Genova. Corrosione? - Ricordiamo Pedeferri

La prima notizia - era quasi mezzogiorno -   è arrivata da “Sergio”, genovese; “E' caduto il ponte”.  TV e perfino il web in silenzio. Qualche minuto e il sistema dell'informazione, non quello tipo CCN, inizia a funzionare seppure a tentoni. Bisogna aspettare la prima foto per renderci conto della portata del disastro. Il pensiero corre subito ai viadotti dell'Autosole . Ce ne aveva parlato approfonditamente un amico prematuramente scomparso che tanto ha dato alla scienza, alla tecnica, all'ingegneria ma soprattutto, conseguentemente, all'umanità. I sali di cloro, sparsi in quantità industriale in funzione antigelo erano, come oggi del resto, una sorta di peste bubbonica per il cemento armato. Potevano supplire i fluoruri ma il costo non era sopportabile. Fu Pietro Pedeferri a risolvere il problema, del resto come centinaia di altri soggetti a quel cancro che si chiama corrosione.
Guardando quella prima foto il pensiero è corso a quei viadotti “salvati” da lui. Va comunque ricordato che la strada continua a percorrerla la figliio Maria Pia, professore ordinario.

Non traiamo  conclusioni che pure potrebbero venire da sé. Offriamo invece ai lettori la ripubblicazione di quanto pubblicammo in occasione della intitolazione a lui del laboratorio si scienze del Liceo Classico Piazzi.
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La ripubblicazione

AL CLASSICO: LABORATORIO PIETRO PEDEFERRI
Appuntamento importante sabato prossimo, 29 settembre ore 14, all'I.I.S. “Piazzi – Lena Perpenti” di Sondrio. Si intitola il laboratorio si scienze a un ex allievo del Liceo Classico Giuseppe Piazzi, Pietro Pedeferri (1938-2008). Il programma prevede l'introduzione da parte della Dirigente – un tempo si diceva Preside – Maria Grazia Carnazzola. Massimo Dei Cas presenterà la figura di Pietro Pedeferri scienziato “umanista”. Ci sarà poi il ricordo degli amici e quindi lo scoprimento della targa di intitolazione del laboratorio di scienze. Chiuderà il Coro dell'Istituto, in particolare con “I will follow you”

Giovedì 3 dicembre 2008 la Valle aveva perso uno dei suoi più valenti figli, Pietro Pedeferri, scienziato di fama internazionale, cattedra di "Corrosione e protezione dei materiali" al Politecnico di cui fu per anni consigliere di amministrazione, direttore di Dipartimento e membro del Senato Accademico (ma tutt'altro che "un barone"). Nato a Delebio il 21 dicembre del 1938 -, nei pochi momenti liberi nella baita di Nestrelli, territorio comunale di Cino, sul versante dei Cek, aveva onorato la figura del padre, veterinario amatissimo dai contadini, la cui scomparsa precoce aveva caricato di responsabilità la madre, "la sciura maestra" oggi quasi centenaria, - e che maestra! -, che portò alla laurea i suoi tre figli e la figlia.

“Artista e scienziato con lo spirito di un ragazzino, per più di quarant' anni riuscì a dare emozioni visive, ossidando per via elettrochimica il titanio in un incantevole gioco di riflessi, luci e interferenze cromatiche. Un docente appassionato, creativo, ironico, a volte distratto, razionale ma estremamente intuitivo”, scriveva Franco Manzoni sul Corriere della Sera

