Quale famiglia?
 Non sono confortanti le cronache della TV sulla famiglia: 
 bambini imbucati nella spazzatura, nei forni, oppure lasciati 
 soli, che si sperdono e vengono “custoditi” dai cani.
 Che tristezza. Queste mamme di oggi che poi sono tanto più 
 vecchie rispetto a quelle, per esempio, di una decina d’anni fa, 
 si fidano troppo della libertà, del senso di responsabilità di 
 un bambino dai tre anni in su( andiamo, siamo più seri) che non 
 deve mai, per nessun motivo essere lasciato in balia di se 
 stesso(scherziamo?).
 Sento paura, una paura istintiva quando leggo che “poverini, è 
 stata una fatalità l’aver lasciato solo un piccolo, oppure nel 
 farlo giocare fuori nella strada o, anche, sapendo che va matto 
 per la carta, abbandonarlo per magari correre a prelevare un 
 altro figlio a scuola”. 
 Per me questa gente, è incosciente.
 Non si può pensare di lasciare i “cuccioli” dell’uomo in balia 
 di quello che succederà.
 Non dobbiamo essere troppo caritatevoli con persone così 
 irresponsabili che pensano di rimediare in malo modo 
 all’incombenza che gli discende dal crescere un bambino/a.
 Tanto più che il “Rapporto Italia 2005” dell’Eurispes, ci 
 informa che oltre all’invecchiamento della nostra gente, i figli 
 si fanno più tardi( dai 35 anni in su)e il processo di 
 trasformazione delle strutture familiari è in aumento, tanto che 
 si ammettono le coppie di fatto- ma non omosessuali- e si 
 conservano gli stretti legami familiari che hanno importanti 
 interazioni col sistema economico- sociale. Infatti, la famiglia 
 rimane un importante veicolo di solidarietà, sostituendosi, in 
 molti casi, alla carenza dei servizi di cura ed assistenza alle 
 persone. Ciò è dovuto, seppure non venga evidenziato in modo 
 palese, alla donna che conserva un ruolo dominante ed è un punto 
 di riferimento nella famiglia. Qualunque sia la sua struttura: 
 nucleare, monoparentale, omosex… Però, è chiarissimo che la base 
 essenziale è la capacità di responsabilizzazione verso una nuova 
 vita.
 E i convegni come quelli del Cnr dal titolo pomposo “La famiglia 
 all’inizio del terzo millennio, svoltosi a Roma agli inizi di 
 febbraio 2005, sono semplicemente delle “toppe” che si vogliono 
 applicare ad un andamento confuso di una famiglia, cioè di come 
 dovrebbe essere.
 Nel 2004: anno internazionale della famiglia 
 Chi se n’è accorto?
 Proclamato dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, a dieci 
 anni dal precedente, con l'insediamento, il 27 gennaio scorso, 
 dell'Osservatorio nazionale sulla famiglia(in Italia), si voleva 
 promuovere una nuova consapevolezza ed attenzione nei confronti 
 della famiglia e la valorizzazione del suo ruolo di risorsa per 
 lo sviluppo e la coesione sociale. 
 Il nostro Paese che da sempre ha una sua propria 
 caratterizzazione nell’ambito familiare, ha inteso rafforzare il 
 proprio impegno in questo settore anche attraverso l'istituzione 
 della Giornata nazionale della famiglia, da celebrarsi il 15 
 maggio(ma chi n’è al corrente???).
 L'Italia, nel quadro di una nuova definizione di welfare, 
 delineata a partire dal Libro bianco sul Welfare indica la 
 famiglia quale strumento centrale ed efficace per il 
 rafforzamento della coesione sociale ed il contrasto a fenomeni 
 di disgregazione: ciò significa che le politiche a sostegno 
 della famiglia assumono una centralità nuova, improntate al 
 principio della sussidiarietà. In tale ottica il nostro Paese ha 
 rilanciato il tasso di natalità, rafforzando la sua tenuta e la 
 sua coesione sociale valorizzando il ruolo della famiglia come 
 soggetto sociale, per sostenerla nello svolgimento delle 
 responsabilità che le sono proprie, per prevenire le situazioni 
 di disagio ed assicurarle concrete condizioni di benessere. Un 
 approccio quindi che non guarda alla famiglia solo nel momento 
 di crisi o di bisogno, ma la considera nella sua globalità nel 
 contesto di relazioni sociali. 
