LA PORTA D’ORO (NUOVOMONDO)

e intervista al regista Emanuele Crialese

Edmondo De Amicis nella sua toccante poesia "Gli emigranti" così scriveva:

"Ammonticchiati là come giumenti

sulla gelida prua mossa dai venti,

Migrano a terre inospiti e lontane;

Laceri e macilenti,

varcano i mari per cercar del pane"

Era il 1880, poco prima di quella storia che Emanuele Crialese (di origine siciliana) presenta in "Nuovomondo". Una storia che è la stessa di mille altre, quella di una famiglia meridionale (padre, figli e nonna. La mamma dei ragazzi è morta) che parte per l’America alla ricerca di un esistenza migliore. Di questa ne racconta il travaglio e il soggiorno sulla nave, l’arrivo ad Ellis Island, a due passi di quella statua della libertà, annunciata dagli Stati Uniti ai nuovi venuti. Una storia che conosciamo bene, quella di sicuro di tanti nostri parenti lontani e vicini. L'abbiamo studiata a scuola, ce l'hanno raccontata i nostri nonni o i nostri genitori, ne abbiamo letto nei libri, sentito in alcune canzoni e visto in molti film. Però ce ne dimentichiamo, tant’è che i molti emigranti affamati e disperati che sbarcano ora sulle nostre coste, non trovano un’accoglienza migliore di quella riservata ai nostri connazionali ad Ellis Island sottoposti a ridicoli test psicologici come quelli riferiti dal regista nel suo film, tipo: “ Quante gambe ha un cavallo?

-Quattro- E un cavallo e una gallina?--Quattro e due- -Che fanno....?- -Camminano!". Sarebbe facile quindi pensare che di un film del genere non ce ne sarebbe stato alcuna necessità. Così come sarebbe formale affermare che, di questi tempi, vedere come stavamo quando eravamo noi ad emigrare è irrinunciabile per capire le sofferenze di chi oggi cerca nella nostra Terra il nuovomondo.

Il film Nuovomondo

Nuovomondo (The golden door)

Titolo originale: Nuovomondo (The golden door)

Nazione: Italia, Francia

Anno: 2006

Genere: Drammatico

Durata: 112'

Regia: Emanuele Crialese

Sito ufficiale:

Cast: Vincenzo Amato, Francesco Casisa, Charlotte Gainsbourg, Filippo Pucillo, Aurora Quattrocchi

Produzione: Memento Films Production, Respiro, Arte France Cinéma, Titti Film, Rai Cinemafiction

Distribuzione: 01 Distribution

Data di uscita: Venezia 2006

22 Settembre 2006 (cinema).

La storia.

Inizi del Novecento. Sicilia: una decisione cambierà la vita della famiglia Mancuso, scegliere di lasciarsi il passato alle spalle e iniziare una vita nuova nel Nuovo Mondo. Salvatore vende le sue povere cose, per portare i figli e la vecchia madre in un posto dove ci sarà più lavoro e più pane per tutti(lo deduce dalle lettere e dalle cartoline che inviano gli arrivati in America, tant’è che si immaginano frutti giganteschi, cipolle così grandi da essere trasportate su un carretto, galline alte come bambini, carote giganti, alberi che producono monete d'oro e fiumi di latte). Questa è l'America per chi vuole partire, una terra di bengodi, dove tutto è possibile, un luogo dove ricominciare da zero e diventare signori.

Per entrare in questo regno della cuccagna Salvatore si disfa di ogni cosa: casa, terra, animali, per portare i figli e la vecchia madre là dove già suo fratello gemello è emigrato. A New York, Salvatore è uno dei tanti emigranti italiani che hanno scelto di mettere in gioco tutto per un futuro migliore. Arriverà ad Ellis Island (ricostruita nell'Hotel degli Immigrati nel porto di Buenos Aires), l'isola delle lacrime, porta per un nuovo mondo, dove tanti degli americani di oggi vissero la quarantena e l'umiliazione delle ispezioni, delle visite, degli esami con il terrore di essere rimandati indietro. Salvatore Mancuso, è uno delle migliaia di emigranti italiani che tentarono l’avventura per migliorare la propria vita. Non è un eroe, è un uomo semplice, guidato da una lucida consapevolezza che lo spinge ad affrontare il lungo e pericoloso viaggio attraverso l'oceano, per giungere a New York agli albori del XX secolo. Non va in cerca di grandi fortune, né di gloria. Trovare un lavoro e una casa per i suoi familiari sono il suo unico obiettivo. Una sottile e, allo stesso tempo, fitta atmosfera di mistero avvolge l'intero viaggio: dai riti prima della partenza, alle cure che la madre di Salvatore riserva agli abitanti del villaggio affetti da strane patologie, riconducibili ad arcane presenze e spiriti, che da sempre accompagnano la vita dei contadini siciliani. Niente spaventa i Mancuso, pur di rimanere nel Nuovo Mondo. Ma non scriviamo di più per non togliere quel pathos finale, così struggente.

