.ma Mostra: I bambini “invisibili” sono troppi nel mondo

di Maria & Antonio de Falco

Come si fa a non parlare subito del film “corale” All the
Invisible Children, presentato alla 62.ma Mostra di Venezia,
nella sezione Fuori Concorso, quando nel quotidiano che ci
afferra nelle sue spire brutali, le cronache televisive e quelle
dei giornali grondano tanto sangue di innocenti, torturati,
uccisi, venduti, stuprati, abbandonati( altro che Erode!)?

Il film, in un certo senso, un notevole spot sull’infanzia
abbandonata sul nostro pianeta( e dire che i bambini sono il suo
futuro), è stato promosso da così tanta gente di cinema, dall’Unicef
e dal World Food Program, che meriterebbe di essere visto almeno
nelle scuole d’Italia dagli studenti, proprio dai più piccoli ai
più grandi, oltre che dai comunissimi cittadini di ogni dove cui
sta a cuore la sorte dei propri discendenti( e del proprio
Paese).

Il film ALL THE INVISIBLE CHILDREN( di M.Charef, E.Kusturica,
S.Lee,K.Lund, J.Scott, R.Scott, S.Veneruso, J .Woo, Italia).


Un film del genere non poteva che essere posto Fuori concorso in
una Mostra che mira a premiare il meglio, artisticamente
parlando( ma anche economicamente), in campo internazionale.
Uscirà nei cinema italiani il 13 dicembre 2005, giusto poco
prima di Natale, il tempo adatto alle lacrime e ai pentimenti
per quello che non si fa abbastanza per i piccoli, tanto spesso
abbandonati crudelmente a se stessi, magari con tanti giocattoli
e leccornie ingrassanti.

In esso, otto registi lavorano gratis a favore dell'Unicef e del
World Food Program,

Ciascuno svolge un episodio sul drammatico problema dei bambini
massacrati, sfrut-

tati, diseredati, spinti in prima fila a fare la guerra, privati
in sostanza della loro dignità di esseri umani.

Naturalmente, ciascun regista presenta un episodio, non più
lungo di 15’ intessuto nella realtà del suo paese d’origine.

Infatti, la pellicola racconta sette storie completamente
diverse tra loro, delicate, lievi, ma allo stesso tempo
profonde, realizzate da registi differenti tra di loro come la
luna e il sole, concordi nel rinunciare al compenso -- e che,
soprattutto, ciascuno non ha visto il lavoro dell'altro.

Il film si apre con l'episodio di Mehdi Charef -- "Tanza" --
storia di bambini soldato in un paese africano in guerra. "E'
stata una esperienza incredibile", ha raccontato Charef. "Ho
lavorato con ragazzi trovati per strada, .che non riuscivano a
guardarci negli occhi, tanto sono abituati ad essere invisibili.

Il protagonista mi ha rivolto la parola dopo un mese e mezzo.
Vorrei sapere cosa è successo dentro di loro quando li abbiamo
lasciati".

Emir Kusturica ha raccontato in "Blue Gipsy" la storia di un
piccolo zingaro dell'Europa dell'est, che preferisce restare in
riformatorio piuttosto che tornare ad essere libero e non sapere
come sopravvivere.

"In alcune parti della Serbia, la prigione diventa libertà. Mi è
sembrato un paradosso interessante", ha detto il regista( e
vedendo la storia che ha raccontato è da prestargli fede
totalmente).

Spike Lee - con una sceneggiatura scritta dai suoi fratelli -
affronta invece la storia di una ragazzina di Brooklyn , Blanca
che scopre di essere figlia di genitori drogati e siero-
positiva.

Katia Lund racconta con "Bilu e Joao" la giornata di due bambini
che tentano di sopravvivere nelle favelas di San Paolo, in
Brasile, mentre Jordan e Ridley Scott hanno diretto insieme
"Jonathan", la storia di un fotoreporter che sfugge ai suoi
problemi tornando alla sua infanzia( è l’episodio più brutto ed
incomprensibile).

Chiudono i sette racconti Stefano Veneruso, regista di "Ciro",
ambientato in un quartiere degradato di Napoli e John Woo, che
con "Song, song and little cat", racconta in parallelo la vita a
Pechino di due bambine, una ricca e una più sfortunata, ma non
per questo infelice. E’ la storia più disperante, tristissima
per la realtà che mette a crudo: l’egoismo degli adulti(
genitori) cui sta a cuore, innanzitutto, la propria felicità, a
discapito di quella dei loro figli( di fatto, quest’episodio è
stato “ignorato” quasi del tutto dalle “grandi firme” che in
Italia, in modo particolare, difendono la realizzazione
egoistica dell’individuo, a scapito di quanto si intendeva una
“famiglia”).

