L’amore nel regno dei morti

di Maria De Falco & Antonio De Falco

Il
sentimento di precarietà

L’essere umano ha, da sempre, tratto dall'itinerario della sua
esistenza terrena, più o meno breve, un sentimento di precarietà
che ha espresso mediante speculazioni filosofiche, immagini
artistiche, metafore letterarie, filmiche.

Nel pensiero greco-romano, si confrontarono le vicende della
vita con quelle di una rappresentazione teatrale (theatrum
vitae) nella quale gli uomini finiscono per agire come attori
(mimi) di uno spettacolo più o meno esaltante (Il commiato di
Augusto dalla vita, come viene narrato da Svetonio).

Un altro modo di esorcizzare lo sgomento provocato dall'effimero
fluire dell'esistenza, consistette nel medievale concetto del
disprezzo globale del mondo dove non vale la pena di restarvi a
lungo.

Più avanti, il pensiero dell'uomo escogita altre vie:
l'illuminismo e la costante ricerca della supremazia della
ragione sulla dimensione del sacro e del contenuto delle
tradizioni, in una visione sempre più antropocentrica degenerata
nell'illusione di un progresso senza fine.

Più recentemente, il tentativo di superare la finitudine della
condizione umana si è manifestata attraverso le fantasie di
conquiste planetarie e di immersione in un universo sottratto ai
nostri parametri spazio- temporali.

Tuttavia, e con chiara evidenza, l'esorcismo umano più antico e
tuttora validamente operante, è quello di ritenere possibile un
prolungamento della vita al di là della morte.

Fosse anche come la presenta Tim Burton nel suo carinissimo e
romanticissimo film La sposa cadavere (non turbi questo strano
titolo), un mix di divertimento, allegria e poesia che vale
parecchio come riflessione sul mondo dei vivi e dei morti.


Il film La sposa cadavere
(Fuori Concorso, Venezia’62)


Victor è stato promesso sposo a Victoria. A combinare questo
matrimonio sono state le due famiglie, una intenta a conquistare
un titolo nobiliare, l'altra a riempire con qualche soldo, le
proprie casse ormai poverissime.

Il giorno prima della cerimonia Victor prova il testo della
promessa di matrimonio camminando per il bosco. Una giovane
defunta lo ascolta e lo prende sul serio…

Senza girarvi troppo attorno, diciamo che "La sposa cadavere" è
un altro, delizioso film di Tim Burton, che per questo suo
lavoro in tandem con Mike Johnson, ha creato un qualcosa che
rasserena noi viventi sul nostro destino oltre la morte( che
diamine, se laggiù sono così allegri, felici e un insieme
affiatato di gente che si diverte, canta, balla, soffre, ama…),
per noi c’è davvero qualche speranza di non finire nel nulla.

La sua idea iniziale nasce da un'antica fiaba ebraica russa, da
cui il regista prende il nocciolo della trama, perfetta per
mostrarci il suo mondo dark, dove le ombre surclassano le luci.
E se La tristezza domina il mondo dei vivi, giù negli inferi i
colori abbondano. Scheletri, corpi putrefatti, animali in libera
uscita cantano e ballano come in superficie. E se arrivano a
liberarsi di ciò che li tiene legati ancora alla terra è per
diventare farfalle (in greco. anima e farfalla si dicono
entrambe "psiche").

E’ un delizioso intermezzo in tanta tristezza che affligge noi
vivi.

Scheda tecnica

Titolo originale: Corpse Bride

Nazione: Gran Bretagna

Anno: 2005

Genere: Animazione

Durata: 75'

Regia: Tim Burton, Mike Johnson

Sito ufficiale: www.corpsebridemovie.warnerbros.com

Sito italiano: www.lasposacadavere.it

Data di uscita: Venezia 2005

28 Ottobre 2005 (cinema)

Domande e risposte

-
Tim, nella fiaba russa da cui trae spunto "La sposa cadavere",
il mondo sotterraneo è così vitale, o è una sua invenzione?

