DIO E' SOLO PADRE

DIO E' SOLO PADRE

L’affermazione di Benedetto XVI nel suo nuovissimo libro “Gesù di Nazaret”, che il titolo di madre non spetta a Dio che è solo ed assolutamente padre, poiché nei Vangeli Gesù nomina sempre “Dio padre”( Padre nostro che sei nei cieli…; La parabola del Buon Padre), è bene che ogni archetipo femminile stia ben lontano dall’assolutezza divina che è esclusivamente maschile. Così scrivendo, ha cancellato irreparabilmente quanto aveva affermato Papa Luciani durante l’Angelus del 10 settembre 1978 che “ Dio è papà, più ancora è madre…” e aveva riconciliato, in un certo senso, il filone del pensiero della differenza -- da Luce Irigaray alle tante teologhe femministe – ristabilendo l'«ordine simbolico» che ne scaturisce e che, ne è la premessa fondativa, per affrontare la questione del sacro e della trascendenza, denunciando in qualche misura, nella soggezione alla nominazione maschile, un'antica e non più tollerabile subordinazione patriarcale. Così egli accuratamente omette che maschile e femminile sono solo archetipi di qualità che ogni divinità antica e di molte altre religioni nel mondo comprendono generi onnipresenti nell’animo dell’uomo come della donna: la compassione, la difesa dei deboli, il coraggio, la decisione come la protezione in un’armonica integrazione. Omette anche di ricordare che nella Bibbia c’è scritto: “ Dio creò l’uomo simile a sé, lo creò ad immagine di Dio, maschio e femmina li creò(Genesi 1, 27).

E queste non sono che alcuni dei particolari del suo poderoso libro che tutti i “grandi” intellettuali hanno lodato, un po’ alla maniera di quanto faceva la gente nel vedere passare l’imperatore nudo e che solo un bambino smascherò. Non sono certa un’esperta come sua Santità, che si esibisce in voli pindarici di difficile comprensione, però qualche domanda mi viene da porre.

1)Se nella Bibbia che ebrei e cristiani onorano , c’è scritto che Dio creò l’uomo e la donna a sua immagine e somiglianza, perché non lo ha almeno accennato? In che cosa sono sua immagine e gli somigliano? Lo sguardo femminile, riverberandosi sul volto del «divino», cerca in esso garanzia e legittimazione. Nella Scrittura, veterotestamentaria anzitutto, ma anche evangelica, appaiono incontrovertibili, attributi «femminili» di Dio: dalla Sapienza- Sophía all'espressione ebraica originale in cui la misericordia di Dio è riferita alle viscere uterine, fino allo Spirito- Rûah. Innumerevoli sono i passi biblici in cui il rapporto di Dio con Israele si configura nel segno della tenerezza e, si direbbe oggi, della «cura» materna. È la ricchezza stessa di quel rapporto, sono le molteplici forme che esso assume nella storia, l'inesauribilità dell'amore di Dio per il popolo eletto a mobilitare le risorse del linguaggio, a tentare le più ardite analogie con l'umano, maschile e femminile, per renderlo almeno in parte comprensibile. Ugualmente sperimentata la via di un'interpretazione femminista del Vangelo, sulla traccia delle donne che Gesù incontrò. Si è sottolineato il carattere «provocatorio» rispetto alla cultura ebraica -- dei comportamenti, dei gesti di Gesù verso il mondo femminile, si sono amorosamente cercate le impronte lasciate dalle donne nel cristianesimo delle origini, a partire dalla loro eccezionale testimonianza del Risorto. Il volto «femminile» di Dio si è così incarnato nel «discepolato di eguali» inaugurato dalla predicazione di Gesù Cristo, in forza della quale, come leggiamo in Gal 3,28, «Non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù». E che poi, dopo l’epoca romana, molto maschilista, è stato espunto dal cristianesimo per motivi politici.

