Il boom di Allah Akbar. (Quel che Parigi suggerisce)

Ho chiesto a Faradath (anni 45, albanese e musulmana di famiglia, non praticante), la mia eccellente collaboratrice domestica, se avesse seguito il disastro operato in Francia dai terroristi islamici e lei ingenuamente mi ha risposto: quando è successo e chi sono costoro?” Come Lei risponderebbero migliaia di musulmani in Europa che vivono integrati( di fatto le sue due figlie d’estate portano hot pants e usano tutti i gadget delle nostre figlie) e che neanche si interessano di ciò che  realmente sta succedendo nelle Nazioni che le hanno accolte e le proteggono, cioè nell’Europa che domenica- a Parigi, dove è avvenuto il macello di quanti scrivono ridicolizzando L’Isis e al Qaeda( i due gruppi dell’islam duro e puro)hanno sfilato a braccetto circa 50 capi di stato- persino Netanyahu, capo  di Israele e Abu Mazen, capo della Palestina, per dire “Basta” al loro infame approfittarsi della volontà di tutti gli europei( e del mondo restante) ai loro sudici “trucchetti armati” per amore di “Allah Akbar” che sicuramente, darebbe loro una bella sciabolata in testa per riportarli alla ragione e far capire che il mondo è cambiato in meglio e che per vivere insieme non occorrono bombe ed armi ma solo accoglienza, amicizia, comprensione, disponibilità ed aiuto economico. Anche se si discute solo di diritti e laicità e non più di religioni, tanto meno di Allah. Ma vediamo come Allah Akbar è esploso al pari delle bombe dei piccoli, miserabili uomini che si sono chiamati suoi seguaci.

Allāhu Akbar (in arabo: الله أَكْبَر), cioè : "Dio è il più grande". È un'espressione che, nella religione musulmana, è spesso usata nel richiamo da parte del muezzin per ricordare ai fedeli l'inizio del periodo d'elezione utile ad assolvere l'obbligo della preghiera canonica (salat). L'espressione è impiegata anche prima dell'effettiva esecuzione della salat, oltre che in altre occasioni non religiose in cui si voglia ostentare la propria fede islamica in Dio.

La frase è presente nel Corano (ad esempio LXXIV:3) ed è stata riprodotta per volontà dell'ex presidente dell'Iraq, Saddam Hussein, anche sulla bandiera irachena, nella speranza di accreditarsi come un leader dall'accentuata sensibilità religiosa (quando mai: fumava e beveva a più non posso) e su quella iraniana, in cui è ripetuta per ben 22 volte. Inoltre, è anche il titolo dell'inno nazionale della Libia.

