I RACCONTI DI CRISTINA: IL GIGANTE

- In treno ho incontrato un gigante. - Mi dice mia figlia di ritorno da Milano.

- Chi?

- Un inglese, un giovane, era alto due metri e trenta.

- Giocatore di pallacanestro? - dico io.

Ecco, l’ho detta. Anche per oggi la mia stupidaggine quotidiana l’ho detta. Me ne sono resa conto immediatamente. Ma ormai l’ho detta. Anch’io, con tutte le mie ansie di apertura mentale, sono caduta nella trappola del luogo comune. I ragazzi troppo alti sono i giocatori di pallacanestro per antonomasia. E se non avessero voglia di fare i giocatori di pallacanestro? Perché non è scritto che tutti i ragazzi alti abbiano voglia di stare sempre lì a palleggiare e buttare la palla in quel cesto. E se non sono bravi cosa fanno?

- No. E’ laureato in inglese, e vive dando lezioni e facendo traduzioni. Gli sarebbe piaciuto lavorare qui.

- Certo – penso io – ma è difficile.

Se non altro ha la fortuna di parlare inglese. Anch’io ho un collega dei corsi serali, anche lui ex-giocatore di qualcosa, hockey o basket, che si mette in ginocchio per mettere a proprio agio i suoi studenti, per lo più signore abbastanza mature. In ginocchio per non parlare dall’alto in basso e comunicare meglio, secondo i dettami delle ultime teorie pedagogiche. Loro stanno sedute e lui è lì, in ginocchio fra i banchi, come stesse dichiarando il suo amore. Anche così, è più alto di loro. Non oso pensare alla reazioni dei miei allievi se girassi in ginocchio tra i banchi…

- Lo sa, e non ci spera più tanto. Adesso pensa di trasferirsi in Svezia. Forse ha già trovato un posto. - dice ancora mia figlia.

- Speriamo. Ma che tipo era? - certo, perché noi siamo abituati a vedere i giocatori di pallacanestro alti, apparentemente senza peansieri, abbigliati con tute e scarpe da ginnastica delle marche più famose, lattina di Coca Cola in mano, che comunicano scherzando con i compagni di squadra un metro sopra di noi.

- Gentile. Un po’ triste però. Mi ha raccontato che per lui viaggiare è difficilissimo. In aereo non lo prendono, in pullman nemmeno e non può nemmeno fare l’autostop. Non che in treno sia tanto meglio, ma almeno lì non lo cacciano fuori. Anche trovare un letto comodo è praticamente impossibile, così come i vestiti, le scarpe e tutto il resto. Sì, era piuttosto triste.

- Mi dispiace – rispondo, sapendo che il pensiero di questa persona grande e sola, costretta in una gabbia enorme suo malgrado, tornerà a turbarmi spesso, così come spesso tornano a turbarmi ricordi di altri incontri con persone tristi, non per colpa loro. Forse è per questo, per non essere turbati più di tanto, che ci costruiamo degli alibi mentali e collochiamo tutto e tutti nella loro casella, per renderci più sopportabile l’idea della loro sofferenza. Il gigante giocatore di pallacanestro, il nano e la donna cannone al circo, il cieco centralinista o massaggiatore, musicista quando va bene, il drogato con l’Aids, il clandestino sulla nave che affonda, il soldato che scoppia sopra la bomba, il missionario ammazzato dai guerriglieri selvaggi o il cinese dall’epidemia di aviaria. Solo per dirne alcuni. L’importante è non conoscerli mai personalmente. Forse non è un caso che sia stato proprio Oscar Wilde, così diverso in un tempo in cui il conformismo era sovrano, a scrivere quella bellissima storia per bambini, ma non solo, che è Il Gigante Egoista. Adesso vado a rileggermela.

Cristina Cattaneo

Cristina Cattaneo
Società