VOLONTARI IN GUERRA: UN CASO VALTELLINESE

Di seguito, - è un'anteprima - ciò che ho appena scritto per il ns libro sulla Storia della Grande Guerra in Valtellina", sui Volontari nella Guerra ed il caso del Prefetto Guicciardi.

Più sotto, sempre dal libro sui volontari pubblicato nel 1955, quanto si legge sui Garibaldini in Francia, nel 1914.

Devo ammetterlo: nel leggerlo, nel comporlo, avevo un nodo alla gola.

La domanda che mi pongo è. avevano ragione loro od hanno ragione quelli di oggi?

Certo è meglio vivere. ovvio.

Ma è preferibile morire per un ideale, magari discutibile, o nelle "stragi del sabato sera" ?

La domanda NON è oziosa.

Si parla sovente del fatto che gli USA, in Irak, abbiamo perso circa 3200 uomini, in 4 anni. In Italia pare muoiano 5.000 giovani all'anno, nelle "stragi del sabato".

La storiografia del primo dopoguerra aveva dato un forte risalto al Volontariato militare durante il conflitto. Quella del secondo dopoguerra, soprattutto dagli anni ’60 in poi, forse anche per motivazioni ideologiche, ha sovente trascurato (per non dire peggio ..) tale fenomeno. Che in realtà in Italia aveva profonde radici; basti pensare a quanto fecero i Volontari durante il nostro Risorgimento. Il caso dei Mille è emblematico ma in Valtellina non si fu certo da meno: la nostra provincia, nel ’48, ’59 e nel ’66, fu di fatto difesa proprio da formazioni di Volontari.

Il Volontariato italiano nella Grande Guerra inizia … in Francia! Forse oggi non sono in molti a ricordare che i nipoti di Garibaldi organizzarono una Legione Garibaldina che nel ’14 si recò in Francia, chiaramente sulle orme del Nonno che nel 1870 era accorso a difendere i nostri vicini sui campi di Digione, Legione che combatterà valorosamente subendo molte perdite, tra i tanti, Bruno e Costante Garibaldi.

In altri approfondimenti abbiamo citato i Volontari Alpini e i Volontari Ciclisti ed Automobilisti. A proposito dei primi, di recente è stato nuovamente stampato in Valtellina un bel volume che racconta le vicende delle due Compagnie di Volontari Alpini che, raccolti tra Como, Milano e Bergamo, oltre che in Valtellina, furono accasermati a Morbegno per il necessario addestramento e poi spediti allo Stelvio ove sovente costituirono una formazione di punta delle nostre truppe. Il volume raccoglie le foto di tutti i Caduti, sono 41. Se pensiamo che le due Compagnie avevano una forza complessiva di poco più di 200 uomini, il conto è presto fatto: il 20% dei Volontari restò sul campo. Una percentuale elevatissima in base alla quale è giusto riconoscere che molti interventisti ebbero poi la coerenza di partire per il Fronte da cui molti di loro non tornarono.

Ancora un dato, ancora più impressionante: Filippo Corridoni era un sindacalista di punta che si era duramente e fermamente opposto all’impresa di Libia. Ma fu altrettanto decisamente interventista nel 1915. Il 23 ottobre dello stesso anno moriva durante un assalto alla Trincea delle Frasche sul Carso. Il volume Storia delle Fanterie italiane – I Volontari di guerra, pubblicato a Roma nel 1955, ricorda che l’esempio di Corridoni fu seguito da ben 218 sindacalisti, di essi 69 caddero sul campo.

Anche la Valtellina ebbe i suoi Volontari. Ed a nostro avviso la figura che meglio rappresenta tale fenomeno è quella di Luigi Guicciardi, che proveniva dall’omonima nobile famiglia tellina.

Nato nel 1856, aveva militato nei Bersaglieri per 13 anni, congedandosi da Tenente. Aveva poi intrapreso la carriera amministrativa arrivando ad essere Prefetto di Ferrara, Rovigo e Pavia. Questa città gli fu fatale; nel 1913 gli studenti scesero in piazza per manifestare contro la decisione di Vienna che negava a Trieste l’Università italiana. Vi furono scontri ed incidenti ed il Prefetto tenne un atteggiamento che fu ritenuto troppo favorevole ai manifestanti anti-asburgici. Così il nostro Guicciardi fu pensionato; ritornò nella sua Valtellina ove per qualche mese nel 1915 assunse la carica di Presidente della Banca Popolare di Sondrio. Ma il 18 giugno 1915, pochi giorni dopo la dichiarazione di guerra, il Guicciardi, a 59 anni, decise che era suo dovere partire per il Fronte. L’età, le cariche, le sue conoscenze e competenze, avrebbero sicuramente potuto fargli ottenere un tranquillo posto dietro una scrivania al Comando Supremo ad Udine od in qualche altro Ente Territoriale ove, al sicuro, avrebbe potuto ugualmente affermare d’aver fatto il Volontario.

Preferì andare in trincea ed il 12 luglio 1915, in Valle dell’Isonzo, colpito da una scheggia di granata moriva.

Prima di partire scrisse ad un amico: « ..Così non avendo per ora figli al campo ho pensato bene di andarvi io, e mi sono arruolato, non essendo più capace ad altro, in Fanteria. Attendo di giorno in giorno l’ordine di pormi in viaggio pel mio destino! Credo sarò il solo soldato volontario di professione Prefetto a riposo, ma spero di non rappresentare indegnamente la classe … »

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Da "Storia delle Fanterie Italiane - I Volontari " :

" ... Fu in quella azione che morirono Costante Garibaldi ed il Tenente Lamberto Duranti, di Ancona, il quale, benché morente, uscì dalla trincea gridando "venite a vedere come muore un Garibaldino!".

Edmond Rostand così scrisse per immortalare il fatto:

Regardez comment meurt un Garibaldien

Crie un homme en tombant dans la melée hagarde.

La France, s'egenouille aupres de lui, regarde

Et, grave, se relève en disant "Il meurt bien"

Per chi non sapesse il francese, pure se si perde molto, nella traduzione:

Guardate come muore un Garibaldino

Grida un uomo cadendo nella mischia truce

La Francia s'inginocchia presso di lui, guarda

E grave, si rialza dicendo "Egli muore bene"

Nemo Canetta

Nemo Canetta
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