LA SCANDALOSA" BIENNALE D'ARTE DELLE DONNE (VENEZIA 12.6 - 6.11)

Al Ministro non far vedere... - Chi è Joana? - Chi è Regina Josè Galindo?

Al Ministro non far vedere...
Al Ministro della cultura Rocco Buttiglione durante
l’inaugurazione della 51.ma Biennale d’arte, non sono state
mostrate alcune opere di trasgressive artiste, per non
“spaventarlo” ancora di più dopo aver dovuto premiare con il
Leone d’oro under 35 Regina Josè Galindo, il cui video choc
“Himenoplastia” è un pugno nello stomaco, anche per i più
incalliti e spregiudicati cinici del nostro tempo.

Rosa Martínez, la curatrice dell'esposizione "Sempre un po' più
lontano" all'Arsenale di Venezia (Biennale d’arte 2005), dice che
è stata influenzata da uno dei libri di Corto Maltese,
personaggio di avventure e finzione ideato dallo scrittore
veneziano e disegnatore di fumetti, Hugo Pratt. Corto per lei
impersona il mito del viaggiatore romantico, indipendente,
sempre propenso al caso e al rischio, che attraversa ogni sorta
di frontiera per costruire il proprio destino.

Infatti, in questa Babele di finzione, di immaginario, di
fantasie che è la nostra vita, l'arte è una lotta nell'ordine
simbolico e i creatori più considerevoli sono coloro che aprono
nuove prospettive per la trasformazione linguistica, sociale e
ideologica.

Tale esercizio è arduo in un mondo dove le idee, le persone e i
prodotti circolano con grande velocità, dove gli artisti si
mimetizzano senza fermarsi, e dove le istituzioni lavorano la
cultura come un'industria di franchising, e dove il marketing è
la principale metodologia di azione (ma anche per lei).


La scelta "al femminile" è stata una scelta ponderata, in linea
coi tempi?

Secondo Maria de Corral( l’altra curatrice della Biennale d’Arte
2005).: "Le donne hanno uno sguardo più completo e globale che
non si ferma solo all'arte ma alla vita anche quotidiana. Si
preoccupano poco della formalità e molto del contenuto. Tentano
più di capire che di presentare qualcosa di "bello"".

Tra le tante artiste presenti alla Biennale che, certamente, non
si ripeterà nel futuro (su 94 artisti provenienti da ogni angolo
del mondo 35 sono donne) allo stesso modo, particolarmente
“chiacchierate” per la loro impudenza al limite della
sfrontatezza, si possono annoverare Joana Vasconcelos e Regina
Josè Galindo, entrambe giovani ragazze che si espongono in prima
persona per criticare in modo crudele la società globalizzata
che ci circonda e che, pare, uguale per tutti (tranne che per le
donne, specie di alcuni Paesi).

Chi è Joana?

. Joana Vasconcelos, nata a Parigi ma di sangue portoghese
(infatti vive a Lisbona), 34 anni, ha firmato una installazione
molto particolare: un gigantesco lampadario da soffitto
tradizionale, simile a quelli delle grandi case borghesi
ottocentesche, che al posto dei cristalli ha un'infinita serie
di assorbenti interni femminili. Invece che dai pendenti di
vetro, la luce filtrerà dai cordoncini. Il titolo : "A Noiva",
ovvero: la sposa.

L'autrice ha spiegato che "La mia scelta poetica rimanda a una
contraddizione. C'è il bianco tradizionale degli abiti da sposa
che rappresenta la verginità. C'è la realtà quotidiana del
tampone interno. Quindi da una parte un simbolo che non esiste
più, dall'altra la libertà anche sessuale delle donne dei nostri
giorni che certo non arrivano più vergini al matrimonio".

La “costruzione” risale al 2001 e in Portogallo viene
considerato come uno dei passi più significativi di questa
artista della nuova generazione.

A noiva è l'opera più spiazzante della sua decennale carriera ,
però anche le altre sue creazioni colpiscono per la miscela
esplosiva d'immaginazione, intelligenza e creatività, con cui
investe prodotti di moda, design, architettura, medicina,
religione, economia domestica (e politica), cambiando loro i
connotati con dissacranti spostamenti di segno.

Dalla cravatte svolazzanti di Air Row (2001), al motore di una
lavatrice rivestito da un arcobaleno di volteggianti collants
(Wash and go, 1998), sfiorando lo specchio incorniciato da
asciugacapelli che si accendono al contatto (Spin, 2001), fino
alle poltrone mutate in un'improbabile giostra (Ponto de
encontro, 2000). Molti non hanno dubbi sulle ragioni di chi l'ha
proclamata "giovane grande signora della scultura portoghese
contemporanea".

Sin dagli esordi nel 1994 (con Flores do meu desejo: 280 piumini

viola per un ironico car wash sentimentale), Joana promuove a
miglior vita le merci del consumo quotidiano, rituale,
tradizionale, facendone gli insospettabili arnesi di
un'eclettica opera artistica. Sovversiva. Sculture e
installazioni in movimento che stravolgono i luoghi comuni del
femminile (ma non solo), rovesciandone le forme oppressive per
trasporle in illuminanti varchi di libertà.