Nel film c'è una piccola parte della fiaba originale, il resto è
il frutto del nostro lavoro. Volevo rappresentare un forte
contrasto: da una parte la nostra società repressa e repressiva
che è la terra dei vivi, dall'altra un tipo di vita ritratta
come la terra della morte, allegra e vitale quanto mai.

-
Nei suoi film c'è sempre una forte contaminazione tra il mondo
dei "normali" e quello dei "diversi". Eppure sia in "La sposa
cadavere" che in "Nightmare before Christmas", i due mondi si
incontrano, ma rimangono ben distinti. Come mai?

E' un'analisi giusta, c'è una stretto rapporto fra i due
ambienti. Sono come delle persone e rappresentano ciò che accade
nelle relazioni. Le relazioni possono rompersi. Ci puoi trovare
il tentativo d'amare, il rimorso, la passione la tristezza. Dove
c'è amore ci puoi trovare la tristezza e così c'è chi si rifugia
in un angolo. E non ci si incontra più.

-
Come sceglie i colori del film, cosa rappresentano?

I colori sono fortemente legati ai personaggi e alla situazione.
In Corps Bride ci sono i vivi e c'è la terra dei morti. Come il
mondo, si tratta di un insieme di colori che si mischiano l'uno
con l'altro. I colori cambiano come il tempo, c'è il sole, le
nuvole, le ombre. Ciò che è chiaro diventa scuro. I colori
rappresentano la vita e la morte.

Ultimamente nelle sue storie, a differenza di quanto accadeva
nei suoi primi film, troviamo sempre qualcosa di ottimista.

Nella tecnica dell'animazione, le storie sono molto emozionali e
più sentimentali . Difficilmente i due elementi sono separabili.
Io ho cercato di esplorare questi territori: nell'amore c'è la
confidenza, c'è la malinconia, ma anche la speranza. Non può
essere altrimenti.

-
Lei descrive sempre piccole comunità, nelle quali emerge un
personaggio "diverso" che non va d'accordo con gli schemi
precostituiti dagli altri , perché?

C'è ancora gente abituata a catalogare le persone e chi non è
normale viene messo ai margini. Coloro che vanno oltre: i
musicisti, gli scrittori, i pittori, gli artisti in generale, ma
anche tutti gli altri, sono diversi solo che si preferisce
seguire gli schemi più semplici., quelli omologati. Siamo
influenzati dal contesto, dove l'individualismo ti spinge a
conformarti al sistema per non uscirne.

-
In una scena del suo film appare uno scheletro con gli
occhialini neri che suona il piano. E' forse Ray Charles?

Si, all'inizio è venuto quasi naturale farlo così il pianista,
poi ci siamo accorti che era proprio Ray Charles, che era morto
da poco. E’ un nostro modo affettuoso di ricordarlo per i
momenti emozionanti che ci ha regalato con la sua musica.

-
Che tipo di musica ama e come ha scelto quella per il suo film?

Tutta, non ho preferenze, vado a sensazioni. Non ne ho nessun
tipo preferito, ma una che non mi piace assolutamente: è quella
country- western.
Nel film invece ho cercato di associare la musica a seconda
delle scene e di quale personaggio le canti.

-
E' voluta la scelta dei nomi "Victor" e "Victoria” per i
protagonisti, che messi assieme ricordano il celebre film di
Blake Edwards "Victor- Victoria"?

Si, mi serviva soprattutto per cercare di evidenziare come nel
mondo dei vivi la gente sia molto sistematica, rigida. Siamo
nell'epoca vittoriana, l'uomo si chiama Victor, la donna
Victoria…. Non c'è fantasia, ma si segue la burocrazia. Per
questo il mondo dei vivi è più triste di quello dei morti( e ha
ragione).


E facciamo un po’ di storia

sul mondo ultraterreno….


