UN MONDO MIGLIORE È ANCORA POSSIBILE (FORSE).-1-

La protagonista del film di “In questo mondo libero”di Ken Loach che alla 64. ma Mostra del cinema di Venezia, ha raccolto un sacco di applausi, è Angie, una donna energica e piena di grinta che lavora presso un’agenzia di reclutamento. Quando viene licenziata di punto in bianco, decide di mettersi in proprio e di aprire, assieme all’amica Rose, la sua propria agenzia di reclutamento con un doppio fine: aiutare le persone che ne hanno bisogno e guadagnare finalmente un po’ di soldi per mantenere il figlio, con cui sta assieme sempre meno. Angie, è il motore vivente di questo film che parla di sfruttati e sfruttatori, tra padroni e classe operaia, ma questa volta la situazione è genialmente ribaltata, cioè alla fine la grintosa, quanto simpatica Angie si metterà(ahimè) dalla parte degli sfruttatori. Però Angie, pur mancando di una vera e propria istruzione, possiede una buona dose di energia, spirito, ambizione ed è soprattutto nel fiore degli anni(31 o poco più). Dopo una vita disordinata alle spalle e stanca di questo tran tran, ha ora qualcosa da dimostrare e sente che questo è il suo momento. La sua agenzia di lavoro interinale assieme a Rose, una ragazza con la quale condivide l’appartamento, è in una zona degradata tra criminalità, uffici di collocamento e immigrati da collocare. Svolge assolutamente, un compito pazzesco in un mondo brutale, schifoso, ricattatore, assolutamente non “femminile”. Ma lei, ce la fa, proprio per la ragione che ha imparato il peggio dagli uomini e non ha paura. Questo racconto mette in discussione, facendo da contrappunto, il miracolo anglosassone del lavoro flessibile, della globalizzazione, dei doppi turni e della moltitudine di consumatori incommensurabilmente felici: cioè noi, che non ci accorgiamo mai di quello che c’è dietro. Il fatto più avvilente, secondo me; è stato che nella conferenza stampa ha parlato solo il grande Loach. Ciò prova, ancora una volta, quanto le donne intelligenti, capaci debbano essere, in Questo mondo libero, soggette agli uomini.

Il film: In questo mondo libero

titolo originale : It's a Free World...

nazione: Gran Bretagna

anno: 2007

regia: Ken Loach

genere: drammatico

durata: 96 min.

distribuzione: Bim Distribuzione

cast: K. Wareing (Angie) • J. Ellis (Rose) • L. Zurek (Karol) • S. Soric (Toni) • R. Mearns (Andy) • F. Pruti (Emir) • R. Kaim (Jan)

sceneggiatura: P. Laverty

musiche: G. Fenton

fotografia : N. Willoughby

montaggio: J. Morris

Trama

Due giovani donne, Angie e Rose, deluse dal lavoro e dai continui ingiusti licenziamenti, riversano tutti i loro sogni nel progetto di un’agenzia che offra lavoro alle migliaia di disoccupati stranieri emigrati in Inghilterra dai Paesi dell’Est europeo. L’impresa non è semplice da portare avanti e le difficoltà non poche, ma la buona dose di energia iniziale può far credere che qualcosa di buono può nascere. È difficile però rimanere puri di fronte a tanti soprusi e ai primi guadagni… e anche se gli intenti alla base sono onesti, l’egoismo potrà rivelarsi difficile da controllare.

