nostri ragazzi, così usciamo.

E’ bello il lungolago, facciamo una passeggiata! Sì, certo, ma
continua a piovere. Quando tutti sono zuppi decidiamo di
rientrare e affrontare l’ordalia della notte. Un professore per
piano, Don Fausto nell’altra ala, separata in modo ermetico
dalla nostra, con un gruppo di ragazzi.

Trevisan e Scanu sono stanchi, hanno sonno e si ritirano.

C’è un problema con la Morena, mi dicono le sue compagne di
stanza. Ha bevuto troppo. Non può stare con noi. Bene, può
dormire con me. Cedo la mia bella stanza singola a una ragazza
affidabile e cerco di convincere Morena a spogliarsi e andare a
letto. Va a letto ma non si spoglia. Straparla, dice cose
strane. Dice che sua sorella è più brava perché non si è mai
fatta una canna. Mi racconta anche di un nostro ex-allievo, tale
Battacchi, che è così bello, ma ogni tanto ruba, è stato anche
denunciato. Poi si addormenta.

Mi sembra che siano tutti a posto. Faccio un giro veloce, auguro
la buona notte, mi prendo due aspirine per il tragico mal di
testa che non mi abbandona e me ne vado a letto. E dormo anche,
per un’oretta.

Mi sveglio, con la testa che batte, per il gran silenzio. Esco,
busso alla camera vicina, Silenzio. Busso a un’altra porta,
silenzio. Provo ad aprire, letti disfatti ma non c’è nessuno.
Allora vado a prendere la lista con i nomi e la disposizione dei
ragazzi nelle stanze e comincio sistematicamente a fare un giro.
Mi sento molto kapò, ma è necessario. Entro in una stanza, tre
ragazzi tutti vestiti. Ma cosa ci fate ancora alzati alle due di
notte. Parliamo di politica. Quante palle, andate a letto.
Stanza di Christian e Andrea, quasi non si entra per il fumo.
Aprite le finestre e andate a letto. E qui chi ci sta? Tre
fanciulle. Veramente sul foglio c’è scritto che qui ci
dovrebbero essere Luisa, Marta e Lucia. Tornate immediatamente
nella vostra stanza. Aprite, sono io. Chi io? Colombo. Due
ragazze che non c’entrano, fare sospetto. Entro nel ruolo del
detective, apro un armadio, per curiosità, oh ciao Lorenzo, come
mai da queste parti?

Faccio il giro di tutte le camere, apro tutti gli armadi, trovo
gente nascosta sotto i letti, nelle docce, negli armadi, sui
balconi.

Oh guarda, non siete nella vostra stanza. Beh, veramente, mah,
sa. Andiamo a vedere chi c’è nella tua stanza. Scoop
formidabile, Samanta, la più brava della classe, con Ottentotti,
non l’avrei mai detto! Faccio minacce terribili, e faccio anche
finta di crederci. Torno un momento in camera.

Sembra tutto tranquillo. Dopo un quarto d’ora riparto
velocissima per un altro giro, qualcuno sembra essersi calmato.
Oh, scusatemi tanto, sono ancora io. Trascino alcune
irriducibili in mutande giù per le scale sotto la minaccia del
mio mitra virtuale.

Torno a letto. Basta, mi sono stancata, prendo mezza pastiglia
di sonnifero e chiudo gli occhi, non ne posso più, al diavolo
tutto e tutti.

A quanto pare, come mi ha raccontato il mattino dopo un ragazzo
che era nell’ala di Don Fausto, durante la notte brava la rete
di telecomunicazioni, anzi della telefonia mobile, non ha mai
smesso di funzionare. Aveva infatti ricevuto parecchi messaggi
che denunciavano la mia presenza ubiqua nelle stanze. La Colombo
è dappertutto, diceva un messaggio. Non è possibile, aveva
risposto lui, di Colombo ce n’è una sola! Sembra anche che
nell’ala di don Fausto non sia stato tutto così tranquillo. Ci
sarebbero stati disperati tentativi di evasione, anche dalle
finestre. A quanto pare i malcapitati, dopo essersi arrampicati
su per il muro, proprio mentre stavano per scavalcare il
davanzale, si sono trovati don Fausto ad aspettarli. E’ così che
il buon Rocco, futuro forestale, si è guadagnato l’appellativo
di Spider Rock.

Tutti tranquilli la mattina dopo a colazione, anche se con gli
occhi un po’ cerchiati.

Troppo bello per essere vero. Proprio mentre stavamo uscendo,
Krizia, che voleva raggiungere la compagna Emilia di corsa,
prende una scorciatoia e travolge un tavolino facendo cadere un
bellissimo vaso di cristallo Art Déco. Cerco di confortare il
disperato proprietario che in lacrime ci dice che era un
prezioso ricordo della sua povera moglie. Gli dico, stia
tranquillo, senz’altro la ragazza è assicurata, non si
preoccupi. Sì, sì, so che lei mi aiuterà. Era così bello quel
vaso!

Purtroppo non ho potuto far nulla. Krizia non era assicurata e
il padre ha fatto finta di niente. Ho chiesto a Passerini, ma
non ha più saputo niente nemmeno lui. Speriamo che il nostro
economo, buon salesiano, l’abbia aiutato tramite l’assicurazione
della scuola.

E così sono sopravvissuta anche alla gita numero tre,
ringraziando il cielo. Il secondo giorno infatti va,
automaticamente. Siamo tutti più rassegnati, stanchi e contenti
di tornare a casa.

Ma l’anno prossimo? Quali altre esperienze tremende ci
aspettano? Ne vale la pena?

Cristina
Cattaneo


GdS 30 X 2005 - www.gazzettadisondrio.it

Cristina Cattaneo
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