DOMANDE & RISPOSTE

Qual’è il motivo di questo film, visto che di emigranti ed immigrati l’Italia è piena?

Nessun ragionamento vero, ma una visita all'Ellis Island Museum di New York. Sono stati gli sguardi dei nostri emigranti, ma anche degli emigranti di tutto il mondo, che guardavano l'obiettivo sospesi, storditi, sperduti, come se fossero appena sbarcati sulla Luna. La forza e la voglia di fare un film su questo viaggio che uomini molto coraggiosi hanno intrapreso viene da quegli sguardi. Non è stata una scelta politica, né un desiderio di descrivere sociologicamente quello che voleva dire emigrare, è semplicemente un'idea che mi è stata suggerita da quegli sguardi catturati in quelle fotografie.

Qualcuno potrebbe leggere il suo film, come una metafora dei nostri tempi, in cui siamo noi ad accogliere...

Sono un poco imbarazzato, visto che io ho sempre grossi problemi con il lancio dei messaggi, non riesco a proiettare messaggi. Quello che mi piace suscitare, sono piuttosto gli interrogativi. Questa è gente che parte che lascia tutto, la cultura, la terra, la lingua, nella speranza di una nuova vita, e innanzitutto di un lavoro. Noi abbiamo dato un esempio nel mondo, siamo il popolo che é emigrato di più in assoluto, siamo emigrati in venti milioni, non solo in America ma in tutto il mondo, e ci siamo integrati nelle nuove terre, abbiamo mantenuto la nostra identità di italiani e siamo riconosciuti nel mondo come gente che lavora. Penso che siamo noi quelli che dovrebbero riflettere su cosa significa lasciare la propria terra, in modo che forse s'impari ad accogliere questa gente disperata che vuole soltanto lavorare.

Che ci dice dei costumi, così adatti al tempo che rappresentano?

Ho lavorato con un giovane costumista, un esordiente, Mariano Tufano, e gli ho fatto capire che volevo toppe, rammendi, ricami. Abbiamo discusso a lungo, ma direi che Mariano potrà dirsi soddisfatto perché ha fatto un grandissimo lavoro. Quanto alla documentazione ho percorso due strade diverse: prima cosa, la documentazione storica. Ho studiato molto il contesto, e a un certo punto mi sono fermato e ho iniziato a leggere le lettere degli emigranti. Ne ho lette centinaia, ed è attraverso l'espressione diretta dei sentimenti di quella gente che ho provato a immedesimarmi e di ritrovare lo spirito di un uomo di altri tempi. Perché l'uomo di altri tempi scriveva in un altro modo, era molto positivo, gli succedevano le peggiori tragedie ma riusciva sempre a trovare il lato positivo delle cose. I miei nonni sorridevano anche di fronte alla miseria più nera. Io li cerco questi uomini che mi fanno sognare, e che mi hanno accompagnato in questo viaggio che è stato la fatica più grande che io abbia intrapreso fino ad ora.

Come mai le comparse guardano sempre l'obiettivo?

Abbiamo scelto di girare a Buenos Aires e ogni singola comparsa è stata scelta da me su circa settecento persone, anche grazie all'aiuto dei miei fantastici aiuto registi. Ognuna di quelle persone ha vissuto quella storia anche se indirettamente: erano i figli dei nostri emigrati in Argentina. Quindi c'è stata una partecipazione incredibile sul set grazie alle loro storie, Ci sono stati grandi momenti di commozione che mi hanno spinto a continuare a cercare qualcosa di vero.

