I RACCONTI DI CRISTINA: CATERINA È FINALMENTE ANDATA IN RUSSIA

Due anni. Sì, la preparazione spirituale di Caterina al suo viaggio in Russia è durata due anni. Corso serale sulla prerivoluzione, rivoluzione e post-rivoluzione. Studio del russo. Impegno intenso ed intensivo, corso serale, ascolto e riascolto di dialoghi registrati da Ludmilla su cassetta. Dialoghi di un vecchissimo corso, acquistato almeno una trentina di anni fa. Assolutamente improbabili, per cui Caterina ha imparato le parole più strane, dette nelle situazioni più assurde. Esempio: …lo specchio è troppo alto, non posso radermi comodamente. Allora metterò una scatola davanti allo specchio. Attenzione però perché io sono una persona pesante...

Oppure: il panettiere a volte è gentile e a volte no, il diavolo sa cosa gli passa per la testa.

E ancora, bisogna dimenticare una parola sette volte prima di poterla ricordare.

Non ci crederete, ma la parola radersi è stata utile perché il marito di C. ha dimenticato il rasoio e trovarne uno usa e getta a Pietroburgo è stata avventura non da poco. Se ne è scovato uno in una farmacia piuttosto squallida, dove nessuno parlava una parola d’inglese o francese, ma c’era un bel gatto accoccolato sul bancone.

Per mancanza di tempo la scelta è caduta su un viaggio organizzato.

L’inizio del viaggio si svolge come da copione, occhiate furtive per vedere chi saranno i compagni, lamentele e recriminazioni da parte dei soliti rompiscatole, richieste strane e sistemazione in albergo. Stanchezza.

Un’intera famiglia bergamasca è venuta in Russia perché il papà di Luca, due anni, deve partecipare alla maratona di Leningrado. Tutti gli altri temono la presenza di un bambino così piccolo in un viaggio così impegnativo. Luca sorprenderà invece tutti per il suo bel carattere e diventerà il beniamino di tutti,

Telefonare a casa è difficile. Col cellulare costa una cifra, dall’albergo anche di più.

Caterina e marito decidono di munirsi di una carta telefonica da usare dalle cabine pubbliche. Sarà un’ordalia, un dispendio enorme di denaro ed energie. Non c’è in Russia una carta telefonica uguale ad un’altra. Il russo di Caterina in questo groviglio di carte si è dimostrato assolutamente inadeguato. Verso la fine del viaggio ha imparato che esistono centri Telekom da cui si può telefonare per poco in tutto il mondo. Si dà un anticipo all’impiegata poco volonterosa, si aspetta pazientemente in coda, si entra nella cabina, si compone il numero, si parla, e si paga il tutto.

Pietroburgo, Pietrogrado, Leningrado, di nuovo San Pietroburgo. Quanti nomi ha cambiato la città. Trionfo di palazzi settecenteschi costruiti da architetti italiani. Pietroburgo non è russa, è il sogno europeo di Pietro il Grande. Immaginiamo le più ricche regge europee del settecento, più grandi, più sfarzose. Più, più, più. Épater les bourgeois.

Il famoso Ermitage, finalmente!

La competente guida russo-coreana trascina i poveri turisti per una maratona attraverso il museo. Quattro ore di corsa per ammirare splendidi capolavori, in immense sale dorate. Troppo. Altro che sindrome di Stendhal.

Dopo aver visitato un’altra lussuosa reggia di campagna Caterina e marito approfittano di un pomeriggio libero e decidono di visitare il Museo Russo.

Perché è così poco reclamizzato il museo russo? Caterina ci passerebbe delle giornate intere, purtroppo ha a disposizione solo poche ore. Le icone, gli impressionisti russi, il famoso quadro dei bardotti del Volga di Ilia Repin, sui cui corpi e volti si legge la fatica del loro lavoro inumano, i giocatori in stanze fumose e disordinate, i cacciatori che fraternizzano coi loro servi della gleba, i mietitori, i paesaggi invernali e primaverili che sembrano quadri naif, il ritratto di Tolstoj vestito da contadino, e tante altre scene di vita russa di tutti i giorni vista dagli artisti della dell’ottocento e di inizio novecento, che meglio di tanti libri aiutano a capire la storia di quel popolo. Così come le avanguardie, i futuristi e, ahimé, i quadri propagandistici di regime aiutano a capire i sogni, le illusioni e la tragedia. Ma è storia, storia russa e anche un po’ nostra.

