Gli studenti nel periodo di lockdown. Tutto sulla Didattica a distanza

Scelti studenti di 10 scuole in provincia, 5 istituti comprensivi e 5 istituti superiori, (più di 1000 questionari), per test a risposta multipla atti ad indagare nel dettaglio la vita familiare e scolastica nel periodo di lockdown

Durante l’anno 2020 abbiamo assistito ad uno degli eventi più dirompenti della storia, che ha rivoluzionato la quotidianità di tutti gli abitanti del pianeta. In particolare, ha stravolto le vite di milioni di studenti e la modalità di svolgimento dell’attività scolastica. I media ne hanno discusso parecchio e spesso in maniera negativa di come la didattica a distanza (D.A.D.) si sia rivelata un flop sotto tanti aspetti. Sicuramente non ci si poteva aspettare che delle limitazioni alla libertà personale, unite ad una modalità di fruire della scuola progettata ed attuata in tempi brevi e creata per sopperire ad una mancanza totale delle attività in presenza potesse essere all’altezza dell’anno precedente; ma è utile comprendere, dati alla mano, fino a che punto sia stato così negativo.  Sono state scelte dieci scuole residenti in provincia di Sondrio, cinque istituti comprensivi e cinque istituti superiori, per sottoporre i loro studenti ad alcuni test a risposta multipla atti ad indagare nel dettaglio la vita familiare e scolastica durante il periodo di lockdown. In totale sono stati compilati più di mille questionari.

SCORING TEST COVID ISTITUTI COMPRENSIVI
Per quanto concerne gli studenti degli istituti comprensivi, circa il 75% di essi ha dichiarato di essere rimasto soddisfatto della DAD, mentre il 25% no. Le cause in cui si può inquadrare il dato negativo possono essere evidenziate nel fatto che, della totalità degli studenti, un quarto di loro ha espresso problemi di connessione o problemi tecnici legati alla tecnologia (mancanza di banda o computer obsoleti). Alcune difficoltà erano legate anche al fatto che alcuni studenti (17%) non possedevano una stanza propria in cui poter seguire le lezioni con la dovuta tranquillità. Un’altra nota negativa da evidenziare, che può essere stata condizionata oltre che dall’età anche dalla modalità di fruizione delle lezioni, è che il 20% di coloro che hanno risposto al questionario era restio ad accendere la telecamera perché si sentiva a disagio per il proprio aspetto o perché si vergognava. Anche se questa rappresenta una fase caratteristica legata a tale fascia d’età, bisognerebbe indagare ulteriormente se questa problematica ha subito un incremento nel corso dei mesi di lockdown.
Un’alta percentuale (85%) ha percepito la mancanza del rapporto con compagni e insegnanti, sintomo di come le tecnologie odierne, pur permettendo collegamenti rapidi e pressoché universali con chiunque, non compensano la mancanza di contatto fisico con chi si vuole al proprio fianco.
Sul versante del rendimento scolastico, il 20% ha percepito un peggioramento nel complesso e il 35% meno voglia di studiare.
Riguardo l’umore dei ragazzi, il 35% ha percepito un peggioramento, mentre il 25% non ha notato alcuna differenza con il periodo precedente. Invece, per quanto riguarda la relazione con i familiari, il 68% non ha constatato influenze nel periodo di pandemia, il 15% ha percepito un peggioramento, mentre secondo il 20% addirittura è migliorata. Quindi bisogna comprendere come il lockdown non sia stato per tutti un periodo di disagio, ma alcuni sono riusciti in maniera resiliente a rimodulare le proprie relazioni all’interno della cerchia familiare e quindi apportare un miglioramento globale.
Il 60% dei ragazzi ha percepito che la relazione con chi non si poteva vedere di persona è rimasta uguale, il 25% addirittura migliore mentre il 16% peggiore. Anche in questo caso vale lo stesso discorso di cui sopra. Per quanto riguarda la percezione degli spazi interni a casa, il 60% stava bene, il 12% percepiva di vivere in spazi troppo stretti e il 15% sentiva che la casa fosse soffocante. Un quarto dei ragazzi ha quindi vissuto tale periodo in un ambiente che non sentiva adeguato e, anzi, limitante. La percentuale non è elevata, ma comunque di rilievo.
