I RACCONTI DI CRISTINA: FALSI, FALSI STORICI, CREATORI DI MITI E LEGGENDE

Una “sedia”.

Una vecchia sedia da cucina impagliata, come se ne trovano ancora nei casolari di campagna. A chi poteva venire in mente di farne un quadro? Un quadro che ormai non ha più prezzo. Un quadro che i proprietari di case lussuose vorrebbero nei loro saloni dove una povera sedia come quella non troverebbe certo posto. Ma di sedie così ce n’è una sola. In un museo.

Una “cameretta” come si dice adesso.

Quando si impara una lingua straniera uno dei primi compiti è “Descrivi la tua camera”. Si imparano le parole necessarie nel nuovo idioma: letto, armadio, sedia, specchio, finestra, tavolo e quadri. Con queste poche parole si può descrivere una stanza. Ma dipingerla?

Van Gogh, pittore pazzo oltre alla sedia ha dipinto una stanza.

Si vedono nei musei dei bravi pittori che osservano e riproducono fedelmente questi capolavori. Sono bravissimi. Ma io non credo che Van Gogh copiasse gli altri quadri.

Non ho visto La Gioconda riprodotta da Van Gogh.

Si dice che certi falsi siano più belli degli originali. Perché no. Sembra che ci sia anche un fiorente mercato dei falsi. Sono diventati falsi d’autore.

Ma chi ha avuto per primo l’idea di dipingere una povera sedia impagliata? Lui, Vincent, pittore pazzo. E i girasoli, fiori poveri, trascurati dai fioristi? Chi aveva mai dipinto dei girasoli prima dei suoi? E quella stanza sbilenca con i mobili squinternati?

Non sono un’esperta d’arte, ma quando vedo un quadro dell’Arcimboldo ne sono ammirata e turbata al tempo stesso. Vere e proprie illusioni ottiche. Capita infatti che per osservare un particolare si perda la visione d’insieme e viceversa, ed ecco che pesci, molluschi conchiglie e granchi così minuziosamente riprodotti si trasformano come per incanto in un volto umano.

Certo adesso un bravo esecutore potrebbe costruire bambini con salsicce, uova e mortadelle, automobili con angurie, meloni e zucchine, fanciulle con orchidee, calle e gigli, ma l’idea l’ha avuta lui per primo, l’Arcimboldo.

Ecco perché i falsari di quadri non mi disturbano, al contrario mi fanno pena, perché hanno dovuto rinunciare, probabilmente per bisogno, al loro sogno di gloria.

A chi nuocciono se non a coloro che per avidità e ignoranza vogliono il dipinto di un autore famoso piuttosto che l’opera di un pur valente sconosciuto?

Di tutt’altro genere sono i falsari d’idee, i costruttori di menzogne. La storia è piena di episodi anche clamorosi di “falsi storici”. Si va da un falso testamento di Pietro il Grande, ai terribili Protocolli dei Savi di Sion, fino ai recenti falsi diari di Hitler, per citarne solo alcuni.

La fine dell’ottocento è stato un periodo particolarmente fecondo in questo senso. C’era sete di mistero, di poesia, di sentimento, di leggende. Si volevano riscoprire le radici antiche dei popoli, gli antichi miti, le origini leggendarie, su cui fondare i sentimenti di appartenenza nazionali. Andavano di moda medium e sedute spiritiche, società segrete, sette esoteriche.

E’ in quel periodo che si creano antiche e romantiche leggende, dal Guglielmo Tell svizzero al Golem di Praga, e chissà quante altre. E’ in quello stesso periodo che ritorna di moda il mito di Parsifal e della leggenda del Santo Graal. Pensiamo a Wagner.

Due personaggi di quel tempo mi hanno particolarmente colpito per la loro astuzia e creatività. La prima è Madame Blavatsky, un’avventuriera-studiosa di famiglia tedesca residente in Russia, sposata giovanissima a un uomo molto più vecchio di lei, subito abbandonato per viaggiare in tutto il mondo, Europa, America e finalmente India, dove studiando con i mahatma (maestri) hindu scopre di avere speciali poteri psichici e si dà all’occultismo e allo spiritualismo, fondando addirittura la “teosofia”, dottrina pseudo-religiosa che conta ancora oggi parecchi seguaci. Nei suoi libri non c’è niente di scientifico, ma molte, troppe ipotesi affascinanti e azzardate, impossibili da verificare. E’ lei probabilmente che ha iniziato le moderne correnti dell’orientalismo e della New Age, anche se non si riesce a capire con quanta buona fede. Nei suoi scritti (La Dottrina Segreta, Iside Svelata, La chiave della Teosofia) c’è di tutto, da riferimenti alla cabala ebraica e alla gnosi cristiana, alle credenze degli antichi egizi e quelle hindu. Il linguaggio è comprensibile naturalmente solo agli iniziati alla sua dottrina.

Ho cercato in rete informazioni su questa donna eccezionalmente abile a divulgare le sue teorie occulte, e mi ha spaventato vedere il numero di siti a lei dedicati, tutti laudativi. Il fatto che già a suo tempo fosse stata accusata di falso e di plagio viene sempre trascurato.

