Un’aria piuttosto “inconsueta” quella del ’77!
 LO 
 STRISCIONE
 Durante la conferenza stampa di "Lavorare con lentezza", di Guido 
 Chiesa, che lo ha diretto, prodotto da Domenico Procacci della 
 Fandango, insieme agli attori, all'improvviso dal fondo un 
 gruppo di ragazzi è arrivato di corsa davanti e ha srotolato uno 
 striscione. Sono gli intermittenti francesi, sbarcati al Lido 
 sulla no-global beach per portare il racconto della loro 
 esperienza: un anno di lotta, un movimento che va avanti anche 
 con fatica, rivendicazione contro una legge di mobilità 
 capestro, che non garantisce più i vari settori dello spettacolo 
 fuori contratto. E dove se non qui, mentre si parla di anni e di 
 un movimento, il `77, che era azione politica e scoperta, 
 invenzione di linguaggi e immaginari di ogni tipo, 
 rivendicazione del tempo liberato, specie dopo la crisi del 
 modello degli anni ’80 e ’90 che ha portato tutti ad essere 
 imprenditori di se stessi, con il risultato che si lavora di più 
 ma senza gli ammortizzatori sociali su cui potevano contare i 
 genitori? 
 Oggi si è più infelici e i giovani (hai voglia di stordirsi con 
 musiche oscene per rumore e futilità, con droghe di ogni genere, 
 con sesso più sfrenato e pericoloso che non si può.) si 
 divertono di meno.
 A Venezia, il cinema, a volte, mostra non solo qualcosa da 
 vedere.
 Cos’è stato il ’77?
 Per molti rimangono gli anni dell'austerity, dell'inflazione al 
 21%, del terrorismo, delle stragi. Per altri anni di liberazione 
 e divertimento. Nel movimento studentesco si fanno vedere, per 
 la prima volta, gli indiani metropolitani. La parola d'ordine è 
 ricerca dell'alternativa. Radio Alice (la storica emittente che 
 trasmise appena 13 mesi, dal 6 febbraio '76 al 12 marzo '77, 
 cambiando i codici della comunicazione radiofonica) è la voce 
 del movimento: fantasia, rifiuto del lavoro salariato, libertà 
 sessuale, provocazione. Grazie a questa , parecchi a Bologna (e 
 poi, in altre città), scoprirono la possibilità di un'altra 
 vita, sesso annesso. Una vita differente da quella che era in 
 serbo per loro. L’insieme delle storie parlano di oggi. E di 
 domani. 
 Il film di Chiesa è politico, esplicitamente dalla parte dei 
 giovani ‘compagni’, ma il più delle volte mostra gli aspetti che 
 disgregano 
 questa piccola comunità. Sembra proprio di quel tempo, ormai 
 lontano, superato. E’ un film non commerciale, che non dà spazio 
 alla 
 musica commerciale (prima regola di Radio Alice), che induce a 
 chiedersi: ma oggi, stiamo meglio o no?
 Il film: Lavorare con lentezza
 Titolo originale: Lavorare con lentezza
 Nazione: Italia -
 Anno: 2004 -
 Genere: drammatico -
 Durata :111’
 Regia: Guido Chiesa
 Cast: Tommaso Ramenghi, Marco Luisi, Claudia Pandolfi, Valerio 
 Mastandrea, Valerio Binasco, Jacopo Bonvicini, Max Mazzotta, 
 Massimo Coppola
 
 SINOSSI
 Bologna, 1976. Due ragazzi sui 20, Squalo e Pelo, possono solo 
 sognare una via d'uscita dal quotidiano grigio e opprimente. 
 Qualche volta per ovviare alla mancanza di denaro fanno dei 
 "lavoretti" per un ricettatore locale, Marangon, che propone 
 loro qualcosa di diverso... scavare un tunnel nel sottosuolo del 
 centro. Obiettivo: la Cassa di Risparmio di Piazza Minghetti. I 
 due, non senza tergiversare, accettano la rischiosa impresa. Per 
 vivacizzare le lunghe ore notturne di "lavoro", si portano nel 
 tunnel una radiolina. Contro ogni logica, si sintonizzano su una 
 stazione: Radio Alice che li intriga parecchio, così decidono di 
 andare alla sede dell'emittente. Inizia così per i due ragazzi 
 l'avventura in un mondo nuovo, eccitante.