Per quanto riguarda invece la percezione e la cura del proprio corpo, il 50% lo ha trascurato rispetto al periodo di normalità precedente, il 16% invece è riuscito a mantenersi più in forma mentre il 32% non ha risentito di cambiamenti.
Parlando di l’igiene del sonno, prima della pandemia il 72% degli studenti ha dichiarato di andare a letto prima delle ore 23, il 20% tra le 23 e mezzanotte e solo l’8% dopo mezzanotte. Durante il Covid invece, il 36% andava a letto prima delle 23, il 40% tra le 23 e mezzanotte e il 24% dopo mezzanotte. Si può constatare come ci sia stata una notevole posticipazione dell’orario di addormentamento per la maggior parte degli studenti. Questo può essere considerato anche alla luce del fatto che la mattina gli studenti potevano svegliarsi più tardi in quanto non necessitavano di prepararsi e di spostarsi con i mezzi per raggiungere le scuole. Inoltre, altre cause possono essere evidenziate nel fatto che, non svolgendo attività esterne di giorno, l’energia non veniva scaricata come nel periodo precedente. La qualità del sonno ne ha risentito per più del 30% degli studenti che è incorso in problemi notturni quali risvegli frequenti o incubi. Il 60% dei ragazzi, inoltre, percepiva la preoccupazione dei propri genitori che si aggiungeva alle proprie ansie e difficoltà, andando a gravare ulteriormente sul benessere psicofisico. Le preoccupazioni nello specifico vertevano, per il 70% sulla salute propria o dei familiari, per il 34% sulla vita sociale e il 17% per il proprio futuro (la somma supera il 100% perchè i ragazzi potevano dare più risposte).
È bene sottolineare però come in queste difficoltà emotive, la quasi totalità degli studenti, il 94%, percepiva casa come un posto sicuro. Quindi al di là del fatto che lo spazio fisico fosse ritenuto non adeguato o troppo stretto, emotivamente forniva la giusta quota di serenità.
Una nota negativa interessante riguardante l’emotività è che il 70% degli studenti ha provato nella maggior parte del tempo emozioni come rabbia, ansia e pessimismo, dovute alle difficoltà sopra elencate, cui va ad aggiungersi anche la difficoltà di poterle esprimerle o comunicarle in ambienti diversi dalla propria casa. Il 30% invece ha provato maggiormente calma e soddisfazione. Le emozioni prevalenti, per gli studenti che hanno partecipato al questionario, sono state: noia, preoccupazione, ansia e stanchezza. Il 50% dei ragazzi condivideva i propri stati d’animo esclusivamente con familiari o amici, mentre un fin troppo elevato numero di studenti, il 27%, non riusciva ad esprimersi con nessuno o non ne aveva la possibilità di farlo.
La difficoltà di questo periodo per i ragazzi si evince anche dal fatto che il 26% di loro ha sentito di aver perso interesse nelle cose che facevano precedentemente, il 34% si è sentito spesso debole e senza energie, il 16% ha manifestato esplosioni di rabbia e infine il 7% ha anche messo in atto gesti autolesivi. Il 45% ha manifestato sbalzi d’umore, il 30% paura per un futuro incerto, il 15% sintomi di ansia patologica mentre il 40%, al contrario, ha dichiarato ottimismo per il futuro (anche in questo caso le risposte potevano essere molteplici per ogni ragazzo).
Per quanto riguarda la suddivisione del tempo giornaliero, il 45% passava la maggior parte utilizzando videogiochi, il 49% per hobby vari, il 23% lo spendeva a leggere, il 40% a cucinare, il 38% a fare sport, il 55% lo passava sui social network e un 67% in chat o videochat. Quindi si può evidenziare come le abitudini dei ragazzi fossero abbastanza eterogenee, alcune più sane e altre meno, ma comunque riempivano il vuoto di tempo lasciato dall’impossibilità di svolgere attività esterne.
Per quanto riguarda il tempo speso prettamente online, prima del covid, il 59% dei ragazzi ha dichiarato di trascorrere meno di due ore collegato a Internet, il 27% tra 3 e 5 ore e il 10% più di 5. Durante il covid invece, escludendo il tempo impiegato a seguire le lezioni, il 43% stava online meno di due ore, il 32% da 3 a 5 e il 24% più di 5. Anche in questo caso si può riscontrare come ci sia stato un notevole incremento del tempo trascorso in rete, per ovviare alla privazione della possibilità di poter svolgere attività all’aperto. In particolare, analizzando come il tempo online veniva speso, il 40% si connetteva per distrarsi da pensieri spiacevoli o preoccupazioni, il 30% per stare con gli amici, il 50% per fuggire la noia, mentre il 30% per ovviare alla solitudine.
