CATERINA, CATWOMAN, CATBETH.

L’altro giorno Caterina ha abbaiato. Sì, ha abbaiato in classe per fare star zitti i ragazzi che alla fine dell’anno sono nell’anarchia più assoluta. Incontrollabili. Punta sull’effetto sorpresa. Altre volte ha ruggito, assumendo naturalmente una feroce espressione leonina. Ma questa volta, invece di star zitti, gli studenti si sono messi a ridere e le hanno detto, lei non può abbaiare, lei è Catwoman. Caterina, Catwoman, non fa una piega. E’ inorgoglita, perché conquistarsi un soprannome non offensivo, non è cosa da poco. Non solo, Caterina ama tutti gli animali, ma i gatti in modo particolare. Se vivesse sola in una città come Genova o Roma diventerebbe certamente una gattara, in giro la notte con sacchetti di plastica, ormai ridotta sul lastrico dopo aver dilapidato tutti i suoi averi per i gatti. Ma Caterina ha una famiglia che la interdirebbe se facesse una cosa del genere e vive nella civilissima Svizzera dove sembrano non esistere più gatti randagi e nemmeno i mendicanti. Tutti puliti, ricchi e castrati. Curioso però, pensa ancora Caterina, che proprio in questi giorni le sia stato rivelato il divertente soprannome. E’ infatti un periodo di gravi crisi feline. Ma andiamo con ordine.

Tre settimane fa, circa, è andata col marito sul lago Maggiore a trovare un cugino. La gatta Chube (ricordate guerre stellari?) è rimasta a casa come al solito. Finestra della cucina aperta, tanto c’è l’inferriata. E’ una gattina curiosa, indisciplinata, ma affettuosissima. L’aveva detto il veterinario, delle “tartarugate” non c’è da fidarsi, sono imprevedibili. E’ di casa presso tutti i vicini, che sembrano tollerarla. Caterina non si preoccupa di non trovarla al rientro dal lago. Tanto torna sempre. E infatti torna anche quella sera.

Il giorno dopo telefona una vicina. Signora, lei sa dov’era il suo gatto ieri? Veramente, non saprei, comincia a balbettare la povera Caterina, perché? La sua gatta, signora, si è infilata in una stanza da me, io non l’ho vista, ho chiuso, e quando sono tornata la sera ho trovato tutto distrutto….

Caterina odia litigare coi vicini, quindi si scusa, offre di risarcire i danni, certo qualcosa con la brava vicina si è incrinato.

Il tempo guarirà anche questa ferita.

La vita, per fortuna continua, e non è mai noiosa. Una settimana fa torna la figlia Emma da Milano con un cestino. Dentro una gattina bianca e nera, Wendy. Un suo amico doveva assentarsi e cercava una catsitter. A chi darla se non a Emma che gliel’aveva regalata per Natale, dopo averla scelta fra i gattini derelitti di un gattile. Tanto derelitta che dopo sei mesi ha ancora paura di tutto e di tutti e la salute è rimasta purtroppo cagionevole.

La casa di Caterina ha poche porte. Si riesce però a destinarle uno spazio dove Chube non può disturbarla. Wendy, la gattina bianca e nera, che a Milano vive con tre Peter Pan, riesce a trovare un rifugio sopra una finestra e rimane lì acquattata per un giorno intero.

Wendy è timida e paurosa, ma non è né scema né cieca. Scruta infatti fuori e vede erba, alberi e sente uccellini cantare. Tale è la voglia di libertà che dopo due giorni chiusa in casa si butta dalla finestra del primo piano e sparisce.

Non si sa se l’altra vicina, quella che sa e vede tutto, abbia goduto dello spettacolo di tre donne che vagavano in giardino nella notte miagolando disperatamente. Ogni tanto si aggiungeva anche il marito di Caterina, anche lui miagolante. Una scena da Catbeth, mancava solo un calderone. A posteriori Caterina si rende conto di quanto sia fortunata a vivere in questo secolo. Nel 1600 o giù di lì non ci sarebbe stato il calderone, ma il rogo.

