I GIORNI DELL’IRA

Da una parte si sciolgono i ghiacci del Polo Nord e quelli dell’Antartide, dall’altra sta aumentando in modo esponenziale il processo di desertificazione…

In questi giorni siamo informati dai Media circa i rischi che l’umanità sta correndo se non si interviene con urgenza per bloccare il processo di inquinamento in atto in tutto il mondo. Il pianeta terra, per opera dell’uomo, si sta riscaldando. Da una parte si sciolgono i ghiacci del Polo Nord e quelli dell’Antartide, dall’altra sta aumentando in modo esponenziale il processo di desertificazione in ampi territori centrali del pianeta. In conseguenza di ciò, gli studiosi prevedono distruzioni massicce di zone coltivabili e abitate per cause da attribuire sia alla progressiva desertificazione sia alla sommersione dei litorali costieri con conseguenze letali per numerose specie animali tra cui l’uomo. Causa principale di questa inquietante visione, è il consumo sempre più consistente di energia basata in prevalenza sull’utilizzo del petrolio e di altri prodotti fossili. Si stanno avvicinando i giorni dell’ira?

Per chi è appassionato di questa materia sa che ci stiamo avvicinando velocemente al cosiddetto “Picco di Hubbert” (rappresentazione grafica del massimo produttivo di fonti energetiche non rinnovabili), superato il quale ci sarà un decrescendo inarrestabile dello sviluppo con conseguenze sull’umanità oggi imprevedibili.

Le previsioni formulate dal primo rapporto del “Club di Roma” (fondato dal piemontese Aurelio Peccei), uscito nel 1972, si stanno drammaticamente avverando. Quel rapporto recitava: “Nell’ipotesi che l’attuale linea di sviluppo continui inalterata nei cinque settori fondamentali (popolazione, industrializzazione, inquinamento, produzione di alimenti, consumo delle risorse naturali) l’umanità è destinata a raggiungere i limiti naturali dello sviluppo entro i prossimi cento anni. Il risultato più probabile sarà un improvviso, incontrollabile declino del livello di popolazione, della qualità della vita sul pianeta e del sistema industriale.” Una profezia che si sta purtroppo concretizzando.

Scienziati di tutto il mondo, riuniti in questi giorni a Nairobi, stanno riesaminando quel rapporto alla luce dell’aumento del trend di sviluppo verificatosi dal 1972 a tutt’oggi, in forza del quale la soglia dei cento anni previsti si è notevolmente e drammaticamente abbassata. Considerando che dal 1972 a tutt’oggi sono già trascorsi 34 anni dei cento pronosticati, gli stessi scienziati si apprestano a rinnovare i loro appelli ai “Grandi della Terra” perché prendano con urgenza le necessarie misure, sia nei confronti della produzione e consumo di energia, sia in direzione degli elevati livelli di inquinamento.

A valle di questa previsione generale sullo stato del pianeta, che ha ripercussioni sulla qualità del cibo, dell’acqua e dell’aria, indispensabili alla vita dell’umanità, proviamo a restringere lo sguardo su una porzioncina minuscola del pianeta che si chiama provincia di Sondrio.

In questi giorni fiorisce, a torto o a ragione, una polemica sulla vicenda che precede la costruzione di una strada a quattro corsie che dal Trivio di Fuentes dovrebbe percorrere tutta la Valtellina fino a Bormio e, secondo qualcuno, magari oltre. Prescindendo dai tempi e dai costi di realizzazione di quella mastodontica infrastruttura, pare che sulla necessità e utilità di quella scelta nessuno degli attori si sia veramente interrogato. Ovvero, qualcuno in passato aveva posto il problema avanzando una proposta che andava in direzione del potenziamento (raddoppio) della ferrovia. Questa opzione avrebbe richiesto sicuramente meno risorse; avrebbe consumato meno territorio agricolo pregiato. L’impatto ambientale sarebbe stato più contenuto, infine, cosa non da poco conto, il livello di inquinamento sarebbe stato molto al di sotto degli standard consentiti. Ma coloro che proponevano questa seconda opzione non sono stati ascoltati, io ero tra quelli. Purtroppo, altri erano gli interessi a cui prestare ascolto, altre le opzioni da scegliere per soddisfarli.

Valtellina e Valchiavenna sarebbero potute diventare il polmone verde e salubre della Lombardia se, a suo tempo, si avessero ascoltate quelle voci. Così non fu e oggi ci troviamo a dover ancora una volta litigare tra alta e bassa valle per stabilire se accettare o meno un troncone di strada a quattro corsie che si ferma in mezzo a quel poco di campagna pregiata che ancora rimane in bassa valle. Già. Perché la strada (il primo tronco) si ferma in località Bolgia di Cosio, poiché tutti coralmente, ministro compreso, dicono che non ci sono soldi per proseguire. Ministro e Assessore regionale dicono che forse (ma quando?) si riuscirà a reperire qualche risorsa aggiuntiva per risolvere il superamento di Morbegno e Tirano. Questo, non è un modo un po’ sbrigativo per tacitare le preoccupazioni di coloro che sollevano dubbi, come il comitato di Cosio?

Nei giorni scorsi abbiamo letto sulla stampa locale che ci sarebbero proposte tese a risolvere la questione della strada facendola costruire dai privati in cambio del pagamento di un pedaggio da parte dei fruitori “esterni” della Valtellina. Supposto che questa sia la soluzione per la strada, qualcuno si è posto o si pone il problema dell’enorme consumo di territorio? E del livello di inquinamento che un flusso abnorme di traffico causerebbe all’ecosistema, qualcuno si preoccupa veramente e con dovizia? Prima di impiegare una ingente somma di denaro per un progetto monco e alla luce di quanto ci dicono gli scienziati di cui sopra, non vale la pena, forse, di ripensare il tutto magari imitando quanto realizzato dai nostri vicini in Val Venosta?

Valerio Dalle Grave

Valerio Dalle Grave
Società