Roberto Ruffilli: la grande riforma

Riceviamo e pubblichiamo:

Il Coordinamento Nazionale dei piccoli Comuni
italiani riunitosi a Alice Bel Colle per definire le forme di
collaborazione con un gruppo di ricercatori guidati dal prof.
Bazeco del Dipartimento di Storia e Geografia della prestigiosa
università spagnola di Barcellona, impegnati in uno studio sui
piccoli Comuni della Catalogna ed interessati ad avere notizie
sui piccoli Comuni italiani, ha sentito l'esigenza di
approfondire con un' adeguata riflessione il tema della riforma
elettorale tanto dibattuta in questi giorni.

"Prendiamo atto, avverto il portavoce del Coordinamento dei
piccoli Comuni Virgilio Caivano, del totale stato di confusione
in cui versa la politica italiana e del clima di ricatto
trasversale messo in campo dalle forze politiche. Una classe
dirigente di basso profilo che offende ed umilia personalità che
nel recente passato hanno pagato con la vita per il loro
attaccamento alle Istituzioni e per il loro alto senso sello
Stato. In tutta questa palude non possiamo che rilanciare con
forza le tesi del Prof. Roberto Ruffilli, barbaramente ucciso
dalla Brigate Rosse nel 1987. Per Ruffilli, continua Virgilio
Caivano, prima i processi politici e poi gli strumenti che
dovevano favorirli. Non a caso per lui il sistema elettorale non
era la astratta organizzazione del consenso, o la formale
legittimazione del potere: lui cercava come organizzare, nella
realtà storica italiana, un processo che consentisse ai soggetti
politici di essere registrati per la loro forza, ma di creare
anche le condizioni per esercitare le loro responsabilità. Non
c'è mai superbia nelle analisi, nelle proposte di Ruffilli. Lui
non diceva questo è il modello, adesso adeguatevi e
realizzatelo. Le sue posizioni non erano mai funzionali a una
logica di arroganza: erano volte invece a creare un presupposto
utile al dialogo, in modo che da questo scaturisse poi la
valutazione comune. Era questo il rapporto tra intelligenza e
politica: non il professore saccente, né il professore orpello.
Lui provava a individuare la motivazione necessaria delle scelte
politiche, che poi è il fondamento etico della democrazia. Fu
con questo spirito che durante gli anni Ottanta, Ruffilli
costruì con estrema pazienza quel raccordo con gli altri partiti
che condusse poi alla prima intesa che dette l'avvio al processo
riformatore lungo tre direttrici: la revisione del
bicameralismo, la riforma dei regolamenti parlamentari e quella
della Presidenza del Consiglio. Non era conosciuto al grande
pubblico del Paese, Ruffilli, quando invece era noto ed era
punto di riferimento per gli specialisti della politica
istituzionale. Di cultura cattolico democratica, grande
ammiratore di Aldo Moro, professore universitario prima di
diventare Senatore, era dunque un discreto quanto importante
protagonista della scena. Per questo venne ucciso con tanta
fredda determinazione. Non a caso, Ruffilli nelle sue
riflessioni aveva due punti cardinali. Il primo era la legge
elettorale, come condizione della stabilità dei governi e della
ripresa del processo democratico. Ma il secondo, e più
importante ancora, era la riforma delle istituzioni della
solidarietà, cioè come ripensare lo Stato sociale in termini di
garanzia reale della libertà dei cittadini. Ed è tutta lì
conclude Virgilio Caivano la grande attenzione di Ruffilli per i
piccoli comuni che con questo sistema elettorale maggioritario
hanno continuato a subire una logica dei grandi numeri fredda e
devastante come dimostrano impietosamente i dati della
desertificazione demografica".

Alice Bel Colle, 19 settembre 2005
Andrea Gisoldi


GdS 20 IX 2005 - www.gazzettadisondrio.it

Andrea Gisoldi
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