Il mondo attuale

Con l’avvento delle nuove tecnologie e con l’approvazione dei Diritti dell’uomo, oltre che di tante Costituzioni che permettono lo scambio economico, sociale e culturale, i popoli si sono incuriositi a cercarsi nuove regioni in cui vivere meglio e da qui sono nate le migrazioni di massa che hanno sconvolto l’intero pianeta. Una scrittrice in gamba, come lo fu Oriana Fallaci, anche combattente di guerra, nel 2005 concesse una profonda intervista a un prete polacco, caporedattore di Telewizja Polska , spiegando il pericolo che correva l’Europa nell’ aprire le braccia ai migranti, specie ai musulmani. Senza mezzi termini spiegò che: “. Non possono essere considerati europei. O non più di quanto noi potremmo essere considerati islamici se vivessimo in Marocco o in Arabia Saudita o in Pakistan beneficiando della residenza o della cittadinanza. La cittadinanza non ha niente a che fare con la nazionalità, e ci vuol altro che un pezzo di carta su cui è scritto cittadino inglese o francese o tedesco o spagnolo o italiano o polacco per renderci inglesi o francesi o tedeschi o spagnoli o italiani o polacchi. Cioè parte integrante di una storia e di una cultura. Secondo me, anche quelli con la cittadinanza sono ospiti e basta. O meglio: invasori privilegiati. Poi una cosa è espellere gli allievi terroristi o gli aspiranti terroristi, i clandestini, i vagabondi che vivono rubando o spacciando droga o, meglio ancora, gli imam che predicando la Guerra Santa incitano i loro fedeli a massacrarci. Ho anche scritto e più volte detto: «se ci odiate e ci disprezzate tanto, perché non ve ne tornate a casa vostra?». Il fatto è che se ne guardano bene. Non ci pensano nemmeno. Ed anche se ci pensassero, come attuerebbero una cosa simile? Attraverso un esodo uguale a quello con cui Mosè portò via gli ebrei dall'Egitto e attraversò il Mar Rosso? Sono troppi, ormai. Calcolando solo quelli che stanno nell'Unione Europea, sostengono i dati più recenti, sono milioni. Calcolando anche quelli che stanno nei paesi fuori dell'Unione Europea e nell'ex Unione Sovietica, raggiungiamo una cifra enorme. Questa è la loro Terra Promessa, mi spiego? Rispetto, tolleranza. Assistenza pubblica, libertà a iosa. Sindacati, prosciutto, il deprecato prosciutto, vino e birra, il deprecato vino e la deprecata birra. Blue jeans, licenza di esercitare in ogni senso prepotenze che qui non vengono né punite né rintuzzate né rimproverate. (Inclusa la licenza di buttare i crocifissi dalle finestre). Protettori cioè collaborazionisti sempre pronti a difenderli sui giornali e a impedirne l'espulsione nei tribunali. Caro padre Andrzej (il nome del giornalista), è troppo tardi ormai per chiedergli di tornare a casa loro. Avremmo dovuto, avreste dovuto, chiederglielo venti anni fa. Cioè quando già dicevo: «Ma non lo capite che questa è un'invasione ben calcolata, che se non li fermiamo subito non ce ne libereremo mai più?». In nome della pietà e del pluriculturalismo, della civiltà e del modernismo, ma in realtà grazie ai cinici accordi euro-arabi di cui parlo nel mio libro La Forza della Ragione, invece, li abbiamo lasciati entrare. Peggio: avendo scoperto che non ci piaceva più fare i proletari, cogliere i pomodori, sgobbare nelle fabbriche, pulire le nostre case e le nostre scarpe, li abbiamo chiamati. «Venite, cari, venite, ché abbiamo tanto bisogno di voi». E loro sono venuti. A centinaia, a migliaia per volta. Uomini robusti e sbarbati, donne incinte, bambini. Sempre seguiti dai genitori, dai nonni, dai fratelli, dalle sorelle, dai cugini, dalle cognate, continuano a venire e pazienza se anziché persone ansiose di rifarsi una vita lavorando ci ritroviamo spesso vagabondi. Venditori ambulanti di inutilità, spacciatori di droga e futuri terroristi. O terroristi già addestrati e da addestrare. Pazienza se fin dal momento in cui sbarcano ci costano un mucchio di soldi. Vitto e alloggio. Scuole e ospedali. Sussidio mensile. Pazienza se ci riempiono di moschee. Pazienza se si impadroniscono di interi quartieri anzi di intere città. Pazienza se invece di mostrare un po' di gratitudine e un po' di lealtà pretendono addirittura il voto che in barba alla Costituzione le Giunte di Sinistra gli regalano a loro. Il terrorismo islamico non è un fenomeno isolato, un fatto a sé stante. Non è una iniquità che si limita a una minoranza esigua dell'Islam.

Che cos’è il terrorismo islamico( Isis e compagni)

Il terrorismo islamico è soltanto un volto, un aspetto, della strategia adottata fin dai tempi di Khomeini (anzi fin dai giorni degli accordi euro-arabi economici) per attuare la globale offensiva chiamata "Revival dell'Islam". Risveglio dell'Islam. Un risveglio che ancora una volta mira a cancellare l'Occidente, la sua cultura, i suoi principi, i suoi valori. La sua libertà e la sua democrazia. Il suo Cristianesimo e il suo Laicismo. Un risveglio, insomma, che non si manifesta soltanto attraverso le stragi ma attraverso il secolare espansionismo dell'Islam. Un espansionismo che fino all'assedio di Vienna avveniva con gli eserciti e le flotte dei sultani, i cavalli, i cammelli, le navi dei pirati, e che ora avviene attraverso gli immigrati decisi a imporre la loro religione. La loro prepotenza, la loro prolificità. E tutto ciò sfruttando la nostra inerzia, la nostra debolezza, o la nostra buonafede. Peggio: la nostra paura E (di fatto) a Parigi i milioni di persone, più i molti Capi di Stato, non è che hanno detto parola, ma marciati in silenzio, stringendosi le braccia). Sicuramente, per proteggere la Libertà, a causa loro dobbiamo rinunciare ad alcune libertà. L’ Europa è diventata l'Eurabia. Oggi siamo esuli noi a casa nostra. Di fatto è impossibile che i musulmani accettino di dialogare coi cristiani, con le altre religioni o con gli atei. (Nel Corano c’è indicato che gli islamisti possono avere contatti solamente con gli ebrei e con i cristiani).

