THE CONSTANT GARDENER – Venezia 62 - Non ci sono delitti in Africa, solo delle "perdite incresciose"...Il "prezzo" della nostra salute

Esce in questi giorni uno dei migliori film presentati alla 62° Mostra del Cinema di Venezia.

The Constant Gardener tratto da un romanzo di Le Carrè, affronta una tematica che farà certamente discutere; a Venezia ha riscosso un notevole consenso ma non ha ricevuto alcun premio. La Mostra del Cinema con la direzione di Muller si conferma, comunque, un’attenta selettrice di film dal valore artistico e sociale notevole, basti vedere le candidature all’Oscar ricevute per questo ed altri film presentati al pubblico di Venezia lo scorso Settembre, tra i quali anche il "nostro" La Bestia nel Cuore della Comencini.

The Constant Gardener è una bellissima storia d’amore sviluppata all’interno di un complicato intrigo internazionale che denuncia in maniera palese le nostre "supposizioni nascoste" sugli interessi di alcune case farmaceutiche nella sperimentazione di nuovi farmaci.

Interpretato magistralmente da Ralph Fiennes e Rachel Weisz che ha già ricevuto il Golden Globe.

La storia parte dal nostro occidente più diplomaticamente e flemmaticamente corretto (quello inglese) e scende strato dopo strato nella più cruda realtà africana. Dagli apparati governativi ed internazionali dediti all’aiuto reale di queste popolazioni (si citano ONU etc) fino ad arrivare nelle pieghe e sotterfugi degli interessi privati attuati da alcune case farmaceutiche senza scrupoli che vedono nella malattia e nella sofferenza di queste popolazioni inermi, solo un grosso business.

L’amore ad ogni costo.

Lui, Justin Quayle, diplomatico e ricercatore dell’alto commissariato inglese, uomo impegnato ma flemmatico e istituzionale incontra lei, Tessa, passionale e rivoluzionaria. Dal contrasto nasce un amore profondo, lei vuole seguirlo assolutamente in Africa per seguire la sua vocazione sociale. In Africa comincia a fare domande imbarazzanti alle feste con i politici locali e ad indagare troppo su certi meccanismi degli aiuti umanitari "dispersi" e sulla sperimentazione farmaceutica fino a diventare una figura molto scomoda.... Viene uccisa brutalmente ed apparentemente senza alcuna connessione con la casa farmaceutica corrotta. Persone insospettabili vicino al marito sanno ma non parlano...

Justin comincia ad uscire dal candore distaccato del suo lavoro, comincia a farsi delle domande, ad indagare, a scavare e comprendere molte cose, troppe...

Fa sua la battaglia intrapresa dalla moglie Tessa e prosegue come un giardiniere tenace nella ricerca della verità.

Capisce, infine, quanto lei lo abbia amato talmente da lasciarlo nell’ignoranza per salvarlo dal pericolo, capisce la sua passione ed il suo amore per la vita di ogni singolo bambino africano, capisce che non gli importa più di essere a Londra, Tessa era la sua casa e vuole tornare lì, sul lago Turkana dove è stata uccisa, lì sulla riva del lago attende il suo destino...

L’ottima regia di Fernando Meirelles (City of God) dosa con saggezza e continuità suspense e flashback, propone immagini splendide del paesaggio africano ed una grigia e fredda Londra, il cinismo dai colori freddi ed il calore e la bellezza africana anche in una Nairobi delle baracche dove il colore dei vestiti ed il sorriso dei bambini distolgono dalla spazzatura e dalle fogne a cielo aperto. La bellezza del Kenia e la forza della sua gente.

Quello che non vediamo.

L’africa è da sempre un grosso campo da razziare, depredare, utilizzare. Solo negli ultimi anni l’occidente comincia a preoccuparsi maggiormente di queste popolazioni perchè sempre più "bussano" alla nostra porta in una catena migratoria che sembra inarrestabile. È quella parte di mondo che non vediamo che cerca di vivere, non cerca la fortuna ma cerca soltanto di sopravvivere. È quella parte di mondo che consideriamo "scomoda" per le nostre coscienze. Nel film un dottore che vive in un villaggio sperduto cercando di aiutare i malati, buttando al fuoco dei medicinali scaduti inviati come aiuto da alcune case farmaceutiche afferma esasperato come l’occidente e tutte le organizzazioni umanitarie sono spinte solo dal nostro senso di colpa...

Le case farmaceutiche come i trafficanti d’armi?

L’intrigo della storia propone ancora questo dilemma. Quanto c’è di vero?

Quanto i celati interessi delle case farmaceutiche prevaricano la vita umana con finti "aiuti umanitari" in Africa?

Quante sono le sperimentazioni nascoste mai realizzabili nel nostro informato, cablato occidente?

L’ignoranza è sempre stata fonte di ricchezza per chi detiene il potere; la similitudine scomoda con il mercato delle armi non è casuale nel film: viene mostrata gente innocente, occhi di bimbi e madri che pendono dalle labbra del signore bianco, fiduciosi. Non sospettano, non si aspettano di essere "sacrificabili", incorporabili in percentuali grafiche di qualche convention farmaceutica come "fastidioso effetto collaterale".

L’Africa non sospetta che chi li aiuta in realtà molte volte aiuta se stesso, non sospetta che molte volte la povertà genera ricchezza, non sospetta l’indotto privato dell’aiuto "umanitario". Nel film viene mostrato il meccanismo possibile per indurre la sperimentazione: i medicinali "normali" per curare file immense di persone, vengono donati solo con l’assenso alla sperimentazione di questo "DYPRAXA", un farmaco contro la tubercolosi. La sperimentazione in laboratorio richiederebbe ancora anni, la concorrenza potrebbe arrivare prima, allora per la casa farmaceutica è meglio sperimentare "sul campo", si risparmiano miliardi di dollari in cambio di qualche "incresciosa perdita".....