L’essere umano da sempre rifiuta di assimilare la fine del suo
essere alla dissoluzione fisica. Con l'affermarsi della dualità
cristiana costituita dall'anima immateriale ed eterna e dal
corpo materiale e mortale, si è creduto che si sopravviva alla
morte.

L’opinione, indubbiamente consolatoria, a prescindere da
specifiche credenze religiose, ha contribuito a creare, nella
rappresentazione mentale degli esseri umani, la fantasia di un
confine fluttuante tra la vita e la morte.

Alla precarietà dell'esistenza terrena veniva a contrapporsi un
mondo popolato da presenze non definitivamente collocate, bensì
passibili di ritorni inquietanti da cui occorreva premunirsi o
difendersi con una serie di cerimonie rituali il cui anello
terminale era costituito dalla sepoltura.

Per la Grecia antica, le fonti principali di conoscenza per le
descrizioni dei rituali funerari , sono reperibili nei poemi
omerici e nel notevole repertorio di immagini che decorano la
ricca produzione in ceramica, soprattutto ad Atene.
Ad esempio i versi omerici dell'XI libro dell'Odissea
documentano il destino dei mortali (psichè) dopo la morte
biologica immaginata come la fuori uscita della psiché dalla
bocca o da una ferita.

L'anima che aveva reso possibile la vita, continua a vivere
nell'Ade, precisamente come idolo, figura umbratile senza
memoria, individualmente determinata, nella sua apparenza
esteriore, dall'aspetto fisionomico dell'essere umano che una
volta aveva animato ed è questo che permette ad Ulisse, nella
sua discesa all'Ade, di riconoscere la psichè di sua madre
Anticlea.

Nell’universo greco, l'Ade, dimora dei defunti, è immaginata al
di là dell'Oceano che racchiude l'ecumene a mo’ di anello
liquido.

La rappresentazione di una terra mitica, nelle vicinanze
dell'Ade, avvolta in torbidi vapori e in nuvole di nebbia che il
sole non riesce a trapassare, ha il suo contrapposto nella
concezione di terre, ugualmente mitiche, situate nello
splendente oriente, segnalate come Olimpo, Elisio, Isole
Beate(taoismo).

Per il defunto non esiste nell'aldilà alcuna speranza; l'unica
preoccupazione che sembra affliggere i personaggi omerici è
quella di non venire adeguatamente sepolti e quindi privati di
ciò che è dovuto ai morti(il cerimoniale funebre, i doni, la
costruzione della tomba, la sepoltura e il rimpianto).

Si onoravano le sepolture, ma uno degli scopi dei culti funebri
era quello di impedire ai defunti di tornare a turbare i vivi.

Poiché il mondo dei vivi doveva essere separato da quello dei
morti, a Roma la legge delle Dodici Tavole proibiva di
sotterrare i morti all'interno della città.

La parola funus significava insieme il cadavere, i funerali e
l'assassinio, mentre funestus indicava la profanazione provocata
da un cadavere.

Per questa ragione le necropoli erano situate fuori della città,
lungo le vie consolari.

Il Codice Teodosiano ripete lo stesso divieto al mondo cristiano
perché sia preservata la sanctitas delle case degli abitanti e,
in un primo tempo, le sepolture avvengono in cimiteri fuori
delle mura cittadine.

Un secolo dopo, malgrado i divieti del diritto canonico, con
l'inizio e il propagarsi del culto dei martiri, i morti
rientrano nelle città da cui erano stati banditi per millenni,
tanto è vero che, nel linguaggio medievale, la parola chiesa non
designava soltanto gli edifici ecclesiastici, ma anche il
cortile antistante destinato a cimitero( e in Alto Adige, non vi
sono i cimiteri attorno alle chiese?).

Vi furono, durante il medioevo, credenze legate al prolungamento
della vita terrena di una categoria di morti privilegiati: i
santi, attraverso le reliquie.

