I RACCONTI DI CRISTINA: ICONOLATRIA, ICONOCLASTIA

Non si sta esagerando con questa cultura delle immagini? E i simboli sono così importanti?

Ci sono notizie che non si vorrebbero mai leggere. Come questa. “Cade su una cancellata e muore. Molti curiosi, perlopiù ragazzi, accorrono per fotografare la scena col telefonino.”

Alcuni genitori di nostri studenti ci hanno chiamato preoccupati perché sembra che sui telefonini dei loro figli viaggino immagini porno o truculente.

Che cosa sta succedendo? Non si sta esagerando con questa cultura delle immagini?

Mai come in questo periodo, scorrendo i titoli dei giornali, si leggono notizie relative a immagini. Si vedono fotografie tremende, che fino a non molto tempo fa avrebbero turbato gli animi. Una vera e propria guerra a colpi di immagini e simboli.

C’è chi uccide per delle vignette ritenute blasfeme apparse su giornali o magliette. Terribile..

C’è chi brucia bandiere nelle piazze, chi vuole o chi rifiuta il crocefisso nei luoghi pubblici. Sembra che i simboli siano diventati più importanti di ciò che raffigurano. A me viene in mente quel bel quadro di Magritte in cui si vede una pipa e sotto la scritta “Ceci n’est pas une pipe”. Ha ragione, come si fa a fumare una pipa dipinta?

Ma tant’è. Persino la Croce Rossa dovrà cambiare simbolo e forse anche nome se vorrà continuare a lavorare in tutti i paesi del mondo. Basta croci, stelle, mezzelune. Sembra che diventerà un Cristallo Rosso. Per fortuna le iniziali sono le stesse, quindi se si avrà bisogno dell’ambulanza si potrà ancora cercarla sotto C.R.I. Cristallo Rosso Italiano.

E speriamo che arrivi subito.

Non ho sentito nessuna protesta invece per le croci luccicanti in bella mostra sulle scollature delle avvenenti signore ospiti nei vari salotti televisivi.

Ma come la mettiamo con la bandiera svizzera? O con il cielo stellato? Si dovrà indire un concorso fra i bambini delle scuole per ridisegnare il cielo.

E poi questa mania del “logo”, parola fino a ieri sconosciuta. Cos’è un logo.

Così come la parola “icona”, che fino a non molto tempo fa portava alla mente solo quei dipinti semplici, statici, senza prospettiva, ma così caldi, così ricchi di pietà e di storia, tipicamente russi. Adesso invece icone dappertutto, apri il computer ed ecco che devi cliccare su questa o quella icona. Perché non chiamarle figurine. Ci sono perfino le “emoticons”, parola orribile per designare faccine gialle con varie espressioni che si possono mettere sulle e-mail. Una faccina per dire che sei felice, un’altra per dire che sei arrabbiato. Ma dov’è la fantasia?

Ricordo che quand’ero piccola mio zio Ulisse aveva disegnato dei bellissimi ex-libris di suo pugno. Su ogni libro incollava questa etichetta, piccolo pegno d’amore per l’oggetto, la promessa di trattarlo con cura e di non abbandonarlo mai.

Le caricature. Mio nonno Corrado ne faceva tante, originali e divertenti. Spesso le accompagnava con poesie, altrettanto irriverenti. Le pareti del piccolo cesso della sua casa di campagna ne erano piene, con gran divertimento di tutti i nipoti.

Adesso è un’arte quasi dimenticata. Arte, sì, perché anche le caricature così come le illustrazioni dei giornali per bambini erano opera di grandi artisti. Si associavano ai nomignoli, per cui mi viene ancora spontaneo dire, visualizzandone l’immagine, “Barbariccia, faccia ed anima gialliccia”. Oppure rivedo il Signor Bonaventura, col suo “Milione” in mano, entrambi creati dal bravissimo Sergio Tofano.

Buon gusto e misura, era forse questo il segreto del loro successo.

Invece oggi c’è una vera e propria inflazione. Ormai questa iconomania non risparmia più nessuno.

Il problema però è più serio di quanto vogliamo ammettere. Pensiamo all’effetto che ci fanno ancora certi simboli. I ricordi che evocano. Le conseguenze dell’utilizzo scriteriato che se ne fa.

