La Presidenza della Repubblica

Riceviamo e pubblichiamo ricordando come l'avv. Mazza fu per molti anni Presidente del Comitato Regionale di Contrillo

Attualissimo, autorevole ed illuminante l’intervento del nostro concittadino, l’avvocato Bonaventura Mazza, espresso qualche tempo fa, evidenziando la funzione di garante e coordinatore della politica italiana del Capo dello Stato.

“L’esercizio della funzione politica dello Stato, diversamente dall’attività amministrativa, è riservata a più organi. Essi sono più facilmente individuabili se all’analisi positiva si unisce la considerazione della genesi storica degli attuali ordinamenti nella loro struttura organica. E’ logico innanzi tutto, che i caratteri propri di questa funzione si manifestino nell’attività del Capo dello Stato, che più da vicino rispecchia l’unità fondamentale della sovranità. Anche in passato, pur vivendo il culto di una rigida tripartizione e relativa divisione dei poteri, il Capo dello Stato fu ritenuto, per certi aspetti, al di fuori e al di sopra di essi e definito “Potere moderatore e neutro”.
Pensiamo, prima che al Presidente della Repubblica, alla figura del Monarca costituzionale. “La monarchia costituzionale, avrebbe dovuto essere – come rileva il Kelsen – un terreno adatto per la fioritura delle garanzie giurisdizionali della Costituzione”. L’esigenza teorica sarebbe diventata anche pratica, se le competenze al Capo dello Stato fossero state attribuite come effetto di una specie di divisione, a cui i poteri partecipano su un piano di parità perfetta.  In realtà, non ci fu divisione, ma sottrazione, cosicché al monarca continuarono ad appartenere le attribuzioni che non gli erano state tolte con una positiva limitazione. Egli esercitò, implicitamente ed insensibilmente, anche la funzione di coordinamento e di garanzia.  Attualmente il Presidente della Repubblica, quando egli “non regna né governa” e dove, come in Italia, non è il Capo dell’esecutivo ed a questa come alle altre funzioni partecipa solo in via accessoria, viene qualificato anche formalmente come “quarto potere”.
Se egli governasse, sarebbe ancora strutturalmente differenziato, ma non perfettamente distinto. Mentre una più accentuata soggettività dell’organo ed una più ristretta delimitazione di competenze conferiscono rilievo maggiore alle attività tipiche del Capo dello stato, per cui è caratterizzato “quarto potere” anche sotto l’aspetto funzionale.  “Il Presidente della Repubblica sta a sé nell’organizzazione dello Stato”; configurazione questa che non è sinonimo di isolamento, perché anche in questi ordinamenti che non richiedono una diretta partecipazione, più o meno intensa, ai tre poteri tradizionali, egli esercita particolari attribuzioni nei confronti dei medesimi. Anzi i rapporti con questi ultimi sono e devono essere frequenti, intensi, e di vario genere, costituendo ciò il presupposto indispensabile all’esercizio della funzione sua propria. Ma, le attività del Presidente, relative sia agli organi che agli atti dei singoli poteri, specialmente dove esse hanno costantemente un carattere secondario, dimostrano che queste non possono essere fine a se stesse e non giustificano la posizione di autonomia e di preminenza dell’organo. Essa è invece richiesta dalla funzione – non molto appariscente ma delicata quanto necessario – di garanzia della Costituzione. Il Capo dello stato è garante della Costituzione e ne ha cura, in quanto “sorveglia che la Costituzione funzioni senza intoppi e ove qualche intralcio dovesse sorgere è a lui che spetta rimettere in moto la macchina”. Una funzione, quindi, di garanzia politica, che si estrinseca però e si consegue mediante poteri e atti giuridici. Esso riguarda “il pieno funzionamento degli organi politici della Costituzione”. L’attività del Capo dello Stato è fattore di coordinamento tra le funzioni, elemento di sutura tra i poteri. La finalità della funzione si riflette nelle caratteristiche di struttura, la quale presenta un che di indifferenziato e di atipico. L’esercizio ordinario è quasi impercettibile, sia per il contenuto discrezionale ed il carattere preventivo, che per il “modo politico” con cui si svolge l’attività.  