Da ultimo, si può ricordare la leggenda "metropolitana"
medievale relativa al rumore delle ossa che venivano percepite
come provenienti dal sepolcro di papa Silvestro II, a quel tempo
collocato nella basilica di S. Giovanni in Laterano.

Il rumore delle ossa e un rigagnolo di acqua scaturente dallo
stesso monumento costituivano secondo la leggenda segnali
indubbi dell'imminente decesso del papa in carica.

Un'altra credenza, ugualmente importante e diffusa, si riferiva
alle frequenti apparizioni di morti che tornavano a visitare
ambienti che erano stati a loro familiari, tant’è che esiste una
vastissima letteratura sui fantasmi e gli spettri e sulle
cavillose distinzioni tra apparizioni frutto di fantasie
inquietanti ed altre considerate immagini veritiere di una
sostanza priva di corpo.

D'altra parte, l'introduzione del suffragio delle anime dei
defunti venne indubbiamente favorito dal racconto
dell'apparizione di morti con l'anima in pena che chiedevano di
essere liberati dalle sofferenze inflitte loro nell'aldilà.

Dalla vita dell'abate Odillon, scritta dal cardinale Pier
Damiani, si deduce un episodio che viene riportato nella
Leggenda Aurea di Iacopo da Varazze, da cui si evince come
l'abate in questione, avendo scoperto che nei pressi di un
vulcano in Sicilia si udivano, sovente, le urla e le grida dei
demoni che si lamentavano perché le anime dei defunti venivano
spesso strappate dalle loro mani, grazie alle elemosine e alle
preghiere, ordinò che nei monasteri cluniacensi a lui
sottoposti, si celebrasse, dopo la festa di tutti i santi, la
commemorazione dei defunti.

L'istituzione di una precisa giornata, il 2 novembre, dedicata
alla commemorazione dei defunti fu dovuta, per l'appunto,
all'abate di Cluny in un'epoca compresa tra il 1024 e il 1033 e
venne in seguito approvata dalla Chiesa.

Essa costituì senza dubbio, una forte difesa per i cristiani
contro il ritorno inquietante dei morti.

La geografia, cioè il reperimento spaziale della dimora dei
morti (è dei secoli XI e XII la nascita definitiva del
Purgatorio) e la temporalizzazione (iscrizione di una data
precisa di commemorazione nel calendario liturgico) costituirono
i parametri entro i quali si strutturò un efficace contesto
rituale reso indiscutibile dal pellegrinaggio del 2 novembre ai
cimiteri cristiani.

I viaggi nell’aldilà

Nel corso dei millenni fu sempre forte il desiderio di compiere
un viaggio nell'aldilà, come è dimostrato dai miti, poemi,
estasi e riti ad esso connessi.

Secondo Ginzburg, la struttura delle fiabe di magia imperniate
sulle peregrinazioni dell'eroe, rielabora il tema del viaggio
dell'anima, dell’iniziato e dello sciamano nel mondo dei
morti(ad esempio, la discesa di Ulisse all'Ade che si riallaccia
al mito preomerico di Ercole e Alcesti).

Per quel che riguarda il medioevo cristiano, nella Leggenda
Aurea di Iacopo da Varazze, è citato il racconto relativo a san
Patrizio che, resosi conto degli scarsi risultati della sua
predicazione agli Irlandesi, pregò il Signore di inviare qualche
segno che li spaventasse e, nel medesimo tempo, li inducesse a
credere.

Questo sembrò attuarsi nell'apparizione di una specie di grotta
senza fondo (il famoso pozzo di san Patrizio). Il luogo, forse
residuo di un culto celtico precristiano, era sottoposto
all'attenta sorveglianza ecclesiastica esercitata da un vicino
monastero, secondo la quale benché la pratica rituale non
venisse incoraggiata, era tuttavia, consentito ai fedeli
accedere alla prova di vederlo, che poi assumeva un rigoroso
carattere penitenziale.