"Ho sempre desiderato fare un film sui bambini", ha spiegato
Woo, famoso soprattutto per i suoi film di azione. "A Pechino ci
sono molti bimbi poveri, che anche se hanno molto sofferto hanno
una forte personalità e sperano comunque nell'avvenire".

Colonna sonora della pellicola è "Teach me again", scritto da
Elisa e interpretato da Tina Turner. Il brano è pubblicato da
Sugar e il ricavato delle vendite del disco andrà al fondo "All
the invisible children", legato a progetti sull'infanzia.

Gli episodi più riusciti:

Sicuramente indurranno a riflettere( e magari a spargere lacrime
sincere di pentimento e di dolore sincero) i sette episodi il
cui filo conduttore è l'infanzia rubata, l'esistenza di creature
indifese, che soffrono per grandi problemi sociali, ma anche per
l'indifferenza degli adulti che camminano, spesso, senza vederli
e , purtroppo , ignorandoli.

Tra gli episodi più toccanti, senza peraltro offuscare gli altri
che doverosamente si sono prestati nel realizzarli senza un
minimo compenso e solamente per amore dei bambini,

"Tanza", di Mehdi Charef; "Blue Gypsy", di Emir Kusturica; "Song
Song and Little Cat", di John Woo( questa storia, in modo
particolare, riflette la solitudine e la disperazione dei
bambini “abbandonati” dall’amore di mamma e papà che hanno
scelto altre passioni , altre strade, senza preoccuparsi
minimamente dei loro figli).

Chiudono i sette racconti Stefano Veneruso, regista di "Ciro",
ambientato in un quartiere degradato di Napoli e John Woo, che
con "Song, song and little cat", cui abbiamo già accennato e che
ci ha commosso tantissimo, racconta in parallelo la vita a
Pechino di due bambine, una ricca e l’altra povera che,
casualmente, si incontreranno per strada. Sono due straordinarie
bambine, belle come lo erano una volta le bambole di porcellana.

J. Woo, famoso soprattutto per i suoi film di azione, ha detto
che a “ Pechino ci sono molti bimbi poveri, che anche se hanno
molto sofferto hanno una forte personalità e sperano comunque
nell'avvenire"( Si vede, eccome, dagli sguardi di queste due
piccole, magnifiche bimbe, meritevoli di ogni bene).

La colonna sonora della pellicola è "Teach me again", scritto da
Elisa e interpretato da Tina Turner. Il brano è pubblicato da
Sugar e il ricavato delle vendite del disco andrà al fondo "All
the invisible children", legato a progetti sull'infanzia.

All the Invisible Children è prodotto anche da Maria Grazia
Cucinotta.

Domande & Risposte
Ad E. Kusturica


-
Perché ha accettato di partecipare a questo progetto?

Quando mi hanno detto che volevano raccontare i bambini che sono
nascosti agli occhi del mondo, con tanti problemi nei Paesi come
il mio, sono stato felice di farmi coinvolgere. Mi interessava
esplorare il concetto di libertà che per loro ha un significato
opposto a quello che noi ci aspettiamo. Significa che quando non
hanno un soldo preferiscono tornare in prigione commettendo un
piccolo crimine, come rubare una macchina, soprattutto in
inverno. Sono rimasto sorpreso di quanta gente preferisce la
prigione alla libertà e questo mi ha spinto a realizzare Blue
Gypsy.

-
Cosa l'ha guidata verso questo film?

L'idea per fare un film segue sempre due strade. Da un lato c'è
un produttore che ti chiama e ti chiede di dirigere una
produzione, dall'altro sei tu che decidi di portare uno script
ad un produttore.

Questa è stata la prima volta in cui io non sono stato il
principale motore della produzione. Poiché mi è stata data una
libertà assoluta, non ho trovato particolari differenze con
quello che ho fatto prima. Sinceramente non amo avere persone
che mi dicano quello che devo fare nel mio lavoro e avevo il
campo totalmente libero.

-
Come si è trovato alle prese con un cortometraggio dal punto di
vista tecnico?

E' difficile avere idee tanto grandi da concentrare in un tempo
così piccolo. Ho dovuto comprimere le mie idee in meno di venti
minuti, cosa che ho imparato girando spot pubblicitari, ma è
stato bello realizzare un film che in qualche modo mostra cose
che la gente non conosce. In altri progetti io, in genere,
esprimo le mie osservazioni, le mie ossessioni ed è la prima
volta dai tempi della scuola di cinema che faccio una cosa come
questa. Qualcuno mi ha dato una chiave che io ho trasformato in
uno script.

Anche in questo suo piccolo film la musica ha un valore
fondamentale...

E' vero, ma questo perché la musica è l'elemento più vicino al
cinema. La musica definisce moltissimo la cultura da cui
provengo.

Conosceva le storie dei suoi colleghi prima di girare il suo
corto?

