Unioni civili. Egoismo genitoriale e formazione dei figli

L'opinione dei "conservatori" del III° millennio

Unioni civili. Noi siamo conservatori.

Il giornale di molte generazioni, il Corriere della Sera, così si esprimeva presentandosi: “Noi siamo conservatori. Un tempo non sarebbe stato politico, per un giornale, principiar così. Il Pungolo non osava confessarsi conservatore. Esprimeva il concetto chiuso in questa parola con una perifrasi. Ora dice apertamente: «Siamo moderati, siamo conservatori». Anche noi siamo “conservatori e moderati”.

Così potevano leggere i nostri bis o trisnonni 139 anni fa sull'editoriale del nuovo giornale. Era la prima domenica di Quaresima quando “Al pubblico” si rivolse, su 15.000 copie vendute, Eugenio Torelli Viollier (pur non firmando) recando in testata doppia data, 5-6 marzo 1876 e i prezzi: centesimi 5 in Milano, 7 fuori, 10 per le copie arretrate.
Conservatori
Conservatori.  Moderati conservatori.  Conservatori e moderati. Un triangolo di 139 anni fa. E oggi?
Ne diremo, condivisibile o meno che sia, in modo originale perchè l'oggi è ad anni luce non solo da quel 1876 ma anche, per fare un confronto centenario, dal più recente 1976.

E' cambiato tutto.
Sì, è cambiato tutto, persino la fonia rispetto a quel che ci avevano insegnato. Istanbul per noi aveva l'accento sulla 'u' ma oggi l'hanno spostato sulla 'a.' Per quanto riguarda il robot l'accento dalla seconda 'o' l'han passato alla prima mentre in fatto di relax noi eravamo rimasti alla 'a' mentre oggi in TV comanda la 'e.' Poco male, in in dei conti un esempio servito per sottolineare che è questione di intendersi, quindi di fissare le regole.
Già, questione di fissare le regole come, ad esempio, per le Unioni civili per le quali non vale la regola universale, mai scritta eppure arrivataci in linea diretta da Adamo maschio con Eva femmina, secondo tradizione prima famiglia del pianeta Terra. Non valendo la regola universale, che non avrebbe quindi bisogno di scritture, per queste Unioni bisogna inventare tutto ed è quello che, affannandosi non poco, un po' di persone sta cercando di fare.

Dunque è cambiato tutto e bisogna non solo prenderne atto ma guardare avanti per evitare di correre permanentemente in retroguardia.  Guardare avanti ma tenendo conto 'di come' il quadro sia cambiato, partendo proprio da quella definizione di conservatori.

Ieri
Un salto nella storia ci fa trovare Charles-Louis de Secondat, barone de La Brède e di Montesquieu e il suo Spirito delle leggi e, qualche anno dopo, la follia rivoluzionaria che al posto di darci il nuovo mondo all'insegna di “Liberté, Égalité, Fraternité “, illuminato inoltre dalla Dea Ragione, ci ha dato invece prima Napoleone e poi la restaurazione.  Preferiamo porre l'accento sulla poco nota Filanda di San Leucio, iniziativa nel futuro e di enorme valore sociale. Qualche anno prima della Rivoluzione francese e non frutto di elaborazioni intellettuali di qualche progressista ma di un sovrano, “conservatore” anche lui poco conosciuto in quanto Borbone e per il fatto che la storia la scrivono i vincitori.
Già, i progressisti.
Un tempo il discorso era chiaro. Loro da un lato e dall'altro i fans del detto secondo cui chi lascia la strada vecchia per la nuova sa quel che lascia ma non sa quel che trova (fra i due è poi subentrato un terzo fattore inseritosi nella tradizionale dialettica degli opposti la dottrina sociale della Chiesa).
Veniamo però al tempo corrente.
Dovrebbero essere i progressisti, secondo il sentire comune, i fautori del progresso e toccherebbe ai conservatori il ruolo di freno.
Era così.
Oggi se il mondo va avanti non lo deve ai progressisti ai quali va semmai riconosciuto un ruolo di stimolo ma con i loro limiti. Un conto filosofare, declamare, teorizzare. Un altro conto riuscire a coniugarli con le varie realtà, da essi per loro condizione naturale semplificate, quando invece dire che la realtà ha molte facce, dire da esacisottaedro è ancor poco. All'incapacità strutturale dei progressisti tradizionali si contrappone comunque l'incapacità strutturale dei conservatori tradizionali.
La somma di incapacità non elide il problema. Se ne parlerà successivamente perchè interessa dire cosa siamo e perchè lo siamo non per mostrare le mostrine ma per cercare conforto e condivisione in qualcuno dei nostri 24 lettori (Manzoni diceva di averne 25, non vogliamo presuntuosamente sopravanzarlo...).

Oggi
Cosa siamo? NOI SIAMO CONSERVATORI E MODERATI, non quelli ovviamente del marzo 1876, del primo Corriere della Sera.
Noi siamo invece conservatori per quello che dobbiamo conservare:
- non le condizioni dello Stato di diritto – cui devesi ovviamente rispetto -,
- non il quadro di regole entro cui si svolge la nostra vita  – alle quali devesi ovviamente rispetto -.
-
NOI  VOGLIAMO CONSERVARE I PRINCIPI FONDAMENTALI CHE SONO UNA INVARIANTE NEL TEMPO.
Noi vogliano conservare il metro di giudizio che valuta non come il culto dei valori si sia tradotto in concreto, elemento di multiformi visioni in primis politiche, ma la coerenza con i futuribili che chiamano la nostra responsabilità nei confronti dei nostri figli e delle generazioni future.