DOCUMENTAZIONE
Una vita al Politecnico di Milano
Pietro Pedeferri era nato il 21 dicembre del 1938 a Delebio. Ha frequentato le elementari, le medie e il liceo classico a Sondrio. Ha seguito a Pavia il biennio di Ingegneria come allievo del Collegio Borromeo per portarsi al terzo anno a Milano ove si è laureato in ingegneria chimica al Politecnico nel 1963 con medaglia d'oro Montecatini e premio De Nora. E al Politecnico si è svolta la sua carriera tranne l'anno, il 1973, passato all'Università di Cambridge e i due anni di prima nomina presso l'Università di Bari. Nel 1965 era divenuto assistente di "Chimica-fisica", dal 1968, dopo aver ottenuto la libera docenza in Elettrochimica, incaricato del corso di "Corrosione e protezione dei materiali". Nel 1972 ha operato presso il Dipartimento di "Metallurgia e di scienza dei materiali" dell'Università di Cambridge in Gran Bretagna come visiting scholar presso il Corpus Christi College e nel 1978 presso il dipartimento di "Scienza e tecnologia dei materiali" dell'Università del Connecticut (USA). Nel 1981 é stato nominato professore straordinario di Elettrochimica presso la Facoltà di Scienze - Corso di laurea in Chimica dell'Università di Bari; dal 1983 é ordinario di "Corrosione e protezione dei materiali" presso il Politecnico di Milano. Dal 1993 al 1999 é stato direttore del Dipartimento di Chimica Fisica Applicata del Politecnico di Milano. Dal 1974 al 1986 (salvo i due anni passati a Bari) ha fatto parte del Consiglio di Amministrazione del Politecnico di Milano; dal 1993 al 1999 è stato direttore del Dipartimento di Chimica Fisica Applicata; dal 2002 al 2006 membro del Senato Accademico.

L'attività scientifica
Ha iniziato la sua attività scientifica nell'ambito dell'elettrochimica, per poi passare, alla fine degli anni sessanta, al settore della corrosione e della protezione dei metalli, con un'evoluzione che, a partire dagli aspetti generali, l'ha portato sempre più verso le problematiche ingegneristiche di questa disciplina. Negli anni sessanta ha studiato la cinetica dei processi che hanno luogo nelle celle per la produzione di alluminio, lo svolgimento elettrodico di gas con riferimento agli effetti anomali che lo accompagnano,
l'ossidazione anodica del titanio e di altri metalli refrattari. Negli anni settanta-ottanta si è dedicato allo studio:
- dei materiali soggetti a sollecitazioni meccaniche costanti o variabili;
- delle opere in bronzo dorato esposte all'atmosfera;
- della protezione catodica nei terreni e in acqua di mare;
- della colorazione elettrochimica del titanio e delle proprietà catalitiche dei suoi ossidi mettendo a punto un metodo per la visualizzazione dei fronti d'onda liquidi e di altri processi chimici e chimico-fisici altrimenti invisibili.
Dopo 1985 la sua ricerca ha riguardato la corrosione nelle strutture in calcestruzzo armato e della sua prevenzione. In particolare nel 1991 ha ideato e messo a punto un nuovo metodo di prevenzione della corrosione di strutture in calcestruzzo armato a rischio di inquinamento da cloruri da lui chiamato "PREVENZIONE CATODICA" oggi recepito in diverse normative internazionali. Negli ultimi anni si era occupato anche degli inizi dell'elettrochimica in Italia con riferimento in particolare all'opera di Alessandro Volta.
Ha svolto attività didattica sia all'interno dell'università dove ha tenuto i corsi di "Corrosione e protezione dei materiali", di "Elettrochimica" e di "Tecnologia dei materiali", e sia all'esterno in molteplici seminari e corsi in Italia e all'estero.
È autore o coautore di 25 libri in particolare sulla corrosione e protezione dei metalli, sulla protezione catodica, e sulla durabilità del calcestruzzo armato e sulla colorazione elettrochimica del titanio. Ha pubblicato più di 350 lavori a stampa su riviste scientifiche e in atti di congressi nazionali e internazionali. Da dieci anni era il rappresentante italiano nei progetti di ricerca europei sulla corrosione delle armature e sulla durabilità delle costruzioni in calcestruzzo armato (COST Actions); faceva parte della Commissione AICAP (Associazione Italiana Calcestruzzo Armato e Precompresso) per le strutture in calcestruzzo armato e precompresso ed era anche membro della Commissione dei Beni Culturali del Politecnico di Milano.

Nella storia della scienza
Come è stato ricordato nella cerimonia funebre il nome di Pedeferri resta legato indissolubilmente a due innovazioni importantissime che lo inseriscono di diritto nella storia della scienza.

