Intervista a Riccardo Fogli

di Mirko Spelta

Clima da
casa di amici


Ho visto Riccardo Fogli in concerto, a Milano, l’ho visto
cantare e parlare alla gente con amicizia e confidenza,
riuscendo a creare il clima che c’è in casa tra amici, quando si
prende in mano una chitarra e si comincia a cantare il
repertorio di una vita. Lui l’ha fatto, con un repertorio che è
quello della sua vita ma in gran parte anche quello della vita
di tutti noi.

Pochi giorni dopo l’ho raggiunto al telefono e abbiamo fatto una
piacevole chiacchierata:

L'intervista

D: “La prima domanda è standard: come hai cominciato? quando hai
deciso di fare il cantante?”


R: “E’ stato un percorso lunghissimo, è cominciato come un hobby
attraverso il quale io sognavo. Sai sono figlio di un
metalmeccanico, papà era nato e vissuto in un momento storico in
cui era difficile avere un mestiere, lui voleva per la sua
famiglia una sicurezza, o meglio la sicurezza di poter dare a
noi da mangiare tutti i giorni.

Mio padre, da persona pragmatica qual’è, sognava che anch’io
diventassi metalmeccanico, e infatti a 14 anni lavoravo come
metalmeccanico in una grande azienda.

Il resto è venuto da sè, poco a poco: mi iscrissi a scuola di
musica, su consiglio di un mio conoscente, e poi ad un concorso
di voci nuove nel ’63, cantai ad un festival dell’Unità vicino a
Pontedera, vinsi questo concorso e da lì cominciai a sentirmi un
pò “cantante”. Il mio maestro mi trovò nel frattempo alcuni
ingaggi la domenica in varie orchestre, e per ogni esibizione
guadagnavo le famose 500 lire d’argento; poi ho cominciato a
studiare il basso, ho fatto parte di una decina di complessini
da cantina, di quelli che preparano scalette su scalette ma che
poi non debuttano mai.

Poi nel ‘64 mi sono trasferito a Piombino e da metalmeccanico
sono diventato gommista. A Piombino c’era un gran fermento
musicale, io scelsi il gruppo che più mi somigliava, un gruppo
di “capelloni” che suonava musica rock, gli “Slenders”.
Ci iscrivemmo al festival di Ariccia e arrivammo secondi, con un
discreto riscontro di pubblico.

Lì conoscemmo Teddy Reno, organizzatore del festival, e grazie
al lancio del festival stesso cominciammo a suonare nei posti
importanti della musica rock italiana, e cioè, tra gli altri, al
Piper di Roma e al Piper di Milano, in cui suonammo per 15
giorni nel giugno 1966 e dove fummo riconfermati per altri 15
gg.

Al Piper di Milano suonavano a rotazione vari gruppi, su due
pedane speculari; tra questi gruppi ce n’era uno che si era
formato da sei mesi, i “Pooh”; dopo una serata mi chiesero di
suonare con loro. Io sapevo che gli “Slenders” dopo quella
stagione si sarebbero sciolti ed accettai. Quella sera cominciò
la mia avventura con i “Pooh”.

La favola cominciò nel ‘66 e finì nel ‘73, con un po’ di lacrime
e un po’ di dolore, e nel ‘73 cominciai la mia vita daccapo fra
alti e bassi.

Ad ogni modo ho poi vinto il Festivalbar, Sanremo, la vela d’oro
ed ho pubblicato molti album di cui l’ultimo uscirà a novembre
di quest’anno; per il momento è uscito, il 7 ottobre per la
precisione, un cd singolo dal titolo “ ci saranno giorni
migliori” che anticipa l’album”.


D: “parliamo del brano appena uscito!”


R: “Il singolo che anticipa il disco si intitola “Ci saranno
giorni migliori” ed è prodotto da Radioitalia; l’album che
uscirà a breve conterrà 11 brani inediti ai quali sto lavorando
da tempo.


D: “Parliamo un po’ della tua professione: nell’immaginario
collettivo i cantanti sono in un certo senso idealizzati, visti
un po' come dei privilegiati, ma credo, guardando più da vicino
il tuo mondo, che ci siano anche esperienze negative da
affrontare; tu in particolare che cosa preferisci e che cosa ti
piace di meno di questo lavoro?”


R: “sai questo è un mestiere che rasenta l’effimero: ad esempio
a 18 anni ho detto ai miei che non sarei tornato a casa perché
avrei suonato con i “Pooh”, di fatto mollando tutto, e capisci
bene che ci vuole del coraggio e un po’ d’incoscienza nel fare
una scelta simile; non solo ma per suonare ho dovuto trascurare
per anni molte cose che fanno parte della vita degli
adolescenti, anche cose quotidiane come giocare a calcio o altri
hobby normali per i ragazzi. Vivevo di sogni, cosa abbastanza
strana per quel periodo, e all’inizio non è il massimo; inoltre,
come dire, ogni tanto rischi di fare la figura del “fissato”
perché passi tutto il tuo tempo a suonare mentre gli altri fanno
“i ragazzi”.