Un'altra testimonianza dell'ambiguo rapporto tra defunti e
viventi può essere desunto dai procedimenti di divinazione
necromantica dei quali esistono descrizioni storiche(la discesa
all'Ade di Ulisse)

Anche nella Bibbia troviamo un episodio di necromanzia.

Esso riguarda il re Saul che, nell'imminenza di una rischiosa
battaglia con i Filistei, decide di consultare un'indovina sul
perché del perdurante silenzio di YHWH contrapposto alle sue
invocazioni.

Saul si reca, di notte e sotto mentite spoglie, nella vicina
città di Endor all'indirizzo dell'unica necromante rimasta,
perché scampata alla strage da lui stesso ordinata nei riguardi
di ogni sorta di maghi, streghe e indovini.

La pitonessa in questione riconosce subito il re Saul e ne
rimane naturalmente impaurita per le possibili conseguenze del
suo operare, ma Saul riesce a tranquillizzarla e alla domanda
della necromante su quale morto essa debba evocare risponde:
"Fammi salire Samuele (il profeta che l'aveva unto re ed era
morto qualche tempo prima).

Il rito ha luogo in un'atmosfera di tregenda: "Ho visto,
proclama la pitonessa, salire dalla terra un vecchio avvolto in
un sudario".

Questi si rivela per Samuele che si rivolge a Saul e gli chiede:
"Perché mi hai disturbato e costretto a salire? Tutto è peraltro
inutile, Dio stesso ti è diventato nemico e sta per consegnare
il tuo regno a David. Domani tu e i tuoi figli sarete con me".
La tremenda profezia cade come una folgore sulla testa di Saul
che stramazza a terra pieno di terrore.

Inutile aggiungere che il giorno seguente testimonia il completo
avverarsi della profezia pronunciata da Samuele.


Altro esempio di necromanzia è quello descritto da Lucano, nel
VI libro della Farsaglia (come riferisce Paolo Lombardi nel
libro Il Filosofo e la strega (La ragione e il mondo magico).

In questo racconto è Sesto, figlio di Pompeo, che si reca a
consultare, nelle vicinanze dell'accampamento, una maga della
Tessaglia: Eritto che in uno scenario molto più horror di quello
di Endor, evoca dal Tartaro l'ombra di un morto che, seppure in
modo oscuro, presagisce sia l'imminente sconfitta di Pompeo che
l'ormai prossima morte di Cesare.

Da quanto è stato sinora riferito risulta abbastanza evidente
quanto la dimensione antropologica e universale del ritorno dei
morti sia presente, nella tradizione occidentale, a partire
dall'antichità sino al medioevo e al folklore contemporaneo.

Le probabilità di apparizioni dei morti- viventi erano, specie
nei tempi passati, connesse a persone morte in circostanze
particolari: bambini morti senza battesimo, donne defunte poco
prima o subito dopo le nozze, suicidi e morti ammazzati.

Aries nella sua Storia della Morte in Occidente, periodizza una
diversa espressione degli atteggiamenti occidentali di fronte
alla morte, secondo la quale una prima fase detta della "morte
addomesticata" (familiarizzata) corrisponde alla lunga
continuità della società contadina precristiana e cristiana.

La seconda fase, a partire dall'XI secolo, è quella della "morte
di sé" della "nostra morte" che si accompagna all'orrore del
trapasso e alla paura del giudizio dell'anima, mentre la terza
fase corrisponde alla "morte dell'altro", nel XIX secolo con
l'esaltazione del lutto e l'influsso del romanticismo sui
monumenti cimiteriali.

L'ultima fase, infine, coincide con la "morte nascosta e la
morte dimenticata", caratteristica della nostra epoca.

Cosa, allora, significa, il pellegrinaggio alle tombe dei
defunti che si svolgono ritualmente intorno alla data del 2
novembre?


Oltre ai sentimenti di pietà per i propri morti, vi è una sorta
di impulso, a livello inconscio, a verificare di persona che i
defunti stiano veramente al loro posto, in tombe murate, in
dimore ben custodite e sufficientemente precluso ad una loro
eventuale sortita destinata ad inquinare il mondo dei vivi.