Un altro dato rilevante, che contrasta con l’ansia fomentata dai vari media sulla questione, riguarda le cosiddette challenge online tra ragazzi, a volte anche pericolose, ma a cui solo il 10% ha espresso di aver partecipato e meno dell’1% erano caratterizzate da azioni pericolose. Riguardo un fenomeno che sta affliggendo i ragazzi dagli ultimi anni a questa parte, il bullismo online, è interessante riscontrare che secondo il 60% degli intervistati siano in realtà diminuiti gli episodi di questo tipo. Al contrario, il 40% ritiene che tali situazioni siano aumentate. Solo il 12% ha assistito personalmente a fenomeni di questo tipo durante il periodo di lockdown.
Per quanto riguarda invece l’alimentazione, il 30% ha mangiato di più e di conseguenza è aumentato di peso, mentre il 15% ha perso più di un chilo di massa corporea. Parlando di sport, il 67% dei ragazzi svolgeva attività fisiche regolarmente prima dell’emergenza covid e la percentuale è rimasta la medesima anche durante il periodo di lockdown.

SCORING TEST ISTITUTI SUPERIORI
Passando ai dati relativi agli istituti superiori, essi mostrano che la percentuale sulla soddisfazione della didattica a distanza divide gli studenti quasi alla perfezione, riportando un 52% dei ragazzi che ritiene sia stato un percorso funzionale, mentre per il restante 48% no. A determinare questo valore negativo concorrono varie cause possibili, tra cui problemi tecnici di connessione a internet (40%) o fatica in generale a seguire una lezione tramite dispositivo tecnologico (32%). Il 15% non seguiva costantemente le lezioni per mancanza di voglia, mentre solo il 55% afferma di aver seguito sempre le lezioni. Purtroppo, alle difficoltà tecniche si aggiungono anche quelle dovute al fatto che quasi un quarto degli studenti (23%) non aveva una stanza propria in cui poter studiare o seguire le lezioni.
Del totale degli studenti va sottolineato che solo il 17% ha sempre tenuto accesa la telecamera, mentre il 25% ha preferito mantenerla spenta per motivi di vergogna o disagio dovuto all’aspetto fisico e all’abbigliamento. Questa caratteristica è chiave nell’età adolescenziale ma, con il fatto che in didattica a distanza era l’unico modo per assicurarsi che i ragazzi seguissero le lezioni, questo è stato motivo di mancanza di continuità del percorso scolastico. Inoltre, il 45% ha affermato che spesso non accendeva né microfono né telecamera per via di mancanza di banda internet o per via di rumori in casa.
Il periodo di lockdown ha influito negativamente su tanti aspetti legati all’ambito scolastico e non solo. Il 31% ha espresso come nei mesi di pandemia il loro rendimento sia calato, il 57% aveva meno voglia di studiare rispetto al periodo precedente di normalità e un 39% ha percepito come nella globalità la preparazione scolastica non sia stata adeguata. Per quanto riguarda l’aspetto personale, il 26% ha percepito un degrado nella capacità di socializzare; il 52%, che è un tasso molto elevato, ha espresso che lo stato d’animo abbia subito un’influenza negativa, mentre solo il 15% ha affermato che tale periodo non abbia causato alcun peggioramento.
Per quanto riguarda la convivenza con i familiari, i dati sono controversi in quanto, al di là di un 65% che ha affermato che la relazione con essi sia rimasta invariata, il 15% ritiene che la relazione si sia deteriorata e, invece, un sorprendente 20% ha percepito un miglioramento della relazione con essi. Questi dati sono interessanti in quanto dimostrano come la convivenza forzata a tempo pieno con la propria famiglia non abbia significato una difficoltà globale per gli studenti, ma, al contrario, un 85% non ha riportato alcuna variazione o anzi un miglioramento. Questi dati potrebbero riflettere il fatto che tale periodo abbia esasperato le difficoltà di chi già prima della pandemia non aveva buoni rapporti con la propria cerchia familiare.