 Infatti, lo slogan di Radio Alice una delle prime radio private 
 italiane, aperta a Bologna nel 1976, era :”Dare voce a chi non 
 ha voce". 
 Guido Chiesa con "Lavorare con lentezza", presentato in concorso 
 alla 61.ma Mostra del Cinema di Venezia, ne racconta la storia 
 narrandoci le vicende di coloro che direttamente o 
 indirettamente vi ruotavano attorno e del forte contrasto con le 
 istituzioni ma anche con la principale forza di opposizione, il 
 Partito Comunista Italiano; dell'insanabile frattura 
 generazionale generatrice di conflitti familiari; di concerti 
 nei parchi, di rapporti sessuali in una Renault 4, di canne a 
 tutte le ore del giorno.
 Il film, però, non va molto al di là della descrizione del 
 colore dell'epoca. E’ piuttosto riduttivo identificare gran 
 parte della ideologia dei movimenti di quegli anni al semplice 
 rifiuto del lavoro e di una vita intessuta di sacrifici (da cui 
 il titolo del film tratto da una canzone di Enzo Del Re che 
 apriva le trasmissioni di Radio Alice).
 L'operazione di raccontare un'epoca è lodevole ed interessante 
 come tecnicamente valide sono alcune riprese come quelle delle 
 cariche all'Università di Bologna dove rimarrà ucciso, colpito 
 da un carabiniere, il giovane venticinquenne Francesco Lorusso.
 Inchiesta archiviata, come per i fatti di Genova del 2001.
 Il regista Guido Chiesa
 Nato nel 1959 a Torino, è emigrato negli Stati Uniti nel 1983, 
 dove vi ha realizzato alcuni corti. Nel 1991 ha presentato a 
 Venezia il suo primo lungometraggio, Il caso Martello, cui ha 
 fatto seguito Babylon (1994). Interessanti alcuni suoi 
 documentari: Materiale resistente (1995), Nascita di una 
 democrazia (1997), Partigiani (1997), Non mi basta mai 
 (1999/2000). Nel 1998 ha diretto Una questione privata - Vita di 
 Beppe Fenoglio, per poi tornare sulle opere del geniale 
 scrittore piemontese con la riduzione cinematografica del 
 Partigiano Johnny (2000), presentato anche alla mostra del 
 cinema di Venezia.
 Il regista ha un passato molto intenso e carico di esperienze: 
 negli Stati Uniti, per esempio, nel 1983 ha lavorato in film di 
 Jim Jarmush (Stranger Than Paradise, Down By Law), Amos Poe, 
 Michael Cimino e Nicholas Roeg. Negli stessi anni ha realizzato 
 cortometraggi, ha pubblicato libri di musica e cinema, ed è 
 stato corrispondente dagli USA per varie testate giornalistiche 
 italiane.
 Domande & Risposte
 -
 Lei presenta una situazione del ’77 sconosciuta ai più. Come 
 pensa che i ragazzi di oggi arrivino a capire quella storia se 
 non conoscono cos’è il ’77 e sa poco o niente di quel tempo?
 Credo che ognuno capirà delle cose in base all'età, alla 
 cultura, alle informazioni che riesce a procurarsi. Io e i Wu 
 Ming (il collettivo di scrittori bolognesi già autore di Q e 
 54), non volevamo spiegare tutto, ci sono già abbastanza 
 prodotti omogeneizzati per uno spettatore «medio» e «ignorante». 
 Un ragazzo di vent'anni forse non sa cosa rappresentava Patti 
 Smith allora, magari neppure la conosce, ma ascolta la sua 
 musica che è un rock potente. Forse non capirà l'assalto 
 all'armeria ma penserà che a Genova vi è stata la stessa 
 violenza. Altri si sono divertiti a scoprire che quella storia 
 non era solo terrorismo e stragi, come la raccontano oggi, ma 
 gioia e rivoluzione insieme. Soprattutto, non volevo fare un 
 film solo per i «convertiti», i reduci del `77, che fosse 
 didascalico e banale. Volevo che fosse un affresco critico di 
 quegli anni.