Non avevo alcuna idea di quello che avrebbero fatto e -
all'inizio - non sapevo nemmeno quello che avrei fatto io.
L'elemento promettente erano i nomi coinvolti dalla produzione.
Il fatto che i protagonisti dei film fossero i bambini era molto
interessante. Il tema può sembrare deprimente, ma in realtà c'è
anche un grande entusiasmo nei confronti dei ragazzi che
rappresentano l'umanità alla base della storia.

Questo è anche un film sulla paternità. Un tema ricorrente nel
suo cinema...

Sono uno slavo. Nelle mie contraddizioni, nel mio desiderio di
vedere il mondo in bianco e nero, nel mio umorismo, nei miei
improvvisi cambi d’umore, ma anche nella mia comprensione della
storia. Sono nato ai confini tragici tra Est e Ovest e ricordo
le ansie dei miei genitori. Questo film è basato sull’esperienza
di mio figlio che ha scritto la sceneggiatura e su quello che so
di questa gente, perché ho intervistato molti giovani criminali
e il film è basato su uno di loro. Mio figlio ha lavorato con me
non perché sia mio figlio, ma perché è un grande esperto della
cultura gitana.

Parliamo del villaggio che lei ha costruito e di cui è -
praticamente - il sindaco...

Ho perso la mia città durante la guerra, per questo ho voluto
costruire un mio villaggio. Vi organizzerò seminari per la gente
che vuole studiare cinema, concerti, corsi di pittura e di
ceramica. Sogno uno spazio aperto con diversità culturali che si
oppongono alla globalizzazione.

-
Lei crede che film come questo possano cambiare il mondo?

Qual è la funzione del cinema nel mondo? Oggi la crisi del
cinema e la sua recessione è dovuta al fatto che in giro ci sono
troppi film il cui interesse principale è il box office. Questo
tipo di film ha un impatto terapeutico e ha come missione fare
stare meglio le persone obbligandole a pensare a qualcosa di
importante e concreto come i figli che rappresentano certamente
il nostro futuro.
Il cinema, infatti, ha una missione culturale per fare stare
meglio le persone.

-
Tornerebbe a lavorare con questi colleghi?

No. E' stata un'esperienza positiva che non vorrei ripetere,
altrimenti il nostro lavoro diventerebbe ideologia. E' meglio
tornare a casa e mettersi a fare qualcosa di diverso.


A Spike Lee, autore di uno dei più commoventi degli episodi di
All the invisible children, Jesus Children of America, un
cortometraggio molto duro sulla condizione di una ragazzina:
Blanca, un’adolescente di Brooklyn che frequenta quotidianamente
la scuola e si diverte con le amiche, malgrado lo squallore e la
povertà dell’ambiente in cui vive. Dopo un incidente a scuola,
Blanca capisce di essere sieropositiva perché i suoi genitori
sono drogati e la storia ha una svolta drammatica.

-
Cosa voleva raccontare attraverso questo cortometraggio?

Sono molto preoccupato per i bambini del mondo e in particolare
per quelli nati con l’HIV. E’ un problema globale e ho cercato
di immaginare cosa deve significare per quei bambini cui i
genitori non hanno mai detto niente, e cosa succede quando
scoprono la loro malattia. Sono stato felice che mi abbiano
chiesto di entrare in questo progetto e mi sento onorato di
essere con grandi registi. Non ho avuto un attimo di esitazione
a unirmi a loro. Ho girato tanti spot non è stato
particolarmente difficile. Non è un film allegro e divertente,
ma ho sentito che dovevo affrontare questo argomento. Alla fine
c’è un messaggio di speranza, quando Blanca vede una strada
davanti a sé. Ho voluto che ci fosse una luce alla fine del
tunnel. Ma è dura, l’AIDS ci sta uccidendo.

Ho mirato che questo film aiutasse a migliorare la
consapevolezza dell’HIV, in particolare nei bambini che
subiscono abusi e sono dimenticati in tutto il mondo.

-
Mi auguro che il mio episodio ce lo ricordi spesso.

E’ questo il motivo per cui l’ho girato. Del resto il film è
stato realizzato interamente a Brooklyn, perché è lì che vivo, è
lì che sono cresciuto. E’ casa mia. Non me ne sarei mai potuto
allontanare, né fingere che lì tutti i bambini sono felici e
contenti.

Curiosità

Uno degli elementi comuni ai vari cortometraggi è quello in cui
le istituzioni pubbliche sono rappresentate in maniera positiva
e diventano il vero appiglio per la serenità dei bambini:
scuole, ospedali e perfino prigioni sono per loro un punto di
riferimento!

Inoltre, i cineasti che hanno realizzato questo insieme di
tragedie umane nel mondo in cui sono primi attori bambini e
bambine, pensano che il cinema possa aiutare a cambiare il
mondo(Amen!).

Maria & Antonio de Falco


GdS 10 X 2005 - www.gazzettadisondrio.it

Maria & Antonio de Falco
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