La magica notte di Halloween

Halloween è una festività che trae le sue origini in tempi
antichissimi e che, nel tempo, ha subito moltissime influenze
provenienti da varie popolazioni.

Centinaia di anni fa, nell’area geografica oggi conosciuta come
Gran Bretagna, vivevano i Celti . essi adoravano la Natura nelle
sue manifestazioni e avevano molte divinità, la più importante
delle quali era il Dio Sole. Infatti, esso scandiva i tempi del
lavoro ed i tempi del riposo, faceva crescere le messi
rigogliose e rendeva bella la terra.

I Celti celebravano l'inizio del nuovo anno nel periodo che oggi
può essere identificato con la fine di ottobre e lo onoravano
con un festival, chiamato Samhain, della durata di 3 giorni, che
sanciva la fine della stagione del sole e l'inizio della
stagione del buio e del freddo. Quindi il 31 ottobre (circa),
dopo che i raccolti erano stati immagazzinati e messi al sicuro
per il lungo inverno, venivano spenti tutti i focolari della
case.

Allora i Druidi, i sacerdoti del popolo celtico, si davano
appuntamento in un bosco di querce – esse erano considerate
sacre- accendevano grandi falò e compivano sacrifici agli dei.
Le danze dei Druidi attorno al fuoco accompagnavano la morte
della luce e il nascere del buio. Alla mattina del terzo giorno,
essi donavano a ciascuna famiglia un tizzone dei falò sacri e
con questo si accendevano i nuovi focolari domestici: il fuoco
manteneva la casa calda e libera dagli spiriti maligni.

Nel corso del I secolo d.C. i Romani invasero la Gran Bretagna,
portando con sé la loro cultura, i loro costumi e le loro
tradizioni religiose. Tra queste, il culto di Pomona, le dea dei
frutti e dell'abbondanza, i cui festeggiamenti coincidevano
proprio con il periodo di Samhain. Con il tempo, i due culti si
fusero dando origine a una delle feste religiose più
considerevoli dell'autunno.

Il diffondersi della religione cristiana attraverso l'Europa
propose ulteriori cambiamenti. Nel 835 la Chiesa Cattolica
Romana dedicò il 1 giorno di novembre alla celebrazione di
Ognissanti e il 2 novembre alla Commemorazione dei defunti :
nacquero così Hallowmas e All Souls day. Durante questi giorni
la gente del popolo era solita travestirsi per assumere le
sembianze di angelo o demone.

Le insolite influenze non fecero tuttavia dimenticare le antiche
usanze, che si combinarono alle nuove nel corso degli anni, fino
a dare vita, il 31 ottobre, alla festa di All Hallow's Eve, cioè
ad Halloween, che riassume in sé le mele della dea Pomona, i
gatti neri e gli spiriti di Samhain, i fantasmi, gli scheletri e
i teschi di Ognissanti e della Commemorazione dei defunti.

Dolcetto o scherzetto?

Trick or treat, Smell my feet

Give me something good to eat !

In Gran Bretagna, durante le prime celebrazioni della
commemorazione dei defunti, i poveri andavano di casa in casa,
mendicando un po’ di cibo e promettendo in cambio di pregare per
i morti. Le famiglie preparavano per l'occasione dei biscotti
chiamati soulcakes, dolci dell'anima.

Negli Stati Uniti, questa tradizione si è lentamente trasformata
in una occasione gioiosa in cui i bambini, mascherati da
fantasmi, vanno di casa in casa ripetendo il famoso ritornello
''Dolcetto o scherzetto?'', ricevendo in cambio mele candite,
caramelle e dolci di ogni genere.

Con la contaminazione o la mondializzazione, come è più chic
commentare questo fenomeno da sempre esistito tra i vari popoli,
oggi anche in Italia è in auge Halloween.

Ma non è, come abbiamo detto, una festa “Importata”.