2) «Ti conoscevo per sentito dire» (Gb 42,5)

Giobbe è l’icona della pazienza, cioè dell'ostinata, irriducibile volontà di ricomporre esperienza e fede, autocoscienza e accettazione dell'Altro, simbolo di una fede interrogante, di una parola che non si arrende . E’ interessante il confronto con le risposte, preconfezionate dal linguaggio religioso, che rende immediatamente disponibili «volti» di Dio già da sempre proferiti. Sono quelli che i «tre saggi» propongono, difendendo - dinanzi alle proteste d'innocenza di Giobbe - la tesi tradizionale di un Dio giusto che affligge solo i colpevoli di ingiustizie. L'esperienza di Giobbe respinge tali mediazioni religiose che, se mettono a tacere la sua protesta, sottraggono a Dio il suo mistero. Il volto di Dio, totalmente illuminato da una teologia che abolisce la radice esperienziale dell'interrogare ed elimina quel «ciclone» in mezzo al quale Dio parla al giusto sofferente, appare a Giobbe inaccettabile. Non se ne può appagare. Il «sentito dire» attorno a Dio non solo ne restituisce i lineamenti in modo sfocato, ma diventa un ostacolo ad una fede personale, incarnata, adorante. Qui vi è anche la ragione della ricerca di un volto «femminile» di Dio. È il soggetto femminile, come soggetto di fede che non accetta il «sentito dire», a cercare quei tratti. Si tratta di «tenere insieme» l'esperienza del limite, della propria condizione e la domanda «su» Dio che da questa condizione, inesauribile, rinasce. Fino alla teofania che - annullando le mediazioni del linguaggio religioso/sacrale - fa convivere mistero e familiarità: «Ora i miei occhi ti vedono», dice Giobbe alla fine del suo lungo contendere. Se il «femminile» di Dio è quello che gli occhi delle donne vedono, oltre un «sentito dire» che storicamente le ha escluse, certo esso é come Altro che non si comprende e a cui tuttavia si può dare del Tu: «Ascoltami e io parlerò, io ti interrogherò e tu istruiscimi». (Gb 42,4). Insomma, non vi può essere nessuna proiezione patriarcale, né matriarcale per espropriare Dio del suo mistero.

3) . Oltre i nomi

L'insufficienza della nominazione umana rispetto al Dio vivente appartiene al più antico, fondativo nucleo veterotestamentario. Quale, pertanto, il senso del cercare, o sottolineare, un volto «femminile» di Dio, a partire da simile consapevolezza? Non certamente quello di ultimare quanto non c’è nella rappresentazione maschile- paterna. Piuttosto quello di convocare le risorse del linguaggio per approssimarsi a Dio. Il limite patriarcale della rappresentazione paterna può essere indicato dalle donne, dalla loro fede e spingere - donne e uomini - a superarlo nella ricchezza del «femminile». «Si dimentica forse una donna del suo bambino così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò»(Is 49,15). Il «femminile» di Dio ha il volto dell'amore delle madri. Oltre i nomi, ma anche al di là dei generi, al di là del Dio dei padri, ma anche del Dio delle madri: il compito che attende chiunque - uomo o donna – è di rivolgersi al mistero di Dio. Il cui unico «volto» per i cristiani,può essere quello di Gesù Cristo, nato di donna, morto e risorto.

4)Dio nelle religioni.

Omettendo tenacemente l’esperienza religiosa degli altri popoli che quasi tutti pongono accanto a Dio la sua paredra(la sua parte femminile), si apre di nuovo l’abisso che, in un certo senso, con gli incontri multiculturali e certe affermazioni di pontefici, come quella di Papa Luciani di cui è in corso la sua causa di beatificazione, si stava sanando.

E allora, cerchiamo di capire qualcosa di più del mistero di Dio. Con il termine dio, dal latino deus da divus=splendente, viene indicato il concetto di essere superiore, di tipo trascendente e/o immanente, il cui rapporto con l'essere umano – interpretato diversamente a seconda dei vari tipi di credo – prende il nome di religione. La radice indoeuropea, da cui viene "divus" e successivamente "dio", significa "luce". Tale appellativo dell'Essere infinito ed eterno si spiega con il fatto che, sin dall'antichità fino ai giorni nostri, chi ha fatto esperienze di dio, le ha sempre caratterizzate come esperienze di "luce", di beatitudine, gioia, pace...

Nelle religioni e filosofie monoteiste, Dio rappresenta l'essere supremo, eterno e infinito, creatore dell'universo. In particolare, nella tradizione ebraica, cristiana ed islamica, a Dio viene attribuito un carattere personale ed una rivelazione pubblica.

Nelle religioni politeiste, con dio si intende una delle entità superiori all'uomo innanzitutto in potenza, in sapienza e spesso in moralità, quasi sempre immortale. Per l'ateismo tale essere superiore non esiste e si tratta di un'invenzione umana. Nelle lingue germaniche Dio è identificato con il Bene, anche se con il tempo probabilmente è andato perso il senso comune di quest'origine etimologica: infatti, l'inglese God e il tedesco Gott hanno la stessa origine degli aggettivi "good" e "gut" ("buono" e "bene"). Delle une e delle altre, mi limito ad indicarne solo qualcuna.

