LO STILE E IL “MODO ITALIANO” SONO INIMITABILI (1).

LO STILE E IL “MODO ITALIANO” SONO INIMITABILI (1).

C’è un “modo italiano” che subito nel mondo viene indicato come tale?

Sicuramente sì e sicuramente ne possiamo essere orgogliosi.

Il Mart di Rovereto, questo museo che è all’avanguardia come struttura ospitante eventi di arte contemporanea, ha chiesto ai curatori della mostra, Giampiero Bosoni e Guy Cogeval, di raccogliere gli oggetti più significativi del Novecento per offrire ai visitatori una panoramica soddisfacente della creatività italiana che spesso ha anticipato gusti e tendenze che si sono poi espressi al massimo nel design, ma anche nella pittura e nella scultura. Le varie arti, nel corso del secolo scorso, hanno contribuito all'apertura dell'Italia alla modernità, nel design, in particolare, il nostro Paese ha conquistato un ruolo di leader in campo internazionale a partire dal secondo dopoguerra.

I curatori hanno selezionato 380 oggetti emanatisi dalla pittura, scultura, fotografia, disegni architettonici, dai mobili alle creazioni in vetro, dalla moda alla ceramica ed hanno intitolato la rassegna “ Il Modo italiano. Design italiano e avanguardia nel XX secolo” (Rovereto, 03 Marzo - 03 Giugno 2007). E’ certamente una proposta innovativa di largo respiro, volta a documentare il design e il suo rapporto con le arti visive e con la produzione industriale del XX secolo. Le opere, che si muovono liberamente in un arco di tempo che va dal 1890 ad oggi, provengono da collezioni pubbliche e private italiane e planetari.

L'innovativo taglio del progetto consiste nel testimoniare la contiguità di molte discipline artistiche che hanno favorito lo sviluppo del design europeo.

La creatività italiana, in questo contesto, si è rivelata capace di anticipare gusti e tendenze che si sono poi espressi al massimo nel design, ma anche nella pittura e nella scultura.

Il percorso espositivo segue l’evolversi dell’oggetto da creazione artigianale, unica e eccezionale, al design industriale che ne riproduce la bellezza in quantità illimitate. Nei vari spazi espositivi le opere d’arte sono messe in relazione con oggetti che, progettati da designer attenti alle ricerche artistiche, sono stati prodotti a livello industriale portando così lo spirito nuovo della creazione artistica nella casa degli italiani.

Le problematiche affrontate nei primi anni del ‘900 dal Futurismo e dalla Metafisica di de Chirico, Carrà e Morandi sono riemerse con il Razionalismo di Terragni, Baldessari e Albini e hanno trovato una risposta nel Novecento di Sironi, Muzio, Ponti. Il dibattito ha subito un successivo rinnovamento attraverso la visione critica della società dei consumi proposta dagli esponenti del Radical Design (Archizoom, Pesce, Mendini e altri) e dell'Arte Povera (Merz, Pistoletto, Kounellis) a metà degli anni Sessanta. A ciò è seguita la soluzione alla crisi della modernità nei tardi anni Settanta, guidata dal gruppo di Memphis condotto da Ettore Sottsass che ha superato i confini che dividevano da sempre le espressioni artistiche, arti maggiori e minori, rimanendo fedele al principio secondo cui i passaggi dall’una all’altra di queste espressioni sono fluide, non esistendo linee di demarcazione fra scultura, pittura, architettura, design.

Il Modo Italiano propone una ricognizione inedita di tutti questi legami, esplorando i diversi e complessi modi di vedere, interpretare e rappresentare la società industriale in Italia attraverso gli occhi di architetti, artisti, e designer.

Parole per capire

Design, parola inglese che indica un progetto, un disegno, adottata a livello internazionale, passando da un ambito puramente industriale all’elemento estetico. Proprio in corrispondenza alla diffusione della produzione industrializzata , seriale, nasce l’esigenza di un procedimento che attraverso l’artigianato riconducesse il prodotto a bisogni estetici oltre che funzionali. Pioniere dell’armonizzazione fra forma e funzione fu , in Germania, nell’ambito del Bauhaus, W. Gropius teorico del legame inscindibile fra architettura, arti visuali, operatività.

In Italia il ritardato processo di industrializzazione permise di sfruttare le conquiste fatte nell’ambito del design in altri Paesi apportandovi però la propria impronta distintiva , la propria originale creatività al punto da influenzare a sua volta anticipando gusti e tendenze poi imitate ovunque. Motoscooters( Vespa, Lambretta), Macchine da cucire e da scrivere ( (La famosa Lettera 22 dell’Olivetti) automobili ( Pininfarina, Bertone) sono gli strumenti attraverso i quali il design italiano si è affermato nel mondo, ma è soprattutto con i mobili di arredamento che l’Italia ha conquistato il primo piano.