Cercano, Caterina e suo marito, di parlare con le loro brave guide. Si accorgono che è molto difficile. Il regime è caduto, ma i russi non hanno ancora storicizzato i settant’anni di comunismo. Criticano, giustamente, i “Nuovi Russi”, che noi chiameremmo mafiosi, che si sono arricchiti troppo rapidamente col nuovo regime, deplorano l’abbandono alla loro sorte dei vecchi e dei più deboli le cui pensioni non riescono a far fronte all’inflazione, temono l’aumento della criminalità e il diffondersi della droga. Ammettono però che per i giovani, soprattutto a Mosca, ci sono più occasioni, c’è più libertà di informazione, c’è libertà di culto.

Le chiese russe. Sono riapparse, come d’incanto con le loro cupole dorate. Sono piene di gente che prega. Tutti danno un piccolo obolo al povero handicappato che mendica all’ingresso. Nostalgia del Folle di Dio? Faticose le funzioni della chiesa ortodossa. Non ci si può assolutamente sedere e durano ore. I canti però sono toccanti, bellissimi. L’oro delle chiese russe rappresenta Cristo. Cristo e oro sono parole simili in greco ( Xristos e Krysos), e nelle chiese si mescolano. Le icone sono sacre, si prega davanti all’icona. Gli iconografi sono religiosi. Rublev, il più grande, è stato fatto santo. In ogni casa c’è l’angolo rosso – rosso in russo ha la stessa radice di bello – dove si prega davanti all’icona.

Una pia donna insegna a Caterina a fare il segno della croce come lei, con tre dita, che simboleggiano la trinità. E’ molto soddisfatta del risultato.

Molti monasteri sono in fase di restauro. Quasi dappertutto si possono osservare fotografie di rivoluzionari che si accaniscono contro campane, icone o luoghi sacri. Oppure che testimoniano lo stato di abbandono in cui si trovavano i luoghi di culto durante il periodo staliniano. Erano adibite a magazzini e depositi, alcune persino a cinema, molte sono state proprio distrutte. Prima, durante e dopo la cura. Solo verso gli anni sessanta, con Krutschev si è cominciato a restaurare e rivalutare l’arte sacra.

A Pietroburgo non ci si può sottrarre all’escursione in barca lungo la Neva e i canali della città. E’ fine giugno, il periodo delle “Notti Bianche”. La luce è magica, va dal rosa del cielo, all’azzurro dei canali, ai colori pastello dei palazzi che vi si riflettono.

Si accorge a un tratto Caterina che un ragazzino corre lungo i canali. Eccolo lì sul ponte, Saluta i passeggeri sul battello sottostante che continua la sua corsa. Il ragazzo è più veloce, adesso lo hanno visto tutti. Ce la farà? Certo, è ricomparso sopra il ponte successivo. Manda un bacio. Tutti applaudono. Altro che maratona. Ormai i gitanti guardano più lui dei palazzi, il gioco affascina ancora più delle bellezze della città.

Ci sono troppi mendicanti a San Pietroburgo. Ma tutti si ingegnano, per non perdere la dignità. C’è chi vende cartoline, libri, acqua, chi suona, e chi fa le corse coi battelli. Antica è la tradizione circense russa. E allora quando il battello attracca tutti sono felici di poter ricompensare Dima (Dimitri) – così si chiama il nostro atleta – podista quattordicenne di Pietroburgo. Non c’è solo lui a chiedere l’elemosina, ci sono anche due fratellini tristi, tristissimi, nove e sei anni, Vova e Ania. Anche loro ricevono qualcosa, ma perché sono così tristi? Anche questo non si saprà mai.

Pietroburgo vive del suo antico splendore. In certi luoghi il tempo si è davvero fermato. Come in quell’immensa sala da pranzo, in un palazzo stile liberty, dove una soprano in abito lungo turchese riesce a sovrastare l’assordante vocio di centinaia di turisti, accompagnata da un bravo pianista, senza microfoni. Alla fine del pranzo saluta, imbarazzata, col vassoio delle offerte in mano.

A Suzdal, la perla dell’Anello d’Oro , c’è un museo all’aperto di costruzioni lignee. Chiese, dacie, isbe. C’è anche una casetta più grande, tipica della borghesia rurale. Caterina, che ha una certa curiosità per le figure retoriche, l’espressione le sembra infatti un ossimoro, chiede, ma come poteva esserci una borghesia rurale?

Avevano dei servi della gleba, risponde la guida locale, erano un po’ più ricchi. Allora erano i Kulaki , suggerisce Caterina, fatti sterminare da Stalin. Forse, risponde la guida locale con il suo italiano enfatico.

Caterina è sorpresa dalla grandezza e dall’opulenza di Mosca dopo aver percorso chilometri e chilometri di campagna non coltivata quasi deserta, boschi e boschi di betulle e larici. Ha visto povere isbe, cadenti, misere, vecchie contadine col capo coperto che vendono qualche ortaggio ai margini delle strade. Ha attraversato città grigie e rettangolari, dove non è stato ancora cambiato nome alle strade e alle statue. Lenin e il partito sono ancora molto presenti nella toponomastica provinciale.