La religione induista

La visione di Dio presso la religione induista è estremamente articolata, è un insieme più o meno eterogeneo di numerose correnti filosofiche e religiose, a volte in apparente contraddizione tra loro. Questo rende l’Induismo difficilmente classificabile; infatti, sebbene da molti venga erroneamente considerato politeista, vi si ritrovano tratti di diverse tipologie di religiosità, tra cui monoteismo ed enoteismo. I principali punti di vista della religione induista sono sei, e vengono chiamati Darshana: essi designano le differenti possibilità di approccio ad uno o più degli aspetti filosofici, devozionali, metafisici e ritualistici emersi in un'epoca che affonda le sue radici nel mito. L’induismo è infatti la religione più antica della terra. Nella cultura indù, parlando di Dio ci si può riferire tanto alla totalità del Divino quanto alle singoli forme: l'aspetto personale o quello impersonale, l'aspetto creativo o quello distruttivo, l’aspetto femminile o quello maschile, l’aspetto dolce o quello austero, l'aspetto trascendente o quello immanente, e così via. Vi sono murti, raffigurazioni di Dio e dei suoi aspetti, Devi (ossia l'immagine materna/femminile di Dio). Viene chiamata anche Kali nella sua figura terrifica della Madre divina, oppure Bhavani, "Colei che dà la vita"; e, allo stesso modo, Śiva ,l'aspetto paterno/maschile di Dio, viene interpellato a seconda dei casi Hara (Distruttore) o Shankara (Benefico). Tuttavia, con “Dio” ci si riferisce al Dio- persona, chiamato Ishvara, che significa “il Signore”, il Dio con una sua individualità, con degli attributi, con nomi e forme. il Dio dotato di tutti i poteri, al tempo stesso immanente e trascendente, il Dio che per amore dell’uomo si incarna ed impartisce gli insegnamenti necessari per ottenere la realizzazione spirituale. Ishvara, nei suoi molti modi , costituisce l’aspetto supremo di Dio presso i principali culti devozionali (Bhakti o Bhakti Yoga) monoteisti, ovvero Śivaismo (monoteismo di Śiva), Vaishnavismo (monoteismo di Viṣṇu / Kṛṣṇa) e Shaktismo (monoteismo di Devi, la Madre Divina, chiamata anche Shakti).Per l’induista, le varie religioni (dette Dharma) sono sentieri che conducono all’unica Mèta; l’unica cosa che differisce sono gli strumenti per giungere a questa Mèta, ovvero i nomi e le forme, le ritualità. Da qui il forte senso di rispetto verso tutte le fedi, poiché ognuna di esse è vista come una possibile via per raggiungere l’unico Dio e riscoprire la propria Natura Divina.

La religione buddhista

Il Buddhismo è fondamentalmente una religione non-teista; Siddhartha Gautama, fondatore della religione, rifiutò sempre di occuparsi di questioni metafisiche sostenendo di insegnare solo ciò che è necessario a seguire la Via, e nient'altro. Nelle speculazioni posteriori, gli dei, che pure compaiono spesso nelle scritture buddhiste, sono considerati esseri senzienti al pari degli altri, e quindi prigionieri del Saṃsāra; la natura "divina" è solo una di quelle appartenenti al ciclo delle rinascite, ed agli dei si nega la trascendenza. Nelle scuole Buddhismo Theravāda, nessun essere vivente è al di là del Samsara e dopo la sua morte un Buddha è al di là dei sensi. Nel Buddhismo Mahāyāna, pur negandosi decisamente il concetto di un Creatore, si parla tuttavia in alcuni di un principio noto come "Natura Buddha”, piano ultimo delle cose, la Mente Risvegliata, eterno e onnisciente, immanente e trascendente la Realtà, un germoglio del quale è presente in ogni essere senziente ed apre a esso la strada per diventare un vero Buddha. L’"essenza" del Buddha è indistruttibile, incomprensibile, divina, eterna, infinita, onnisciente, increata e immortale, e il suo regno, secondo il Nirvāṇa Sūtra è inerente in tutti gli esseri viventi. Nelle scuole tantriche, in particolare nel Buddhismo tibetano, è presente la figura dello Yidam, tradotto come "deità"; gli Yidam sono forme di Buddha che rappresentano particolari qualità della mente; tali forme sono parte centrale di alcune specifiche meditazioni nelle quali il seguace si identifica con esse per sviluppare le qualità che la forma rappresenta. Alcune forme, come ad esempio quella del "Buddha primordiale" (Adi-Buddha), rappresentano la natura della mente stessa, non creata, avente le caratteristiche di spazio (vacuità), luminosità (capacità di conoscere e di sperimentare) ed assenza di limiti; il praticante buddhista ha come scopo ultimo il riconoscimento della natura della mente, l'Illuminazione. Occorre sottolineare che anche nel Buddhismo Vajrayana non è presente il concetto di un Dio creatore. Esiste, però, l’aspetto femminile della bontà di Buddha: Kwanyn, la “dea della misericordia, colei che guarda con compassione”. Tra i grandi buddhisti vi fu il re Asoka. Su una delle sue famose iscrizioni si è trovato scritto: “Io desidero che gli uomini di ogni fede imparino a conoscere le altrui religioni e ne acquisiscano le dottrine valide. Onorando gli altri, ognuno esalta la propria fede e, allo stesso tempo, rende un servizio agli altri”(Citato in : Maria de falco marotta, Religioni Culture Dialogo, Biblioteca Scienze religiose, Roma 2003)