Radical Design

Il Radical Design nasce in Toscana e si espande influenzando prima Milano, poi l’Europa ed infine tutto il panorama internazionale. Tra gli anni Sessanta e Settanta il modo di fare architettura e di progettare cambia radicalmente e per la prima volta non risponde più solo ai criteri di razionalità e funzionalità ma alla comunicazione delle emozioni. Il primo a compiere questa “rivoluzione” è Ettore Sottsass ed è attraverso di lui che i “radicali” scoprono le potenzialità progettuali del design. Con Sottsass la materia, il colore, il decoro tornano ad essere strumenti essenziali del progetto, e con essi la comunicazione di ogni processo emozionale. Il progetto può essere racconto di sé, allegoria di pensieri e desideri, può trascrivere anche attraverso un mobile o un oggetto, quasi ‘in diretta’, il flusso di ogni personale divenire. Ma è a Firenze che nasce l’esperienza “radicale” con Archizoom e Superstudio, Ufo e Pettena (che si caratterizzeranno, almeno inizialmente, i primi per le influenze pop ed i secondi per il rapporto con l’arte “povera”, con il concettuale ed il comportamentale) che tra il 1965 e il 1979 producono progetti e prototipi ironici nei pensieri e nei linguaggi, critici e innovativi nelle funzioni, mobili e al tempo stesso luoghi, vere e proprie allegorie del pensiero di una generazione. Altri designers si uniranno poi a loro: Mendini, Pesce, Buti, Strum, Dalisi, Raggi, interpreti di un clima sperimentale di piena vitalità.

Arte povera è un movimento artistico sorto in Italia intorno alla metà degli anni '60 tra Roma e Torino. Nasce nell'ambito della cosiddetta arte concettuale in aperta polemica con l'arte tradizionale, della quale rifiuta tecniche e supporti per fare ricorso, appunto, a materiali "poveri" come terra, legno, ferro, stracci, plastica, scarti industriali, con l'intento di evocare le strutture originarie del linguaggio della società contemporanea dopo averne corroso abitudini e conformismi semantici. Un'altra caratteristica del lavoro degli artisti del movimento è il ricorso alla forma dell'installazione, come luogo della relazione tra opera e ambiente, e a quella dell'"azione" performativa. Germano Celant, il critico d'arte al quale si deve il nome, mutuato dal teatro di Jerzy Grotowski, e la teoria del movimento, afferma che l’arte povera si manifesta essenzialmente "nel ridurre ai minimi termini, nell’impoverire i segni, per ridurli ai loro archetipi". Gran parte degli artisti del gruppo – Giovanni Anselmo, Jannis Kounellis, Mario Merz, Giuseppe Pennone, Michelangelo Pistoletto - manifestano un interesse esplicito per i materiali utilizzati mentre alcuni – segnatamente Alighiero Boetti e Giulio Paolini – hanno fin dall’inizio una propensione più concettuale.

Il razionalismo italiano ingloba tutte quelle correnti architettoniche che partendo dal futurismo si sono sviluppate in Italia negli anni venti e anni trenta del XX secolo in collegamento con Il Movimento Moderno internazionale, proseguendo in vario modo in frange sino agli anni settanta. Dal punto di vista costruttivo il razionalismo adottò pienamente la progettazione in serie di pezzi prefabbricati (come gli infissi in acciaio), da porre velocemente su strutture portanti a griglia in cemento armato, rifuggendo da qualsiasi decorazione applicata e privilegiando superfici pure a intonaco.

NOVECENTO

Il Novecento è un movimento artistico che investe sia le arti figurative che la letteratura e la musica, negli anni '20 e '30 del secolo scorso. Si inserisce nel generale clima del "ritorno all'ordine", ispirandosi alle forme pure e nette dei Primitivi già esaltati dalla forma-volume di Valori Plastici. I soggetti preferiti erano la natura morta, il paesaggio, il ritratto, e scene di vita quotidiana fissate in una dimensione immobile e a temporale. Nel campo della pittura i suoi inizi risalgono alla mostra del 1922 alla Galleria Pesaro di Milano, dove espongono artisti quali A. Funi, E. Malerba, P. Marussig, U. Oppi e M. Sironi. Il movimento ha la consacrazione ufficiale alla Biennale di Venezia del 1924, e si afferma decisamente con la Prima e Seconda Mostra del Novecento Italiano, svoltesi a Milano nel 1926 e 1929. Il principale sostegno teorico veniva dato da M. Sarfatti, che cerca di definire l'intero movimento. Tuttavia questo rimane composito, riunendo artisti di varia tendenza, che infatti prendono posizioni differenti rispetto ai valori epico- popolari imposti dal regime fascista negli anni Trenta.

Notizie tecniche

Il Modo Italiano. Design italiano e avanguardia nel XXesimo secolo - Mart Rovereto - Corso Bettini, 43, 38068 Rovereto (TN)

Tel: 800 397 760; 0464 438 887 - www.mart.trento.it

3 marzo - 3 giugno 2007 - A cura di: Giampiero Bosoni- Guy Cogeval

Maria & Enrico Marotta

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Società