Leo Taxil, pseudonimo di un francese vissuto a cavallo del secolo, invece, prese addirittura due piccioni con una fava, perché, simulando una falsa conversione, riuscì a gettare fango e menzogne sia sulla massoneria che sulla chiesa cattolica, il tutto con copiosa produzione di testi dotti, invenzione di nuove pratiche massoniche rivolte al culto di Lucifero, e confessione finale della assoluta falsità di tutta la messinscena.

Il fatto che non ci fossero ancora né radio né televisione a fare da cassa di risonanza a notizie del genere, le faceva probabilmente durare di più nel tempo e, come sempre capita in questi casi, ogni volta venivano raccontati con aggiunta di particolari succosi, per accontentare la curiosità morbosa dei lettori. Era infatti il tempo dei feuilletons, romanzi d’appendice, essendo la lettura una delle poche distrazioni accessibili e a buon mercato.

E’ triste constatare tuttavia come ancora oggi persistano nell’immaginario popolare questi pregiudizi e queste storie false di riti satanici e sanguinari, vere e proprie leggende metropolitane ante litteram, a proposito della Massoneria, che è ben altro.

Ma la sete di antico, mitico e leggendario, era nata già da tempo, pensiamo ai romanzi di Walter Scott, che cantavano le gesta degli antichi eroi scozzesi, forse in contrapposizione con il poco esemplare presente (non c’è niente di nuovo sotto il sole). E’ logico quindi che personaggi dotati di immaginazione così fervida da credere essi stessi nelle loro invenzioni riuscissero a diffondere magnifiche leggende, rinunciando persino alla paternità pur di vederle accettate come veritiere.

Thomas Chatterton non aveva nemmeno diciotto anni quando si avvelenò per il dispiacere nella seconda metà del ‘700. Aveva infatti “scritto” un poema da attribuirsi a un autore del cinquecento e per parecchio tempo l’autenticità del manoscritto fu accettata. Poi i dubbi. Malato, povero e depresso pose allora fine alla sua vita. La figura di questo sfortunato poeta, perché tale era, è stata tuttavia ben presto riabilitata ed ha persino ispirato grandi poeti romantici come Rimbaud.

Un altro grande creatore di miti è stato il contemporaneo scozzese James McPherson, che “traducendo e trascrivendo” il poema di Ossian, bardo gaelico del 3° secolo, ha a sua volta ispirato poeti come Goethe e Foscolo, producendo così una reazione a catena che si è protratta per tutto il secolo successivo. E’ triste pensare che questi due giovani artisti siano passati alla storia più come “impostori” che come veri poeti.

In altri casi, forse più fortunati, la “bufala” è così originale che fa passare in seconda linea il suo ideatore. C’è ancora qualcuno oggi, per esempio, che non sa che il kilt è il costume tipico scozzese, che non sa che ogni clan ha i suoi colori, il suo tartan? Chi non ha mai sentito barzellette o battute sugli uomini che portano questa gonna?

Non c’è americano con nome che inizia per Mac che non sia andato a controllare a quale clan appartenga, di quali colori sia il suo tartan, dove si trovi il suo castello e che fantasma ci abiti.

Ebbene, tutto questo è possibile grazie a due simpatici fratelli, Sobieski Stuart di cognome, che un secolo prima di Totò, riuscirono ad inventare per sé e per tutti gli scozzesi che lo desiderassero la giusta ascendenza con il giusto “tartan”.

Prima di tutto il nome. Stuart, chi non ricorda Maria Stuarda, regina di Scozia? Poi la discendenza, nientemeno che da quel Bonnie Prince Charles, leggendario e sfortunato eroe scozzese, e da un suo fugace incontro con una nobildonna. L’altro nome, Sobieski, guarda caso, era anche il nome della famiglia reale polacca e della madre dello stesso Bonnie Prince Charles.

L’aspetto. Sempre impeccabilmente agghindati con Kilt e accessori .

Le conoscenze giuste. Un aristocratico generoso, il conte di Lovat, mise a loro disposizione un castello dove poter lavorare con tranquillità alla loro opera: il “Vestiarium Scoticum”, catalogo assolutamente completo e attendibile, ma inventato da loro stessi, di tutti i tartan e relativi clan, ancora oggi la principale fonte di riferimento per sapere a che clan appartengono i colori del kilt comprato alla Scotch House di Londra.

Purtroppo non essendoci ancora né i diritti d’autore, né i talk-show televisivi ed essendo venuto a mancare il generoso conte di Lovat, anche questi due “creativi” ante-litteram finirono in miseria. La regina Vittoria infatti non credette alle loro pretese di parentela e negò loro ogni aiuto.

E oggi? C’è ancora spazio per la creazione di miti e leggende così originali? Si sente ancora il bisogno di occultismo, spiritualità e dottrine misteriche? Ci saranno ancora artisti in grado di architettare ingegnose invenzioni storico-cultural-religiose come queste? Forse sì, a giudicare dalla proliferazione di astrologi, maghi, guru e sette varie, anche se raggi X, analisi al carbonio, enciclopedie, documenti e biblioteche consultabili con un semplice clic da casa nostra, permettono controlli più approfonditi e scientifici. Ma sarà possibile falsificare con arte una tela tutta bianca o lacerata nel mezzo? L’informatica non spiazzerà completamente il professionista, abile riproduttore di magnifiche opere, togliendogli così il pane di bocca?

Chissà, l’immaginazione umana è sempre molto feconda quando si tratta di imbrogliare, quindi dobbiamo avere fede.

Cristina Cattaneo

Cristina Cattaneo
Società