A Vladimir i nostri turisti sono incuriositi dal numero di coppie di novelli sposi che si fanno fotografare su una sorta di belvedere. Brindano, si baciano, e clic! Sembra che i russi si sposino fino a tre volte col beneplacito della chiesa e che sia uso il giorno delle nozze farsi fotografare accanto ai monumenti più importanti delle città.

A Mosca certi grattacieli, in stile neoclassico staliniano, ricordano i palazzi di Gotham City, la città di Batman. In uno splendido parco si alternano bambini che giocano e ragazzi che sfrecciano veloci sui loro pattini a rotelle fra carri armati e cannoni, all’ombra dell’altissimo monumento alla Vittoria. Vittoria e guerra, guerra e vittoria, onnipresenti nella memoria marmorea. Anche l’albergo non è da meno. Si trova infatti di fronte al parco spaziale con altro obelisco, sormontato questa volta da un missile.

Migliaia di stanze, ventuno piani, pochi ascensori ma lenti, lunghe attese per salire e scendere. Guardie della sicurezza dappertutto. Una hall il cui frastuono non è inferiore a quello della stazione centrale di Milano, con in più un’infilata di slot machines lampeggianti, orde di turisti penitenti che seguono senza espressione le loro guide. Un inferno moderno.

Colazione e cena in enormi ristoranti self-service. Il cibo è abbondante, ma la qualità non eccelle. Molti turisti accuseranno un forte mal di pancia il giorno successivo.

Un nostro compagno di viaggio incontra un conoscente sulla Piazza Rossa.

La visita a Mosca è telegrafica, la guida trascina i forzati lungo la metropolitana, la cui prima linea è stata aperta nel 1935. Si parte proprio dalla stazione Kiev. Grandi mosaici propagandistici illustrano le condizioni idilliache dei Kolchoz ucraini e l’amicizia fra il popolo ucraino e il popolo russo sotto lo sguardo sorridente del Baffone. La brava guida Elena spiega che Stalin desiderava che il popolo moscovita potesse godere della bellezza e dell’arte sempre, anche quando si recava al lavoro in metropolitana. Bello, dice Caterina, ma ha avuto una gran faccia tosta Stalin a volere dei tali quadri dopo aver causato la morte per fame di milioni di poveri ucraini negli anni trenta. Sì, può darsi, forse è così, risponde Elena.

Ultima tappa, la visita alla mummia più celebre del mondo. Con grande emozione Caterina e marito si mettono in coda per rendere il dovuto omaggio alla Storia. Il momento è solenne. Ai morti si deve rispetto. Entrano nel famoso mausoleo e sostano un attimo in religioso silenzio al cospetto del corpo mummificato di Lenin. Sanno che forse fra qualche tempo non ci sarà più, che forse alla povera mummia sarà data umana sepoltura. Medita sulla storia Caterina. Medita sul più grande esperimento di utopia terrena mai tentato su questo mondo. Medita, ma non ha risposte, solo tante domande, tante curiosità. E’ tutto troppo recente.

Il viaggio si è così degnamente concluso. Caterina non ha ancora scoperto l’anima russa ma le è rimasta una certa nostalgia, una voglia di tornare, di capire, di vedere di più, di parlare con la gente, di assaporare la Russia con la neve... Ricorda alcune parole dette di recente da Mario Rigoni Stern, “…noi siamo stati aiutati dai poveri contadini russi, ma non sfondavamo la porta con un calcio o col fucile, bussavamo e chiedevamo permesso...” .

Cristina Cattaneo

NOTE:

Il Sacro folle o Folle di Dio è figura particolare nella tradizione russa. Religioso, asceta, guaritore, folle in Cristo, discendente forse dagli sciamani asiatici, vagava per il paese vivendo di carità in cambio di preghiere, predizioni e guarigioni. Letteratura e arte sono popolate da Sacri Folli, così come la Storia. Rasputin può essere considerato il più tipico e famoso dei Sacri Folli.

Rosso: krasnij, bello : krassivij, bellissimo: prekrasnij.

L’Anello d’Oro è la regione a nord-est di Mosca, che comprende le più antiche città russe con i loro cremini, santuari e splendide chiese.

Vari e rivelatori i termini russi per indicare il contadino: kulak, mugik e krestiani. Kulak indica il ricco contadino, ma anche pugno, mugik deriva da mug – uomo, krestiani deriva da krest- croce.

Cristina Cattaneo
Società