L’Islam è una religione di pace?

Dobbiamo precisare che L’Islam non ha avuto la Riforma e che è ancora indietro di quasi 500 anni rispetto all’evoluzione del cristianesimo. Così durante i secoli di storia trascorsi, l'Islam non ha fatto che scatenar guerre ossia conquistare e sottomettere e massacrare, lo dice il Corano. È il Corano,, che chiama i non-musulmani «cani infedeli». È il Corano, che li accusa di puzzare come le scimmie e i cammelli. È il Corano, che invita i suoi seguaci a eliminarli. A mutilarli, lapidarli, decapitarli, o almeno soggiogarli (infatti, lo abbiamo visto in TV dai suoi fedeli seguaci del Califfato che non gli è passato neanche per la testa che quella era una scena inumana). Sicché se in Arabia Saudita ti fai cogliere con una croce al collo, un santino in tasca, una Bibbia in casa, finisci in galera o magari al cimitero. E se in Sudan sei un povero africano o una povera africana che prega la Madonna, finisci almeno coi ceppi ai polsi ed ai piedi cioè in stato di schiavitù. Tutto ciò che i musulmani fanno contro di noi e contro sé stessi è scritto nel Corano. Richiesto o voluto dal Corano. La Jihad o Guerra Santa. La violenza, il rifiuto della democrazia e della libertà. L'allucinante servitù delle donne. Il culto della Morte, il disprezzo della Vita. Allah non ha nulla a che fare con Gesù e il Padre che ci ha insegnato ad amare. Nulla. Non è un Dio buono, non è un Dio Padre. È un Dio cattivo. Un Dio Padrone. Gli esseri umani non li tratta come figli. Li tratta come sudditi, come schiavi. E non insegna ad amare: insegna a odiare. Non insegna a rispettare: insegna a disprezzare. Non insegna ad essere liberi: insegna a ubbidire. Allora???

Il  dialogo  con l'Islam è impossibile ed è una  frottola parlare  dell'Islam Moderato, cioè l'Islam che ogni tanto si degna di condannare le stragi però alle condanne aggiunge sempre un "se" o un "ma". Ecco perché la convivenza col nemico che trattiamo da amico è una chimera, e la parola "integrazione" è una bugia. Ahi! Mi sento strappare i capelli dai falsi amici dell’Islam, ma non me ne importa un fico secco. Solo per scopi esclusivamente economici a volte Stati islamici come l’Arabia saudita, e i tantissimi che ora sono diventati i “padroni “  delle  più belle imprese italiane a suon di dollari si dicono amici degli occidentali. Ma dove!!!

Parole per capire

Per laicismo si identifica prevalentemente la tendenza a conferire al pensiero e all'agire sociale autonomia dal corollario di precetti religiosi, cercando dunque di limitare l'intromissione dell'autorità religiosa. Il linguaggio comune e l'uso improprio del termine l'ha portato ad essere usato erroneamente come sinonimo di ateismo. Un religioso può infatti essere laico allo stesso tempo.

'Laicismo è il termine filosofico con cui si identifica sotto il profilo sociologico e politico la Noncredenza, i due termini dunque si corrispondono nella sostanza, ma il primo ha valenza socio-politica, il secondo filosofica ed etica. I cattolici guardano però al laicismo con una coloritura dispregiativa, stigmatizzalo come radicalismo anti-religioso, come l'atteggiamento filosofico, politico e sociologico di chi propugna la totale separazione tra Stato e le varie chiese. In altre parole con questo termine viene indicato il desiderio dell'assenza di sostegni economici, privilegi fiscali, interferenze religiose o confessionali, anche indirette, nell'ambito legislativo, esecutivo e giudiziario di uno Stato e più in generale nella vita civile di una comunità umana e nei suoi aspetti di obbligatorietà. Il corrispondente aggettivo è "laicista”.