Emma sfiduciata, Ilaria tristissima. Al mattino, tutti con delle occhiaie profonde. Si passa all’azione. Con l’aiuto dei moderni mezzi elettronici ecco pronto un disperato appello in varie copie: SMARRITA! Sarà appeso nei punti nevralgici del paese. Posta, negozio, osteria, deposito spazzatura. Caterina incontra il postino, e si raccomanda anche a lui. Emma fa il giro del vicinato e piange con le comari. Il marito va a comprare il latte e coinvolge il bottegaio.

Ecco che il tam tam comincia a funzionare. Il bottegaio riferisce di aver sentito miagolare lì sotto, nella cantine, cosa che non succede mai. Emma accorre, vede in effetti un’ombra bianca e nera infilarsi nel finestrino di una cantina. Un signore lì presente le dà subito un asse per bloccare l’uscita. Come raggiungere la cantina? Si potrà solo la sera, al ritorno del proprietario.

Piove, tutto è grigio. Emma ha voluto informare Peter Pan, che è più fiducioso di lei. Ore di ansia. La sofferenza è vera, e tutti pensano alla sofferenza moltiplicata dei famigliari delle persone scomparse, Chi l’ha Visto.

Alle sei di sera Emma e suo padre trovano il proprietario della cantina, ma del gatto nessuna traccia. Lasciano una scatoletta di carne aperta, come esca. Il proprietario è molto partecipe. Caterina si ricorda di un episodio molto triste, di tanti anni fa, quando avevano trovato un gatto morto in cantina. Non ne parla, ma il solo pensiero la perseguita.

Ventiquattro ore di assenza. Verso le nove squilla il telefono. Qualcuno ha mangiato la carne, si sente un miagolio. Emma si precipita e trova in effetti un micino di un mese e mezzo sfuggito alla mamma, che non sapeva più come uscire. Un gattino salvato.

Ormai il fatto è di pubblico dominio. Si rinsaldano vecchie conoscenze e amicizie. Un ex-allievo di Caterina promette aiuto. Una pia donna si avvicina per consolare Emma. Racconta di una gatta che è riuscita a ritrovare la strada di casa dalla lontana Cina. Sembra che sia arrivata che non aveva quasi più le zampe, tanto erano consumate.

Un signore, uscito dall’osteria lì di fronte, dice che i suoi gatti rimangono all’alpe da soli un paio di mesi dopo le ferie. Tornano a casa in novembre.

Straordinaria la ricchezza dell’aneddotica felina.

La famiglia si appresta a passare la seconda notte di ansia. Lo sconforto è totale.

Si riesce solo a chiudere in casa Chube così non potrà allontanare la povera Wendy nel caso si avvicinasse. Eh sì, c’è anche il problema della difesa del territorio.

Un po’ di sonnifero per tutti. Ciononostante verso le quattro Caterina si sveglia. Sente una certa animazione. Un gatto è apparso alla finestra di Ilaria. E’ sicura che sia Wendy.

La scena surreale di Catbeth si ripete. Un vicino curioso potrebbe cominciare a pensare che si stiano celebrando riti sospetti. Forse satanici? Tre donne in pigiama che vagano facendo miao nella notte buia.

Viene presa una decisione importante. Emma dormirà in soggiorno con la porta finestra socchiusa. Porta il suo piumino e si stende sul tappeto.

Dopo una mezz’ora, proprio mentre stava per riaddormentarsi, Caterina sente un gran chiasso, porte che sbattono, urli – di gioia? di paura?

La povera Wendy, bagnata, stanca e affamata, ma con tutte le zampe intere, è tornata.

Donne di poca fede, mai disperare.

La mattina dopo il marito di Caterina va a rimuovere gli annunci e a portare una bottiglia di vino al proprietario della cantina. E’ nata un’amicizia?

L’episodio è destinato ad entrare nella storiografia famigliare e potrà essere raccontato ai nipotini. Ogni volta si arricchirà di un particolare macabro, via un pezzo di orecchio, mezza coda, baffi bruciati. Le notti diventeranno due, poi tre, poi dieci, sempre di più, sempre di più. E chi ascolterà la storia avrà a sua volta una sua storia ancora più avvincente da raccontare. C’era una volta un re…

Cristina Cattaneo

Cristina Cattaneo
Società