 Nell’ambito internazionale, si vuole aumentare la consapevolezza 
 riguardo alle tematiche familiari tra i Governi e nel settore 
 privato, rafforzando la capacità delle istituzioni nazionali , 
 implementare e monitorare le politiche in relazione alle 
 esigenze delle famiglie, accrescendo gli sforzi per rispondere 
 adeguatamente ai loro problemi e sono creati dalle condizioni 
 familiari; potenziando l'efficacia delle azioni promosse dalle 
 autorità nazionali e regionali e locali, per definire programmi 
 specifici mirati ad hoc, creando nuove attività e rafforzare 
 quelle già esistenti, attivando una maggiore collaborazione tra 
 organizzazioni nazionali, internazionali e non governative in 
 loro supporto.
 E per quanto concerne la Chiesa cattolica che da sempre si 
 spende per la famiglia:
 I figli sono primavera della famiglia e della società 
 La maturazione dell'esistenza dei figli trova nell'unione 
 familiare il canale più adeguato. Dio vuole che l'amore 
 gratuito, la fedeltà, il rispetto reciproco, il riconoscimento 
 della vita come dono di Dio, non si "apprendano", bensì si 
 sperimentino fin dal primo momento della vita in quel 
 coronamento e concepimento dell'istituzione dell'amore 
 coniugale, che è la famiglia. La vita umana è un dono che 
 presuppone l'accoglienza. 
 Il peccato, l'egoismo, la mancanza di responsabilità e di 
 solidarietà, l'ignoranza, gli squilibri sociali, presuppongono 
 tuttavia una rottura del disegno d'amore di Dio. Molti bambini 
 non trovano, per diversi motivi, un'accoglienza conforme alla 
 loro dignità. Il loro diritto ad essere accolti, amati, 
 rispettati e formati integralmente dalla famiglia, è molte volte 
 dimenticato o calpestato(basta attenersi alle cronache della TV, 
 giorno, dopo giorno). 
 Il panorama mondiale per quanto riguarda i bambini, come 
 rilevato da numerose statistiche e studi, non è proprio 
 lusinghiero. Oggi l'apertura alla vita non è la norma. Pur 
 trattandosi di un amaro fenomeno al quale assistiamo con 
 tristezza, questa considerazione, lungi dal farci cadere nel 
 pessimismo e nell'inoperosità, deve essere stimolo di fronte al 
 grande compito di carità, giustizia e solidarietà umana che il 
 Vangelo ci indica come via maestra da seguire anche nel Terzo 
 Millennio. 
 La famiglia è un cardine imprescindibile della società: di ieri, 
 di oggi, di domani.
 Basta vedere con quanta tenerezza due che si amano vogliono 
 anche un figlio per completarsi.
 Di che cosa parliamo quando parliamo di "famiglia cristiana"?
 Non parliamo di un ideale, proposto agli sposi cristiani; non 
 enunciamo un comandamento o una serie di prescrizioni 
 rispettando le quali realizzano l’ideale della famiglia 
 cristiana. Parliamo di una realtà: la famiglia cristiana non è 
 un "ideale"; è un "reale". Ma in che senso precisamente? 
 Ogni persona umana è creata da Dio: nessuno viene al mondo per 
 caso o per necessità. Non solo, ma come insegna S. Tommaso – 
 insegnamento fatto proprio dal Concilio Vaticano II – ogni 
 persona umana è voluta "per se stessa": non in funzione d’altro, 
 come invece accade per gli individui nelle altre specie viventi. 
 Ma è ugualmente certo alla luce della fede che nel disegno di 
 Dio la vocazione di ogni persona umana va oltre i confini del 
 tempo: ciascuno di noi esiste in vista della partecipazione alla 
 stessa vita divina (cfr. Gv 10.10). 
 La venuta al mondo di una nuova persona umana esige la 
 cooperazione dell’uomo e della donna. Quale cooperazione?
 "La nascita ha inizio da un’unione e a un’unione tende. In 
 questo sta l’amore" , anche se la cultura in cui viviamo, la 
 visione dell’uomo che ci è come imposta ha totalmente privato di 
 ogni serietà l’esercizio della nostra libertà. Se noi facciamo 
 un po’ di attenzione a noi stessi, vediamo che la serietà della 
 nostra libertà si rivela nella scelta: se tutto è in- 
 differente; se non c’è più una ragione per cui valga la pena 
 scegliere A piuttosto che B, le nostre scelte sono tutte 
 insignificanti. Hanno il solo senso di essere mosse dai nostri 
 gusti: la libertà si è ridotta a mera spontaneità .