Serviva un film sull'emigrazione italiana di inizio novecento? A quali film si è ispirato?

Se dovessi scegliere un riferimento direi: America America di Elia Kazan, che ho tenuto ben presente, per fare qualcosa di diverso. Non è stato affatto facile perchè io credo che lui abbia raccontato quella storia in maniera magistrale. Mi sono allontanato da Kazan perché lì c'è una visione un po' troppo trionfalistica dell'America, il paese della libertà, per cui siamo disposti a qualunque cosa, e così via. Qui ho voluto prendere le distanze, evitando di dare giudizi e fotografando una situazione che era frutto dell'immaginario collettivo, che ho trovato nelle lettere degli emigranti.

Come ha inserito in una storia di siciliani, Charlotte Gainsbourg che è francese e chic?

E' una donna inglese che nel film si chiama Lucy, il mio sognatore sente il suo nome e lo interpreta a modo suo, e per tutto il film la chiama Luce. Luce è una donna dell'altro mondo, è una donna moderna, l'unica donna di tutta la nave che viaggia da sola, e che vive profondamente questo suo senso di solitudine. Per il resto volevo che rimanesse una figura misteriosa, come un fantasma, come un'idea, è un altro sogno di Salvatore. Era importante che fosse straniera, perché volevo che anche il mio rapporto con lei implicasse la necessità di trovare un linguaggio comune a culture diverse, universale. Con Vincenzo Amato ci capiamo con uno sguardo, con lei è stato tutto più difficile ma anche intrigante e misterioso. Per me Charlotte rimane ancora un mistero.

Le sono nati dei problemi nel girare le parti oniriche?

Quando si fa qualcosa del genere, si teme sempre di essere giudicati presuntuosi, ma al di là di questo io mi sono lasciato andare. Sono stato molto incoraggiato dall'allegria di tutti i miei attori. Io mi confronto sempre con loro sulle idee che mi vengono in mente, loro sono il primo test: dai loro sguardi capisco se la cosa è realizzabile. A volte vengo criticato e a volte vengo incoraggiato. E così mi sono mosso anche stavolta.

Perché ha usato il dialetto?

Il suono per me è importante quanto l'immagine. E trovo, ma è un'opinione personalissima, che tutti i nostri dialetti abbiano una carica emotiva che l'italiano non ha. Il dialetto è più carnale, più sanguigno. Io il dialetto siciliano non lo parlo, sono nato e cresciuto a Roma, me l'hanno insegnato loro, e sentendoli parlare in dialetto, capendo ogni volta qualcosa di più, l'ho trovato così poetico che non ho potuto fare a meno di riproporlo. Credo che sia una ricchezza la nostra di avere dialetto e lingua standard. D'altra parte la 01 mi ha concesso di inserire i sottotitoli nei punti più ostici, un esperimento senza precedenti.

Quale arte l’ha intrigato di più?

Devo ammettere che mi sento piuttosto ignorante in molti ambiti, tra cui proprio quello delle arti figurative. Non vedo televisione, vado pochissime volte a teatro, non vado troppo al cinema, e non perchè sia uno snob, ma semplicemente perchè non sono capace ad organizzarmi.

Chi è il regista

Emanuele Crialese si è laureato nel 1995 presso il Dipartimento di cinema della Tish School of the Arts New. Ha esordito alla regia due anni dopo, sempre negli Stati Uniti, con "Once We Were Stragners", lungometraggio in lingua inglese da lui anche scritto e prodotto. L'anno successivo partecipa in concorso, con questa pellicola, al 'Sundance Film Festival'. Nel 2003 cura la regia e la sceneggiatura di "Respiro" con Valeria Golino e Vincenzo Amato, con cui ottiene il Gran Premio alla settimana della critica del festival di Cannes 2002. Ultimamente ha realizzato "The golden door" (2006)., presentato in Concorso a Venezia 63, dove gli è stato dato il Leone d’argento Rivelazione. Il film uscirà nelle sale italiane verso la fine di settembre 2006. Da vedere. Assolutamente.

Maria & Antonio De Falco

Maria & Antonio De Falco
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