Con l'aggettivo "laico" (corrispondente a "laicità"), che inizialmente indicava i fedeli cristiani non appartenenti al clero i credenti indicano una persona che, pur non approvando la teocrazia (prevalenza del potere della chiese sul potere civile), desidera che vi siano relazioni riconosciute e sostegni alle chiese da parte dello Stato, mantenendo le prerogative del potere civile. Il significato politico di "laico" (come "non religioso") nasce con l'Illuminismo e la Rivoluzione Francese, finché nel '900 ha assunto anche la connotazione di irreligioso o areligioso. La qualifica di laico, secondo i credenti, appartiene quindi a chi è contro uno stato teocratico, ma è a favore del riconoscimento di religioni attraverso un concordato e del loro sostegno per mezzo di finanziamenti o di una tassazione privilegiata. (per esempio, alcuni Stati arabi permettevano ai cristiani di praticare la loro religione, pagando un tributo). Sempre secondo i credenti, un laico non dovrebbe essere contrario alle forme di pressione esercitate dal potere ecclesiastico sulle questioni sociopolitiche. In ogni caso, la distinzione laico-laicista nasce in ambito confessionale e perlopiù non viene accettata dagli agnostici e dagli atei che propugnano la totale separazione dello Stato dalle chiese. Il termine Laicismo, inteso come indirizzo teorico di carattere politico ha tra i suoi presupposti la Secolarizzazione della vita civile, cioè l'eliminazione dei fattori religiosi da tutto ciò che non concerne la religione in senso stretto. La realizzazione del laicismo in una certa società implica solitamente il progressivo declino dell'importanza della fede religiosa nella vita di essa. Oggi- purtroppo- viviamo quasi in tutto il mondo, una secolarizzazione paurosa che ci sottomette alle “conquiste” tecnologiche e ci fa dimenticare di Dio che c’é.

Europa e Stati Uniti

In molti Paesi europei, come la Francia, i Paesi Bassi e la Spagna la secolarizzazione è molto diffusa e alcune leggi statali riflettono posizioni culturalmente indipendenti e anche opposte a quelle delle religioni maggioritarie. Altri Paesi come quelli scandinavi, pur avendo ordinamenti statali che assegnano un ruolo pubblico alla Chiesa di Stato (luterana) hanno ugualmente una popolazione e una legislazione "secolarizzata". Nel Regno Unito - formalmente nella sola Inghilterra vi è la religione di Stato, non in Scozia, ad esempio - la regina ha il titolo di "Difensore della Fede", è governatore supremo della Chiesa anglicana e i vescovi anglicani hanno un seggio di diritto nella Camera dei Lords. Tuttavia la Chiesa è sottomessa alle leggi dello Stato. Diverso è il caso degli Stati Uniti dove da sempre le chiese e lo stato sono nettamente separati, ma nel quale le chiese e le religioni hanno forte peso nella società. Anche negli Stati Uniti il dibattito sulla laicità dello Stato ha comunque una forte tradizione, legato però ad altri temi rispetto all'Europa, come la preghiera pubblica nelle scuole, il giuramento sulla Bibbia, l'insegnamento del creazionismo in alcuni stati o il ruolo della "religione civica" americana (ad esempio il motto In God we trust). Infatti, Obama, pur essendo un protestante rigoroso, Non Ha partecipato alla Marcia di Parigi in favore di Charlie Ebdho.

Francia

In Francia la Costituzione proibisce il riconoscimento di qualsiasi religione.

Il laicismo è correntemente accettato da tutte le principali religioni francesi. Fanno eccezione alcuni correnti di estrema destra reazionarie e monarchiche che desiderano l'imposizione del Cristianesimo Cattolico come religione di Stato con un ruolo civile e alcuni leader islamici che non riconoscono la superiorità della legge civile sui precetti religiosi, cosa peraltro in comune con i fedeli cristiani (l'obiezione di coscienza).