Deserto
Qualcuno parla di eclisse delle ideologie, altri delle 'categorie' politiche. Ci sembra improprio il termine. L'eclisse in astronomia per sua natura ha una durata oltre che preventivata anche molto breve. Qui di tempi brevi non se ne scorgono. Qui sono altri i termini da usare, uno in particolare: tramonto. Tramonto quantomeno di come le une e le altre si sono presentate al cospetto se non della storia quantomeno della cronaca storica. Siamo in una fase di desertificazione culturale con la cultura che non alimenta più la politica con inaridimento delle 'categorie'. E' premiato l'individualismo, l'uomo al vertice priorità rispetto ai contenuti. Il tutto però in un quadro che vede la prepotenza del denaro, lo squallore della finanza.

Principi
PRINCIPI FONDAMENTALI RICONOSCIUTI A 360 GRADI. E' questo il punto che può consentire di vedere i 'futuribili', ossia i futuri possibili se non con ottimismo quantomeno con minore preoccupazione rispetto a quella che realisticamente la situazione, in tutti gli scacchieri, fa crescere.
Con attenzione come da esempio. Qualcuno potrebbe pensare, anzi i più lo pensano, che fra i fondamentali debba esserci “la democrazia”. Non è così. Deve esserci “il buon governo” che accomuna tutti al di là delle diversità oggi arrivate a un livello senza precedenti nella storia. Vale su scala planetaria, vale in Europa, vale nel nostro Paese, nella nostra Provincia, nel nostro comune, financo nel nostro condominio.

Le unioni civili
È da 'conservatori', così come dianzi delineato, affrontare il problema delle Unioni civili per le quali – come si diceva all'inizio – bisogna inventare tutto. Affrontare il problema non significa entrare nel dibattito sposando questa o quella linea di pensiero. Noi intendiamo accostarci al tema per la salvaguardia di un principio anche se, fuori verbale, ci va di ricordare ai tanti che sembrano averlo dimenticato che la sopravvivenza della specie esige che ai 23 cromosomi che ci mette la donna necessariamente si associno i 23 che ci mette l'uomo. Così ha disposto la natura come dovere per i viventi.

Tutela della prole
IL PRINCIPIO DI ASSOLUTA PRIORITÀ IN QUESTO BAILAMME DELLE UNIONI È LA TUTELA DEL/DELLA BAMBINO/A, UN IMPERATIVO CATEGORICO PER TUTTI O QUASI SEBBENE CON DIVERSITÀ DI CONIUGAZIONE Se ne discute parecchio in relazione alla scelta di dare al figlio oltre i due genitori biologici un surrogato aggiunto (anzi potrebbe capitare di dargliene due se ci fosse una certa volubilità nella neo-coppia). Fermiamoci al principio ed esaminiamo la situazione vista dall'angolo visuale che conta, quello del bambino (/a).

ll terzo incomodo
La donna A ha partorito un figlio (/a) con la collaborazione di un uomo che per un certo tempo, dal breve al lungo, è stato l'altra metà della coppia di cui ella ha ben respirato l'aria. Ha avuto la prole ma poi le cose sono cambiate e lei ha scoperto una dolcezza in un solo rapporto femminile, ben diverso da quello, sperimentato, con uno di altro sesso.
Fosse solo per loro due affari loro. C'è un terzo incomodo, il figlio.
Un passo indietro. Lei viene da una esperienza di tipo naturale. Passare, come si suol dire in linguaggio corrente, all'altra sponda non è come cambiare pettinatura o abito. Significa affrontare difficoltà, avere a che fare con problemi psicologici risolvendoli poi definitivamente nell'abbraccio finale di questo processo. Questo già in una fase che vede coinvolte solo le due persone di cui sopra.

E se c'è un figlio?
A meno di avere a che fare con l'incoscienza eretta a sistema il problema deve pur porselo. Vediamo quindi il caso in cui posto il problema lo abbia risolto decidendo la convivenza a tre. In questo caso rivendicando di potere ufficializzare all'anagrafe l'arrivo, dopo i due genitori biologici, di un terzo genitore che ha come credenziali quella di essere la partner della mamma (se poi si litiga con il terzo che “divorzia” ecco la possibilità che arrivi perfino un quarto genitore)

La crescita
Vivono dunque in tre. La formazione del fanciullo, nell'età più delicata, avviene in un ambiente che per suo naturale sviluppo, è ostile o comunque non è lo stesso di quello che si forma in una coppia naturale. C'è inevitabilmente un modo di  vivere, di crescere, di discutere insieme, di vedere gli altri, di scoprire una diversità rispetto ai coetanei. Lo si accetti o meno questione di sensibilità diverse
Possono nascere anche problemi relazionali nei rapporti fra le rispettive famiglie a cominciare dalla scuola. Può esserci perfino, in qualche caso, uno stress psicologico in chi, cresciuta l'età, viene a prendere piena consapevolezza della situazione e non riesce ad accettarla pienamente.

Pesante in effetti l'addebito
LA CRESCITA DEL FIGLIO SUBORDINATA ALL'EGOISMO DEI GRANDI.

Referendum
Il principio dei conservatori del terzo millennio si diceva fosse la tutela del figlio. Continua ad esserlo anche domani a legge approvata visto che la voteranno anche parlamentari contrari
Referendum in tal caso un dovere per avere il responso popolare
Alberto  Frizziero

PS Un conto è il de jure condendo e un conto il de jure condito. Così un conto è stabilire con la legge il percorso futuro e un conto  le situazioni esistenti. Non si sprechino parole inutilmente dato che questo aspetto lo risolverebbero, come si fa finta di non saperlo, le 'Norme finali e transitorie'...
 

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