L’AUTOBIOGRAFIA SPIRITUALE DI NIKOLAJ BERDJAEV

Adriano dell’Asta, traduttore e curatore dell’opera e Dario Benetti, Presidente Cooperativa Editoriale “Quaderni Valtellinesi”

Sono trascorsi ormai alcuni anni da quando si è cominciato a lavorare alla ristampa di questo libro. Non è stato facile superare tutti gli scogli che si sono via via presentati ma ha prevalso la determinazione di voler riproporre ai lettori italiani, dopo la prima edizione italiana del 1953, l’opera che, da molti, è considerata il capolavoro di Nikolaj Aleksandrovic Berdjaev (Kiev 1874 – Parigi Clamart 1948), L’Autobiografia spirituale: Samopoznanie. Opyt filosofskoj avtobiografii (Autoconoscenza. Saggio di autobiografia filosofica) Parigi IMCA Press 1947.

Questa determinazione nasce da vari motivi legati alla storia personale di chi scrive e alla storia di alcune esperienze di presenza culturale e sociale in Valtellina, come il Centro culturale Don Minzoni di Sondrio e la Cooperativa editoriale Quaderni Valtellinesi che molto devono al pensiero del filosofo dell’ottavo giorno. Infine e soprattutto, questa edizione nasce dalla coscienza del ruolo cruciale e rivoluzionario di Berdjaev di cui ancora l’Europa deve iniziare a prendere coscienza, ma dal quale dovrà presto attingere a piene mani se vorrà ritrovare, e non c’è bisogno di sottolinearne l’urgenza, il significato più profondo del mosaico della propria identità culturale.

La profezia dell’incontro tra Oriente e Occidente cristiani

Nikolaj Berdjaev non è soggetto a facili definizioni ed è stato vittima di molte incomprensioni. E’ del resto una cosa normale per tutti gli anticipatori: il giudizio sorge infatti proprio da quel pensiero consolidato che viene lasciato alle spalle, in questo caso gli epigoni del razionalismo e dell’idealismo del Novecento. Beninteso il nostro autore è a tutti gli effetti un filosofo del Novecento (anzi della prima metà del secolo) ma, in realtà, i contenuti del suo pensiero cominciano solo ora, nel XXI secolo, a rivelare la loro estrema attualità. Anche questo mistero fa parte dell’incredibile ricchezza di fascino dell’uomo che, forse più di ogni altro, ha rappresentato la profezia dell’incontro fra Oriente e Occidente cristiano. Sbaglierebbe chi volesse analizzare, sistematizzare e rinchiudere Berdjaev in schemi teorici o in categorie scolastiche, facendone uno dei tanti esponenti dell’esistenzialismo e del personalismo. Si tratta di verità parziali che non aiutano molto ad incontrare il suo messaggio. Le parole dell’opera di Berdjaev trasmettono subito un metodo diverso nell’approccio della realtà e questo colpisce quasi più del contenuto. Si ha la sensazione di accostare qualcosa di vitale, non una pagina stampata ma lo scorrere dell’acqua di un torrente di montagna o l’aura che doveva circondare il bosco sacro delle antiche popolazioni panteiste. Pare superata la distinzione cartesiana tra res cogitans e res extensa. Non è in realtà panteismo ma, proprio come il nostro autore chiarisce, panenteismo. “La patristica orientale, avendo assorbito lo spirito del platonismo, non ha mai affermato la non-divinità del naturale…Non sono divini il male e il peccato, non certo il mondo creato, il cosmo, la natura. Il nostro mondo naturale è mondo peccatore e in quanto tale non è divino. Ma il mondo autentico è il mondo in Dio. Il panenteismo esprime nel modo migliore i rapporti fra Dio e il mondo. Il panteismo è sì una menzogna, ma contiene una parte di verità espressa nel panenteismo, che si limita a descriverci il mondo trasfigurato. Il mondo, l’umanità, la vita cosmica, sono divini per principio e in essi agiscono energie divine. Lo stato di creatura può essere superato, insieme con il nulla a cui esso è legato. Il mondo creato può essere deificato, ma questa deificazione può essere soltanto opera della grazia e della libertà.”