In fondo, dice uno dei responsabili "non uccidiamo nessuno che non sia già condannato"...

Gestire il potere della vita e della morte con i farmaci viene equiparato nel film al potere dato dalle armi nelle mani sbagliate... Anche il mercato delle armi si muove ufficialmente per "nobili intenti": la conquista o la difesa della libertà, democrazia etc., poi purtroppo sappiamo e possiamo intuire dove intervengono interessi privati che tra manovre politiche e corruzione possono "creare" delle guerre. Creare mercato della morte.

Il fronte della giustizia

Migliaia di persone, medici, volontari, delegati ONU si adoperano con altruismo ed amore verso queste popolazioni, Tessa (Rachel Weisz) che interpreta la moglie di Ralph Fiennes, è una di queste persone; toccante il suo tentativo di aiutare a tutti i costi un bambino ma il marito la convince che deve essere lasciato al suo destino, che non può farsi carico personale di tutti i "loro" problemi...

Quando la moglie viene uccisa Justin Quayle capisce tante cose giorno dopo giorno e comprende il disperato tentativo della moglie quando lui stesso cerca di salvare una bambina portandola con sè ma gli viene proibito l’imbarco sull’aereo degli aiuti umanitari, lui parte da solo e la bambina corre affiancando l’aereo al decollo... Gli viene ripetuto dal pilota il cinico regolamento per cui non si può fare niente PER TUTTI allora non si salva nemmeno una bambina fra tante, è un problema "loro"... Gli aiuti devono essere neutrali ed imparziali senza eccezioni.

Uno è uguale a nessuno. In Africa

La scena ricorda molto da vicino (forse non a caso) il film "Lord of war", quando Nicolas Cage che interpreta un mercante d’armi si trova nel mezzo di una guerriglia ed il fratello che lo segue vorrebbe intervenire a salvare un giovane; Nicolas Cage dice: lascia perdere, non è la nostra guerra.

Uno è uguale a mille. In occidente.

Conosciamo le regole della comunicazione occidentale per cui molte volte si presta più attenzione ad un bambino morto a Londra piuttosto di mille morti a Nairobi.

L’Africa è lontana dalla nostra realtà... ma è qui che bisogna cominciare a cambiare visione

È difficile ma bisogna fare attenzione alle notizie, bisogna dare lo stesso peso ai morti, bisogna chiedersi il perchè di ogni singola morte innocente che sia londinese o africana.

La pluralità di informazione garantisce la trasparenza

La rete internet, le molteplici organizzazioni di controllo e i media dovranno aiutarci a combattere la diffidenza verso le istituzioni umanitarie e la ricerca farmaceutica per poter continuare ad aiutarle più di prima ma con vigile attenzione che impedisca corrotte strumentalizzazioni di vite umane.

The Constant Gardener è un grido contro l’indifferenza. è la nostra guerra

Vogliamo sentire il peso anche di un solo bambino morto o salvato in Africa.

Vogliamo farci carico di quella bambina abbandonata a terra che corre di fianco all’aereo...


Domande al regista Fernando Meirelles.

Quali i motivi che l’hanno spinto a girare questo film?

La possibilità di affrontare certe industrie farmaceutiche era solo uno degli elementi che mi hanno spinto a dirigere “The Constant Gardener”. Un altro è stata l’opportunità di girare in Kenya. Ancora, la possibilità di girare una storia d’amore originale: un uomo sposa una donna, ma è dopo la sua morte che si innamora veramente di lei e la va a cercare.

È una bellissima storia con un tocco di esistenzialismo.

Nel suo film la storia d’amore e l’intrigo politico sono elementi connessi tra di loro?

Si lo sono, infatti l’uno non si verifica senza l’altro e questa caratteristica si trova anche nel romanzo di John Le Carré. Grazie all’amore per Tessa, Justin intraprende un viaggio di scoperta, durante il quale raggiunge un nuovo livello di conoscenza di se stesso ma scopre anche un grande scandalo politico.

Anche lei è idealista come i personaggi del suo film? Come si pone con l’attacco alle multinazionali farmaceutiche che speculano così tanto sulla salute degli emarginati?

Nella vita sono idealista per quanto riguarda il potere del cinema e della sua forza di cambiamento.

Io sono brasiliano e negli anni passati abbiamo prodotto farmaci generici, se provi a produrre versioni economiche di farmaci brevettati, impari velocemente e tanto sull’incredibile potere della lobby farmaceutica. Di fatto, per punirci di essere a favore dei poveri, hanno messo delle esose imposte sull’importazione delle nostre arance che sono le migliori del mondo…

Da qualche anno leggo molto su questo argomento e ho capito che farne un film era una buona occasione per provocarli. “The Constant Gardener” è un film capace di svelare i meccanismi esistenti.

Quali problemi deve risolvere l’industria farmaceutica di oggi?

Il film racconta degli africani usati come cavie nella sperimentazione dei farmaci, ma il problema più grande, in realtà, riguarda la politica dei prezzi sul commercio dei farmaci e la difficoltà di far arriva in alcune zone, come quelle dell’Africa, farmaci per alcune gravi malattie, ad esempio la malaria.

Nelle sequenze africane del suo film ci sono dei colori bellissimi ed intensi, come è riuscito a renderli così vividi?

È il Kenya…, nel nostro primo viaggio nei luoghi delle riprese siamo stati colpiti proprio dai colori, poi con il direttore della fotografia César Charlone abbiamo cercato di trasmettere allo spettatore l’impressione ricevuta dai luoghi.

L’Africa, in ogni caso, è lì che aspetta aiuti davvero umanitari da questo Occidente grasso e satollo.

Diana Barrows
Società