Un’altra cosa importante poi è che questa professione è un vero
salto nel buio, non c’è nessuna certezza, si sta chiusi in una
stanza a cercare di dare il meglio di sè ma non si sa fino
all’ultimo se quel pezzo di vita che stai raccontando piacerà
oppure no, e infatti molte idee non sono mai arrivate al
pubblico.

Da considerare anche che il mestiere di cui stiamo parlando è
fisicamente ed emotivamente impegnativo: puoi fare anche 500 km
per andare a cantare, canti, fai il tuo spettacolo, firmi gli
autografi, ma una volta che si sono spenti i riflettori e la
gente è andata via, alle tre di notte, vai in albergo, ti chiudi
la porta alle spalle e lì rimani solo, lontano dalla famiglia
dagli affetti e dalle sicurezze, è il momento più difficile
della giornata, ci vuole spessore umano altrimenti la solitudine
ti deprime e ti lascia un pesante senso di malessere che si
supera solo con la serenità, l’equilibrio, l’esperienza e gli
affetti.

Quando mi chiedono che consigli posso dare ai giovani che si
avvicinano a questo mestiere, rispondo che quello che ho da dire
è che questa è una professione a tutti gli effetti, fatta di
rinunce, di notti passate al volante, di panini, di Maalox (come
già hanno scritto), perché durante il concerto sei il cantante,
il protagonista, ma prima di arrivarci hai chilometri di code da
fare, devi ogni sera trovare la voce, la concentrazione, lo
spirito giusto e la camicia stirata, lasciando giù dal palco
qualsiasi problema personale”.


D: “quanto durerà il tuo tour quest’anno”?


R: “è un lungo tour che in realtà dura da tutta la vita; con i
“Pooh” diventammo bravi perché suonavamo tutto l’anno, senza
fermarci, tra le canzoni che scrivevamo facevamo le “cover” dei
grandi gruppi, questo ha fatto crescere la ns. capacità di
spaziare nella musica”.


D: “Perdona la banalità della domanda, ma sarebbe bello sapere
come nascono le tue canzoni, se scrivi prima la musica o il
testo o cos’altro, e attraverso quale processo creativo le tue
idee arrivano ad essere dei prodotti finiti”.


R: “a volte nascono degli embrioni di canzone da un pensiero,
buttato giù al computer (oggi) o su un pezzo di carta appoggiata
ad un ginocchio magari mentre guido!, poi si ascolta l’idea e la
si elabora vestendola con il testo e con l’arrangiamento; le
idee vengono fuori da libri, film, o da sensazioni che mi
provengono dall’esterno; l’artista è come un amplificatore di
emozioni, che filtra attraverso il proprio personalissimo senso
emotivo le sensazioni che la vita offre e le rielabora
cristallizzandole in suoni e poesia; ma le storie che racconto,
seppur vissute e narrate alla mia maniera, non sono quelle del
mondo dello spettacolo, ma della gente comune, di tutti i
giorni...appunto”.


D: “sai se hai fatto “sposare” o fidanzare qualcuno con le tue
canzoni”?


R: “Si mi è capitato, e non solo con le canzoni che hanno avuto
successo, ma anche con quelle minori, perché la gente legge tra
le righe, e si appropria delle canzoni, questo è straordinario,
ed io talvolta quasi riesco ad individuare negli occhi delle
persone le canzoni alle quali sono più legate”.


D: “Sei sempre riuscito a distinguere la persona dal
personaggio? a volte, sopratutto tra i giovani, si tende a fare
confusione tra le due figure, in particolare per quanto riguarda
il soggetto al quale è rivolto l’affetto del pubblico,
indirizzato più spesso al secondo che non alla prima”.


R: “ci sono scuole di pensiero, c’è chi tiene a lasciare la
propria vita personale fuori dal palcoscenico, e chi invece non
si crea problemi, la verità forse sta nel mezzo, io nelle mie
canzoni parlo delle mie cose personali, ho parlato di mio figlio
nel brano Sigfrido, perché stavo leggendo Sigfrido e la mia
compagna rimase incinta e per me mio figlio era Sigfrido
l’invincibile per un certo numero di mesi nella pancia della
mamma; poi a metà gravidanza ho desiderato che il mio bambino
fosse solamente un bambino come tutti gli altri. E per fortuna
lo è!