I francesi considerano infatti la religione una scelta privata, e ogni ostentazione pubblica è generalmente fuori luogo, gli ufficiali di stato francesi devono essere neutrali rispetto sia agli ideali politici che alla religione ed ogni pubblica espressione di affiliazione religiosa è proibita.
Furono la Rivoluzione Francese e Napoleone ad emanare le prime leggi sulla laicità,  e gli ebrei ebbero la libertà di praticare il proprio credo proprio con Napoleone.Il termine Laïcité è correntemente un concetto chiave della costituzione francese, in cui l'articolo I definisce la Francia come repubblica secolare ("La France est une République, une, indivisible, laïque et sociale."). Molti ritengono che essere discreti verso le altrui religioni sia una necessità insita all'essere francese. Altri invece sostengono che è un atteggiamento ipocrita e contrario alla libertà di fede. Questo concetto obbligatoriamente "privato" di religione, che in passato ha permesso l'integrazione nella società francese di popoli di religioni anche molto diverse tra loro, è stato la causa, secondo alcuni, dei recenti scontri con immigranti non cristiani, specialmente con la numerosa popolazione musulmana. Recentemente il dibattito politico ha portato alla controversa legge che ha proibito l'ostentazione di simboli religiosi vistosi come grandi hijab, turbanti Sikh, vistose croci cristiane e Stelle di Davide nelle scuole pubbliche. Alcuni affermano che tale legge non aiuterà l'integrazione degli stranieri, ma che ostacolarla, come hanno dimostrato le rivolte dei giovani islamici nelle periferie (banlieues), garantirà però una maggiore uguaglianza tra i cittadini a prescindere da quale sia la loro fede o se siano religiosi o no.

Italia

Il primo tentativo di totale divisione tra Stato e Chiesa è presente nella Costituzione della Repubblica Partenopea, redatta da Mario Pagano nel 1799, che non trovò mai attuazione a causa della repentina restaurazione borbonica. Essa sancì, per la prima volta in Italia, la completa responsabilità dello Stato sui diritti civili, l'istruzione aconfessionalista e la perdita di diritti politici per coloro che avessero pronunciato voti religiosi.

A partire dal Risorgimento, nonostante lo Statuto Albertino riconoscesse il cattolicesimo come religione di Stato, furono varati molti provvedimenti in favore della laicità; questi furono completamente cancellati dal fascismo con i Patti Lateranensi del 1929, rinnovati in senso secolare nel 1984. Come sottolineato dall'art. 4 della sentenza n.203 della Corte Costituzionale, per la Costituzione Italiana la laicità è un "principio supremo dello Stato", che si struttura negli artt. 7, 8 e 20; "il principio di laicità, quale emerge dagli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione, implica non indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni, ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale." La Costituzione infatti separa gli ambiti di religioni e Stato, garantisce la libertà religiosa (e quindi, implicitamente, il diritto a non avere alcuna fede, esplicitato dalla stessa pronuncia) e la libertà di pensiero (art. 21), negando alla religione maggioritaria (cattolica) lo status di religione di Stato.

Nei fatti, in Italia la situazione si presenta diversa, perché il cattolicesimo è fortemente presente nella sua cultura a tutti i livelli. Influisce in ciò, ovviamente, la presenza a Roma dello Stato della Città del Vaticano, con la quale l'Italia ha stipulato e rinnovato accordi di forte integrazione (Patti Lateranensi e successiva revisione col nome di Concordato) anche come recupero di rapporti e relazioni che si erano interrotte con l'annessione all'Italia dello Stato Pontificio. È importante inoltre ricordare la posizione di predominio, per quasi tutta la seconda metà del XX secolo, di un partito (Democrazia Cristiana) esplicitamente ispirato ai principi del cattolicesimo, e anche una forte tradizione di associazionismo cattolico. Tuttavia, agnosticismo e ateismo sembra siano in crescita, insieme a un generale allontanamento dalla Chiesa verso nuovi modelli di pensiero o, più spesso soprattutto tra i giovani, nessun modello di pensiero.