1) Prevenzione catodica
La prima: nel mondo oggi ci si occupa di "cathodic prevention", di prevenzione catodica. Idea e realizzazione, appunto, di Pietro Pedeferri per la tutela dal degrado delle costruzioni in cemento armato. Se può e potrà essere evitato il crollo di tanti edifici od opere in cemento armato lo si deve e lo si dovrà a lui. Rende l'idea, soprattutto per valutare la portata dell'innovazione, questa scheda ufficiale di un'applicazione concreta:
"Nome esteso: Prevenzione catodica applicata alla Sydney Opera House
Area di attività: Durabilità delle strutture in calcestruzzo armato. Prevenzione della corrosione per strutture nuove o esistenti.
Descrizione: Il problema è quello della conservazione delle strutture in calcestruzzo armato in ambienti aggressivi (ad esempio ambienti marini). Nel 1991, a 19 anni dall'inaugurazione, molte parti della struttura della Sydney Opera House operanti nella zona degli spruzzi risultavano pesantemente corrose. Nello stesso anno, in una riunione a Sydney venne proposto da Pietro Pedeferri di applicare la protezione catodica alle parti che già erano vistosamente corrose e la prevenzione catodica alle parti non ancora attaccate. Questa ultima tecnica era stata messa a punto presso il Dipartimento del Politecnico ed era stata applicata solo in Italia.
Il sistema venne applicato solo 4 anni dopo con know how e materiali italiani".
Questa la scheda e di un edificio notissimo in tutto il mondo, una sorta di simbolo di Sidney e dell'Australia. Era andato là perché lo chiamavano come esperto un po' dappertutto. In Italia per il crollo di un edificio a Palermo, per altri come quello di Foggia, per la nuova Fiera ma anche per i viadotti dell'Autosole tra Bologna e Firenze in seria difficoltà per i 60 kg di cloruri che ogni stagione invernale venivano cosparsi per ogni metro quadrato. Ci volevano per consentire d'inverno il traffico stradale pagando il prezzo di una penetrazione negli intestizi che portava a sbriciolare , diciamo noi 'per l'effetto pila', i tondini di ferro indebolendo quindi la struttura che non aveva più l'adeguata resistenza alla trazione. Se ne accorse in tempo. Con il suo sistema si misero, e si mettono, le cose a posto. Mentre ci raccontava uno dei primi interventi appena eseguiti manifestava però la sua preoccupazione per il degrado del cemento armato, più rapido del previsto, specie poi là ove c'era l'aggressione della salsedine marina, per gli edifici, per i ponti, per altre strutture.

2) Diagrammi del Pedeferri
La seconda. Cosa da specialisti. Se abbiamo ben capito si tratterebbe dell'andamento della velocità di corrosione in funzione dello strato di ossido depositato sul metallo. L'abbiamo sentita in un autorevolissimo intervento durante la cerimonia di venerdì scorso. Nel mondo scientifico internazionale - è stato detto - si parla di 'Diagrammi potenziale-pH'. Ebbene, "come si parla di diagrammi di ….. (e qui il nome di uno studioso che non si è capito bene)" "bisognerà parlare a livello internazionale anche dei DIAGRAMMI DEL PEDEFERRI"

Le "Titaniocromie"
Pietro Pedeferri, "Titaniocromie". Le sue opere le ha chiamate così lui, scienziato di fama internazionale. Si è occupato dei malanni di tante cose fra cui le piattaforme petrolifere negli oceani, i malconci viadotti dell'Autosole e la vecchiaia del cemento armato visto che è emersa molto più precoce di quel che si credeva. A latere, questa invenzione lavorando sul titanio, molto diffuso sul pianeta. Metallo scoperto nel 1791, con 22 protoni, due più del calcio, quattro meno del ferro e 56 meno del platino con cui gareggia quanto a resistenza alla corrosione. È resistente come l'acciaio ma il 45% più leggero, pesa il 60% in più dell'alluminio ma con una resistenza doppia. Non era facile lavorarlo. Oggi lo si sa fare e il suo uso, un tempo militare o per lo spazio, si è diffuso in mille settori. E non poteva mancare, - la fantasia specie quella italica non ha limiti, l'utilizzo artistico -. Ci ha, appunto, pensato lui, cominciando 41 anni fa. Gli è venuta qualche idea, prova e riprova, e poi, poco a poco, l'arcano si spiega, si sviluppa, sempre affinando sulla lamina di titanio quello strato di ossido così spesso da misurarsi in milionesimi di millimetro, e variando la corrente elettrica, anche a costo di non proprio piacevoli scosse.