I dati riguardanti i rapporti con le persone che non si riuscivano a vedere di persona dimostrano che il 32% dei ragazzi ha percepito un peggioramento in tali relazioni. Il fatto di potersi vedere solo tramite supporto tecnologico non è riuscito ad ovviare alla mancanza di contatto fisico e ha apportato anche difficoltà nella comunicazione.
Della totalità degli studenti, il 46% ha affermato che lo spazio di casa era adeguato e che li faceva stare bene, invece il 19% ha percepito che gli spazi erano troppo stretti per convivere con tutti i familiari e il 25% ritiene che tale ambiente risultasse addirittura soffocante.
Riguardo alla percezione del proprio corpo, la maggioranza di essi (55%) si è sentito meno in forma e più trascurato; invece il 18% è riuscito a mantenersi più in forma rispetto al periodo precedente.
Gli orari in cui gli studenti sono andati a letto prima e durante la pandemia aprono una questione interessante. I dati pre-covid dimostrano che solo il 20% del totale si coricava dopo mezzanotte, mentre nel periodo di lockdown questo dato sale fino al 45%, una cifra più che doppia. Sarebbe interessante indagare le cause alla base di questa variazione. Per il momento si può solamente constatare come il sonno di molti studenti si sia modificato negli orari, ma probabilmente la durata non si sia ridotta drasticamente in quanto non c’era il bisogno di alzarsi presto come nel periodo di normalità per prendere mezzi o prepararsi. Al di là della durata e degli orari, bisogna però sottolineare che un terzo degli studenti sia incorso in disturbi del sonno legati a frequenti risvegli notturni, incubi e difficoltà nell’addormentamento. L’igiene del sonno ne ha quindi risentito nel periodo di pandemia, andandosi a deteriorare per alcuni degli intervistati.
Le difficoltà del sonno possono essere collegate ad uno stato di poca tranquillità generale, in quanto il 76% degli studenti ha affermato che ha percepito i propri genitori preoccupati o stressati e, considerando la convivenza forzata per la totalità delle giornate, si può asserire come tali ansie si siano riversate anche su di loro e abbiano deteriorato la globalità dell’ambiente domestico. Inoltre, il 71% ha affermato che erano preoccupati per lo stato di salute proprio o dei propri cari. Il periodo di pandemia ha quindi rappresentato un paniere di preoccupazioni per gli studenti analizzati: quasi la totalità di essi ha riportato varie ansie legate agli ambiti più disparati quali la mancanza di vita sociale, le difficoltà economiche familiari, lo scarso rendimento scolastico, la mancanza di fiducia nel proprio futuro o l’impossibilità di vedere persone care quali nonni o partner. Anche se il 90% ha comunque percepito la propria casa come un posto sicuro in cui vivere, le ansie sopra citate possono aver influito in maniera preponderante sugli stati emotivi dei ragazzi. Il 79% di essi ha infatti affermato che le emozioni prevalenti di tale periodo sono state rabbia, ansia e pessimismo. È facile intuire come l’integrità psicofisica abbia subito delle forti pressioni, soprattutto in individui impegnati in una fase critica della propria crescita, che già normalmente sottopone il soggetto a difficoltà emotive. Oltre alle emozioni sopra citate, nervosismo e stanchezza erano altri due stati d’animo tra i più citati dagli studenti, a sottolineare il fatto che non è stato un periodo felice per nessuno di essi.
La maggior parte dei ragazzi (60%) condivideva i propri stati d’animo con la famiglia o con gli amici, per cui questa modalità adattiva di affrontare le difficoltà non è stata repressa dalla mancanza di libertà o dalla mancanza di contatto fisico con chi abitava lontano. Purtroppo però, bisogna anche evidenziare un altro dato negativo: il 23% non comunicava con nessuno le proprie difficoltà e questo può aver rappresentato una causa dell’aggravamento della condizione psicofisica dei ragazzi. Si può ragionare sul fatto che, nel caso di un'eventuale riattivazione della didattica a distanza, bisognerebbe attivare e promuovere dei momenti comunicativi tra studenti e docenti riguardo alle difficoltà e agli stati d’animo che i ragazzi provano.
Alcuni dati risultano maggiormente preoccupanti: il 26% ha perso interesse sulle attività che aveva piacere di svolgere precedentemente al periodo di lockdown, il 41% si sentiva spesso debole e privo di energie, il 18% ha esperito delle esplosioni di rabbia e il 4% ha avuto comportamenti autolesivi. Metà degli studenti si è sentito di aver sprecato il proprio tempo e di non avere un futuro promettente. Il 19% ha esperito sintomi associabili ad ansia di tipo patologico.