Chi è il regista

Kenneth Loach nasce a Nuneaton, nel Warwickshire, il 17 giugno del 1936. Muove i primi passi in teatro alla facoltà di giurisprudenza alla quale si è iscritto, e nel 1963 viene reclutato dalla BBC come aspirante regista televisivo., però si fa le ossa attraverso la serie poliziesca "Z Cars". Nel 1965 incontra il produttore di sinistra Tony Garnett e con il suo aiuto realizza dieci puntate delle "Wednesday Play", che, nel corso di sei anni, ridefiniscono i parametri della rappresentazione televisiva britannica, sia in termini di contenuto politico, che di potenziale drammatico. Erano gli anni del ritorno del Labour Party al governo con Harold Wilson (1964) ed il clima per questi mutamenti radicali era certamente favorevole. Loach dal 1965 al 1967 documenterà la vita degli abitanti di un sobborgo fra i più poveri a Londra, dove degrado sociale, disoccupazione, alcolismo sono gli aspetti più reali di questa gente e dove la grandezza della "bella Londra" appare irraggiungibile. Il 1967 sancisce il suo esordio cinematografico con "Poor Cow", ma è con "Family Life" (1971) che il regista si impone all'attenzione della critica internazionale. Un film duro, asciutto, quasi documentaristico, che parla di una ragazza anticonformista , cresciuta in una famiglia piccolo borghese, che vede frustrate tutte le sue aspirazioni e che , per questo, cade in depressione. Un racconto che mette in luce un clima di alienazione e di castrazione tipico della classe media inglese e che denuncia la cecità e l'ottusità della struttura socio-assistenziale di quel paese (tema ricorrente anche in altri suoi film). Nei successivi 20 anni Loach continua a lavorare per la televisione con qualche intermezzo nella produzione di lungometraggi. Nei primi anni 90 Loach torna al cinema . Esce in quel periodo un suo film capolavoro "Riff Raff " (1991) ; un film di lotta sulle drammatiche condizioni di lavoro degli operai inglesi nel periodo di regime Thatcher. I soprusi, le mancate concessioni dei più elementari diritti sul lavoro, porteranno all'esplosione della rabbia dei lavoratori con conseguenze drammatiche. Il film riesce a non scivolare nel vetero- operaismo e, grazie all'umorismo pungente tipico del regista inglese, stempera la drammaticità degli argomenti . Il 1993 è l'anno di "Piovono Pietre", mentre nel 1994 esce un altro film , uno dei più grandi lavori di Loach: "Ladybird, Ladybird", un ritratto toccante della condizione del proletariato femminile, della maternità alle prese con la burocrazia del "welfare inglese". Successivamente Loach abbandona la realtà sociale del proletariato per affrontare un tema che ancora oggi divide ed appassiona : il drammatico evento della guerra di Spagna del 1936, la guerra fra i franchisti (appoggiati da nazisti e fascisti) ed il fronte diviso e confuso della sinistra formata da anarchici, socialisti, comunisti, rivoluzionari, stalinisti. Una guerra civile lacerante, un simbolo, per il regista inglese, di come una battaglia , si possa perdere quasi esclusivamente per colpa di divisioni interne causate dalla piaga della ideologia totalizzante (lo stalinismo sovietico). Il film è "Terra e Libertà" (1995) ed è un capolavoro con sequenze fortemente emotive (lo scontro fra anarchici e radicali socialisti e le truppe spagnole filo-sovietiche…), un racconto che affonda le proprie radici nella storia che dobbiamo conoscere per non dimenticare e per non commettere gli stessi errori. Nel 1996 è la volta della "Canzone di Carla" un film girato per metà in Scozia e per metà in Nicaragua. E' la storia di un autista di Glasgow che si innamora di una ragazza nicaraguense e la segue quando lei ritorna in patria per proseguire nella rivoluzione. Ma la conoscenza diretta della guerra "sporca" che si combatte in Nicaragua non sarà facile da accettare per il giovane scozzese.(Difatti a Venezia, dove fu presentato, ebbe una tiepida accoglienza). Il regista inglese si riprende alla grande con "My name is Joe" (1997) un bel film ambientato in Scozia. La storia mette in evidenza la storia d'amore che coinvolge Joe ed una ispettrice di sanità, anche se poi le maledette vicende della vita li porteranno a staccarsi. Nel 2000 esce "Bread and Roses" un altro bel film crudo ed ironico che tratta dei clandestini arrivati in America a fare i lavori più sporchi per i signorotti americani. Gente sudicia che non parla inglese, senza diritti, sfruttata dai loro stessi connazionali. Certo esiste la possibilità di riscatto come descritta nel film (i sindacati delle pulizie vincono la loro battaglia per i diritti minimi dei lavoratori), ma quello che Ken Loach ci racconta in modo così reale e senza retorica, è veramente impietoso nei confronti del liberismo imperante. Nel 2001 gira "Paul, Mick e gli altri", una storia di un gruppo di ferrovieri che finiscono in cassa integrazione. Ambientata a Sheffield la storia segue le crisi personali e familiari di un gruppo di amici. Un film in cui gli uomini parlano ad altri uomini con parole di vita. E poi (Sweet Sixteen, 2002), dove descrive con una cura minuziosa la quotidianità del vivere adolescenziale. Successivamente, si unisce prima a Mira Nair, Sean Penn, Amos Gitai, Inarritu e Lelouch nel film corale 11 settembre 2001 (2002), che racconta, in piccoli episodi, le conseguenze di quel catastrofico giorno che ha cambiato gli assetti politici del nuovo millennio; e poi a Ermanno Olmi e Abbas Kiarostami in Tickets (2004). Paradossalmente, si mette perfino dalla parte dei terroristi con il film che gli ha fatto finalmente vincere la Palma d'Oro a Cannes: Il vento che accarezza l'erba (2006) con Cillian Murphy, dove ci trasporta nell'Irlanda del 1919-22 durante la guerra civile contro l'Inghilterra dei Lords.

Non amato in patria per evidenti motivi, è stato considerato un anti-patriota, il comunista. In ogni caso, il suo genere quasi documentaristico, piace moltissimo al pubblico e alla critica. E il suo ultimo film, In questo mondo libero, ne è una prova toccante.