Allora al Politecnico non tutti capivano. L'hanno capito però in Francia chiamandolo nel 1989 a Parigi dove in una cerimonia solenne il Ministro della Cultura gli ha consegnato il Premio 'Science pour l'art' portandolo poi in un giro nel Paese anche con un incontro con l'allora Segretario Generale dell'ONU Perez de Cuellar. A quel punto l'han capito tutti anche a Milano. Oggi nell'entrata principale e in molti Istituti ci sono le sue opere e, ci diceva quest'estate nel suo ufficio, le vogliono in tanti… E quello che magari non si sa è che le lamine di titanio per rispondere alle richieste, anche da Istituti interni al Politecnico, se le pagava di tasca sua…
Come descriverle? Non si può, bisogna vederle.
Ci soccorre Maria Corti che così scriveva su Repubblica: "Pedeferri affianca il discorso tecnologico su come nascono i colori sulla lastra di titanio a quello scientifico riguardante l'incantevole gioco di interferenze tra raggi luminosi ritratti e riflessi attraverso l'esiguo spessore della ossidazione.". Ed ancora: "Pedeferri insiste sull'elettrochimica ad uso delle arti e sullo studio di quelle che Nobili chiamò "apparenze elettro-chimiche". E lui: "Mentre 30 anni fa il titanio ci portava sulla Luna, oggi ci sta spingendo nel mondo dei film sottili e quindi dei nanomateriali. La disponibilità di questo materiale straordinario, che permette di ottenere colori preziosi e forme non imitate ma fatte produrre dalla natura stessa in tutta la loro perentoria eleganza, non può che tradursi in una sfida al suo uso artistico". Singolare questa presenza, ma perfettamente a suo agio nel contesto, nell'altra singolarità.
E così nel 1996 le sue opere sono state inserite nel programma delle esposizioni della Fondazione 'Corrente' di Milano. Nel 2005 ha realizzato per l'aula magna e per l'atrio centrale del Politecnico una serie di opere di titanio. Dal 1990 in collaborazione Alberto Casiraghi e una trentina di poeti (tra i quali Alda Merini, Dario Bellezza, Pietro Ingrao, Fernanda Pivano, Maria Corti, Annalisa Cima Giancarlo Consonni, Graziella Tonon) ha realizzato un centinaio di 'plaquettes' per la casa editrice Pulcino Elefante.
Questa tecnologia di colorazione anodica del titanio sviluppata da lui fin dagli anni '70 è stata dunque da lui utilizzata per una produzione al confine tra arte e ricerca scientifica . Ma anche con applicazioni pratiche. Infatti con la nascita di NanoSurfaces, società spin-off del Politecnico di Milano, tale tecnologia è stata resa disponibile per il mondo industriale, in primo luogo nei campi del design, dell'architettura e della produzione biomedicale.
Venerdì scorso, tornando dalla partecipata e commossa cerimonia funebre a Milano, nella posta un invito per l'inaugurazione a Lecco della Mostra delle sue opere ( "Canto che si rende visibili, luce che si fa canto" al Campus Point del Politecnico di Milano in Via Ghislazoni, ex Ospedale sino al 23, ore 13/19 dal lunedì al venerdì) giovedì 11 alle ore 19. Non ci sarà, come non aveva potuto esserci a quella di Tirano il 18 e 19 ottobre scorsi. Inaugurazione con mestizia dunque? No. Dal Foscolo: "A egregie cose…"

Riconoscimenti
Dal 2002 era 'socio corrispondente' dell'Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere, la prestigiosa Istituzione fondata da Napoleone e di cui ha fatto parte anche Einstein. Nel ristretto numero di soci con Pedeferri altri due valtellinesi, Alberto Quadrio Curzio e Giulio Tremonti. Il suo cruccio: non essere ancora riuscito ad avere con loro nell'esclusivo Istituto un altro valtellinese illustre, Paolo Biglioli.
A lui è toccato inoltre il trentesimo Lions d'Oro, un riconoscimento prestigioso nel cui albo molti personaggi di rilievo internazionale, ma che per lui aveva avuto un significato particolare: veniva dalla sua terra.