Perchè la zucca con la faccia spaventosa?

Durante le celebrazioni di Samhain, i Celti usavano accendere
delle piccole lanterne, ricavate dalle rape, ed i bambini si
divertivano ad intagliare delle facce mostruose per spaventare
gli spiriti maligni.

Le rape intagliate erano chiamate Jack'o'Lantern, la lanterna di
Jack. La leggenda narra che Jack fosse un uomo cattivo, talmente
malvagio che, alla sua morte, il diavolo non lo volle
all'inferno e lo scacciò gettandogli un tizzone ardente. Jack lo
raccolse, lo mise in una rapa intagliata e lo usò come lanterna
per illuminarsi la via. Si dice che ancora oggi Jack stia
camminando alla ricerca di un posto in cui stare.


Negli Stati Uniti, alle rape si sostituirono le più originali
zucche che, essendo più grandi e più colorate delle rape, sono
definitivamente diventate il simbolo di Halloween.

Com’è nata l’attuale Festa dei Morti

Eraldo Baldini scrive: «Con l’affermarsi della nuova religione
cristiana, la Chiesa cercò di cancellare le antiche feste
“pagane”, cioè appartenenti a religioni precedenti, non
abolendole, ma appropriandosene, riconducendole nel proprio
ambito e mantenendone vivi solo la data, ma in parte anche il
significato. Così, per cristianizzare il Capodanno Celtico, la
chiesa pose al 1° novembre la festa di Ognissanti, alla cui
diffusione contribuì soprattutto Alcuino (735-804), l’autorevole
consigliere di Carlo Magno.

Qualche decennio dopo, l’imperatore Ludovico il Pio, su
richiesta di papa Gregorio IV (827-844), ispirato a sua volta
dai vescovi locali, la estese a tutto il regno franco. Passarono
molti secoli perché il 1° novembre diventasse per tutta la
Chiesa d’occidente la festa di Ognissanti: fu infatti papa Sisto
IV a renderla obbligatoria nel 1475. Per non snaturare le
caratteristiche di “festa dei morti” dell’antico Capodanno
Celtico, prendendo atto che comunque il popolo (e in larga parte
anche il clero) continuava a conservarle, la Chiesa poi dedicò
il giorno successivo, 2 novembre, alla Commemorazione dei
defunti: fu Odilone di Cluny, nel 998, a ordinare ai dipendenti
dell’abbazia di celebrare l’ufficio dei defunti a partire dal
vespro del primo di novembre, mentre il giorno seguente i
sacerdoti avrebbero offerto al Signore l’Eucarestia per la pace
dei defunti. Il rito poi si diffuse a poco a poco al resto
d’Europa, giungendo a Roma solo nel XIV secolo.

(Cfr.: Eraldo Baldini, “La festa di Halloween in Romagna e nella
Padania: moda importata o tradizione millenaria?”, appendice a
“Romagna Celtica” di Anselmo Calvetti, Longo Editore, Ravenna
2000].

L’ospitalità agli antenati e il ristoro

Un tema fondamentale della Festa dei Morti è il rispetto e
l’ospitalità nei confronti dei defunti, i nostri antenati che
ritornano in questo mondo per una notte.

Le anime dei trapassati devono, in quel giorno, essere
confortate e placate, perché siano propizie allo svolgersi
dell'anno che ricomincia. Con il cristianesimo, il culto
popolare si muove su un piano di preghiera e di suffragio, ma
nel frattempo i riflessi delle antiche tradizioni rimangono
inamovibili in alcune usanze proprie a tutti i ceti sociali, dal
più ricco al più povero.

Un’usanza sopravvissuta è quella di porre lumini accesi sulle
tombe.

In passato durante questa notte anche la casa restava illuminata
da una candela, si accendeva per rendere più agevole il cammino
dei defunti verso la loro antica dimora e la loro famiglia
terrena.