La storia dell'Italia, la presenza del Vaticano, e la larga diffusione della cultura legata alla Chiesa cattolica fanno sì che nell'ordinamento civile siano state accettate, anche da parte di molti laici, norme e usanze legate alla tradizione cattolica, specialmente in un periodo nel quale il fenomeno migratorio dai paesi extracomunitari non era arrivato alle dimensioni attuali. I sostenitori del laicismo, siano essi credenti o non, considerano alcune di queste norme e usanze lesive dell'uguaglianza fra i cittadini a prescindere dalla loro aderenza a una determinata o a nessuna confessione religiosa, come stabilito nella Costituzione. Attualmente i principali temi oggetto di scontro filosofico, politico ed ideologico che mettono al centro il concetto di laicità dello Stato sono l'aborto, il testamento biologico o Dichiarazione anticipata di trattamento e l'eutanasia, nonché il dibattito sulla presenza del crocifisso o di altri simboli religiosi cristiani nelle scuole e, più in generale, in alcuni uffici pubblici (tribunali e ospedali), emerso in seguito a una sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo dell'autunno 2009, annullata poi nel 2011 dalla stessa corte. Il problema del consenso in un paese storicamente determinato dalla presenza all'interno del proprio territorio dello Stato della Chiesa, contro cui l'Italia dovette però combattere una guerra in epoca risorgimentale, fa sì che la maggioranza delle forze politiche tendano a non assumere posizioni contrarie al Vaticano.

Perché tanti giovani occidentali, oggi, vanno a combattere nello stato islamico (Isis)?