Domande & Risposte

Prima di tutto, pur essendo il tema piuttosto scottante del suo film le rivolgeremo alcune domande proprio sulla sua interprete che riteniamo veramente eccezionale, in quanto rappresenta molto bene la donna in “carriera” del nostro tempo:

Da dove nasce questa storia?

Negli anni ’90 ho girato un documentario sul porto di Liverpool, dal titolo “The Flickering Flame”, in un momento in cui i portuali avevano vissuto un lungo conflitto con il governo per riuscire a preservare l’integrità del loro lavoro contro la più completa occasionalità che sta prendendo piede. Il modo in cui la sicurezza del lavoro è scomparsa, favorendo la nascita di agenzie di lavoro temporaneo è, secondo me, un tema molto importante e completamente dimenticato. E’ un fatto che ha cambiato la vita delle persone, il risultato di una decisione politica, che potrebbe essere contrastata. Purtroppo però nessuno si oppone. Tutti i partiti politici, dai laburisti, ai conservatori, ai liberali, sono a favore di questo mercato. Vogliono tutti che sia così. La chiamano ‘modernizzazione’ e la considerano una legge di natura, un fenomeno che deve accadere per forza. Invece io credo che si tratti di una decisione politica che sta facendo gli interessi di un’unica classe, e che la gente comune è stata indotta a credere che questo sia l’unico modo in cui possiamo vivere. Ma non è così. Nel 2000 avevamo già fatto Bread and Roses, che parlava degli immigrati messicani a Los Angeles, e poi è uscito Un bacio appassionato che racconta le vicende della seconda generazione degli immigrati pakistani; Paul, Mick e gli altri, 2001, parlava invece di un gruppo di operai della ferrovia che lottano contro la privatizzazione. Sono tutti temi in qualche modo collegati, che si riallacciano all’attuale scandalo del crescente sfruttamento dei lavoratori stranieri in Gran Bretagna. I turni e le modalità di lavoro, l’interesse nell’immigrazione e negli immigrati, la vita che conducono, ciò che li spinge a venire: sono tutti temi che confluiscono in questa storia.

Avreste potuto raccontare una storia più estrema. Perché avete scelto questa vicenda?

Perché volevamo che il pubblico si identificasse con queste due donne, Angie e Rose. Se il protagonista è troppo ‘estremo’ la gente può rifiutarlo all’inizio. Invece deve pensare: “Beh, è una situazione piuttosto comune... se non lo fa lei, lo farà qualcun altro… il mercato è molto competitivo, quindi anche lei deve esserlo… deve ricavarsi un suo spazio, quindi deve essere abbastanza dura all’inizio …” Lo spettatore deve poter comprendere la sua logica e, alla fine, scoprirne la malvagità. Angie è una donna che incarna lo spirito di questa nostra epoca. Nel giro di qualche mese, verrebbe eletta la donna d’affari dell’anno! (sicuramente!)

Che tipo è questa Angie?

E’ una donna sulla trentina, con un figlio, Jamie. Ha fascino ed energia, e proviene da una famiglia operaia molto rispettabile e molto orgogliosa. Le sue capacità non hanno mai trovato uno sbocco; inoltre ha vissuto una serie di relazioni sbagliate, e la sua ambizione è rimasta frustrata, rispetto a quel che sognava di ottenere. Ora però ha la sua grande occasione, sa di potercela fare e ce la mette tutta. Ha raggiunto un punto nella vita in cui sente che se non farà qualcosa ora, dopo sarà troppo tardi. In questo momento sente di avere l’età giusta. Angie è il prodotto della controrivoluzione thatcheriana, che ha posto l’accento sugli affari e sulle capacità imprenditoriali, che ha premiato l’atteggiamento in cui ci si fa strada e si cerca di avere successo sgomitando. E’ una donna accattivante, ma non la classica buona amica. E questo si capisce dal modo in cui la trattano gli uomini. E’ vivace, frequenta i locali. Ma nessuno è disposto a trascorrere con lei neanche una settimana.

Come ha scelto Kierston Wareing nel ruolo di Angie?

Insieme a Kahleen Crawford, la direttrice del casting, abbiamo visto centinaia di persone nel corso di tre o quattro mesi. Abbiamo incontrato Kierston sei o sette volte e ogni volta la facevamo improvvisare. Si è rivelata sempre superiore alle aspettative: sempre simpatica, divertente, briosa e piena di sorprese. Poi è una persona amabile, cosa che aiuta quando devi lavorare per tanto tempo a stretto contatto con qualcuno.

Cosa cercavate nel suo personaggio?

La capacità di essere amabile ma anche spietata. Deve essere dura. Sentimentalismo e spietatezza, due cose che spesso vanno a braccetto. Penso che Kierston abbia interpretato benissimo questi due aspetti. E’ un libro aperto, le si legge tutto negli occhi.