L’ho sperimentato anch’io, nel mio piccolo.

Proprio l’altro giorno infatti, durante un consiglio di classe, sono circolate, fra l’ilarità generale, due immagini del collega Calzolari elaborate al computer dai suoi studenti. Non spiritose caricature, che avrebbero dimostrato l’abilità e l’inventiva dei loro creatori. Solo dei fotomontaggi di dubbio gusto. In uno il Maestro, così viene soprannominato, appare ritratto su uno sfondo rosso con falce e martello, nell’altro su sfondo grigio con svastica e l’aggiunta di due baffetti.

Volevo fargli notare che forse mancavano una foto con croce e una foto con turbante, ma mi sono trattenuta vedendo l’espressione compiaciuta e divertita del caro collega, considerato da tutti persona così spiritosa. Io non ho un gran senso dell’umorismo, purtroppo. Sono poche le cose che mi fanno ridere.

Durante lo stesso consiglio è stata assegnata l’insufficienza in condotta ad un ragazzo che aveva messo sul desktop dell’insegnante di informatica la foto di una compagna in costume succinto.

Il mio pensiero ha allora cominciato a vagare incontrollato, forse per la stanchezza o l’aria pesante, e tutta questa invasione di immagini mi ha fatto venire in mente l’ondata iconoclastica nell’impero bizantino. Mi è sembrato di trovare un’analogia fra quel lontano periodo e i tempi che stiamo vivendo adesso.

Stranamente la parola mi è rimasta da sempre nella memoria. Resti di quel nozionismo tanto vilipeso dalle generazioni successive alla mia. Forse quando andavo a scuola non capivo niente, ma qualcosa è rimasto. Come una banca dati. Li vai a ripescare quando servono.

Iconoclastia dicevo. Cosa, come, quando, perché.

Tornata a casa sono andata a rinfrescarmi la memoria su vari siti ed enciclopedie on-line. Ho scoperto fra l’altro di non essere stata l’unica ad avere avuto tale intuizione.

Qual era la situazione in quei tempi così lontani?

Mentre l’impero bizantino - o romano d’Oriente - si stava lentamente avviando verso la decadenza si assisteva ad una sorprendente avanzata islamica sia nell’area mediterranea che verso l’Asia Centrale. Proprio nelle zone che avevano visto nascere le più antiche civiltà e religioni. L’Islam era l’ultima in ordine di tempo. Sia l’ebraismo che l’Islam vietano il culto di simboli ed immagini.

Inevitabili quindi, poiché idee e genti non smettono mai di viaggiare e di incontrarsi, le contaminazioni e i sincretismi, che nei casi più estremi erano condannati come eresie.

Ma ecco la voce dell’enciclopedia:

“Iconoclastia: Dottrina /Movimento religioso / Eresia/ che proibiva il culto delle immagini sacre e ne predicava la distruzione.

Tale movimento si sviluppò a Bisanzio tra l’VIII e il IX secolo. Faceva seguito ad un periodo di eccessiva venerazione delle immagini. Si passava così dall’iconolatria (adorazione delle immagini) all’iconoclastia (distruzione delle immagini ).

La persecuzione degli iconolatri nell’impero bizantino fu affidata ai Pauliciani, setta gnostico-manichea, perseguitata a sua volta prima dell’eresia iconoclasta e dopo la sua condanna. I Pauliciani fuggirono quindi verso nord (Bulgaria) e occidente (Italia, Francia), Queste deportazioni ebbero l’effetto imprevisto di diffondere in Europa le loro dottrine e contribuirono allo sviluppo di altri gruppi di eretici dualisti, come i bogomili ed i catari. Questi ultimi saranno a loro volta perseguitati in modo durissimo, pensiamo alla crociata contro gli Albigesi.”

Dimenticavo, il consiglio di classe si era concluso con la richiesta da parte del direttore a tutti i componenti del collegio docenti di dare la propria fotografia da mettere sul sito della scuola.

Preferirei di no, ho risposto io.

Chissà, forse i tempi sono maturi per un ritorno dell’iconoclastia anche da noi, visto l’uso piuttosto stolto che riusciamo a fare di simboli e immagini.

Cristina Cattaneo

20.IV.2006 – www.gazzettadisondrio.it

Cristina Cattaneo
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