Perché tanti giovani che vivono in Europa, Canada, Australia, persino Cina, vadano ad arruolarsi per combattere in Siria e in Iraq con il cosiddetto Stato islamico (Isis), o con altre milizie musulmane? Nei giorni scorsi il New York Times ha pubblicato un diagramma impressionante sulla provenienza geografica dei volontari stranieri presenti sul terreno. Le cifre sono sempre scivolose e spesso contraddittorie, ma la presenza straniera in Siria e Iraq è valutata intorno ai 17.000 combattenti I contingenti più nutriti provengono naturalmente dalla Cecenia e Nord Caucaso (circa 9.000) e dalla Turchia (1.000), dove l’Islam è religione dominante, come in Kosovo (400 volontari), ma ben 1.900 vengono dall’Europa occidentale (700 dalla sola Francia, 340 dalla Gran Bretagna, una sessantina dall’Irlanda), un centinaio dagli Usa, e tra i 50 e i 100 persino dall’Australia. L’interpretazione corrente è che questi volontari siano emarginati e fanatici, cioè “pazzi”. La follia è stata usata come spiegazione storica dai tempi di Caligola fino a Hitler e poi Amin Dada, Saddam Hussein e tutta la compagnia di leader e/o dittatori abbattuti o da abbattere. Ma è una spiegazione che non spiega niente e che anzi indica che siamo incapaci di spiegare il fenomeno. Bisogna maneggiare con estrema cautela le “eterodefinizioni”: così nessuno definisce se stesso “terrorista” (come nessuno definisce se stesso “populista”). Parafrasando una vecchia massima, il terrorista degli uni è il martire irredentista degli altri: “terrorista” è sempre la definizione che il nemico dà dell’avversario, il vincitore del vinto. Durante la seconda guerra mondiale i tedeschi chiamavano “terroristi” i maquisards, ma dopo la vittoria alleata nessuno li ha più chiamati così. Nello stesso modo, i francesi chiamavano “terrorista” l’Fln algerino, ma dopo l’indipendenza nessuno ha usato più questo termine, semplicemente perché l’Fln aveva vinto. Così nessuno ha chiamato “terroristi” Begin od Ho chi min, perché anch’essi hanno imposto la “narrazione del vincitore”.
Perciò andrebbe ponderato con attenzione il fenomeno di queste nuove brigate internazionali, tanto più dopo una monografia resa pubblica solo di recente, ma preparata nel 2010 dal Rand National Defense Research Institute e intitolata An Economic Analysis of the Financial Records of al-Qaeda in Iraq che analizza i dati contabili di Al-Qaida tra il 2005 e 2010, ma che Rand considera ancora validi anche per l’Isis, almeno nei caratteri fondamentali. Le due conclusioni di Rand sono che 1) la retribuzione non è il movente principale che spinge ad arruolarsi nelle milizie islamiche (Rand afferma che il reddito di un combattente è di gran lunga inferiore a quello percepito dalla media delle famiglie nelle regioni interessate, mentre le probabilità di morte sono assai superiori); 2) i terroristi hanno livelli d’istruzione e patrimonio superiori alle attese, il che indebolisce le teorie che spiegano la partecipazione alla militanza con una carenza finanziaria, una instabilità mentale o una scarsa educazione. Insomma queste nuove “brigate internazionali” sono un fenomeno che va preso sul serio e che pone un interrogativo ancora più serio. Non dimentichiamo che i primi “volontari stranieri” moderni furono coloro che nel primo ’800 andarono a combattere e morire per l’indipendenza della Grecia cristiana dall’islamico impero ottomano. I più famosi furono il conte italiano Santorre di Santarosa (morto a Sfacteria nel 1821) e il poeta inglese George Byron (morto a Missolungi nel 1824). Il simbolo del volontariato internazionale ottocentesco fu Giuseppe Garibaldi non a caso chiamato “l’eroe dei due mondi” perché combatté in Brasile, Uruguay, Italia e Francia (nel 1871, contro i tedeschi). Tutti costoro facevano proprie le parole del saint-simoniano Emile Barrault: «Un uomo, che, facendosi cosmopolita, adotta l’umanità come patria e va ad offrire la spada ed il sangue a ogni popolo che lotta contro la tirannia, è più di un soldato: è un eroe».
Nel ’900 questa tradizione fu ripresa dalle brigate internazionali, anarchiche, repubblicane, comuniste, nella guerra di Spagna che tanta traccia hanno lasciato nella letteratura: da Per chi suona la campana di Ernest Hemingway a Omaggio alla Catalogna di George Orwell.
Dopo la seconda guerra mondiale questa tradizione s’interruppe. Nessun volontario europeo partì per il Vietnam o per l’Africa del Sud dell’apartheid.
Il fenomeno riprese all’inizio degli anni ’90 con la guerra in Bosnia e poi in Afghanistan, fino all’arruolamento attuale nell’Isis che desta molta più attenzione. Ma c’è una novità enorme nella motivazione di questo nuovo volontariato internazionale. Non è più l’irredentismo patriottico o la solidarietà di classe, ma è un nuovo irredentismo religioso che vuole liberarsi dal giogo degli infedeli occidentali. I volontari europei dell’Isis potrebbero far proprie le parole di Barrault, solo che al posto dell’umanità porrebbero l’Islam.
L’interrogativo è allora: come è avvenuto che a motivare il sacrificio di tanta gioventù europea non sia più l’umanità, la patria, il socialismo, ma la religione? Che cosa abbiamo fatto a questi ragazzi per portarli a questo punto? E che all’Isis tanto insani non siano, lo dimostra il fatto che con due “sole” decapitazioni pubbliche un gruppo di scalzacani è riuscito a farsi riconoscere come il nemico principale della maggiore superpotenza mondiale (  Questo pezzo è uscito in Germania sulla TAZ. Ringraziamo l’autore e la testata,  di Marco D’Eramo).

In ogni caso, c’è in atto una globalizzazione della violenza soprattutto contro le religioni che non riescono a sostenere la crescita dei valori nella gioventù che si aggrappano al Corano e a tutti i fanatici imam che promettono loro di credere in quello che è scritto e li  lusinga con  una vita felice, prima riempendoli di euro  e poi “abbracciati” a bellissime fanciulle dagli occhi neri”( e se per caso ad un ragazzo piacciono le bionde, come la mettiamo?) .

Mio nipote Antonio che sta lavorando dalla sera al mattino in aeroporto come tecnico altamente qualificato, mi ha telefonato per salutarmi e dirmi: “ zia , ti ricordi quando trent’anni fa, tu parlando dei musulmani, mi dicevi, state attenti, questi vi porteranno ad una guerra, perché nel Corano cui loro credono ciecamente, c’è scritto che Allah Akbar, bisogna portarlo ad ogni popolo e sottometterlo” E con i soldi che si sono fatti, ci riusciranno.

Non amen, sperando che i finti “ compagnoni” dell’integrazione, imparino a distinguere la convivenza e la solidarietà, dal permettere loro di prendersi la nostra civiltà. Cosa questa che già stanno facendo ampiamente.

Maria de falco Marotta
Società