E’ il Deus omnia in omnibus di S.Paolo, con cui peraltro ci sono molte analogie nell’irruenza espressiva. Del resto grandi figure del mondo cristiano, sia ortodosso, sia cattolico, come Olivier Clément (strappato dalla “sua personale notte dell’anima”), e come il card. Jean Danielou, hanno scritto di essere rimasti cristiani grazie all’incontro con una pagina di Berdjaev. La riscoperta della “concretezza dell’essere, l’essere in quanto vita” si comunica nella sua integralità di metodo e contenuto e non può essere ancora una volta una visione parziale.

Così fu anche il mio incontro personale con alcune pagine de “Il senso della storia”, capitatomi tra le mani a diciassette anni, insieme ad altri libri della Jaca Book di cui iniziavo ad essere un divoratore. A scuola storia della filosofia coincideva con una noia mortale e precipitavo verso un esame certo a settembre: ma l’urto, non trovo un termine più adatto, con quelle pagine, cambiava completamente la prospettiva delle cose. La visione integrale del cosmo, dell’uomo e della storia attraverso la rilettura stravolta –rispetto alle aride nozioni scolastiche- del Medioevo e dell’Umanesimo cristiano mi portarono, in poche settimane a risolvere tutti problemi pregressi riaccendendo immediatamente non solo l’interesse per la materia ma, cosa ben più importante, l’interesse per la realtà. Ricercai altri libri nella biblioteca civica e iniziai a copiarne intere pagine con la vecchia “lettera 32” di mio padre.

L’entusiasmo che prende il lettore è legato al realismo integrale con cui tutto viene vagliato in una luce spirituale: “L’esperienza mistica esiste nel mistero del sesso e dell’amore, nella comunione con l’universo, nel segreto della nascita e della morte, in ogni atto creativo dell’uomo. Tutte le sorgenti della vita sono mistiche.”; ed ancora: “Che cosa m’interesserebbe una religione che non avesse alcun rapporto con tutta la pienezza della vita, con l’intero destino storico degli uomini e la società di domani? La religione non può limitarsi a un cantuccio oscuro della vita individuale, essa è nella sua reale portata la salvezza dell’umanità e dell’universo, la vittoria sulla morte e sul nulla, l’affermazione eterna della vita in tutta la sua ricchezza.”

Più volte poi mi sono chiesto da dove nascesse quel fuoco, quella forza di comunicazione che andava al di là anche della comprensione di intere frasi e che si trasmetteva quasi per osmosi. Il racconto dell’incontro con Cristo non è vissuto come una dottrina, ma come un avvenimento che opera nel presente, con la sua forza creativa. Solo così sono possibili gli episodi descritti nell’Autobiografia spirituale, in particolare quello incredibile e suggestivo, delle assemblee sulla figura di Cristo, organizzate nel pieno dello svolgimento della rivoluzione russa, con centinaia di persone. Solo così si può un po’ capire la strenua difesa da parte di Berdjaev dello spirito profetico e creatore di fronte al carattere conservatore e sacerdotale, visto come alveo entro cui i “reali incontri del mondo spirituale” possano verificarsi. “Una vita ordinaria, insieme con una religione tutta esteriore, offre la massima sicurezza. In ogni iniziativa creatrice si nasconde un pericolo, e se pericolo non ci fosse, la vita spirituale si atrofizzerebbe. La mistica è una seconda nascita, la nascita nello spirito. Questo insegnano tutti i mistici. Assai più densa di pericoli è la permanenza nella vita della prima nascita, sottoposta interamente alle leggi della specie, da cui si può essere liberati dalla sofferenza mistica della vita. Le forme più pericolose di religiosità sono quelle che più si sono adattate all’ordine dettato dalla specie, agli interessi di coloro che conoscono solo la prima nascita. La mistica non organizza la vita degli uomini e dei popoli sulla terra. Per questo essa non di rado entra in conflitto con una religione dedita al lavoro organizzativo”.

Dario Benetti

Dario Benetti
Società