La religione ebraica

Nella religione ebraica e nell'Antico Testamento Dio è percepito come l'Essere Supremo, Creatore, Autore e Causa prima dell'universo, Capo del mondo e degli uomini, Giudice supremo e Padre, la cui giustizia è temperata dalla misericordia. Dio comunica la sua volontà attraverso profeti e altri canali stabiliti.

I nomi ed i titoli di Dio

Dio traduce l'ebraico El (nome anche di una divinità fenicia), Eloah, ed Elohim. Si trova nei testi che lo studio filologico fa risalire alla corrente eloista del Pentateuco. La stessa radice si ritrova nell'ebraico e poi cristiano Elia e nell'attributo di Gesù come Em-anu-el (Dio-con-noi); ed anche nell'islamico Allah. A testimonianza dell'origine comune di ebraismo,cristianesimo ed islam .

Il nome che appare più spesso nella Bibbia ebraica è quello composto dalle lettere ebraiche o Tetragramma biblico (la scrittura ebraica è da destra a sinistra ).

L’ebraismo insegna che questo nome di Dio, pur esistendo in forma scritta, è troppo sacro per essere pronunciato. Infatti, le moderne forme di ebraismo proibiscono il completamento del nome divino, la cui pronuncia era riservata al Sommo Sacerdote, nel Tempio di Gerusalemme. Poiché il Tempio è in rovina, il Nome non è attualmente mai pronunciato durante riti ebraici contemporanei. Invece di pronunciare il tetragramma durante le preghiere, gli ebrei dicono Adonai, cioè "Signore". Nelle conversazioni quotidiane essi dicono HaShem (in ebraico "il nome", come appare nel libro del Levitico XXIV,11) quando si riferiscono all'Eterno. La fede del popolo ebraico è in un primo momento un culto di monolatria (conosciuto anche come enoteismo): ogni popolo ha il suo Dio, ma il Dio del popolo ebraico è l'unico che Israele adora e serve e ci si riferisce a lui come il "Dio dei nostri padri", "il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe". È solo al tempo dell'Esilio babilonese (VI secolo a.C) che Israele passa della monolatria al monoteismo: c'è un solo Dio, tutti gli altri sono apparenza.

Gli "attributi" di Dio

Il Dio degli ebrei è creatore di tutte le cose, che ha plasmato dal nulla. Il profeta Ezechiele, rappresentando la maestosità del Creatore e della sua perfetta organizzazione in un simbolico carro celeste, parlò della presenza di quattro creature viventi, cherubini, ai lati di questo carro. Ogni creatura aveva quattro facce che rappresentano i quattro principali attributi di Dio. In particolare le figure descritte da Ezechiele sono:

• una faccia d'aquila; che simboleggia la profonda sapienza di Dio (Proverbi 2:6);

• una faccia di toro; che con la sua leggendaria potenza ben raffigura l'onnipotenza di Dio (Giobbe 37:23);

• una faccia di leone; simbolo della coraggiosa giustizia di Dio (Deuteronomio 32:4);

• una faccia d'uomo; simbolo dell' amore di Dio, in quanto l'uomo è l'unica creatura in grado di manifestare intelligentemente questa qualità.

L'azione di Dio nella storia

Il Dio degli ebrei è un Dio impegnato in loro favore (all'inizio), e verso tutti gli uomini più tardi.