La scultrice scavalca i confini tra pubblico e privato, tra
artigianale e industriale, tra pop e kitsch, per una critica
della società contemporanea che affonda le radici in una sua
dichiarata “appartenenza” portoghese. Come l'installazione
www.fatimashop (2002): un furgoncino Ape parcheggiato davanti
allo schermo su cui scorre non- stop un video con l'artista alla
sua guida. La meta? Fatima. Alla stregua dei pellegrini che si
trascinano in ginocchio sulla spianata del santuario, o che
arrivano a piedi da ogni parte, in cerca di grazia divina. Il
vano posteriore dell'Ape è carico di madonnine fosforescenti che
durante la proiezione s'illuminano a intervalli: facendo luce
sui risvolti commerciali del culto mariano.

A noiva (la sposa), lo sfavillante lampadario ricreato per
l'Arsenale (Venezia, Biennale2005: 12 giugno- 6 novembre), i cui
cristalli sono costituiti da venticinquemila tamponi igienici incellophanati. Il bianco dei tamponi richiama quello dell'abito
da sposa, metafora della verginità, mentre i tamponi sono il
simbolo della libertà sessuale conquistata dalle donne.
Nonostante questa libertà l'uso dell'abito bianco persiste (ma
non solo in Portogallo), è diventato un lusso proprio come il
lampadario che ispira la scultura.

L'artista investe lo spazio pubblico mirando al mistero della
purezza, convertito dalle religioni patriarcali in un disumano
obbligo di interezza per la donna, di cui proprio il ciclo
mestruale fa le spese, fuorviando l'uso dei tamponi - destinati
a scomparire all'interno del corpo, occultando "quei giorni" -
per modellarne le scintillanti superfici di un'opera sovversiva
che s'illumina da sé.

Femminista, Joana? Per ora sì, perché dice( e non ha torto) che
la discriminazione delle donne è ancora una realtà: seppur con
sembianze diverse, nella sostanza non cambia. Per questo il
corpo del suo Burqa (2002) è composto da abiti femminili di vari
Paesi del mondo, coperti da un autentico burqa che resta in
sospeso, prima di precipitare al suolo, come ghigliottinato,
mentre Spot me (1999), tipica biglietteria calcistica
portoghese, il cui interno tappezzato di specchi e specchietti
evoca il moderno cilicio di una femminilità, afflitta da ideali
di bellezza ristretti in taglie extra- small.

E’ una artista “grintosa” di cui anche più avanti sentiremo
parlare.

Chi è Regina Josè Galindo?

Il Leone d'oro under 35 è stato assegnato a Regina José Galindo
(Guatemala), nella mostra "Sempre un po' più lontano" alle
Corderie dell'Arsenale, "per aver saputo dar vita nel suo
trittico performativo e documentativo, di forte impatto visivo,
a un'azione coraggiosa contro il potere".

Nata in Guatemala nel 1974, vive e lavora nella Repubblica
Domenicana. Ha partecipato a numerose mostre sia personali che
collettive in Guatemala, Spagna, Italia.

Invitata nella mostra internazionale di Rosa Martìnez,
all'Arsenale ha fatto svenire i visitatori con una operazione di
ricostruzione del proprio imene proiettata in video, ha
camminato per le strade del suo Paese immergendo i piedi in un
catino di sangue e poi a Venezia non ha esitato a fustigarsi in
pubblico fino a martirizzarsi (trecento colpi come le donne
assassinate nel 2005 in Guatemala.

Certo è la geniale trionfatrice di questa edizione numero 51
della Biennale di Venezia. A lei è andato infatti il Leone d'oro
in omaggio alla giovane arte. La giuria era presieduta da Ida
Gianelli, prossima curatrice del padiglione Italia 2007, quando
"riapparirà" il contenitore nazionale con grande gaudio di molti
intellettuali italiani che hanno fortemente criticato la
scarsissima presenza di artiste e artisti italiani che pure
abbandono nel nostro Paese ( e non è che si vuole fare dello
sciovinismo).

Regina ha un fisico minuto, un fascio di muscoli, ma tanta
determinazione. Si è infatti, segnata con il segno della croce
rivolta al muro ed è entrata in un box di cemento per frustarsi.
Nessuno poteva vedere il sacrificio, solo ascoltare il suo
dolore da fuori. Ha vinto "per aver saputo dare vita a un'azione
coraggiosa contro il potere".

Il suo è stato un modo di denunciarlo senza troppe parole che
ora se ne dicono tante e non concludono mai niente (Vedi in
Italia).


La condizione femminile
è un filo che lega molte opere di questa sezione: il
raccapricciante video sull'Imenoplastica della guatemalteca
Regina Josè Galindo o le streghe legate a un palo e pronte per
essere bruciate di Palma Vanga Weisz o le foto di attualità
della Cristina Garcia Rodero. Ci sono donne, Runa Islam, che
distruggono servizi di cucina e altre che promettono Ballerò
sulla tua tomba (ancora Pilar Albarracin) o che danzano come
fantasmi in una casa di specchi (l'installazione Folly della
brasiliana Valeska Soares).

Si può dire che la situazione culturale della mostra di Rosa
Martinez (spagnola) ricrea, proprio per la presenza di molti
artisti latino-americani, un ambiente che guarda più ai Paesi di
quello che un tempo era il Terzo Mondo che non al cuore
dell'Impero della politica e dell'arte, ossia agli Stati Uniti.

Nell'insieme questo è il pregio (e forse anche il limite) della
Biennale 2005, una biennale che riesce in molti casi a
stuzzicare la fantasia, proprio perché non ha di mira il trend.


Maria & Elisa Marotta



GdS 20 VI 2005 - www.gazzettadisondrio.it

Maria & Elisa Marotta
Società