 L’incontro uomo- donna [come ogni forma di socialità] può essere 
 realizzato nella forma di una contrattazione fra due opposti 
 egoismi, sulla base del presupposto che alla fine ci deve essere 
 parità fra il dare e l’avere…
 La visione dell’uomo fondata sul relativismo metafisico, sul 
 cinismo morale, sull’individualismo asociale, che ci viene in un 
 certo senso imposta dai grandi mezzi della produzione del 
 consenso sociale, è una vera e propria violenza fatta all’uomo: 
 la peggiore di tutte. Ora la verità non si lascia confutare: 
 niente e nessuno può cambiare il cuore dell’uomo. L’immagine di 
 Dio impressa dalle mani creatrici del Signore è incancellabile. 
 "L’uomo assomiglia a Dio non soltanto grazia alla natura 
 spirituale della sua anima immortale, ma anche grazia alla sua 
 natura sociale, se intendiamo quest’ultima come caratteristica 
 della persona che "non può ritrovarsi pienamente se non 
 attraverso un dono sincero di sé" [K. Wojtyla, Alle fonti del 
 rinnovamento, LEV 1981, pag. 57].
 La famiglia cristiana è ascoltata dall’uomo che ascolta le 
 ragioni del suo cuore. Dall’uomo cioè che non permette alla 
 cultura relativista, cinica ed individualista in cui viviamo, di 
 evacuare la grandezza della sua dignità e di abbassare la misura 
 della suo valore. 
 Naturalmente, la famiglia ha bisogno di un riconoscimento 
 pubblico, nel senso che non si può socialmente equiparare 
 "relazione coniugale- genitoriale" con altre relazioni sociali 
 [per es. libera convivenza]. Ma questo apre un’altra 
 riflessione, quella sociale- politica sul matrimonio e la 
 famiglia.
 Oggi tutti siamo solidali con quanti hanno bisogno.
 La solidarietà, elemento vitale nella vita pubblica, significa 
 libertà e allo stesso tempo responsabilità per gli altri: nella 
 famiglia, nel quartiere, nella città. La famiglia, certamente, è 
 una struttura fondamentale di solidarietà senza la quale ogni 
 tentativo di fondare su solide basi la vita pubblica fallisce 
 necessariamente. Lo Stato deve difendere e promuovere la 
 famiglia, perché la famiglia è la base fondamentale ed 
 insostituibile della società, come afferma Giovanni Paolo II 
 nell'Esortazione Apostolica post- sinodale Familiaris consortio: 
 "Il compito sociale delle famiglie è chiamato ad esprimersi 
 anche in forma di intervento politico: le famiglie, cioè, devono 
 per prime adoperarsi affinché le leggi e le istituzioni dello 
 Stato non solo non offendano, ma sostengano e difendano 
 positivamente i diritti e i doveri della famiglia. In tal senso 
 le famiglie devono crescere nella coscienza di essere 
 "protagoniste" della cosiddetta "politica familiare" ed 
 assumersi la responsabilità di trasformare la società: 
 diversamente le famiglie saranno le prime vittime di quei mali, 
 che si sono limitate ad osservare con indifferenza" (n. 44). 
 La famiglia deve emergere, in modo consistente, come fondamento 
 della società, nella vita pubblica degli Stati del terzo 
 millennio. Si tratta di riscoprire la dimensione pubblica del 
 matrimonio e della famiglia, allontanandosi dai tentativi di 
 privatizzazione che tendono a oscurarla. Le tendenze 
 privatistiche occidentali (che cercano di ridurre la famiglia 
 alla stretta dimensione privata, negando la sua dimensione 
 pubblica) si mostra, in questo aspetto fondamentale, in sintonia 
 con la grande povertà antropologica del marxismo. È nota la 
 profonda ambiguità, anche in questo senso, del marxismo che, 
 sostenendo i rapporti di produzione come fattore sociale 
 determinante, allo stesso tempo, nella sua concezione ideologica 
 "unitaria", quasi fosse "un unico pezzo d'acciaio", finisce per 
 rendere anche la politica qualcosa di totalizzante. Per questo 
 la famiglia rimane intrappolata in un sistema socio- 
 economico-politico inflessibile. In una simile prospettiva, la 
 "privatizzazione" serve a facilitare la trasformazione della 
 famiglia in qualcosa di meramente strumentale alla causa (cfr A. 
 López Trujillo, Liberación marxista y liberación cristiana, BAC, 
 Madrid 1974, 223-251; La liberación y el compromiso politico del 
 cristiano, Mensajero, Bilbao 1973, 92-100). 
 La famiglia è un fatto privato ma anche molto, ma molto aperto 
 al sociale. Con o senza figli. 
 E, soprattutto, non stiamo sempre zitti di fronte alle 
 aberrazioni di pseudo- famiglie.
 Maria de Falco Marotta
 
 GdS 10 II 2005 - www.gazzettadisondrio.it