Israele nasce come popolo quando sperimenta che Dio lo libera della schiavitù d'Egitto. Da quel momento in avanti Dio è colui che dice "presente" (La radice del nome è la stessa radice del verbo essere coniugato al presente indicativo = Io Sono = Io sono qui con te), ed è al suo lato per accompagnarlo e salvarlo. Anche le circostanze dolorose, come cadere in mano dei nemici o l'Esilio babilonese, sono interpretate come un'azione di Dio che corregge il suo popolo a causa dei suoi peccati. Nella Bibbia l'esistenza di Dio non viene dimostrata ma presupposta, non ci sono tentativi di dimostrare la sua realtà, poiché nell'ambito biblico lo scetticismo filosofico appartiene ad una fase del pensiero generalmente posteriore a quella coperta dai libri biblici. Solo nel Qohelet o Ecclesiaste e nei salmi 14, 53 e 94, troviamo tracce di una qualche tendenza pessimista che può far pensare, da molto lontano, all'ateismo moderno. Le controversie dei profeti anteriori non trattano mai del problema dell'esistenza o non esistenza di Dio, ma le loro polemiche sono dirette a provare che Israele, in ogni tempo disponibile ad accettare e adorare questo o quel dio, è sotto l'obbligo di adorare il Signore e nessun altro. Si disputa del modo in cui si debba adorarlo, ma non della sua natura.

La religione cristiana

Nella professione di fede ebraica, condivisa anche dalla Chiese cristiana, si afferma l'unicità di Dio . Nel Credo niceno-costantinopolitano si professa un solo Dio, Padre onnipotente, creatore dell'universo e di ogni cosa, visibile o invisibile.

Il Credo però prosegue dichiarando che Gesù Cristo è "Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero", che è consustanziale a Dio, che al tempo stesso possiede la natura umana, e che anche lo Spirito Santo è Dio. Si definisce così la dottrina trinitaria, che separa il cristianesimo dalla radice ebraica da cui è derivato.

Le principali Chiese cristiane concordano nel parlare di mistero cristologico e mistero trinitario, ritenendo ineffabile la natura profonda di Dio, e che perciò fosse necessaria una rivelazione da parte di Dio stesso, non potendo la ragione umana arrivare a dedurlo.

Tali dottrine sono approvate dalle tre maggiori forme di Cristianesimo: Cattolicesimo, Ortodossia e dal Protestantesimo maggioritario. La sua definizione ebbe luogo, a partire dal IV secolo, a seguito della disputa fra la chiesa "Ortodossa" e l'Arianesimo, ora estinto, che negava la natura divina di Gesù.

Nel cristianesimo il monoteismo e la trascendenza di Dio sono un fatto necessario che però non esclude che oltre a essere nei cieli possa vivere anche in terra (il caso di Gesù e poi dello Spirito Santo fra gli uomini). Nel Vangelo secondo Giovanni si riporta l'affermazione di Gesù che rivela che Lui è nel Padre e il Padre è in Lui; l'evangelista Giovanni parla del Consolatore (paraclito), lo Spirito Santo che il Padre avrebbe inviato ai suoi figli fino alla fine dei tempi dopo la crocifissione, morte e resurrezione di Gesù: tale promessa si compie per la tradizione cristiana e viene ricordata nel giorno di Pentecoste, che celebra la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli.

La sintesi delle Chiese cristiane è quella di un Dio Uno e Trino, un solo Dio e tre persone distinte (Padre, Figlio e Spirito Santo) : tale articolo di fede, insieme alla incarnazione, passione, morte e risurrezione di Gesù sono i misteri fondamentali delle fedi cattoliche protestanti ed ortodosse. Esistono tuttavia anche in ambito cristiano gruppi religiosi storici e confessioni contemporanee che non ammettono la trinità delle persone o l'unicità di Dio(Cfr.: Wikipedia; Maria de falco marotta,Religioni Culture Dialogo; Il Dio della vita, edizioni Elledici- Il Capitello, marzo 2007).

Ma non è il caso di dilungarmi, visto che ora il libro del Papa, indurrà i tiepidi fedeli cristiani a conoscere meglio la religione che professano e a riprendere la certezza che solo Dio è il Padre, trascurando anche i faticosi passi compiuti dal dialogo interreligioso, per condividere con gli altri da sé, quei valori etici che provengono da un’unica fonte e sono parte del maschile e femminile dell’umanità.

Maria de Falco Marotta.

Maria de Falco Marotta.
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