Detto dello scienziato, parliamo di Pietro
Fin qui Pietro Pedeferri, scienziato.
Ora di lui che - scrivevamo recentemente - risiede a Milano ma vive spiritualmente a Nestrelli un maggengo sulla Costiera dei Cech dove, nella baita dei nonni, passa l'estate.
La sua storia, segnata dal DNA, comincia qui.
I suoi nonni si erano sposati in paese. Il loro viaggio di nozze, ovviamente a piedi - neanche oggi c'è una strada degna di questo nome per arrivarci - era stato raggiungere la loro baita ai circa 1200 metri di Nestrelli, comune di Cino, (l'attuale parcheggio è a quota 1178) con circa 700 dunque di dislivello. In modo singolare, portando con sé del materiale per altri onde guadagnare in questo modo qualche centesimo. Era da poco iniziato il XX secolo. Analfabetismo diffuso. Condizioni economiche generali precarie. Poi la guerra. In questa situazione la mamma però diventa maestra. Dalla Valchiavenna arriverà il papà, laurea in veterinaria.
Il papà vince la condotta di Sondrio, la famiglia si insedia nell'edificio principale del macello. Ci sono, oltre a lui, il primogenito Giuseppe futuro apprezzato cardiochirurgo, i fratelli Cesare e Marco, la sorella. Pietro non fa scintille a scuola pur avanzando regolarmente. Finisce le Medie, la madre lo iscrive al Liceo Classico G. Piazzi, fucina di personaggi. Conclave dei suoi docenti e mandato ad una famosa professoressa del capoluogo di andare a convincere la "sciura maestra" a cambiare. Il papà è da poco scomparso. Per mesi casa Pedeferri al macello sarà meta di un pellegrinaggio continuo di quei contadini beneficati dal veterinario, allora figura importante al pari del medico. C'è però una famiglia numerosa e pesante. La professoressa - ambasciatore ci va. Porta il messaggio che esclude la possibilità di una riuscita del figlio in una scuola difficile come il Liceo. Forse, ma solo forse, potrebbe farcela alle Magistrali. Non han fatto i conti con la tempra e la determinazione della "sciura maestra". L'appello cade totalmente nel vuoto. Anzi, sotto un certo aspetto no, visto che, così come era stato per il fratello maggiore, Pietro si presenta agli esami di abilitazione magistrale, presentando 18 materie, e diventa maestro. Piccolo particolare: questo succedeva ad ottobre del 1957 ma intanto a luglio aveva già conseguito la maturità classica (allora questo diploma di per sé non dava nessuna possibilità di lavoro, mentre un maestro poteva cominciare subito a lavorare, magari supplente a Tartano o Livigno…). La sua presentazione agli esami era stata nella norma ma non particolarmente brillante. Grande importanza aveva invece il risultato in quanto per aspirare alle scarse provvidenze, borse di studio o posti gratuiti in Collegi, occorreva avere una media alta.
Obiettivo raggiunto.
Non solo, mancò di un solo punto il premio di 100.000 £ - tanti, più dello stipendio di un professore - che il Rotary di Sondrio aveva messo in palio per il migliore del Classico e per il migliore dello Scientifico. Lo mancò di un punto ma solo perché in Storia dell'arte ebbe un sette, il massimo dato dalla esaminatrice, che però aveva dato un dieci ad altra alunna che in questo modo superò Pedeferri, e di un solo punto.
Sceglie Pavia, tradizionale università dei valtellinesi, ma soprattutto sede di Collegi universitari. Vince il Borromeo. Fa il biennio di ingegneria e poi, dato che a Pavia non c'è il seguito, deve spostarsi a Milano. Vince il posto alla Casa dello Studente di Viale Romagna, ha una borsa di studio dei Veterinari per i libri. Ne ha un'altra, pur modesta. Potrebbe vincerne, avendo tutti i titoli, un'altra ancora. Non lo fa. Gli chiediamo la ragione. Ci risponde che con le borse di studio che hanno i tre fratelli sono in condizione di far proseguire uno dei tre qualora venisse meno il Collegio. Se ricordiamo bene la condizione era il 27 di media con un minimo ammesso di 24, in tempi in cui al Politecnico il "riprovato" era quasi la regola e, per il resto, 18 e 19 in abbondanza. Ma prendere un'altra borsa di studio sarebbe statp - diceva - toglierla a qualcun altro che ne ha bisogno… Teniamo conto che eravamo in tempo in cui al ristorante della Casa dello Studente nonostante prezzi politici circa un quarto rispetto alle modeste trattorie circostanti c'era anche chi cenava tutti i giorni a base di cappuccino e pane…