Un dato confortante è il 73% degli studenti che si è sentito in grado di affrontare e gestire i propri problemi. Purtroppo però, più della metà degli studenti ha ritenuto che tale anno scolastico sia stato sprecato e poco utile alla propria formazione scolastica.
Riguardo la suddivisione del tempo durante le giornate di pandemia, esso veniva impiegato principalmente per coltivare i propri interessi: videogiochi, serie tv, sport, cucina e musica.
Interessante notare come il tempo speso online sia aumentato notevolmente per la maggior parte degli studenti, senza considerare il tempo impiegato per seguire le lezioni. Mentre precedentemente al periodo di pandemia solo il 45% dei ragazzi rimaneva online per più di 3 ore, nel periodo di lockdown questa percentuale è salita fino al 75%. Per il 43% degli studenti la connessione a internet veniva sfruttata per distrarsi da pensieri spiacevoli o preoccupazioni e il 47% per mantenere i rapporti con gli amici. Molti studenti (70%) si sentivano annoiati o soli.
Invece, al contrario di quello che i media e i telegiornali in particolare hanno fatto apparire al pubblico italiano, solo il 10% degli studenti ha partecipato a challenge sui social media e solo una minima parte di esse era caratterizzata da modalità definibili “pericolose” (<1%).
Sempre parlando del contesto di internet e social media, il 54% degli studenti ha affermato che gli episodi di bullismo online sono aumentati, anche se solo il 15% ha affermato di essere venuto a conoscenza di tali episodi.
Per l’alimentazione invece, il 35% degli studenti ha affermato di aver mangiato più del periodo precedente e di aver aumentato il proprio peso corporeo di almeno 1 kg. Il 42% invece ha mangiato meno del solito e il 20% del totale ha perso fino a 1 kg di massa corporea.
Infine, considerando l’ambito sportivo, dal 51% degli intervistati che hanno affermato di svolgere attività fisica prima della pandemia, la cifra è salita fino al 54% nel periodo di lockdown; un dato positivo che dimostra quanto gli studenti siano riusciti a mantenersi in allenamento anche se le condizioni non erano ottimali. Questo potrebbe essere identificato come una modalità adattiva di gestione dello stress e delle difficoltà psicofisiche che gli studenti hanno dovuto subire.

COMPARAZIONE TRA STUDENTI DI DIVERSE ETA’
Le differenze principali che si evincono riguardo all’età degli studenti vertono innanzitutto sulla soddisfazione nei confronti della didattica a distanza: mentre negli istituti comprensivi il dato di chi l’ha ritenuta una modalità funzionale è del 75%, negli istituti superiori esso scende fino al 52%. Quindi gli alunni più grandi, nel complesso, hanno ritenuto che tale modalità non fosse sufficientemente adeguata ad ovviare all’impossibilità di poter svolgere le lezioni dal vivo.
Un altro dato che mostra un discostamento sostanziale tra le due fasce d’età è quello riguardante al proprio stato d’animo e, in particolare, alla percentuale che ha percepito un peggioramento dello stesso: dal 35% dei ragazzi più piccoli, forse ancora abituati a convivere maggiormente in casa, al 52% dei ragazzi delle superiori, un’età critica che ha tra le prerogative il fatto di volersi svincolare dall’autorità dei genitori e di realizzare una maggiore autonomia. E, infatti, il 60% dei ragazzi degli istituti comprensivi ha espresso di stare bene in casa, mentre solo il 46% dei loro compagni più grandi ha affermato lo stesso.
Un ultimo dato interessante da confrontare è quello riguardante il tempo di connessione dei ragazzi, in particolare di chi è rimasto online quotidianamente per più di 5 ore, che sale dal 24% dei ragazzi degli istituti comprensivi al 44% dei ragazzi delle superiori. Questo dato può essere spiegato dal fatto la fascia d’età più grande sentiva un maggior bisogno di contattare i propri coetanei (60% contro il 30%).
Gli altri dati complessivamente sono in linea per le due fasce d’età, per cui non si riscontrano ulteriori differenze rilevanti.

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Ad integrazione, l'analisi effettuata da parte del Dott. Mattia Maffezzini - (da Nicolas Bettineschi collaboratore per la comunicazione UST Sondrio)

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