E’ però, impercettibilità inversamente proporzionale alla portata ed all’ambito di questa azione moderatrice e di controllo. Soltanto in caso di una nuova fase legislativa o di attrito fra gli organi costituzionali, aperto e macroscopico al punto di paralizzare l’intera vita dello Stato, il Capo del medesimo ha il compito di provvedere alla risoluzione della crisi con poteri identici o analoghi a quelli di cui dispone secondo la nostra Costituzione, l’accettazione o meno della proposta di dimissioni del Governo, l’accettazione o meno della proposta di scioglimento delle Camere, la nomina del Presidente del Consiglio. Il suo intervento è, anche allora, piuttosto remoto, rispetto al perseguimento dei fini amministrativi dello Stato. Osserviamo il contrasto tra gli organi parlamentari. In esso il Capo dello Stato interviene “non per dare la soluzione, ma per decidere solo a chi spetta dare la soluzione”. Né “risolve questioni di indirizzo governativo, ma decide soltanto a chi spetta risolverle”. Egli che rappresenta “l’unità nazionale (art. 87) soddisfa semplicemente alle esigenze funzionali del sistema e risolve problemi “costituzionali” di struttura, ponendo le premesse necessarie, di natura pregovernativa, perché altri sia in condizione di governare. Il suo compito è legato alla vita obiettiva “dell’organizzazione” che è il segno visibile e lo strumento dell’unità e della medesima esistenza dell’ordinamento. In questo controllo del retto funzionamento del sistema, la “rappresentanza dell’unità” assume un significato giuridico specifico, come attraverso l’intrattenimento di rapporti internazionali o il conferimento di onorificenze, in cui lo Stato appare nella sua maestà. Nel primo caso, dove è meno imponente l’aspetto esteriore e formale, essa prende corpo anche più concreto e penetra profondamente nella vita dello Stato, di cui mantiene l’intero equilibrio o che riattiva nei periodi di crisi.  Quanto è stato osservato sulla sostanza e la forma delle attribuzioni peculiari del Capo dello Stato permette di concludere che esse stanno su un piano diverso dalle altre funzioni statali. Costituiscono un settore di attività che si potrebbe qualificare “costituzionale”, non nel senso in cui si sogliono chiamare così tutti gli organi non subordinati gerarchicamente, ma perché è quasi prolungamento della Costituzione, per provvedere alla formazione ed efficienza, nelle singole situazioni concrete, di quegli organi che essa ha previsto e regolato in astratto.
Provvedimenti di questo genere non sono né legislativi, né giurisdizionali e neppure di esecuzione. Non presuppongono, ma sono essi il presupposto della legislazione. Il diverso rapporto con la legislazione distingue queste attività dalla funzione esecutiva. Quest’ultima richiede chiuso il ciclo legislativo, non così quella politica. La funzione esecutiva lo richiede chiuso, perché attua concretamente le premesse per il sorgere di rapporti giuridici (costituiti astrattamente dalla legislazione), fra lo Stato ed i cittadini, che dalla legge devono essere garantiti. L’attività politica non così. Gli atti che vi rientrano sono di rilevanza esclusivamente costituzionale, per la fonte, il fine, la possibilità di sindacato, l’ambito in cui si esauriscono, che è quello dei rapporti tra organi supremi e fra enti sovrani. In questo senso, appunto, si può dire che essa riguarda più da vicino la struttura e la vita stessa dello Stato in quanto, cioè, è svolgimento di una funzione che ha come scopo immediato il mantenimento dell’esistenza e dell’organizzazione dello Stato stesso, anteriormente (in ordine logico e non temporale) all’intrattenimento di rapporti con i cittadini. Tale stadio di attività statale viene a cadere al di fuori di una tripartizione che fu operata a suo tempo sotto il profilo della legislazione, come premessa indispensabile di libertà. Ed è anche logico che ad una partizione elaborata sotto questo angolo visuale sfugga una inquadratura adeguata di atti pre-legislativi, o non sottoposti a controlli giurisdizionali e che non si risolvono in creazione di norme, né attuazione di esse, né in un giudizio sulla conformità o meno degli atti alle medesime. Si deve quindi parlare di una quarta funzione fondamentale, ed anzi preminente, dello Stato, di un quarto potere, che regola attraverso la funzione politica, gli organi stessi dell’attività legislativa, esecutiva e giurisdizionale, quando pure il provvedimento politico non sia il primo atto concreto di tutta una serie di attuazioni, come nel caso di rapporti internazionali o dichiarazione di guerra. Caratteristica degli atti del potere politico è l’immediatezza e l’essenzialità ai fini del mantenimento della vita e della struttura dello Stato. Tale carattere rimane prevalente, e ne determina l’insindacabilità, anche quando gli atti politici sorpassano l’ambito dei rapporti fra organi costituzionali, facendo sorgere obblighi per i cittadini.
Come si diceva in principio, il potere politico è esercitato non da uno ma da più organi. Il Presidente della Repubblica ne è uno dei portatori”.

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