Il DNA si manifesta nel suo interesse per la gestione del Politecnico ma anche nella società, occupandosi di varie cose e, per un certo periodo, di quelle della città come consigliere di quartiere. Sempre con lo stesso rigore e la stessa grinta. Al Politecnico è nelle grazie di uno dei 25 cattedratici, illustre al punto di essere più volte candidato al Nobel senza ottenerlo essendo l'Italia fresca del riconoscimento dato al prof. Natta (allora non c'era l'inflazione delle cattedre…). Trova il modo di entrare in retta di collisione su questioni di non particolare rilevanza ma per ragioni di principio. Quando vincerà la cattedra a Bari nel Senato Accademico si manifesterà il timore per l'arrivo di questo "sovversivo". Inutili le smentite della collega e amica sondriese Giuliana Palmieri, cattedra di analisi matematica. Poi, passata qualche settimana, resisi tutti conto che sovversivo era stato l'erroneo tam-tam non il nuovo docente, un autorevole personaggio chiederà scusa alla collega, non creduta perché pensavano che le facesse velo l'essere concittadina e amica…
Due anni fecondi a Bari e poi il logico rientro a Milano.
Ricordava qualcuno durante la cerimonia che anche in momenti "seri" Pietro non aveva perso il suo tratto che lo portava anche a trovate goliardiche. Di sempre. Nel 1959 eravamo in quattro a Parigi. Ad un certo punto si mette a correre a più non posso. Tutti dietro per almeno 500 metri. Perché? "C'era il Louvre, non volevo che vi venisse la tentazione!". E poi su sulla Torre Eiffel dal primo al secondo piano sulle scalette a chiocciola in una corsa faticosa per battere, punto d'onore, alcuni tedeschi e arrivare primi 58,10 metri più su.
Ci sono aspetti personali. Ogni tanto, nei miei 10 anni da Sindaco, ci sentivamo o vedevamo. Politicamente eravamo distanti ma non c'è mai stata distanza reale. Si informava, voleva andare alla ratio delle cose. C'era un filo conduttore comune, fatto di diversi aspetti: quella che chiamava la buona fede, la spinta interiore a favore degli altri, la legge uguale per tutti, la costante ricerca, l'innovazione. Diverse le ricette, fortuna questa della democrazia, ma sentire, appunto, comune. In più di un'occasione abbiamo parlato liberamente, mai polemizzato, magari vicendevolmente mettendo sul tavolo anche qualche delusione. La sua ad esempio per la Somalia. Era andato con il Politecnico per aiutare la ripresa della nostra ex colonia in un momento in cui Siad Barre aveva acceso molte speranze poi progressivamente deluse.
Da un po' di tempo, cose d'artisti, le sue titaniocromie trescavano con la pietra ollare di mia moglie, producendo simbiosi che giravano, tanto per cambiare, tutto il mondo. E ci teneva a quella mostra a Casa Mazza in Tirano il 18 e 19 ottobre quando dovette passare al fratello Cesare il compito di illustrare ai visitatori o segreti di quello strato quasi impercettibile di ossido sulle lamine di titanio.

Il commiato
Si susseguono in Milano gli interventi, primo di tutti quello del suo Rettore e poi via via colleghi, studenti, amici. Infine il pianto della figlia, il grazie sussurrato della moglie. Poco alla volta, lentamente i convenuti escono, si avviano. Fuori é quasi penombra, tanto é durato l'ultimo addio a Pietro, senza che nessuno si accorgesse come il tempo sia volato.
Il traffico, caotico, Il rientro, difficoltoso, del venerdì, ponte di S. Ambrogio. Passando in bassa valle, un'occhiata a sinistra, in su. Il ricordo di quella giornata a Nestrelli.

a.f.

 

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