Io non mi nascondo alla gente anzi, vado a fare la spesa al
supermercato con la mia donna e il mio bambino che spinge il
carrello; questo solo per dire che sono me stesso, sempre. Del
resto non ho difficoltà in questo senso, anche perché il
rapporto che ho con il mondo è molto buono”.


Grazie Riccardo, è stato bello riscontrare che la persona che ho
visto sul palco è la stessa ogni giorno.
Mirko Spelta

Appendice: il curriculum

Già all'inizio degli anni '70 Riccardo Fogli si fa conoscere al
grande pubblico nella veste di solista con il brano "MONDO".

In passato era stato cantante e bassista del gruppo "The
Slenders" per passare poi nel luglio del 1966 con i Pooh, con i
quali ha suonato nel periodo d'oro fino al 1973, contribuendo al
successo del gruppo al quale è legato ancora oggi da profonda
amicizia ("Piccola Katy", "Tanta voglia di lei", "Pensiero",
"Noi due nel mondo e nell'anima", "Opera Prima", "Alessandra").

Dopo il successo di "MONDO", Fogli ha proseguito per la sua
strada di attenta ricerca della propria dimensione artistica e
professionale, misurando le proprie scelte, costruendo un
repertorio fatto di bellissime canzoni, molte delle quali sono
diventate dei grandi successi ("CHE NE SAI" del 1979).

Da sottolineare la partecipazione e la vittoria sia al
FESTIVALBAR, che alla VELA D'ORO nel 1981 con il brano
"MALINCONIA".

La consacrazione definitiva per Fogli è arrivata nel 1982 con la
vittoria al Festival di Sanremo grazie alla canzone "STORIE DI
TUTTI I GIORNI".

Alla produzione dei singoli, Fogli ha affiancato un'intensa
attività a 33 giri nella quale esprime totalmente la sua vena
artistica. Le sue scelte improntate alla coerenza espressiva
sono vincenti: lo dimostrano senza possibilità di equivoco "LE
INFINITE VIE DEL CUORE", album pubblicato nel 1987 ed il
successivo LP "AMORI DI GUERRA", un lavoro caratterizzato da una
professionalità e da una maturità espressiva che hanno pochi
rivali sulla scena degli interpreti italiani.

L'ulteriore conferma della scelta di Riccardo Fogli è il singolo
dal titolo "NON FINISCE COSI' " presentato al Festival di
Sanremo nel 1989 e classificatosi al quarto posto.

Nel febbraio del 1990 viene pubblicato "...SENTIRSI UNITI". Nel
1991 Riccardo partecipa al Festival di Sanremo con la canzone
"IO TI PREGO DI ASCOLTARE", brano molto apprezzato dal grande
pubblico che mette in risalto il suo lato introspettivo.

"A META' DEL VIAGGIO" il titolo dell'album contenente i suoi più
grandi successi e alcuni classici della musica italiana che
risalgono al periodo con i Pooh.

A Sanremo del 1992 interpreta il suggestivo brano "IN UNA NOTTE
COSI' ", inserito poi nel successivo album "TEATRINO MECCANICO",
LP pubblicato dalla EMI Italiana nel marzo 1992 dal quale
traspare chiaramente la volontà di raggiungere una dimensione
musicale più complessa ed impegnata che gli consenta di
migliorare il suo stile melodico.

La ricerca musicale inaugurata con "TEATRINO MECCANICO" approda
a risultati ancora più nitidi ed espliciti nel 1994 con "LA
FOSSA DEI LEONI". Con quest'album infatti, Fogli senza snaturare
la sua identità melodica, riesce a proporsi, grazie anche al
felice connubio con Mauro Paoluzzi, arrangiatore all'avanguardia
e produttore artistico di consolidata esperienza, in una veste
coraggiosamente e piacevolmente inedita. Nell'ottobre 1994 si
presenta al Festival Italiano con "QUANDO SEI SOLA", brano che
consolida la collaborazione di Riccardo Fogli con Mauro Paoluzzi.

A maggio del 1995 esce per la nuova Fonit Cetra "FOGLI SU
FOGLI", lavoro particolare perché è registrato in diretta con i
propri musicisti (Roby Facini, Pietro Cantarelli ed Ugo
Manfredi), con l'aggiunta alla batteria di Giovanni Pezzoli
degli Stadio e di Massimo Luca alle chitarre, con suoni acustici
semplici ed efficaci; lavoro particolare perché, oltre
all'inedito "MONICA", vengono riproposti i brani migliori del
suo repertorio che hanno scandito la sua lunga carriera.

Nel 1996 partecipa al Festival di Sanremo con il brano "ROMANZO"
scritto da Maurizio Fabrizio.
(Fin dove si é trovato - Red)


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Mirko Spelta
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