 -
 Radio Alice, la radio che ha tenuto compagnia nel ’77 a molti 
 giovani rivoluzionari, è sullo sfondo. Non avete paura di 
 esservi dispersi troppo? 
 L'idea primaria era un racconto collettivo, dove Radio Alice 
 fungeva da sfondo per parlare del movimento bolognese, del 
 rifiuto del lavoro. Poi, in biblioteca ho letto la storia della 
 rapina, mi sembrava una bella metafora. Sopra gli studenti che 
 danno l'assalto al cielo, sotto i due proletari che cercano di 
 impadronirsi del capitale. In mezzo si intrecciano altre fatti 
 che hanno una funzione simbolica, esprimendo ciò che si viveva a 
 livello di esperienza collettiva.
 -
 E’ una cosa curiosa. The Dreamers di Bertolucci raccontava il 
 `68. Lavorare con lentezza è il `77, entrambi punti di vista di 
 chi, in modo diverso, ha vissuto quei momenti. Pensa che 
 l'interesse per un passato non tanto vicino ai ragazzi di oggi, 
 nasca anche dall'esperienza dei movimenti attuali, no- global e 
 via dicendo?
 In questo clima politico è importante raccontare da punti di 
 vista non istituzionali. Nel `77 finisce l'idea novecentesca che 
 l'obiettivo del movimento era la presa del Palazzo d'inverno. La 
 rivoluzione significa felicità attraverso la creazione di spazi 
 autonomi, del tempo liberato dalla logica del profitto. Sul 
 piano culturale il '77 è stato un'esplosione, da lì arrivano i 
 tanti personaggi che hanno colorito quel tempo.
 -
 Si può tracciare un parallelo tra l'epoca di Radio Alice e 
 quella di Internet?
 Oggi le possibilità offerte da strumenti come Internet e il 
 digitale sono notevolissimi, ma credo che nel corso del tempo si 
 sia un po' perso il senso della riflessione che su questi 
 strumenti si era sviluppata. Con la nascita del movimento di 
 Seattle mi è sembrato giusto andare ad esplorare una parte 
 significativa del nostro passato.
 -
 Lei ha detto che questo film è dedicato ai giovani di tutte le 
 generazioni: del passato, ma anche del futuro.
 Nel film, poi, c'è un’idea molto importante riguardante il 
 lavoro. Negli anni Settanta c'era una sorta di rifiuto del 
 lavoro salariato e in fabbrica. Oggi, invece, ci ritroviamo in 
 un'epoca in cui malgrado siano sempre di meno le persone che 
 sono impiegate in fabbrica, lavoriamo molto più di prima (circa 
 il venti per cento di ore in più) guadagnando in proporzione 
 sempre lo stesso, se non addirittura di meno. Nel frattempo sono 
 scomparse le garanzie sociali che si erano costruite a cavallo 
 degli anni Cinquanta e Settanta. Oggi crediamo che il centro 
 della vita non debba essere il lavoro, ma la felicità delle 
 persone. In questo senso quella del lavoro è una tematica 
 decisamente molto attuale., come la felicità.
 -
 In Lavorare con lentezza lei dedica molto spazio al contrasto 
 generazionale costruito intorno alla concezione stessa del 
 lavoro.
 Il contesto storico è cambiato, perché nell'ultimo quarto di 
 secolo il capitalismo è riuscito in maniera molto convincente 
 nell'esporre un'idea intergenerazionale e interclassista 
 riguardo al fatto che tutti dobbiamo diventare imprenditori di 
 noi stessi. Addirittura, gran parte della gente è stata convinta 
 che tramite l'acquisto delle azioni poteva diventare parte del 
 benessere collettivo. Poi è bastata la prima crisi per fare 
 ritrovare i poveri , più poveri di prima. E questo perché i 
 ricchi non hanno avuto certo grossi danni dai crolli post 11 
 settembre. Riflettere su quel tipo di contrasto era necessario 
 per offrire una lettura del film a più livelli e renderlo, così, 
 attualissimo.
 -
 Nel film non si avverte nessuna nostalgia per gli anni Settanta.