Perchè secondo lei l’industria del cinema non l’aveva notata?

Ci piace prendere in considerazione quelle persone che l’industria non ha ancora ‘sfruttato’. Spesso queste persone non si inseriscono nel facile e blando modello utilizzato dalla televisione. Kierston esprime spigolosità, una certa intransigenza. Forse non era mai stata scritturata perché trapela qualcosa di pericoloso in lei, qualcosa di insolito che non trova facilmente il giusto corrispettivo nel mondo dello spettacolo.

E’ stata la storia a produrre il personaggio di Angie o viceversa?

Le due cose vanno di pari passo. Era un personaggio capace di svolgere quel lavoro e di esistere nel maschile mondo degli affari e della competizione; inoltre, anche se non lo ammetterebbe mai, Angie inconsciamente si considera una femminista. Il suo pensiero è: ‘Perché le donne non possono fare quello che fanno gli uomini?’ La trovo un personaggio molto contemporaneo. Non avrebbe fatto quello fa se non fosse vissuta in questo periodo storico.

Dopo diversi film ambientati altrove, perché è tornato a Londra?

Laverty ed io abbiamo pensato a Londra come al cuore dell’Inghilterra. Paul è scozzese e ovviamente ama scrivere del suo paese, ma non voleva che questo problema risultasse radicato esclusivamente nella realtà dell’est dell’Inghilterra. Si tratta di situazioni che si verificano ovunque, che sono ormai il cuore del sistema economico, ed è interessante osservare l’ipocrisia con cui viene trattato questo problema. Da un lato la gente afferma che l’economia non potrebbe sopravvivere senza questa forza lavoro sotterranea; dall’altro, la destra vorrebbe espellere tutte queste persone dal paese. Una totale ipocrisia.

Lo scopo di questo film è di scioccare o di indurre a cambiare comportamento?

Lo sfruttamento è cosa nota a tutti. Quindi non si tratta di una novità. La cosa che ci interessa di più è sfidare la convinzione secondo la quale la spregiudicatezza imprenditoriale è l’unico modo in cui la società può progredire; l’idea che tutto sia merce di scambio, che l’economia debba essere pura competizione, totalmente orientata al marketing e che questo è il modo in cui dovremmo vivere. Ricorrendo allo sfruttamento e producendo mostri.

Il suo film può considerarsi una tragedia?

Certo, ma è nella logica del business e del profitto di queste persone. C'è un consenso stabilito che l'organizzazione attuale del lavoro sia l'unica possibile per garantire il progresso e avere un futuro. Molti sono convinti che questa situazione sia ineluttabile e che non esista un'alternativa. Non è vero: c'è sempre un'altra maniera possibile per fare le cose. E' fondamentale che non permettiamo a questa gente di convincerci che questa politica è ispirata da una forza della natura. Non è giusto che una parte della popolazione sia povera e un'altra sia incredibilmente ricca. Come è possibile che gli immigrati guadagnino quattro Euro all'ora, mentre i banchieri portano a casa quattordici milioni di Euro all'anno? Quando hai una disuguaglianza tanto plateale, non puoi fare altro che sfidarla. Non possiamo accettare questo sistema di cose e dobbiamo fare qualcosa.

Secondo Lei, il suo film, potrà cambiare qualcosa?

Può contribuire al dibattito ponendo determinate domande, ma, certo, è solo un piccolo film: non si tratta né di un movimento, né di un'organizzazione. Non possiamo crederci troppo importanti.

Lei è ottimista?

Dipende tutto da come ci organizzeremo nel frattempo e di quale tipo sarà la nostra reazione. Quello che accade nel mondo non è mai inciso nella pietra. Può essere modificato. Cambiare sta a noi e alle nostre scelte di esseri umani. Il dramma è che ci sono storie 'incredibili' riguardo al lavoro. Cosa accade in Cina oggi? Come è possibile che il successo dei nostri supermercati sia connesso alle condizioni inumane di lavoratori che faticano anche 80 ore alla settimana guadagnando pochi centesimi? Dobbiamo ribellarci ad un mondo dove le condizioni di alcune persone come noi sono peggiori di quelle dell'Inghilterra di Dickens di fine Ottocento. Mi vergogno a pensare che la situazione del Bangladesh di oggi sia peggiore di quella della Manchester del 1880. Essere ottimisti è un dovere, perché dobbiamo rifiutare un mondo dove succedono cose del genere. Speriamo per tutti e- visto che neanche lui-, il grande Loach ha trattato da pari la bravissima Angie, che un “ Mondo migliore “ sia possibile per tutti. Al di là dei generi.

Maria de Falco Marotta

Maria de Falco Marotta
Società