Da noi (ma anche nel resto dell’Europa) la tradizionale
accoglienza si ritrova in varie usanze, ancora vive in parte
(nei piccoli centri), in gran parte completamente abbandonate.
Ecco qualche esempio…

In Romagna una volta tutti si alzavano di buon’ora e i letti
erano lasciati liberi per il riposo degli antenati; si racconta
che per l’occasione la massaia «cambia le lenzuola e le sceglie
candide di bucato e odorose di spigo: appronta i letti per i
morti della casa, che vi tornano a riposare stanchi del viaggio
percorso dall’eternità». Anche nel Cremasco ci si alzava per
tempo e si sprimacciavano bene i letti, perché i trapassati
potessero trovarvi riposo.

Il banchetto è un’usanza registrata in molte regioni: quando
arrivano in casa, i defunti devono trovare anche cibo e ristoro,
così la mensa non si sparecchia e si lascia tutto pulito e
ordinato.

I rituali delle offerte, della questua e dei banchetti

Ancora oggi ad Halloween i bambini, mascherati da mostri, vanno
di casa in casa chiedendo un’offerta (“dolcetto o scherzetto?”
si usa dire, un po’ ricalcando il “trick or treat”
anglosassone). È un gioco rituale che deriva dall’antica
tradizione di fare offerte ai defunti per la loro Festa (a volte
i doni si lasciavano sulle tombe); in altri casi l’offerta si
dava va chi li impersonava i Morti recandosi nelle case per una
questua rituale.

In molte delle nostre provincie il 1° novembre si usava fare una
questua per i poveri raccogliendo per le case pane e farina, e
si confezionavano dei dolci di forma particolare, detti «ossa
dei morti».

Tanti anni fa a Fezzano, in Liguria, alla sera e alla mattina i
bambini dicevano le preghiere insieme con i loro genitori e i
nonni raccontavano storie e poesie paurose. Alla vigilia dei
Morti i bambini andavano di casa in casa per ricevere in dono
fave, castagne bollite e fichi secchi; questi doni si chiamavano
il «Ben dei morti».

In Lombardia, le osterie di Bergamo e dei paesi vicini
preparavano grandi pentole colme di una speciale minestra d’orzo
che veniva caritatevolmente distribuita ai poveri. In
Valcamonica e nel Sellero si andava a messa e si pregava, al
ritorno si faceva una festa con la polenta e con lo “schelt”, un
impasto fatto con farina di castagne. Si andava nella stalla a
mangiare e a parlare, si faceva festa e ci si divertiva.

Il cibo che predice la sorte

Cibo tradizionalissimo per la ricorrenza dei Morti sono le fave:
secondo gli antichi contenevano le anime dei loro trapassati ed
erano sacre ai morti. Le fave, che per prime sbucavano dal
terreno primaverile dopo che il seme era stato sepolto nella
terra, erano il simbolo della resurrezione, già
nell’antichissima credenza precristiana, il segno che le anime
dei morti non perivano con il corpo. Anche oggi, in occasione
delle festività dei primi di novembre, le «favette» o «fave dei
morti» hanno questo arcaico e nobile significato.

La fava, antico ingrediente anche per i filtri delle
fattucchiere è giunta attraverso i tempi con la sua carica di
virtù magica al guanciale delle donne (specialmente lombarde)
per predire fortuna o sfortuna domestica e nozze più o meno
felici(Cfr.: Eraldo Baldini, “La festa di Halloween in Romagna e
nella Padania: moda importata o tradizione millenaria?”,
appendice a “Romagna Celtica” di Anselmo Calvetti, Longo
Editore, Ravenna 2000].

Naturalmente, in ogni regione e in ogni altro angolo del nostro
mondo, vi è una tradizione commovente di ricordare i propri
morti che, magari come sono presentati nel delizioso film di Tim
Burton, se la spassano allegramente.

Maria
De Falco & Antonio De Falco


GdS 30 X 2005 - www.gazzettadisondrio.it

Maria De Falco & Antonio De Falco
Società