 Non è solo un elemento cinematografico, ma anche di ordine 
 politico. Non ho esigenze idenditarie. Alcuni film usciti negli 
 ultimi anni, dedicati al '68 o alla Resistenza, spesso e 
 volentieri pellicole anche molto apprezzabili, hanno la 
 caratteristica comune di volere essere quasi un messaggio 
 rivolto ad una comunità allo sbando ovvero, genericamente, al 
 popolo della sinistra. In quei film era presente un messaggio 
 preciso sull'idea di non sentirsi così soli e così male. 
 L'equivalente del discorso fatto da Nanni Moretti a Piazza 
 Navona. Io non condivido il suo pensiero. Non ho mai avuto dubbi 
 riguardo all'idea di dove mi trovo e da che parte sto. Non sento 
 l'esigenza di avere dei leaders. Se non si trovano dei leaders 
 per la sinistra dipende dal suo elettorato e non da chi è a 
 capo. Se non ci sono parole forti a sinistra in grado di 
 rimettere insieme delle energie, dipende dalla sinistra stessa e 
 non dal fatto che dall'altra parte ci siano dei cattivi. La 
 situazione attuale deriva dall'incapacità della sinistra di 
 sviluppare dei progetti, delle parole d'ordine e anche dei miti 
 che non siano, però, dei monumenti, bensì qualcosa di vivo che 
 passa attraverso la gente. Se questo non succede è un problema 
 nostro che non ha nulla a che vedere con il dovere recuperare un 
 senso di identità. Se recuperi qualcosa sei nostalgico 
 dell'identità che avevi prima e la nostalgia diventa un elemento 
 addirittura reazionario.
 -
 Cos’è per lei il ’77?
 Il '77 è il movimento studentesco, il desiderio di libertà, la 
 lotta al sistema, la rivoluzione dell’anima, le pulsioni 
 rivoluzionarie di una gioventù cresciuta a pane e ideali. 
 -
 Perché il cinema italiano sente, molto spesso, il desiderio di 
 ritornare al passato?
 Forse per molti registi è così. Sentono la nostalgia per tempi 
 in cui la parola impegno non era considerata un’offesa come 
 adesso e la politica non era stata ridotta a questa banalità 
 della chiacchiera quotidiana. Per alcuni c’è anche il fatto che 
 in certe epoche c’è stata una maggiore presa di coscienza della 
 realtà storica. 
 -
 Perché non rappresentare una storia ai giorni nostri?
 Non ha importanza l’epoca in cui viene rappresentata una storia. 
 I preti durante la messa leggono la Bibbia e da secoli si 
 soffermano sulla parabola del Figliuol prodigo. Ma loro non 
 pensano al passato, la contestualizzano nel nostro tempo. E così 
 un film: non ha tempo passato, viene visto e letto nel presente.
 Filmografia
 LAVORARE CON LENTEZZA RADIO ALICE 100.6 MHZ 
 di Guido Chiesa.
 Con Claudia Pandolfi, Valerio Mastandrea, Tommaso Ramenghi, 
 Marco Luisi, Valerio Binasco, MASSIMO COPPOLA, Max Mazzotta, 
 Jacopo Bonvicini
 Drammatico, Italia 2004
 IL PARTIGIANO JOHNNY DVD | VHS | NOLEGGIO 
 di Guido Chiesa.
 Con Andrea Prodan, Stefano Dionisi, Claudio Amendola, Alberto 
 Gimignani, Fabrizio Gifuni, Giuseppe Cederna
 Drammatico, Italia 2000
 NON MI BASTA MAI VHS 
 di Guido Chiesa.
 Con Daniele Vicari, Vincenzo Tilafro, Ebe Matta, Piero Perotti, 
 Pasquale Salerno, Gianni Usai
 Documentario, Italia 2000
 PARTIGIANI 
 di Guido Chiesa, Davide Ferrario, Antonio Leotti, Marco Simon 
 Puccioni, Daniele Vicari.
 Con Giuseppe Cederna, Gabriele Benedetti, Luciano Ligabue
 Documentario, Italia 1997
 Maria & Elisa Marotta
 GdS 20 X 2004 - www.gazzettadisondrio.it
